di Erika Colombo
Abstract: Il 14 maggio 2020, la Corte di giustizia si è pronunciata in merito al rinvio pregiudiziale sollevato da un giudice ungherese, relativo alle vicende di due coppie di richiedenti asilo, sottoposti a trattenimento presso la zona di transito di Röszke, situata al confine tra Serbia ed Ungheria. Il giudice europeo si è occupato di indagare numerose questioni, tra cui la natura del ricorso nell’ambito delle procedure di rimpatrio, il concetto di «Paese terzo sicuro», gli obblighi di riesame delle domande di asilo rigettate sulla base di motivi illegittimi e la definizione della nozione di «trattenimento». Nel commento, viene messa in luce l’attenzione posta dalla Corte su concetti-chiave quali il principio di effettività della tutela giurisdizionale e il principio di non-refoulement, valorizzato sia nella valutazione effettuata ai fini del rimpatrio, sia con riferimento al concetto di sicurezza insito nella nozione di «Paese terzo sicuro». Inoltre, viene posto l’accento sulla peculiare lettura fornita al diritto alla libertà personale, che ha condotto i giudici di Lussemburgo – diversamente da quanto deciso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso Ilias e Ahmed c. Ungheria, di poco precedente – a giudicare sussistente, in ipotesi di confinamento di cittadini stranieri nelle zone di transito, una forma illegittima di trattenimento.
Abstract: On May 14, 2020, the Court of Justice ruled the preliminary ruling raised by a Hungarian judge, in relation to the case of two couples of asylum seekers who were detained in the Röszke transit zone, located on the Serbian-Hungarian border. The CJUE addressed many issues such as the nature of the appeal that must be ensured in the context of return procedures, the concept of «safe third country», the obligations to review asylum applications rejected on the basis of illegitimate grounds and the definition of the concept of «detention». This insight analyses the Court’s focus on key concepts such as the principle of effective remedy and the principle of non-refoulement, emphasized both in context of return procedures and by reference to the concept of security inherent in the notion of «safe third country». In addition, articular attention is placed on the interpretation given by the judges to the right to personal freedom, which led the CJEU to qualify the confinement of third-country nationals in transit zones as an illegal form of detention, unlike the decision of the European Court of Human Rights, in the case of Ilias and Ahmed v. Hungary.
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