Atti di indirizzo
COVID, restrizioni ai viaggi non essenziali nell’Unione europea e alla libera circolazione. A marzo, la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio, COVID-19: Restrizioni temporanee ai viaggi non essenziali nell’UE, COM(2020) 115 def. del 16.3.2020,
con cui ha raccomandato l’adozione, da parte di tutti i Paesi Schengen e associati, di una decisione coordinata ai fini dell’applicazione di restrizioni temporanee ai viaggi non essenziali verso la c.d. «zona UE+» (tutti gli Stati membri dell’area Schengen, compresi Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania, e i quattro Stati associati, nonché eventualmente Irlanda e Regno Unito), per un periodo iniziale di 30 giorni. Specifiche cautele sono state rivolte agli obblighi di protezione ed essa ha ritenuto che la restrizione «non dovrebbe» applicarsi alle persone che necessitano di protezione internazionale o in viaggio per altri motivi umanitari, al fine di assicurare il rispetto del principio di non respingimento. È stata, invece, espressamente esclusa l’applicazione delle restrizioni nei confronti di cittadini UE e di Stati associati Schengen, e loro familiari, nonché di cittadini di Paesi terzi che soggiornano legalmente nell’UE, che fanno ritorno a casa. Contemporaneamente ha presentato alcuni orientamenti per gli Stati membri relativi alle misure per la gestione delle frontiere nel quadro dell’emergenza COVID-19, con l’obiettivo di tutelare la salute dei cittadini, garantire un trattamento adeguato delle persone che hanno necessità di viaggiare e assicurare la disponibilità di beni e servizi essenziali, C(2020)1753 finale, in GUUE C 861 del 16.3.2020. La raccomandazione è stata condivisa dal Consiglio europeo nel corso di una riunione il 17 marzo, ed ha comportato l’adozione, da parte di tutti gli Stati membri dell’UE (ad eccezione dell’Irlanda) e gli Stati associati Schengen, di decisioni nazionali per attuare la restrizione dei viaggi. Essa è stata seguita da successive iniziative della Commissione, la quale nel valutare l’applicazione della misura, ne ha suggerito la proroga fino al 15 giugno 2020. Il 30 marzo, la Commissione ha pubblicato degli orientamenti relativi all’esercizio della libera circolazione dei lavoratori durante la pandemia di Covid-19, 2020/C 102 I/03, in GUUE C 102 I/12 del 30.3.2020.
Linee guida sull'attuazione delle disposizioni dell’UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento. Ad aprile, la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione «Covid-19: linee guida sull’attuazione delle disposizioni dell’UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento» ((2020/C 126/02), in GUUE C 126 del 17.4.2020, p. 12 ss. Si tratta di linee guida (orientamenti non vincolanti, elaborati con il supporto dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo – EASO – e dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – Frontex), volte a contemperare le esigenze di continuità delle procedure di asilo, di rimpatrio e di reinsediamento, con le garanzie di protezione della salute delle persone e dei loro diritti fondamentali, conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e nel rispetto del principio di proporzionalità, considerato che la normativa vigente non prevede disposizioni specifiche riferibili ad una situazione di una pandemia. Viene, in particolare, segnalata la necessità di registrare e trattare tutte le domande di protezione internazionale, anche se con un certo ritardo, e di garantire le cure urgenti ed essenziali delle malattie, compreso il Covid-19.
Situazione in Grecia. A fine febbraio, a seguito dell’annuncio del presidente turco Erdoğan che non sarebbe più stato impedito ai migranti presenti sul proprio territorio (oltre 4 milioni di rifugiati, il numero maggiore al mondo) di raggiungere l’Europa, migliaia di persone si sono dirette verso la Grecia, rimanendo però bloccate al confine lungo il fiume Evros. A fronte di questa pressione di alcune decine di migliaia di persone alla propria frontiera esterna, la Grecia ha dichiarato lo stato di emergenza, predisponendo misure di controllo e di polizia, volte ad impedire gli ingressi o a allontanare quanti avessero eventualmente varcato irregolarmente il confine e il 2 marzo ha disposto la completa sospensione delle attività dell’Ufficio d’asilo greco. La misura è stata confermata il 26 marzo dal Parlamento greco e successivamente estesa fino al 15 maggio, richiamando esigenze di tutela della salute e prevenzione del contagio. Il 3 marzo, i Presidenti della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, si sono recati in Grecia per verificare la situazione e hanno rilasciato delle dichiarazioni ufficiali nel corso di una conferenza stampa congiunta. Una dichiarazione è stata adottata anche dal Consiglio. Il 4 marzo la Commissione europea ha presentato un piano d’azione, strutturato in sei punti, per il sostegno immediato alla Grecia, approvato dal Consiglio giustizia e affari interni, nel corso della riunione tenutasi il 13 marzo.
