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Fascicolo 3, Novembre 2024


Nelle democrazie costituzionali “non è più il diritto ad essere subordinato alla politica quale suo strumento, ma è la politica che diventa strumento di attuazione del diritto, sottoposta ai vincoli ad essa imposti dai principi costituzionali: vincoli negativi, quali sono quelli generati dai diritti di libertà che non possono essere violati; vincoli positivi, quali sono quelli generati dai diritti sociali che devono essere soddisfatti» 

Luigi Ferrajoli, “Poteri selvaggi. La crisi della democrazia italiana”, Laterza.

Editoriale

È difficile trovare nella storia dell’integrazione europea un settore nel quale l’adozione di atti legislativi e lo sviluppo di una politica comune siano stati così irti di ostacoli e divisivi come quello dell’immigrazione e dell’asilo. La mancanza di una normativa sull’immigrazione per motivi economici rende il controllo delle frontiere esterne, il contenimento degli arrivi e il diritto di asilo i pilastri sui quali tale competenza si è dipanata, con al centro ancora il sistema Schengen e quello Dublino.

Anche in questi settori, le divisioni tra i Governi sono state sempre più frequenti fino ad impedire l’adozione di riforme rese necessarie dalle ripetute crisi, percepite o reali che siano, che hanno interessato il continente europeo negli ultimi dieci anni. Così, anche il pur limitato pacchetto di riforma presentato nel 2016 dalla Commissione Junker non è stato approvato ed è stato in parte recuperato nella nuova legislatura dalla Commissione von der Leyen nell’ambito di un rinnovato pacchetto di riforme riconducibili al Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo presentato il 23 settembre del 2020. Per tre anni le posizioni dei Governi sono apparse sempre più distanti, tant’è che sembrava ormai impossibile giungere ad un’intesa in seno al Consiglio e tanto meno tra il Consiglio ed il Parlamento europeo. Invece, i Governi quella intesa l’hanno trovata e, a seguire, sono riusciti a strappare anche l’accordo con il Parlamento europeo, grazie all’accettazione da parte di questo di numerosi emendamenti, ulteriormente peggiorativi rispetto al testo inizialmente proposto dalla Commissione europea. Questa corsa contro il tempo consentirà l’approvazione formale di quasi tutte le proposte del Nuovo Patto entro maggio 2024 e, dunque, appena in tempo prima della fine della legislatura, ma, soprattutto, prima delle elezioni europee di giugno 2024.

A dispetto dell’ampiezza della denominazione del Nuovo Patto, la riforma si concentra quasi totalmente sul sistema europeo di asilo, con l’obiettivo non tanto di migliorare il sistema per far sì che a ciascuno sia attribuito lo status appropriato alla propria situazione, come prevede l’art. 78 TFUE, bensì per contrastare l’abuso del diritto di asilo, i movimenti secondari intra-UE e rendere più efficaci le misure di rimpatrio di coloro che entrano irregolarmente o che si vedono negare il diritto alla protezione internazionale. 

Il sistema Dublino subisce un’apparente profonda riforma con l’abrogazione del regolamento vigente, il cui contenuto viene però sostanzialmente riproposto, con alcune revisioni, in un nuovo regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione. Il criterio dello Stato di primo ingresso irregolare non viene superato e le norme sulla gestione non sono altro che un tentativo di applicare il principio di solidarietà rendendolo flessibile: in una situazione di crisi, ogni Stato deve contribuire attraverso disponibilità alla ricollocazione o a contribuire con risorse economiche (almeno 20.000 Euro per persona), attrezzature o personale, o in qualsiasi altro modo che lo Stato membro proponga e che possa anche essere “pesato” in termini di contributo.

Questi obiettivi sono perseguiti attraverso una drastica riduzione dei diritti e delle garanzie attualmente vigenti nel sistema europeo comune di asilo, già indeboliti dalla diffusa applicazione da parte degli Stati membri delle nozioni di Paese sicuro e di protezione interna. Principali strumenti sono la generalizzazione dell’approccio hotspot, con l’estensione del regime detentivo alle persone intercettate sia alla frontiera sia in altro luogo, inclusi i minori, dell’applicazione delle procedure di frontiera e di quelle accelerate, della riduzione dei termini per i ricorsi giurisdizionali. Nonostante che i richiedenti asilo non siano mai per definizione irregolari, avendo sempre il diritto di ingresso nel territorio di uno Stato almeno per presentare la domanda di asilo, negli hotspot le persone sono trattenute per valutare il loro diritto d’ingresso, con l’obiettivo di poterlo escluderlo in tutte quelle ipotesi nelle quali siano praticabili in tempi rapidi atti di respingimento, ammesso che vi saranno accordi con i Paesi di origine e di transito e che questi saranno applicabili. In aggiunta, in una situazione di crisi o di forza maggiore, gli Stati membri potranno essere autorizzati a derogare ai già laschi obblighi previsti nella normativa dell’Unione in materia di asilo e di rimpatrio.

