Nel corso del secondo quadrimestre del 2020 si segnalano anzitutto due decisioni della Corte costituzionale.
La sent. 31.7.2020, n. 186 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4, co. 1-bis del d.lg. n. 142/2015 come introdotto dall’art. 13, co. 1, lett. a), num. 2 del d.l. n. 113 del 2018 che precludeva l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo.
L’ord. 30.7.2020, n. 182 ha disposto di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale: se l’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso che nel suo àmbito di applicazione rientrino l’assegno di natalità e l’assegno di maternità, in base all’art. 3, par. 1, lett. b) e j), del reg. (CE) n. 883/2004, (relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale), richiamato dall’art. 12, par. 1, lett. e) della dir. 2011/98/UE (relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico), e se, pertanto, il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso di non consentire una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva le provvidenze dell’assegno di natalità e dell’assegno di maternità, già concesse agli stranieri titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
Buoni spesa
I Tribunali di Nola e di Napoli hanno ribadito che, nel rispetto del principio di non discriminazione e della tutela di diritti umani fondamentali, gli enti locali devono fissare condizioni di accesso ai buoni spesa alimentari (di cui all’ordinanza 658 del 29.3.2020 per far fronte all’emergenza Covid 19 quale forma di solidarietà alimentare ai soggetti più vulnerabili) basate esclusivamente sulla condizione di disagio economico e sul domicilio (e non sulla residenza) nel territorio comunale (decreti emessi rispettivamente il 14 ed il 25 maggio 2020, in Banca dati Asgi).
Il TAR Abruzzo, in relazione ai buoni spesa distribuiti dal Comune dell'Aquila (in applicazione dell'OCPC n. 658/2020), ha affermato il diritto alla loro percezione per il ricorrente che si trovi stabilmente nel territorio di un Comune già prima dell'inizio dell'emergenza epidemiologica pur non avendovi trasferito la residenza perché in siffatta situazione non avrebbe in ogni caso potuto chiederli, né utilizzarli, presso il Comune di effettiva residenza essendo giuridicamente impossibilitato a raggiungere tale luogo per il divieto di allontanamento imposto proprio a seguito della emergenza Covid-19 (sent. 11.5.2020, n. 178, in Banca dati Asgi).
Contributo per permesso di soggiorno
Appartiene alla giurisdizione ordinaria la causa volta ad accertare la discriminazione posta in essere dal Ministero dell’Interno consistente nell’imporre al cittadino straniero il pagamento di contributi per ottenere/rinnovare il permesso di soggiorno di lungo periodo in misura eccessiva e comunque tale da introdurre una differenza di trattamento con i cittadini italiani a cui si dà la possibilità di godere dei propri diritti corrispondendo dei contributi in maniera proporzionata. Nel sottolineare la competenza del giudice ordinario la Corte di Appello di Brescia ha evidenziato che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non si trattava di decidere circa la restituzione di parte di un tributo, bensì in merito ad un comportamento della pubblica amministrazione suscettibile di produrre una disparità di trattamento fra cittadino italiano e straniero per prestazioni di analogo contenuto. Pertanto la vertenza non rientrava nella giurisdizione della Commissione Tributaria come statuito dal Tribunale di Brescia (sent. 31.7.2020, n. 283, in Banca dati Asgi).
Indennità di maternità di base
Il Tribunale di Alessandria ha affermato la natura discriminatoria della condotta tenuta dal Comune di Alessandria consistente nell'aver negato il diritto alla indennità di maternità di base ex art. 74, d.lgs. 151/01 alla madre, di cittadinanza extra UE coniugata con cittadino italiano, che al momento della domanda era formalmente residente in Italia anche se non lo era alla nascita del bambino. Il Tribunale ha, altresì, evidenziato che l'assegno spettava comunque alla ricorrente in quanto familiare di cittadino UE, essendo tutelata dall'art. 19, co. 4, d.lgs. 30/07, anche se non aveva ancora ottenuto la carta di soggiorno di familiare extra UE di cittadino UE, perché si trovava comunque nelle condizioni sostanziali per avere diritto a tale permesso (ord.18.7.2020, in Banca dati Asgi).
Bonus bebè
La Corte di Appello di Firenze respinge l’appello dell’INPS contro la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva dichiarato il carattere discriminatorio della condotta dell’Ente previdenziale per aver negato l’assegno di natalità di cui all’art. 1, co. 125 della l. n. 190/2014 a un cittadino albanese, in quanto questi non era titolare di un permesso a tempo indeterminato o di carta di soggiorno. Il giudice di secondo grado sulla base della pregressa giurisprudenza della Corte costituzionale sull’art. 80, co. 19 della l. n. 388/2000, sulla base della giurisprudenza della Corte di Strasburgo in merito all’art. 14 della CEDU e sulla base della normativa dell’Unione (art. 21 CDFUE e reg. CE 883/2004 in riferimento alla dir. 2011/98/CE), conferma la disapplicazione della norma interna che richiederebbe la titolarità di un permesso di lungo termine per accedere al beneficio (sent. 12.5.2020, n. 180 in Banca dati Asgi).