Cooperazione UE-Turchia. Il 30 aprile la Commissione ha presentato la Comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio, Quarta relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia, COM(2020) 162 def. Rispetto al 2018, si registra un aumento del 47% degli arrivi nell’UE dalla Turchia (83.333, rispetto ai 56.560 arrivi registrati nel 2018). La grande maggioranza è giunta in Grecia, via mare e via terra. Benché si registri un aumento, il numero complessivo di migranti lungo la rotta del Mediterraneo orientale per il 2019 rimane, in ogni caso, nettamente inferiore al numero di migranti irregolari che hanno attraversato tale rotta nel 2015 (885.386), e la cooperazione instaurata con la Turchia, nell’ambito della dichiarazione del 2016, è pertanto ritenuta cruciale per la gestione dei flussi migratori lungo tale rotta. Sono proseguiti i reinsediamenti dalla Turchia nell’UE. Il numero totale di persone reinsediate, nel quadro dello schema «1:1» previsto nella dichiarazione, dal 4 aprile 2016 (a dicembre 2019) è stato pari a 25.560 (di cui 7.020 nel 2019), mentre 1.995 migranti sono stati rinviati in Turchia nell’ambito della suddetta dichiarazione (189 dei quali nel 2019) e 601 nell’ambito del protocollo bilaterale Grecia-Turchia. Tutti i fondi operativi sono stati impegnati in due rate, per complessivi 6 miliardi di euro, e i progetti finanziati dovrebbero proseguire fino al 2025. I principali settori di intervento sono stati individuati nella protezione, nelle esigenze di base e nei mezzi di sussistenza, nella sanità, nell’istruzione e nelle infrastrutture comunali.
Riforma del sistema comune europeo di asilo e solidarietà. Il 4 aprile, cinque Stati membri (Cipro, Grecia, Spagna, Italia e Malta) hanno diffuso un documento non ufficiale sulla riforma del regime comune europeo in materia di asilo, seguito il 9 aprile da una lettera indirizzata da Italia, Spagna, Francia e Germania ai commissari responsabili della migrazione Schinas e Johansson. Seppur con accenti diversi, entrambi i documenti sollecitano un sistema obbligatorio che preveda una distribuzione equa e rapida tra gli Stati membri dei richiedenti asilo che arrivano irregolarmente nell’UE, nel rispetto degli articoli 78 e 80 del TFUE. Vengono, inoltre, richieste misure idonee a limitare i movimenti secondari, anche al fine di garantire il corretto funzionamento del sistema Schengen, e suggerito un meccanismo solidale di salvataggio e soccorso (Search and Rescue Solidarity Mechanism). Il non-paper enfatizza, inoltre, la necessità di rafforzare la cooperazione con i Paesi africani e asiatici di origine e di transito dei flussi migratori a fini di contrasto dell’immigrazione irregolare.
Visti
Politica dei visti. Il 23 marzo la Commissione ha pubblicato la comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio riguardante il bilancio della situazione di non reciprocità nel settore della politica dei visti, COM(2020)119 def. La comunicazione interviene in un periodo di proliferazione di misure relative ai visti, adottate da molti Paesi per combattere la pandemia di COVID-19 e, tra queste, le restrizioni temporanee dei viaggi nei confronti dei cittadini stranieri, di qualsiasi cittadinanza, che siano stati fisicamente presenti nello spazio Schengen o lo abbiano visitato nei 14 giorni precedenti, disposte il 13 marzo 2020 dagli Stati Uniti. Il documento esamina i progressi intervenuti verso la reciprocità in materia di visti con gli Stati Uniti dal dicembre 2018, e in particolare riferisce sui progressi conseguiti dalla Polonia, che nel novembre 2019 ha aderito al programma “Viaggio senza visto” degli Stati Uniti. Rimangono invece, esclusi dal programma Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania. Secondo i dati statistici relativi al rifiuto del visto per il 2019, i tassi di rifiuto del visto di tre dei quattro Stati membri interessati continuano a collocarsi al di sopra della soglia richiesta del 3% per l’adesione al programma (Bulgaria: 9,75%, Croazia: 4,02%, Romania: 9,11%). Tuttavia si osservano progressi complessivi, con una tendenza generale al ribasso negli ultimi anni. Cipro è rimasto al di sotto della soglia del 3%, con un tasso di rifiuto del 2,78%, ma la divisione dell’isola resta un particolare problema. La Commissione ha continuato, in tutte le possibili occasioni, a sollecitare gli Stati Uniti a cooperare maggiormente con gli Stati membri interessati e ad accelerare i progressi verso la piena reciprocità in materia di visti.
