di Giulia Mentasti
Abstract: Nel marzo 2019 la Corte d’assise d’appello di Milano ha confermato la condanna all’ergastolo per Osman Matammud, riconoscendo le sue responsabilità per i gravi reati (sequestro di persona, omicidi, violenze sessuali) commessi in Libia in veste di responsabile della gestione del campo di detenzione per migranti di Bani Walid. Grazie alle testimonianze delle vittime, i giudici hanno ricostruito i soprusi subiti dai migranti portando alla luce estreme condizioni di trattenimento in hangar e quotidiane violenze (scariche elettriche, violenze sessuali, lesioni con bastoni) perpetrate dagli aguzzini per ottenere il prezzo del viaggio verso l’Italia. La sentenza in commento, al di là della triste vicenda su cui fa luce, offre l’occasione per riflettere sulla condizione dei migranti in Libia, nonché sulle responsabilità – libiche, europee ed italiane – di quanto avviene in quei campi, non di rado paragonati ai lager nazisti.
Abstract: Osman Matammud is a twenty-four-year-old Somali citizen that was arrested after being recognised by fellow Somalis in a migrant reception centre in Milan. He was accused of abuse, rape, torture and murder committed against migrants at the detention camp of Bani Walid, in the Lybian desert. In 2017 he was sentenced to life imprisonment by the Court of Assizes of Milan; in 2019 the Court of Appeal confirmed the verdict. Matammud case revealed the shocking conditions of detention of migrants trying to reach Europe from North Africa and the abuses perpetrated on them by the smugglers they pay to reach by boat the Italian coast. Indeed, this sentence sheds light on what is happening in the migration centres in Lybia and, more importantly, on the involvement in it of Italian and European border control policies.