Atti di indirizzo
Dichiarazione di Malta. Riuniti informalmente il 3 febbraio 2017 a La Valletta, i Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea hanno adottato la Dichiarazione di Malta, recante una serie di misure «sugli aspetti esterni della migrazione», intese in particolare ad affrontare la rotta del Mediterraneo centrale.
A tal fine, si prevede di intensificare la collaborazione con la Libia, quale principale Paese di partenza, e con i Paesi limitrofi in Africa settentrionale e subsahariana. L’UE si è pertanto impegnata a favorire la stabilizzazione politica del Paese, rafforzando, se possibile, la cooperazione con le comunità regionali e locali libiche e con le organizzazioni attive nel Paese. In tale quadro sono quindi state identificate alcune azioni prioritarie, tra cui: la formazione, l’equipaggiamento e il supporto della guardia costiera libica; lo smantellamento delle modalità di azione dei trafficanti; il miglioramento della situazione socio-economica delle comunità locali situate lungo le zone costiere e le rotte migratorie; il sostegno alle attività di rimpatrio volontario assistite e il monitoraggio delle rotte alternative e di possibili deviazioni delle attività dei trafficanti; l’impegno a garantire, in Libia, capacità e condizioni di accoglienza adeguate per i migranti, unitamente all’UNHCR e all’OIM. Saranno inoltre sostenute le iniziative dei singoli Stati membri impegnati direttamente in Libia e il memorandum di intesa firmato il 2 febbraio dalle autorità italiane e dal presidente del Consiglio di presidenza al-Serraj è stato accolto con favore; l’UE sosterrà l’Italia nella sua attuazione. Quanto alle risorse, è stato preannunciato il rafforzamento dell’aiuto pubblico allo sviluppo per l’Africa ai fini dell’ulteriore sviluppo della dimensione sterna della politica migratoria. La Presidenza maltese ha annunciato la presentazione al Consiglio di un piano d’azione concreto, in stretta cooperazione con la Commissione e con l’Alto rappresentante.
Ricollocamento e reinsediamento. Nel 2017 è proseguito il monitoraggio dei meccanismi di ricollocamento e reinsediamento. La Commissione ha pubblicato rapporti a scadenza periodica: l’8 febbraio, COM(2017) 74 def., il 2 marzo (COM(2017) 202 def., il 12 aprile, COM(2017) 212 def. Complessivamente al 10 aprile erano state ricollocate 16.340 persone, con più significativi progressi negli ultimi mesi. Nella relazione di aprile si rivolgono raccomandazioni mirate agli Stati membri affinché contribuiscano a migliorare i processi di ricollocamento e di reinsediamento. In particolare, quanto alla procedura di ricollocamento, gli Stati membri dovrebbero soprattutto: presentare impegni a scadenza mensile, potenziare la loro capacità di trattare le richieste e abbreviare i tempi di risposta; evitare indicazioni e requisiti troppo restrittivi e ritardi; dar prova di maggiore flessibilità per quanto riguarda la possibilità, nel caso dell’Italia, e la necessità, nel caso degli Stati membri di ricollocazione, di procedere a colloqui di sicurezza supplementari; dare la precedenza alle domande relative a persone vulnerabili, in particolare i minori non accompagnati; nel caso dell’Italia, inoltre, si dovrebbe procedere il prima possibile alla registrazione e all’identificazione di tutti i candidati ammissibili. La Commissione ha in ogni caso rilevato sensibili difformità di approccio da parte degli Stati membri. Se l’Austria ha annunciato che inizierà presto a eseguire ricollocamenti (finora non attuati), altri Stati (Ungheria e Polonia) rifiutano tuttora di partecipare al meccanismo. Al momento solo due Stati membri (Malta e Finlandia) sono sulla buona strada per rispettare puntualmente gli obblighi relativi alla Grecia e all’Italia. La Commissione ha preannunciato che se gli Stati membri non aumenteranno i propri tassi di accoglienza non esiterà ad avvalersi dei poteri ad essa conferiti dai Trattati nei confronti di chi non avrà rispettato le decisioni del Consiglio, specificando che l’obbligo giuridico di ricollocare le persone ammissibili non decadrà dopo il mese di settembre. Si deve ricordare che il Consiglio europeo del 15 dicembre, nell’approvare il piano d’azione comune sull’attuazione della dichiarazione UE-Turchia, aveva fisato per la Grecia l’obiettivo di 3.000 trasferimenti mensili, mentre la Commissione aveva fissato almeno 1.500 ricollocazioni al mese dall’Italia. A inizio aprile erano presenti 14.000 candidati alla ricollocazione in Grecia e circa 3.500 registrati in Italia, il numero totale delle persone ammissibili alla ricollocazione presenti nei due Paesi essendo nettamente inferiore a quello previsto nelle due decisioni del Consiglio.
