Si segnala che la Corte costituzionale, nel corso del secondo quadrimestre del 2024, è dovuta nuovamente intervenire per affermare sia l’illegittimità del requisito di lungo residenza sia di quello della previa occupazione protratta inserito dalla Regione Piemonte per accedere alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia sociale.
Avanti ai giudici di merito sono state poste varie questioni relative alla violazione della parità di trattamento fra cittadini italiani e stranieri nella consueta materia delle prestazioni di assistenza sociale.
Alloggi in edilizia residenziale pubblica
La Corte costituzionale con sentenza n. 147/2024, investita della questione dal Tribunale di Torino, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera b), della legge della Regione Piemonte 17 febbraio 2010, n. 3 (Norme in materia di edilizia sociale) – come sostituito dall’art. 106, comma 2, della legge della Regione Piemonte 17 dicembre 2018, n. 19 (Legge annuale di riordino dell’ordinamento regionale. Anno 2018) – limitatamente alle parole «da almeno cinque anni» e «con almeno tre anni, anche non continuativi all’interno dell’ambito di competenza degli enti gestori delle politiche socio-assistenziali». La pronuncia in esame ribadisce quanto esposto nelle precedenti sentenze n. 44/2020 e n. 77/2023 in relazione alle leggi regionali della Lombardia e della Liguria che pure avevano previsto il requisito di lungo residenza. La Corte costituzionale, dopo aver ricordato che già in più occasioni aveva affermato che il diritto all’abitazione rientra «fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» e che il predetto diritto garantisce un fondamentale diritto sociale che contribuisce «a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana (sentenze n. 43 del 2022 e n. 217 del 1988; più di recente, nello stesso senso, sentenza n. 28 del 2024)», ha sottolineato che l’edilizia residenziale pubblica (ERP) costituisce adempimento di questo dovere che la Costituzione pone in capo alla Repubblica, in quanto è diretta ad assicurare in concreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perché serve a «garantire un’abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo ove è la sede dei loro interessi (sentenza n. 176 del 2000), al fine di assicurare un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), mediante un servizio pubblico deputato alla provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti (sentenza n. 168 del 2014). (sentenza n. 44 del 2020)». In particolare ha evidenziato «di essere già intervenuta in più occasioni quando taluni legislatori regionali avevano variamente previsto, per l’accesso all’ERP, “requisiti analoghi a quelli censurati dall’ordinanza di rimessione del Tribunale di Torino”. Ogni qualvolta requisiti siffatti sono stati sottoposti al giudizio di legittimità costituzionale di questa Corte, si è ripetutamente e costantemente affermato che “non si ravvisa alcuna ragionevole correlazione fra l’esigenza di accedere al bene casa, ove si versi in condizioni economiche di fragilità, e la pregressa e protratta residenza – comunque la si declini […] – nel territorio regionale” (così, da ultimo, la sentenza n. 67 del 2024). Il requisito della prolungata residenza, infatti, impedisce il soddisfacimento del diritto all’abitazione indipendentemente da ogni valutazione attinente alla situazione di bisogno o di disagio, che non è inciso dalla durata della permanenza nel territorio regionale; non considera che proprio chi versa in stato di bisogno si trasferisce di frequente da un luogo all’altro in cerca di opportunità di lavoro; non è indice di una prospettiva di radicamento (sentenze n. 67 del 2024, n. 145 e n. 77 del 2023, n. 44 del 2020 e n. 166 del 2018).». Conclude quindi che il requisito in esame «proprio perché del tutto sganciato da ogni valutazione sullo stato di bisogno», è «incompatibile con il concetto stesso di servizio sociale, come servizio destinato prioritariamente ai soggetti economicamente deboli» (sentenze n. 9 del 2021 e n. 44 del 2020) ed è perciò costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 3 Cost. sotto un triplice profilo: per intrinseca irragionevolezza, proprio perché trattasi di requisito del tutto non correlato con la funzione propria dell’edilizia sociale; perché determina una ingiustificata diversità di trattamento tra persone che si trovano nelle medesime condizioni di fragilità; e perché tradisce il dovere della Repubblica di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» (sentenza n. 67 del 2024)».
