Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali
Attribuzione anche ad alcuni stranieri dell’assegno temporaneo per i figli minori. Problemi costituzionali ed europei
Il Decreto-legge 8.6.2021, n. 79 (pubblicato sulla GU n. 135 dell’8.6.2021) istituisce l’assegno temporaneo per i figli minori e lo attribuisce anche ad alcune categorie di stranieri.
Il provvedimento si inserisce nel percorso verso «l’assegno unico universale» aperto dalla legge n. 46/2021 che prevede, allorché saranno emanati i decreti legislativi, l’assorbimento in una unica prestazione di varie prestazioni di famiglia (assegno famiglie numerose, bonus bebè, detrazione figli a carico e, in un secondo tempo, assegni al nucleo familiare). Il Governo, preso atto che la riforma non avrebbe potuto entrare in vigore il 1^ luglio 2021 (come era stato ipotizzato), ha approvato questo decreto legge per coprire la fase transitoria «con un assegno ponte»: in pratica il d.l. ha il solo effetto di garantire un trattamento di famiglia (riferito però solo ai figli, il coniuge è escluso dalla nuova disposizione) a coloro che attualmente non percepiscono gli assegni per il nucleo familiare, cioè in pratica i lavoratori autonomi e i disoccupati senza trattamento NASPI (chi è titolare di NASPI percepisce gli assegni per il nucleo familiare).
Circa i requisiti di residenza e di cittadinanza, il nuovo assegno presenta requisiti più restrittivi rispetto all’assegno per il nucleo familiare «ordinario» che spetta a tutti i lavoratori, a tutti i pensionati e a tutti titolari di NASPI senza alcun requisito restrittivo.
Infatti, l’assegno temporaneo presenta i seguenti profili problematici:
1) l’assegno è riconosciuto ai cittadini italiani, UE ed extra UE titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o titolari del «permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale». La richiesta di un permesso semestrale appare illogica rispetto al regime ordinario degli assegni per il nucleo familiare che non richiede alcun particolare permesso, ma avrà effetti molto limitati.
L’indicazione di un permesso «per motivi di lavoro o ricerca» appare troppo generica e perciò occorre darne una interpretazione sistematica conforme alle norme europee.
Il permesso per lavoro deve perciò ritenersi riferito sia al permesso per lavoro subordinato, sia al permesso per lavoro autonomo, ma anche a tutti quegli altri titoli di soggiorno che consentono l’accesso ad un regolare rapporto di lavoro e cioè i permessi per motivi familiari, per casi speciali, per integrazione sociale e civile del minore, per richiesta di asilo, per status di rifugiato, per protezione sussidiaria, per protezione speciale, per cure mediche, per attività sportiva, per ricerca scientifica, per assistenza minore: infatti la norma legislativa richiede un permesso per lavoro oppure per ricerca e non utilizza la dizione «permesso unico lavoro» utilizzata dalla direttiva 2011/98 e dall’art. 22 d.lgs. n. 286/1998, che si riferisce anche ai titolari di un permesso unico lavoro rilasciato per ricongiungimento familiare o i titolari del permesso per attesa occupazione che invece sono sicuramente titolari di un permesso unico lavoro ai sensi della direttiva UE 2011/98 e hanno quindi diritto alla parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni familiari ai sensi dell’art. 12 della direttiva stessa.
2) L’assegno è riconosciuto a chi è regolarmente residente in Italia da almeno due anni. Tale requisito riproduce le disposizioni della legge delega non ancora attuata, ma appare anomalo perché non è previsto dal vigente assegno per il nucleo familiare fino a quando la legge delega non sarà attuata. Esso appare un requisito indirettamente discriminatorio in quanto finisce per incidere in misura proporzionalmente maggiore sugli stranieri rispetto agli italiani. Paradossale è poi che questo requisito sia escluso se il richiedente è titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale. Tale esclusione appare irragionevole perché se il richiedente è titolare di uno di questi rapporti di lavoro subordinato chiederà gli assegni per il nucleo familiare ordinari, che (quantomeno fino al 1.1.2022) non sono soggetti ad alcun vincolo di residenza.