Minori stranieri non accompagnati. Il crescente numero di minori stranieri non accompagnati che giungono nell’Unione europea ha messo in luce le lacune e le carenze dell’attuale disciplina, inducendo la Commissione a proporre azioni mirate per proteggere i minori migranti. Così il 12 aprile è stata pubblicata la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, La protezione dei minori migranti, COM(2017) 211 def. In essa si sottolinea innanzitutto l’esigenza di procedere ad una rapida identificazione dei minori al loro arrivo nell’UE, affinché ricevano un trattamento adeguato: tutti i minori devono avere immediatamente accesso all’assistenza legale e sanitaria, al sostegno psicosociale e all’istruzione, a prescindere dal loro status. Inoltre si deve mettere a disposizione personale qualificato che assista i minori in attesa che sia determinato il loro status (nominando in ogni hotspot persone incaricate della protezione dei minori e un responsabile in tutte le strutture di accoglienza che ospitano minori). Per i minori non accompagnati va promossa la possibilità di ricorso all’affidamento o all’assistenza su base familiare. Si sottolinea, in ogni caso, la necessità di offrire loro prospettive sostenibili a lungo termine attraverso un migliore accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Gli Stati membri devono predisporre le procedure necessarie per segnalare sistematicamente tutti i casi di minori scomparsi e scambiarsi informazioni in merito. Sarà, inoltre, istituita una rete europea per la tutela per lo scambio delle buone pratiche. Per aiutare gli Stati membri ad attuare procedure per una valutazione affidabile dell’età, l’EASO aggiornerà presto le sue linee guida. Gli Stati membri sono invitati ad un’azione concertata per accelerare le procedure di ricerca delle famiglie e di ricongiungimento familiare all’interno o all’esterno dell’UE.
Politica di rimpatrio. Il 2 marzo la Commissione ha presentato un nuovo piano d’azione dell’UE sul rimpatrio e una serie di raccomandazioni agli Stati membri su come rendere più efficaci le procedure di rimpatrio. Nonostante i progressi compiuti nell’attuazione degli interventi previsti dal piano d’azione dell’UE sul rimpatrio del settembre 2015, viene ritenuta necessaria un’azione più risoluta per migliorare in misura significativa i tassi di rimpatrio. La raccomandazione della Commissione del 7.3.2017 intesa a rendere i rimpatri più efficaci nell’attuazione della direttiva 2008/115/EC, C(2017) 1600 def. definisce orientamenti sulle azioni concrete e immediate che gli Stati membri possono adottare a tal fine. Mentre la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio per una politica dei rimpatri più efficace nell’Unione europea - un piano d’azione rinnovato, COM(2017) 200 def. prevede, tra l’altro, di aumentare il sostegno finanziario agli Stati membri con 200 milioni di EUR nel 2017 destinati alle attività nazionali in materia di rimpatrio, nonché a specifiche attività comuni europee di rimpatrio e reintegrazione. La Commissione ha, inoltre, invitato a migliorare lo scambio di informazioni e di best practices per eseguire i rimpatri e per garantire programmi di reintegrazione uniformi e coerenti in tutti gli Stati membri al fine di evitare che i Paesi di origine favoriscano i rimpatri dai Paesi che offrono aiuti per la reintegrazione più consistenti o che i migranti irregolari vadano alla ricerca del rimpatrio volontario assistito più vantaggioso. Sostegno sarà offerto tramite l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che dovrà potenziare l’assistenza pre-rimpatrio, aumentare il personale della sua unità di sostegno ai rimpatri e istituire entro giugno un meccanismo di voli commerciali per finanziare i rimpatri, nonché intensificare entro ottobre la formazione delle autorità dei Paesi terzi in materia di rimpatrio. La Commissione evidenzia la necessità di superare le difficoltà della riammissione adoperandosi per concludere rapidamente i negoziati relativi agli accordi di riammissione con la Nigeria, la Tunisia e la Giordania e cercando di coinvolgere il Marocco e l’Algeria. La Commissione riferirà sui progressi compiuti nell’attuazione del rinnovato piano d’azione sul rimpatrio e della raccomandazione entro dicembre 2017.