La vasta mole di modifiche è contenuta per la quasi totalità in regolamenti, molti dei quali sostitutivi delle direttive già in essere, ma la cui efficacia è posticipata di due anni dall’entrata in vigore. Si tratta di una prassi ormai consueta nel Diritto dell’Unione europea, dove le istituzioni preferiscono adottare regolamenti invece che direttive per la loro maggiore efficacia di armonizzazione; tuttavia i regolamenti di nuova generazione hanno alcune caratteristiche simili alle direttive, non solo per l’entrata in vigore differita, ma anche per la presenza di obblighi che necessitano di integrazione e attuazione, che erano solo l’eccezione nel modello classico di regolamento dell’Unione europea. 

Per tutti coloro che nel 1999 avevano salutato con entusiasmo l’attribuzione di competenza all’Unione in questo settore, complice anche la visione allora espressa dai Capi di Stato e di Governo nel Consiglio europeo di Tampere, grande è la delusione di fronte a questa imponente mole di modifiche regressive in materia di diritti fondamentali. Nei prossimi numeri di questa Rivista avremo modo di analizzare una a una le varie componenti del Nuovo Patto, avendo cura di considerare in particolar modo le modifiche che avranno un forte impatto nell’ordinamento italiano e gli strumenti per far emergere il potenziale contrasto con i diritti sanciti nella Convenzione EDU, negli altri strumenti internazionali rilevanti e, soprattutto, nella nostra Costituzione.

Intanto, la sempre maggiore interconnessione tra Diritto dell’Unione europea e diritto italiano in materia di immigrazione e asilo è già una realtà, come emerge in modo evidente anche dal contenuto di questo numero. Oltre al saggio di Daniela Vitiello che riguarda un aspetto peculiare del Diritto dell’Unione europea, costituito dal ruolo dell’Agenzia europea per l’asilo come strumento di armonizzazione, anche il saggio di Michele Mazzetti sulla migrazione circolare e quello di Roberta Bendinelli sulla tutela dei dati personali del richiedente protezione minorenne sono in gran parte dedicati a profili di diretta derivazione sovranazionale. Analogamente per quanto riguarda i commenti di Simone Marinai e di Lorenzo Bernardini: il primo sulla sentenza della Corte di giustizia resa su cinque rinvii pregiudiziali sollevati da giudici italiani relativamente ad alcuni profili del regolamento Dublino ed il secondo su un caso pendente di fronte alla Corte originato anch’esso da un rinvio di un giudice italiano relativamente al c.d. delit de solidarité. Il commento di Elonora Celoria e Andreina De Leo, pur riguardando un accordo bilaterale italo-albanese, il Protocollo Italia-Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, si concentra sui profili di compatibilità di tale accordo con il Diritto dell’Unione europea, andandone così anche a considerare le principali criticità.

Anche nel commento di Dario Belluccio sulla oscillante giurisprudenza di merito sui visti umanitari resa tra il 2019 e il 2023, si richiamano in modo appropriato gli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea, per poi considerare criticamente il richiamo alla giurisprudenza della Corte EDU al fine dell’interpretazione della nozione di giurisdizione nazionale.

Al sistema di tutela dei diritti umani rappresentato dalla Convenzione europea del 1950 è dedicata particolare attenzione in questo numero, con due commenti riguardanti alcune pronunce con le quali la Corte EDU ha condannato l’Italia: quello di Roberto Cherchi sul c.d. approccio hotspot e quello di Matteo Astuti e Anna Brambilla sulle modalità di fermo e trasferimento forzato di persone straniere all’interno del territorio nazionale.

I saggi di Alberto Guariso, Francesca Nicodemi e Ornella Fiore si caratterizzano invece per offrire ai nostri lettori un’attenta e scrupolosa disamina di tre profili diversi del trattamento della persona straniera in Italia oggetto di recenti riforme o di significativi sviluppi giurisprudenziali e di prassi: la nuova disciplina degli ingressi per lavoro, la tratta, schiavitù e sfruttamento lavorativo e la riforma della disciplina del trattamento dei minori non accompagnati. Tutti e tre temi di grande interesse sia per la natura dei diritti rilevanti sia per l’ampiezza dei soggetti coinvolti. 

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Rubrica di Questione Giustizia & Diritto, Immigrazione e Cittadinanza

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