3) Circa la possibilità di computare come beneficiari i figli all’estero, la norma utilizza sin d’ora la medesima previsione contenuta nella citata legge delega non ancora attuata: il richiedente deve essere residente in Italia (e residente da almeno due anni), mentre non si richiede che i figli siano anch’essi residenti in Italia (e dunque potranno essere anche residenti all’estero) ma si richiede che essi siano «a carico» (requisito oggi non richiesto per gli assegni per il nucleo familiare): almeno su questo punto, non sembra quindi esservi spazio per una differenza di trattamento tra beneficiari italiani e beneficiari stranieri come quella prevista per gli ANF ordinari e sanzionata dalla Corte europea (cfr. le sentenze del 25.11.2020 nelle cause C-303/19 e C-302/19).
Limitazioni agli ingressi degli stranieri durante lo stato di emergenza nazionale derivante dalla pandemia di Coronavirus
Da maggio ad agosto 2021 ordinanze del Ministro della salute e decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanati sulla base dei poteri conferiti dalle norme legislative concernenti lo stato di emergenza di livello nazionale per la pandemia da Coronavirus-19 (che nel frattempo è stato prorogato al 31 dicembre 2021), hanno disposto misure che limitano la possibilità di ingresso in Italia delle persone (cittadini o stranieri) provenienti da altri Stati, sulla base dei rischi sanitari derivanti dall’andamento della pandemia e delle campagne vaccinali in atto in quegli Stati.
Le misure man mano adottate sono state a loro volta poi via via modificate ed integrate alla luce dell’andamento della pandemia e della campagna vaccinale.
In particolare, si segnalano quattro aspetti più significativi.
1) A partire dal 24 maggio 2021, ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro della salute 14.05.2021 (pubblicata in G.U. - Serie generale n.114 del 14.05.2021), chiunque faccia ingresso in Italia, per una qualsiasi durata e attraverso qualsiasi mezzo di trasporto, da Stati o territori esteri di cui agli elenchi B, C, D ed E dell’allegato 20 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2.03.2021, prima del proprio ingresso nel territorio nazionale, è tenuto a compilare un Modulo per la Localizzazione in formato digitale, denominato anche digital Passenger Locator Form (dPLF).
Si tratta di moduli con cui vengono raccolte le informazioni di contatto e le specifiche sull’indirizzo della permanenza dei viaggiatori in territorio nazionale, per permettere all’Autorità sanitaria italiana di contattarli tempestivamente, qualora esposti ad una malattia infettiva diffusiva. In caso di viaggio in aereo, sarà compito del vettore verificare l’avvenuta compilazione del dPLF prima dell’imbarco del passeggero. La mancata compilazione comporterà il diniego all’imbarco.
Il dPLF va inviato obbligatoriamente prima dell’imbarco. Sarà comunque sempre modificabile il campo relativo al numero di posto assegnato sul volo.
Per compilare il dPLF è necessario collegarsi al sito https://app.euplf.eu/ e seguire la procedura guidata per accedere al dPLF, scegliere l’Italia come Paese di destinazione, registrarsi al sito creando un account personale con user e password (è necessario farlo solo la prima volta), compilare e inviare il dPLF seguendo la procedura guidata.
Una volta inviato il modulo, il passeggero riceverà all’indirizzo e-mail indicato in fase di registrazione, il dPLF in formato pdf e QRcode che dovrà mostrare direttamente dal suo smartphone al momento dell’imbarco. In alternativa, il passeggero potrà stampare una copia del dPLF da mostrare all’imbarco.
È sufficiente compilare un unico dPLF per nucleo familiare.
La compilazione del modulo digitale sostituisce la dichiarazione di cui all’art. 50, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2.3.2021. In casi eccezionali, ovvero esclusivamente in caso di impedimenti tecnologici, sarà possibile compilare il modulo cartaceo. Si precisa che l’autodichiarazione resa alla Polizia di frontiera dovrà sempre essere esibita in versione cartacea.
