Rinnovo del permesso di soggiorno e rispetto dei rapporti familiari
La decisione di seguito pubblicata riveste notevole importanza per le conseguenze che avrà in tutte quelle situazioni nelle quali, pur in assenza dei requisiti ordinari per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno ma esistendo rapporti affettivi e familiari autentici, non potrà operare alcun automatismo ostativo.
Con
sentenza n. 5040/2017, il Consiglio di Stato ha posto un principio innovativo e molto chiaro, riconoscendo la rilevanza giuridica dei rapporti familiari di fatto ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, anche in difetto dei requisiti “ordinari” per il rinnovo. Il caso riguardava il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno di una cittadina di Paesi terzi, motivato in ragione della insufficienza di un reddito minimo per il sostentamento. Nel giudizio di 1^ grado (Tar Lombardia - Brescia) la ricorrente aveva prodotto un contratto di lavoro, risultato poi fittizio, con la conseguenza che il giudice amministrativo aveva respinto l’impugnazione.
Il Consiglio di Stato, invece, ha annullato la sentenza del Tar ed il provvedimento del questore in quanto non era stata considerata la convivenza, accertata documentalmente, della cittadina straniera con un cittadino italiano, pur non formalizzata secondo la legge n. 76/2016. Il Giudice d’appello, infatti, ha applicato in via analogica l’art. 3, co. 2, lett. b) d.lgs. 30/2007 (partner con relazione stabile attestata ufficialmente), in forza del «fondamentale principio di eguaglianza sostanziale» di cui all’art. 3, co. 2 Cost. e richiamata la giurisprudenza CEDU secondo cui la nozione di «vita privata e familiare» di cui all’art. 8 include oramai «non solo le relazioni consacrate dal matrimonio, ma anche le unioni di fatto nonché, in generale, i legami esistenti tra i componenti del gruppo designato come famiglia naturale» (Corte EDU, 23.2.2016 ric. n. 6845/13, Pajic c. Croazia).
In virtù di tali principi, avverte l’Alto Consesso, è necessario sempre operare un bilanciamento e accertare se l’allontanamento o l’interruzione della legalità del soggiorno provochi un sacrificio sproporzionato alla vita privata e familiare (Corte EDU, 4.12.2012, ric. n. 3156/05, Hamidovic c. Italia).
Secondo la pronuncia in esame, è irrilevante che la legislazione in materia di permessi di soggiorno non si sia ancora adeguata alla legge n. 76/2016, essendo possibile un’applicazione analogica di altri istituti in forza di preminenti principi costituzionali ed europei.
Rinnovo del permesso di soggiorno e requisito reddituale
Le due pronunce di seguito pubblicate affrontano la (annosa) questione del reddito che il cittadino straniero deve dimostrare per conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno. Entrambe avallano l’orientamento giurisprudenziale secondo cui va dimostrato, in quanto elemento attestante l’inserimento nel tessuto economico e sociale italiano e di partecipazione al bilancio fiscale dello Stato. Invero, nessuna norma del TU immigrazione prevede che, in presenza di un rapporto di lavoro in corso, debba essere dimostrata la disponibilità di un quantum reddituale pre-determinato. L’art. 6, co. 5 TU contempla la possibilità per l’Autorità di P.S. di verificare la disponibilità di un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e/o familiare, ma non indica un ammontare fisso, come invece emerge soprattutto nella sentenza n. 4189/2017 del Consiglio di Stato.
La questione è aperta e meriterà un approfondimento.
Con
sentenza n. 4331/2017 il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento del questore che aveva diniegato a cittadino straniero il rinnovo del permesso di soggiorno per ritenuta mancanza di reddito sufficiente. Provvedimento, quest’ultimo, confermato invece dal Tar Lombardia, Brescia. Si trattava di un cittadino straniero che nel 2011 aveva subito un grave infortunio sul lavoro ed era in attesa di definire la controversia risarcitoria con l’
ex datore di lavoro, nonché del procedimento di riconoscimento dell’invalidità civile, da entrambe le quali avrebbe conseguito un reddito più che sufficiente. Come detto, il Tar Brescia ha rigettato il ricorso in quanto durante il giudizio quei due procedimenti non erano stati definiti e pertanto non vi era certezza del reddito disponibile al ricorrente. Da precisare che dopo il rigetto del ricorso al Tar, il cittadino straniero era stato destinatario di provvedimento di espulsione. Il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento questorile, in quanto «
non ha tenuto conto della complessiva e particolare situazione, lavorativa e reddituale, dello straniero, quale determinatasi in conseguenza dell’infortunio, straniero che sembra avere comunque dimostrato, nonostante detto infortunio, le difficoltà di deambulazione e la patologia diabetica, di poter mantenersi in Italia, anche reperendo una nuova occupazione». Il Giudice d’appello invita l’Amministrazione ad una nuova complessiva valutazione, anche in chiave prognostica della capacità reddituale del cittadino straniero, pur con ridotta capacità lavorativa.
Nella
sentenza n. 4189/2017 il Consiglio di Stato ha esaminato il caso di una cittadina straniera, a cui era stato negato il rinnovo del titolo di soggiorno per difetto di requisito reddituale, pur in presenza di contratto di lavoro domestico. L’interessata era stata respinta alla frontiera al rientro da un periodo trascorso nel Paese, ciò che aveva determinato l’interruzione del rapporto di lavoro. Il ricorso proposto davanti al Tar Lombardia, Brescia, era stato rigettato e anche il Consiglio di Stato conferma che l’interessata non aveva dimostrato di disporre di un reddito sufficiente secondo i parametri di cui all’art. 29, co. 3, lett. b) TU 286/98. Tuttavia, il Giudice d’appello ha dato rilievo all’avvenuta produzione in giudizio di un contratto di lavoro, o meglio della ripresa del contratto di lavoro interrotto a seguito del respingimento alla frontiera e pertanto ha invitato l’Amministrazione dello Stato a valutare «
all’attualità, la posizione complessiva della ricorrente, al fine della eventuale concessione di un nuovo permesso di soggiorno, ai sensi dell’art. 5, co. 5 del d.lgs. n. 286/98».