Atti adottati
Codice frontiere Schengen. Il 15 marzo è stato adottato il Regolamento (UE) 2017/458 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, che modifica il regolamento (UE) 2016/399 per quanto riguarda il rafforzamento delle verifiche nelle banche dati pertinenti alle frontiere esterne, in GUUE L 74 del 18.3.2017, p. 1 ss. La modifica obbliga gli Stati membri ad effettuare verifiche sistematiche nelle banche dati pertinenti per tutte le persone, anche nei confronti dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari che non sono cittadini dell’Unione quando attraversano le frontiere esterne. La banche dati utilizzate per le verifiche comprendono il Sistema d’informazione Schengen (SIS) e la banca dati dell’Interpol sui documenti di viaggio rubati e smarriti (SLTD). Le verifiche consentiranno inoltre agli Stati membri di accertare che tali persone non rappresentino una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica. Tale obbligo si applica a tutte le frontiere esterne (frontiere aeree, marittime e terrestri), sia all’ingresso che all’uscita.
Spazio Schengen. Il 7 febbraio 2017 il Consiglio ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2017/246 del Consiglio, del 7 febbraio 2017, recante una raccomandazione per la proroga del controllo temporaneo alle frontiere interne in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen (in GUUE L 36 dell’11.2.2017, p. 59), sulla base dell’art. 29 del Codice frontiere Schengen, con cui ha autorizzato l’Austria, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia a mantenere controlli di frontiera temporanei proporzionati per un periodo di ulteriori tre mesi alle frontiere interne.
Guardia di frontiera e costiera europea. A gennaio (COM(2017) 42 def. del 25.1.2017) e a marzo (COM(2017) 201 def. del 2.3.2017) la Commissione ha presentato due relazioni al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio sulle attività volte a rendere pienamente operativa la guardia di frontiera e costiera europea. Attualmente, l’Agenzia ha dislocato circa 1.350 guardie di frontiera lungo diversi tratti della frontiera esterna dell’UE, ad integrazione delle dotazioni nazionali degli Stati membri costituite da oltre 100.000 guardie di frontiera. Agenti e contributi degli Stati membri non sopperiscono tuttavia completamente alle carenze riscontrabili in termini sia di risorse umane che di mezzi tecnici, in particolare quelle riguardanti il contributo alla riserva di attrezzatura di reazione rapida e il dispiegamento di agenti per le operazioni congiunte in corso, nonché per le tre nuove riserve di osservatori, scorte ed esperti per i rimpatri forzati. Si registrano comunque anche progressi, con un accordo di sede siglato con la Polonia all’inizio di marzo e l’istituzione di un nuovo servizio di sorveglianza marittima mediante sistemi aerei a pilotaggio remoto da avviare entro giugno 2017. L’attuazione della dichiarazione di Malta è stata esaminata dal Consiglio europeo del 9-10 marzo e dal Consiglio GAI del 27 e 28 marzo 2017.