2) La disciplina generale italiana per gli spostamenti da/per l’estero è contenuta nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2.03.2021, nell’ordinanza del Ministro della salute 29.07.2021 (pubblicata in G.U. Serie generale n. 181 del 30.07.2021), in parte prorogata fino al 25 ottobre, e nell’ordinanza del Ministro della salute 28.08.2021 (pubblicata in G.U. Serie generale n. 207 del 30.08.2021), in vigore dal 31 agosto al 25 ottobre 2021. Il d.p.c.m. continua a basarsi su cinque elenchi di Paesi per i quali sono previste differenti misure. Tali elenchi sono contenuti nell’Allegato 20 e possono essere modificati con apposita ordinanza adottata dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della Cooperazione internazionale.
A - San Marino, Città del Vaticano
B - Stati e territori a basso rischio epidemiologico, che verranno individuati con apposita ordinanza, tra quelli di cui all’elenco C. Al momento, nessuno Stato è in questo elenco.
C - Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca (incluse isole Faer Oer e Groenlandia), Estonia, Finlandia, Francia (inclusi Guadalupa, Martinica, Guyana, Riunione, Mayotte ed esclusi altri territori situati al di fuori del continente europeo), Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi (esclusi territori situati al di fuori del continente europeo), Polonia, Portogallo (incluse Azzorre e Madeira), Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna (inclusi territori nel continente africano), Svezia, Ungheria, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Andorra, Principato di Monaco, Israele.
D - Albania, Arabia Saudita, Armenia, Australia, Azerbaigian, Bosnia ed Erzegovina, Brunei, Canada, Emirati Arabi Uniti, Giappone, Giordania, Libano, Kosovo, Moldavia, Montenegro, Nuova Zelanda, Qatar, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (compresi Gibilterra, Isola di Man, Isole del Canale, basi britanniche nell’isola di Cipro), Repubblica di Corea, Repubblica di Macedonia del Nord, Serbia, Singapore, Stati Uniti d’America, Ucraina, Taiwan, Regioni Amministrative Speciali di Hong Kong e Macao.
E - Resto del mondo: tutti gli Stati e territori non espressamente indicati in altro elenco.
Paesi soggetti a misure speciali: Brasile, India, Bangladesh e Sri Lanka.
3) Con la citata ordinanza del Ministro della salute 29.07.2021, prorogata fino al 25 ottobre con la citata ordinanza del Ministro della salute 28.08.2021, la disciplina relativa alle esenzioni ha subito alcune modifiche.
I. Esenzione completa: eccezione agli obblighi di certificazione verde/test molecolare o antigenico pre-partenza, isolamento e successivo test
Fermo restando l’obbligo di compilazione del formulario digitale di localizzazione, in assenza di sintomi compatibili con COVID-19, gli obblighi, ove previsti, di Certificazione Verde Covid, di test molecolare o antigenico nelle 48 o 72 ore precedenti e di isolamento fiduciario di cinque o dieci giorni con successivo test molecolare o antigenico non si applicano:
a) all’equipaggio dei mezzi di trasporto;
b) al personale viaggiante;
c) ai movimenti da e per gli Stati e territori di cui all’elenco A;
d) ai lavoratori frontalieri in ingresso e in uscita dal territorio nazionale per comprovati motivi di lavoro e per il conseguente rientro nella propria residenza, abitazione o dimora;
e) agli alunni e agli studenti per la frequenza di un corso di studi in uno Stato diverso da quello di residenza, abitazione o dimora, nel quale ritornano ogni giorno o almeno una volta la settimana.
Rientrano nell’esenzione completa anche:
1) chiunque transiti, con mezzo privato, nel territorio italiano per un periodo non superiore a trentasei ore, con l’obbligo, allo scadere di detto termine, di lasciare immediatamente il territorio nazionale o, in mancanza, di iniziare il periodo di isolamento fiduciario per cinque giorni presso l’indirizzo indicato nel dPLF e di effettuare un test molecolare o antigenico al termine dell’isolamento;
2) chiunque faccia ingresso in Italia per un periodo non superiore alle centoventi ore per comprovate esigenze di lavoro, salute o assoluta urgenza, con l’obbligo, allo scadere di detto termine, di lasciare immediatamente il territorio nazionale o, in mancanza, di iniziare il periodo di isolamento fiduciario per cinque giorni presso l’indirizzo indicato nel dPLF e di effettuare un test molecolare o antigenico al termine dell’isolamento;
3) chiunque rientri nel territorio nazionale a seguito di permanenza di durata non superiore a quarantotto ore in località estere situate a distanza non superiore a 60 km dal luogo di residenza, domicilio o abitazione, purché lo spostamento avvenga con mezzo privato;
4) chiunque permanga per una durata non superiore alle quarantotto ore in località del territorio nazionale situate a distanza non superiore a 60 km dal luogo estero di residenza, domicilio o abitazione, purché lo spostamento avvenga con mezzo privato.