Assegno di invalidità
Il Tribunale di Arezzo ha accertato la sussistenza del diritto a percepire l'assegno di invalidità da parte di un cittadino extra UE in possesso del permesso di soggiorno per cure mediche della durata di sei mesi, trattandosi di titolo di soggiorno non occasionale o di breve durata secondo l'accezione resa dalla stessa normativa nazionale di cui all'art. 4, co. 4 TU che qualifica soggiorni di breve durata quelli inferiori a tre mesi. La provvidenza dell'assegno di invalidità non può quindi essere vincolata – in ossequio anche alla sentenza della Corte Costituzionale n. 187/2010 – ad un permesso di soggiorno di durata almeno annuale, come invece asseriva l’INPS richiamando l’art. 41 TU (sent. 23.6.2020, n. 122, in Banca dati Asgi).
Il possesso di un immobile all’estero e l’accesso all’edilizia residenziale pubblica
Il Tribunale di Milano (ord. 27.7.2020, in Banca dati Asgi) ha ritenuto discriminatorio il requisito richiesto dal regolamento regionale lombardo 31.7.2017 n. X/7004 nella parte in cui richiede per l’accesso al sistema abitativo pubblico per lo straniero titolare del permesso di protezione internazionale o del permesso umanitario l’assenza di titolarità di diritti di proprietà o di altri diritti reali di godimento su beni immobili adeguati alle esigenze del nucleo familiare, ubicati anche all’estero, in quanto, ad avviso del Tribunale, appare del tutto irrilevante la presenza di un immobile in un paese di provenienza nel quale il titolare di detto bene mai potrebbe tornare e mai potrebbe trarre un’utilità comparabile.
Il medesimo requisito risulta discriminatorio anche per gli stranieri diversi dai titolari di protezione, tenuto conto che il regolamento regionale prevede come criterio per valutare l’«adeguatezza» il riferimento alla sola metratura e tenuto conto che molti stranieri non possono dimostrare suddetto requisito, dato che moltissimi paesi non dispongono di un sistema catastale adeguato ad indicare la proprietà e le dimensioni della casa.
Risulta, infine, discriminatorio il richiamo alle disposizioni del d.p.r. n. 445/00 che consentono una dichiarazione sostitutiva «limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani» con riferimento alla proprietà di alloggi adeguati, in quanto l’attestazione della situazione di impossidenza all’estero si traduce in un ostacolo alla graduatoria e all’assegnazione dell’alloggio per i soli cittadini stranieri, tenuto anche conto del fatto che ai cittadini italiani è data la possibilità di documentarla mediante semplice dichiarazione sostitutiva.
Discriminazione per ragioni di provenienza geografica ovvero di nazionalità
La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 26 agosto 2020, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Genova ed ha ritenuto discriminatorie le ordinanze sindacali (emesse rispettivamente dal Comune di Alassio e di Carcare) con le quali si vincolava la possibilità di dimora all’interno del Comune di persone provenienti da paesi dell’area africana, asiatica e sud americana alla presentazione di un certificato attestante la negatività da malattie infettive trasmissibili, correlando automaticamente l’insorgere di malattie infettive all’origine etnica e alla provenienza geografica dei soggetti e dunque in violazione degli artt. 2 e 43 TU. I giudici, dopo aver evidenziato che nel periodo in cui erano state emanate le ordinanze sindacali (2015 e 2016) la situazione sanitaria ed epidemiologica in Italia e nel mondo era molto diversa da quella attuale a seguito dell’emergere a fine 2019 della pandemia di Covid 19, e che non vi era alcun fenomeno di emergenza sanitaria in Italia e nel mondo – con l’unica eccezione per il virus Ebola in relazione al quale rimanevano solo due focolai attivi in Guinea (finito nel dicembre 2015) e Sierra Leone (finito nella primavera del 2016) –, hanno sottolineato che le malattie infettive portate a giustificazione nelle due ordinanze erano limitate a due soli paesi in Africa (Ebola) o erano presenti comunque in Italia ed in Europa da decenni (HIV) o da secoli (scabbia, tubercolosi). Ad avviso della Corte di Appello non vi era pertanto alcuna ragione sanitaria per discriminare persone provenienti dall’Africa senza distinzione di nazione, dall’Asia e dal Sud America e che i due Comuni appellanti non avevano comunque dimostrato che esistessero ragioni sanitarie per prevedere un controllo sanitario per coloro che erano senza fissa dimora in Italia, né che in questa categoria dei senza fissa dimora vi fossero ragioni sanitarie per discriminare persone provenienti da Africa, Asia e Sud America rispetto a persone provenienti da altre zone di Italia, dal resto dell’Europa e dal Nord America (sent. 26/8/2020, n. 806, in Banca dati Asgi).
Destinazione dei proventi della gestione del patrimonio della Riserva Fondi UNRRA
Il Tribunale di Milano, con ord. del luglio 2020, ha affermato che la direttiva del Ministero dell’Interno del 10 aprile 2019 ed il conseguente avviso pubblico emanato il 12 giugno 2019 costituiscono discriminazione per motivi di nazionalità nella parte in cui prevedevano, con riferimento all’anno 2019, che i proventi della gestione del patrimonio della Riserva Fondi UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), pari ad € 1.800.000,00, fossero destinati con carattere prioritario a progetti socio-assistenziali aventi come destinatari cittadini italiani in condizione di marginalità sociale, anziché essere estesa anche ai soggetti ad essi equiparati anche ai sensi dell’art. 41 del TU e, cioè, agli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché ai minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno (ord. 28.7.2020, in Banca dati Asgi).