La Corte costituzione ha, del pari, ritenuto illegittimo il requisito della previa occupazione protratta in quanto «Neppure tale condizione, infatti, presenta alcuna ragionevole connessione con la ratio dell’ERP, in quanto allo stesso modo configura una soglia rigida di accesso e, pertanto, nega qualsiasi rilievo al bisogno nella concessione del beneficio, comportandone anzi la negazione “proprio ai soggetti economicamente più deboli, in contraddizione con la funzione sociale del servizio” (sentenza n. 44 del 2020). D’altro canto, non si può non riconoscere che è proprio chi versa in stato in bisogno che è portato a trasferirsi da un luogo a un altro, in cerca di un’occupazione che possa garantire a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa (sentenze n. 67 e n. 53 del 2024). Il censurato art. 3, comma 1, lettera b), peraltro, dispone che di tali cinque anni almeno tre, pur non continuativi, siano stati spesi «all’interno dell’ambito di competenza degli enti gestori delle politiche socio-assistenziali. In tal modo, la disposizione qui scrutinata determina una rigidità nell’accesso all’ERP ancora più severa, in quanto restringe ulteriormente la platea delle persone che possono ottenere il soddisfacimento del proprio diritto all’abitazione (sentenza n. 77 del 2023)». La Corte sottolinea altresì che «è proprio chi versa in stato in bisogno che è portato a trasferirsi da un luogo a un altro, in cerca di un’occupazione che possa garantire a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa (sentenze n. 67 e n. 53 del 2024)».
Nella pronuncia in esame è stata analiticamente verificata e quindi esclusa la praticabilità dell’opzione ermeneutica proposta dalla Regione Piemonte che ha sostenuto che «l’interpretazione sistematica della normativa piemontese in materia di requisiti per l’accesso all’edilizia sociale evidenzia una sua specificità e unicità che vale a differenziarla “strutturalmente” rispetto a quella di altre regioni» (Corte costituzionale sentenza n. 147/2024 dep. il 25.7.2024 in G.U. 31.7.2024, n. 31).
Assegno unico universale
La Corte d’appello di Torino con sentenza del 30 settembre 2024 ha confermato quanto già statuito dal Tribunale di Torino (e da altri giudici di merito) affermando la possibilità di riconoscere l’assegno unico universale anche alle persone straniere titolari del permesso di soggiorno per attesa occupazione. La Corte d’appello, in replica ai rilievi dell’INPS, ha chiarito che la legge istitutiva di tale prestazione (l. n. 46/2021) va intesa in senso ampio: «La titolarità di permesso di soggiorno “per motivi di lavoro” non può essere intesa nel senso di titolarità dei soli permessi di lavoro perché, in tale accezione, essa si porrebbe in contrasto sia con la normativa euro-unitaria sopra richiamata, sia con le norme interne, lette e interpretate secondo il principio di primazia che caratterizza il diritto dell’Unione Europea.». Pertanto la dicitura “permesso per motivi di lavoro” non può che includere anche i titolari di un permesso che “consente di lavorare”. Infatti «a essere esclusi dall’applicazione della Dir. 2011/98/CE sono solo i casi tassativamente elencati al comma 2 dell’art. 3 della Direttiva medesima (quali il permesso per protezione internazionale o quello per soggiornanti di lungo periodo), i quali sono disciplinati da altre direttive.» (Corte d’appello di Torino sentenza n. 316/2024 dep. il 30.9.2024 in Banca dati Asgi).
Assegno temporaneo per richiedenti asilo
Il Tribunale di Padova ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativamente all’esclusione dei titolari di permesso per richiesta asilo dal c.d. assegno temporaneo, prestazione istituita dal decreto-legge n. 79/2021.
Il Tribunale ha escluso la possibilità di applicare la direttiva UE 2011/98 del Parlamento europeo perché il permesso per richiesta asilo, pur consentendo di lavorare, è espressamente escluso dall’ambito di applicazione della direttiva (art. 3, par. 2, lett. g della direttiva) e quindi non può essere caratterizzato come permesso unico lavoro. Inoltre, ad avviso del remittente, «la chiarezza e l’univocità del dettato normativo non sembrano consentire un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma. In particolare, l’art. 1, lett. a), n. 1), nella parte in cui menziona il permesso di soggiorno per motivi di lavoro […] di durata almeno semestrale, sembra ragionevolmente riferirsi ai soli permessi di lavoro rilasciati per un diretto fine lavorativo, senza possibilità di estensione a quei permessi di soggiorno i quali, pur ammettendo il cittadino di un Paese terzo nel territorio dello Stato per fini diversi dall’attività lavorativa, comunque lo autorizzano al lavoro». Pertanto, trattandosi di questione rilevante nel giudizio a quo, ha sollevato questione di legittimità, affermando che la norma censurata «irragionevolmente esclude dal godimento dell’assegno temporaneo una categoria di soggetti che si trovano nello stato di bisogno che la prestazione in esame si prefigge di fronteggiare» e che «a ben vedere, nel caso dei richiedenti asilo lo stato di bisogno è particolarmente pressante e qualificato, attesa la condizione di speciale vulnerabilità, anche familiare, alla quale costoro si trovano esposti» (ordinanza in data 2 aprile 2024 in Banca dati Asgi).