Ai viaggiatori che rientrino nelle categorie 3) e 4) non si applica neppure l’obbligo di compilare il dPLF.
II. Esenzione parziale: eccezioni agli obblighi di isolamento e test successivo
Fermi restando gli obblighi di compilazione del formulario digitale di localizzazione (dPLF), e di test molecolare o antigenico nelle quarantotto (48) o settantadue (72) ore precedenti l’ingresso in Italia (a seconda della storia di viaggio), e in assenza di sintomi compatibili con COVID-19, gli obblighi, ove previsti, di isolamento di cinque o dieci giorni con successivo test molecolare o antigenico non si applicano:
a) agli ingressi per motivi di lavoro regolati da speciali protocolli di sicurezza, approvati dalla competente autorità sanitaria;
b) agli ingressi per ragioni non differibili, previa autorizzazione del Ministero della salute e con obbligo di presentare al vettore all’atto dell’imbarco e a chiunque sia deputato ad effettuare i controlli un’attestazione di essersi sottoposti, nelle quarantotto ore antecedenti all’ingresso nel territorio nazionale, a un test molecolare o antigenico, effettuato per mezzo di tampone e risultato negativo;
c) ai cittadini e ai residenti degli Stati e territori di cui agli elenchi A, B, C e D che fanno ingresso in Italia per comprovati motivi di lavoro oltre le 120 ore;
d) al personale sanitario in ingresso in Italia per l’esercizio di qualifiche professionali sanitarie, incluso l'esercizio temporaneo di cui all'art. 13 del decreto-legge 17.03.2020, n. 18;
e) al personale di imprese ed enti aventi sede legale o secondaria in Italia per spostamenti all'estero per comprovate esigenze lavorative di durata non superiore a 120 ore;
f) a funzionari e agenti, comunque denominati, dell’Unione europea o di organizzazioni internazionali, agenti diplomatici, personale amministrativo e tecnico delle missioni diplomatiche, funzionari e impiegati consolari, personale militare, compreso quello in rientro dalle missioni internazionali, e delle Forze di polizia, personale del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e dei Vigili del fuoco nell’esercizio delle loro funzioni;
g) agli ingressi mediante voli «Covid-tested», conformemente all’ordinanza del Ministro della salute 23.11.2020 e successive modificazioni;
h) agli ingressi per competizioni sportive di interesse nazionale in conformità con quanto previsto dall’art. 49, comma 5 del d.p.c.m. 2 marzo 2021.
4) Il decreto-legge 23.07.2021, n. 105, convertito con modificazioni dalla l. 16 settembre 2021, n. 126 (pubblicata in G.U. 18.09.2021, n. 224) ha stabilito all’art. 3 che dal 6 agosto 2021, sul territorio nazionale italiano, il Certificato verde digitale Covid-19 (Green Pass), o certificato equivalente riconosciuto dalle Autorità italiane, è necessario, per tutte le persone dai 12 anni in su, per accedere a qualsiasi tipo di servizio di ristorazione al tavolo al chiuso, agli spettacoli, agli eventi e a competizioni sportive, a musei, istituti e luoghi di cultura, alle piscine, alle palestre, ai centri benessere, ai Centri termali, ai parchi tematici e di divertimento, ai centri culturali e ricreativi, alle sale da gioco e ai casinò, alle fiere, ai convegni e ai congressi.
Il decreto-legge 6.08.2021, n. 111 (convertito con modificazioni nella legge di conversione 24.09.2021, n. 133) all’art. 2 ha stabilito che a partire dal 1° settembre 2021 il Green Pass o certificato equivalente è inoltre necessario per salire a bordo di aerei, di navi e traghetti per il trasporto interregionale (esclusi i collegamenti nello Stretto di Messina), di treni di tipo Intercity e Alta Velocità, di autobus per il trasporto interregionale, di autobus per servizi di noleggio con conducente.