Statistiche visti Schengen. A maggio la Commissione ha pubblicato le statistiche sui visti Schengen rilasciati nel 2019 dagli Stati membri, che evidenziano un significativo aumento (+5,9%) delle richieste di visti di breve durata rispetto al 2018. L’aumento più rilevante delle richieste di visto riguarda la Federazione russa (+11,8%, raggiungendo i 4 milioni per la prima volta in 5 anni), Cina (+5,2%) ed India (+5,6%). Parimenti sono aumentate le domande di visto presentate in Turchia (900.000, +3,1%), in Marocco (700.000, +6,4%), Arabia Saudita (390.000, +9,4 %), Tunisia (250.000, +5,6%) e Indonesia (230.000, +9,3%). Pur con numeri assoluti sensibilmente inferiori, alcuni Paesi hanno registrato tassi di crescita senza precedenti, tra cui Guinea-Bissau (12.000, +45,4%), Cambogia (15.000, +32,1%), Nepal (13.000, +25,0%), Mauritania (20.000, +24,3%) e Bangladesh (37.000, +21,8%). Il volume delle domande continua, invece, a diminuire in Algeria (670.000, -6,3%) e in Bielorussia (650.000, -5,2%). Il calo maggiore della domanda si è verificato in Iran in conseguenza della difficile situazione economica del Paese. Diminuzioni superiori al 5% si sono registrate anche in Iraq (58.000, -11,2%), Kuwait (160.000, -6,6%) e Guinea Equatoriale (14.000, -5,8%). La percentuale di domande di visto denegate ha continuato ad aumentare nel 2019, ma varia notevolmente da Paese a Paese, andando da meno del 2,5% in Bielorussia, Botswana, Indonesia e Russia, a più del 40% in Algeria, Comore, Ghana, Guinea, Nigeria e Senegal. In tutto il mondo, il 9,9% di tutte le domande di visto è stato rifiutato, 0,3 punti percentuali in più rispetto al 2018. 8,9 milioni, pari al 59% dei 15 milioni di visti rilasciati nel 2019, consentono ingressi multipli nell’area. Oltre ai 15 milioni di visti emessi dai consolati, nel 2018 i Paesi dell’area Schengen hanno rilasciato circa 71.000 visti uniformi alle frontiere esterne dell’Unione.
Accordi di facilitazione dei visti e di riammissione con la Bielorussia. A gennaio, l’Unione europea e la Bielorussia hanno sottoscritto un accordo di facilitazione per il rilascio dei visti per soggiorni di breve durata e un accordo di riammissione delle persone il cui soggiorno è irregolare. L’accordo di facilitazione dei visti prevede, tra l’altro, la riduzione dei diritti per il rilascio del visto, la possibilità di ottenere un visto per ingressi multipli con un lungo periodo di validità e la semplificazione dell’elenco dei documenti da allegare alla domanda di visto. La cooperazione con la Bielorussia nel settore della migrazione aveva già portato alla conclusione di un partenariato per la mobilità nel 2016. Gli accordi sono stati sottoposti all’approvazione del Parlamento europeo.
Programmi di sviluppo e protezione regionale in Nord Africa. A marzo sono state pubblicate delle schede informative di aggiornamento in merito ai programmi di sviluppo e protezione regionale realizzati in Nord Africa. Istituiti nel 2015 nell’ambito dell’Agenda europea sulle migrazioni, tali programmi sono finanziati attraverso le azioni del Fondo UE asilo, migrazione e integrazione (AMIF). Finora sono stati finanziati oltre 40 progetti in Algeria, Ciad, Egitto, Libia, Mauritania, Marocco, Niger, Tunisia, per un importo totale di 41.400.000 euro. Il loro obiettivo è quello di assistere i Paesi terzi ad affrontare le esigenze di protezione e sviluppo dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo, sostenendo gli sforzi delle comunità che li ospitano. Essi includono attività di capacity building a supporto dei governi nazionali, delle ONG e della società civile con focus specifico sui diritti umani, sulla protezione internazionale e sull’erogazione di servizi per migranti vulnerabili e rifugiati e campagne di sensibilizzazione sui rischi legati alla migrazione irregolare. I Programmi prevedono una componente di sviluppo ed una di protezione. Quest’ultima è gestita da un Consorzio di Stati membri europei guidati dall’Italia.