Statistiche visti Schengen. Le statistiche pubblicate dalla Commissione ad aprile mostrano che nel 2016 sono state presentate 15,2 milioni di domande di visti per soggiorni di breve durata, con 14 milioni di visti rilasciati. Il numero delle domande è stato inferiore del 1,6% rispetto al 2015, in calo per il terzo anno consecutivo. Sono, in particolare, diminuite le domande da parte di cittadini della Federazione russa (- 8,4%), che rimangono comunque i principali richiedenti di visti Schengen. Una riduzione si riscontra per la prima volta anche in Cina (- 8,2%), Bielorussia (- 7,6%) e Arabia Saudita (- 6,0%) solo parzialmente compensata da significativi aumenti delle domande presentate in Ucraina (+ 14,5%), India (+ 11,8%), Algeria (+ 1,2%), Marocco (+ 12,5%), Tailandia (+ 9,2%) e Iran ( + 18,2%). L’esenzione dall’obbligo del visto per i cittadini della Colombia e del Perù, in vigore rispettivamente dalla fine del 2015 e dall’inizio del 2016, ha contribuito ulteriormente alla diminuzione delle domande. Nel complesso, il diniego del visto ha riguardato il 6,9% delle domande di visto, lo 0,7 % in più rispetto al 2015. Allo stesso tempo, il 59% di tutti i visti rilasciati nel 2016 sono stati visti multipli, con un notevole incremento di 10 punti percentuali rispetto al 2015.
Dichiarazione UE-Turchia. A marzo, la Commissione ha pubblicato la quinta relazione (COM(2017) 204 def. del 2.3.2017) sui progressi nell’attuazione della dichiarazione UE-Turchia. A quasi un anno di distanza dall’attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016, gli attraversamenti giornalieri dalla Turchia verso le isole greche sono scesi da 10.000 persone registrate in una sola giornata nell’ottobre 2015 alle attuali 43 al giorno. Nel complesso, gli arrivi sono diminuiti del 98%. In questo quadro sono per fortuna diminuite anche le perdite di vite umane nel Mar Egeo: da 1.100 vittime (nel corrispondente periodo del 2015-2016) a 70. I rimpatri sono proseguiti e, dall’attivazione della dichiarazione, hanno raggiunto le 1.487 unità. Gli arrivi, tuttavia, continuano a superare il numero dei rimpatri dalla Grecia alla Turchia, esercitando così un’ulteriore pressione sulle isole greche. Come indicato nella prima relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia (COM(2017) 130 def., anch’essa pubblicata il 2 marzo, la Commissione sta accelerando l’erogazione dei finanziamenti nel quadro di tale strumento. Dei 2,2 miliardi di EUR stanziati per il periodo 2016-2017, sono già stati impiegati a tempo di record 1,5 miliardi di EUR, vale a dire la metà della dotazione totale prevista per il periodo, pari a 3 miliardi di EUR.
Partenariato con i Paesi terzi. A marzo la Commissione e l’Alto rappresentante/vicepresidente hanno presentato la terza relazione sui progressi compiuti relativamente al nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi nell’ambito dell’Agenda europea sulla migrazione, che mette in luce i risultati conseguiti dall’istituzione del quadro di partenariato nel giugno 2016. In Niger, ad esempio, il numero di migranti sostenuti in Centri gestiti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) è raddoppiato nel 2016, superando i 15.000. Quasi 5.000 persone hanno ricevuto assistenza per il ritorno volontario nelle comunità di origine e nove progetti attuati nell’ambito del Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa sostengono lo sviluppo globale del Niger. Proseguono i negoziati con la Nigeria finalizzati alla conclusione di un accordo di riammissione entro giugno 2017. Sono stati adottati progetti supplementari a favore del Senegal e del Mali per promuovere il reinserimento e la creazione di opportunità di lavoro. Si stanno preparando altri programmi a sostegno dei rifugiati e delle comunità di accoglienza in Etiopia e sono stati inviati funzionari di collegamento europei per la migrazione nei cinque Paesi prioritari. Nel dicembre 2016 sono stati approvati in tutto 42 nuovi programmi nell’ambito del Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa, pari a 587 milioni di EUR, che portano a 106 il numero complessivo di progetti adottati, per un valore di oltre 1,5 miliardi di EUR. Il Fondo fiduciario opera in 26 Paesi, con una dotazione attuale di 2,5 miliardi di EUR comprendenti 152 milioni di EUR annunciati finora dagli Stati membri dell’UE e da altri donatori. Il lavoro svolto nell’'ambito del quadro di partenariato è integrato da una maggiore attenzione per la rotta del Mediterraneo centrale. Viene infatti data priorità alla gestione dei flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale, con la mobilitazione di 200 milioni di EUR nel 2017 per progetti connessi alla migrazione, in particolare in Libia.