Il Green Pass, per l’uso sul territorio nazionale, dovrà attestare di aver fatto almeno una dose di vaccino oppure essere risultati negativi a un tampone molecolare o antigenico nelle 48 ore precedenti, oppure di essere guariti da COVID-19 nei sei mesi precedenti. Un certificato che attesti la somministrazione della prima dose di vaccino a due dosi (seconda dose in attesa di somministrazione) non è invece sufficiente ai fini dell’ingresso in Italia dall’estero.
Per gli stranieri è assai rilevante la normativa che prevede che le caratteristiche necessarie affinché una certificazione rilasciata da Autorità sanitarie estere sia considerata «equivalente» a una certificazione italiana o UE sono di norma indicate dagli Uffici competenti del Ministero della salute italiano, con apposita circolare, a fronte di provvedimenti governativi. Al momento, l’Italia riconosce come equivalenti, per l’uso sul territorio nazionale, le certificazioni rilasciate da alcuni Stati extra UE (Paesi in Elenco D, Israele), come indicato nella citata ordinanza del Ministro della salute 29.07.2021 e nella citata ordinanza del Ministro della salute 28.08.2021 purché rispondano alle caratteristiche indicate nella Circolare del Ministero della salute del 30.07.2021.
Non tutte le certificazioni riconosciute come equivalenti per l’uso sul territorio nazionale sono anche valide anche per l’ingresso dall’estero (ad esempio, certificati che attestino di aver ricevuto solo la prima di due dosi di vaccino o certificazioni di vaccinazione del Regno Unito che, per quanto valide in Italia, non esimono dal rispetto della disciplina prevista per i viaggiatori provenienti dai Paesi dell’elenco D). Per quanto riguarda i soggetti in possesso di un certificato di vaccinazione della Repubblica di San Marino, si applica una disciplina transitoria fino al 15 ottobre 2021, come previsto all’art. 6 del citato d.l. 6.08.2021, n. 111.
Rassegna delle circolari e delle direttive delle Amministrazioni statali
Cittadinanza italiana
Revisione dei procedimenti amministrativi concernenti le domande di attribuzione e di concessione della cittadinanza italiana
Le nuove istruzioni comportano alcuni cambiamenti significativi nella prassi dei rapporti con gli stranieri che presentano domanda di concessione o attribuzione della cittadinanza italiana:
1) Tutti coloro che hanno presentato istanza con le vecchie credenziali devono dotarsi di SPID e provvedere ad associare la pratica sul nuovo portale entro il 30 settembre 2021. Peraltro, stante l’impossibilità di avvalersi dello SPID per le istanze presentate presso gli Uffici consolari, si richiama l’attenzione delle Rappresentanze diplomatiche sulla necessità di proseguire nelle modalità già ordinariamente praticate per l’accertamento di identità e conformità documentale dei richiedenti, utilizzando comunque nella massima misura possibile gli strumenti digitali a disposizione.
2) Sulla base dell’identità digitale, le prefetture non devono più convocare gli interessati per l’identificazione e per il controllo dei documenti allegati all’istanza.
3) Si esige la compilazione da parte dell’interessato di un «foglio notizie», che pare l’evoluzione del «questionario» che finora nella prassi l’istante doveva compilare e caricare assieme all’istanza, nel quale l’istante dovrà fornire informazioni personali e sul suo nucleo familiare, sull’attività lavorativa e sull’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza alla collettività nazionale. Peraltro, la mancata o parziale compilazione del suddetto foglio non potrà comunque essere motivo di ritardo nell’espressione degli elementi di competenza. Potrà essere richiesta la compilazione del foglio notizie anche in caso di istanze presentate prima della sua introduzione nel sistema informatico e tuttora in trattazione: qualora se ne ravvisi la necessità, per una compiuta espressione del parere di competenza, gli Uffici potranno trasmettere il foglio notizie attraverso il sistema CIVES al richiedente, invitandolo a compilarlo in un termine prestabilito e a reinviarlo tempestivamente con la medesima modalità.
Si è inteso infatti responsabilizzare l’interessato sulla corretta rappresentazione delle informazioni principali che lo riguardano e che risultano determinanti per la formulazione del parere sull’istanza di cittadinanza, ferma restando la competenza dell’Amministrazione all’accertamento sull’integrazione dell’aspirante cittadino nella comunità nazionale.
Più in generale la circolare illustra le innovazioni e semplificazioni più significative introdotte con il nuovo procedimento di concessione della cittadinanza italiana attraverso il nuovo sistema informativo CIVES, che consente la gestione informatica, l’accelerazione dell’azione amministrativa è uno dei fattori cruciali per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, anche nei piani programmatici per la ripresa postpandemica.
Inoltre, in attuazione degli obblighi già previsti dal Codice dell’amministrazione digitale e dal d.l. n. 76/2020 per la semplificazione e l’innovazione digitale, le istanze di cittadinanza devono essere presentate esclusivamente tramite il Sistema Pubblico (SPID) ovvero l’identità digitale con cui è possibile accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione.
La circolare spiega che il procedimento è destinato ad una completa digitalizzazione con l’abolizione delle convocazioni in presenza degli interessati sia per il deposito della documentazione, sia per la notifica di avvisi o atti. A tal fine i richiedenti devono dotarsi obbligatoriamente di identità digitale (SPID), sistema che sostituisce a tutti gli effetti il documento di identità, ed indicare al momento dell’invio della domanda un indirizzo di posta elettronica che sarà utilizzato per le comunicazioni. Anche per la notifica dei provvedimenti finali, la modalità telematica sarà da preferire, soprattutto per quanto riguarda i provvedimenti di concessione.
La circolare precisa che coloro che hanno già presentato istanza, ancora non definita con un provvedimento finale, sono tenuti, entro il 30 settembre 2021, ad associare la pratica pendente allo SPID con una semplice procedura attivabile nel sistema, acquisendo così le nuove credenziali che consentiranno di accedere al Portale dei servizi di cittadinanza.
Nel compilare la domanda il richiedente dovrà riportare le generalità indicate in atti e documenti formati all’estero dalle competenti Autorità straniere (atto di nascita, certificato penale, passaporto) e in atti rilasciati dallo Stato italiano (permesso di soggiorno, carta d’identità), provvedendo a fornire la eventuale documentazione giustificativa in caso di discordanze.
Il sistema CIVES offre in tal senso un controllo preliminare dell’allineamento dei dati, a partire dall’identità autenticata di SPID, non consentendo l’ulteriore progressione nella compilazione della domanda in caso di difformità delle generalità, a meno che l’interessato non provveda ad inserire nell’apposito campo l’attestazione dei motivi della mancata corrispondenza.
La circolare esige dalle prefetture di verificare accuratamente la conformità tra le generalità desumibili dall'atto di nascita del Paese di origine del richiedente, dal certificato penale dello Stato di provenienza, dal suo passaporto e quelle contenute in tutti gli atti rilasciati a suo favore dalle Autorità italiane, a partire dall’identità digitale autenticata da SPID. È onere del richiedente allegare idonea documentazione che giustifichi ogni eventuale differenza tra i vari documenti presentati a corredo dell'istanza.
Il sistema CIVES provvede automaticamente a utilizzare ai fini della redazione del provvedimento finale le generalità indicate in SPID.
A tale proposito la circolare critica talune prefetture che insistono nell’attribuire al richiedente il cognome riportato originariamente nell’atto di nascita, senza tenere adeguatamente conto delle variazioni anagrafiche, ad esempio a seguito di matrimonio, indicate nei successivi documenti di identità dell’interessato, dichiarati anche nella domanda volta ad ottenere la cittadinanza italiana.
Si invitano pertanto le prefetture ad evitare di porre in essere sui decreti emanati dalla Direzione centrale impropri interventi correttivi o arbitrarie rettifiche o improvvidi incasellamenti, che risultano del tutto ingiustificati e in evidente contrasto con le previsioni europee sul diritto al nome e che qualora praticati, comportano precise responsabilità contabili a carico degli autori in ordine alle spese di lite nei giudizi instaurati dagli interessati.
Agli uffici prefettizi la circolare chiede il controllo informatico degli atti rilasciati dai Paesi di origine ai richiedenti di tutte le nazionalità. Ove sorgano dubbi nella verifica sulla genuinità delle legalizzazioni dei documenti inoltrati on line, si rivolgeranno alle Rappresentanze diplomatico-consolari competenti per il loro qualificato parere esclusivamente attraverso il sistema informatico CIVES. Il richiedente dovrà conservare la documentazione fino al termine del procedimento e mostrarla, se richiesto, in qualsiasi momento si rendesse necessario.
Circa il parere richiesto alle prefetture e ai Consolati la circolare prescrive che allorché in fase di presentazione delle istanze non ricorrano i requisiti previsti dalle disposizioni vigenti, tali uffici dovranno attenersi alle indicazioni contenute nella circolare del 22 marzo 2019 n. 2646 adottando le procedure di rifiuto in ALI ovvero i provvedimenti di inammissibilità, al fine di non far sorgere aspettative in capo ai richiedenti.
Si ricorda che l’espressione del parere da parte delle prefetture e delle Rappresentanze consolari costituisce il fattore cruciale dell’intera procedura di cittadinanza: dalla sua completezza, chiarezza e tempestività derivano il corretto sviluppo delle sequenze procedimentali e la realizzazione di una istruttoria organica e mirata da parte degli Uffici centrali.
Si informa anche che è in corso di revisione la scansione organizzativa degli adempimenti istruttori di competenza delle Autorità riceventi al fine della loro velocizzazione e semplificazione nel sistema informatico. È in fase di semplificazione anche il procedimento istruttorio informatico che riguarda la concessione della cittadinanza per matrimonio per coloro che sono residenti all’estero. Per tali fattispecie, infatti, le Rappresentanze diplomatico-consolari forniranno direttamente le loro valutazioni tecniche propedeutiche alla conclusione dell’iter endoprocedimentale, consentendo all’ufficio centrale di definire le istanze.
La circolare chiarisce che il parere reso dalla prefettura e dalla Rappresentanza consolare deve essere inteso come la sommatoria di tutti gli accertamenti posti in essere e dell’esame effettuato sui diversi profili, di residenza, penale e reddituale, e deve intervenire, attraverso la colorazione della casella nel sistema informatico, solo a conclusione dell’attività svolta sulla pratica.
La circolare ricorda anche il rilevante ruolo delle questure nel procedimento di concessione della cittadinanza italiana, essenziale per la valutazione finale dell’Amministrazione. In tal senso la circolare prega la Segreteria del Dipartimento di pubblica sicurezza di sensibilizzare le questure a proseguire nella loro azione di analisi e informazione e ricorda che il nuovo modello di rapporto informativo presente nel sistema CIVES è finalizzato ad acquisire elementi utili sulla irreprensibilità della condotta degli istanti e dei loro familiari.
Tali elementi sono determinanti ai fini della valutazione dell’integrazione del soggetto e del relativo nucleo familiare nella comunità nazionale, sotto il profilo della conoscenza e osservanza delle regole giuridiche e civili che la connotano. Si rammenta che le questure nell’ambito della propria discrezionalità tecnica sono tenute ad esprimere un giudizio sull’eventuale pericolosità sociale del soggetto, anche e soprattutto in presenza di reati risalenti. I più recenti orientamenti giurisprudenziali hanno evidenziato infatti come sia onere dell’Amministrazione acquisire elementi aggiornati sulle pendenze penali.
Si raccomanda perciò che le Autorità di pubblica sicurezza facciano conoscere tempestivamente l’esito dei procedimenti penali a carico dei richiedenti, ai fini della migliore definizione delle pratiche di cittadinanza.
Tutte le comunicazioni con l’interessato la circolare contiene prescrizioni di dubbia legittimità rispetto alle garanzie previste dalle norme sul procedimento amministrativo: si prescrive che le comunicazioni dovranno avvenire tramite CIVES attraverso la funzionalità della comunicazione informatica, che consente di notificare atti e documenti all’interessato, evitando la sua convocazione in presenza negli Uffici o l’utilizzo di modalità cartacee, quali l’invio della raccomandata con ricevuta di ritorno, in contrasto con la previsione della totale digitalizzazione del procedimento di cittadinanza.
Attraverso l’esclusivo canale informatico verranno quindi forniti i preavvisi di inammissibilità o di diniego dell’istanza di cittadinanza, le risposte alle richieste di accesso agli atti del procedimento, le notifiche dei provvedimenti conclusivi di concessione.
A tal fine si precisa che l’indirizzo e-mail dichiarato sul portale ALI al momento dell’inoltro della domanda on line costituisce domicilio eletto, ai sensi dell’art. 47 del Codice civile. La circolare ricorda che la Direzione centrale ha inoltre attivato il collegamento con «IO APP», applicazione scaricabile su smartphone, principale punto di contatto digitale con la PA, destinato a garantire trasparenza e informazione ai richiedenti sull’andamento della pratica e a consentire una più rapida interazione con gli Uffici nella definizione del procedimento.
Infine, circa le notifiche dei provvedimenti, siano essi di concessione o di reiezione, si prescrive che siano effettuate con tempestività per concludere l’iter concessorio. Infatti, situazioni pendenti possono determinare contenziosi e conseguenti responsabilità erariali in caso di ritardi ingiustificati. Il sistema informatico consente anche di procedere alla notifica digitale del provvedimento. Si consiglia in particolare di utilizzare tale modalità soprattutto per notificare i provvedimenti di concessione al fine della velocizzazione del procedimento. In tal senso è opportuno che siano individuate anche soluzioni semplificate d'intesa con i Comuni che dovranno procedere all’effettuazione del giuramento.
Si specifica che per il perfezionamento della notifica è sufficiente anche l’attestazione di compiuta giacenza, e che, in caso di irreperibilità o di indirizzo sconosciuto, i Comuni potranno procedere ai sensi dell’art. 140 ovvero 143 c.p.c., comunicando alle prefetture la conclusione dell’adempimento.
Trascorsi sei mesi da tale comunicazione, il relativo procedimento di cittadinanza potrà essere concluso con la decadenza per mancato giuramento.
Salute
Equipollenza delle certificazioni vaccinali e di guarigione rilasciate in Stati extraUE
Uno dei problemi più rilevanti per gli stranieri durante la campagna vaccinale per la prevenzione del COVID-19 è l’equipollenza delle vaccinazioni avute in altri Stati, poiché non tutti i vaccini in commercio sono stati riconosciuti dalla Agenzia europea del farmaco (EMA) come validi dal punto di vista terapeutico e perciò non tutti i vaccini sono validi in tutta la UE.
Perciò con
circolare del Ministero della salute – Direzione generale della prevenzione sanitaria del 30.07.2021, prot. 0034414-30/07/2021-DGPRE-DGPRE-P circa l’accettazione di certificazioni vaccinali e di guarigione rilasciate dagli Stati terzi identificati dall’ordinanza del Ministro della salute del 29.07.2021 e da successive disposizioni normative, per il loro utilizzo sul territorio nazionale per le finalità di cui all’articolo 9, comma 10-
bis, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, così come modificato dal decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, si prescrive che le certificazioni vaccinali, in accordo a quanto indicato dalla Raccomandazione UE n. 2021/816 del 20 maggio 2021, dovranno riportare almeno i seguenti contenuti:
- dati identificativi del titolare (nome, cognome, data di nascita);
- dati relativi al vaccino (denominazione e lotto);
- data/e di somministrazione del vaccino;
- dati identificativi di chi ha rilasciato il certificato (Stato, Autorità sanitaria).
Le certificazioni vaccinali, in formato cartaceo e/o digitale, dovranno essere redatte almeno in una delle seguenti lingue: italiano; inglese; francese; spagnolo.
Nel caso in cui certificato non fosse stato rilasciato in una delle quattro lingue indicate si richiede che sia accompagnato da una traduzione giurata.
La validità dei certificati vaccinali è la stessa prevista per la certificazione verde COVID-19 (Certificato COVID digitale dell’UE) emessa dallo Stato italiano.
Per gli usi di cui sopra i vaccini ad oggi accettati in Italia e autorizzati da EMA, sono:
- Comirnaty (Pfizer-BioNtech);
- Spikevax (Moderna);
- Vaxzevria (AstraZeneca);
- Janssen (Johnson & Johnson).
Le certificazioni di guarigione dovranno riportare almeno i seguenti contenuti:
- dati identificativi del titolare (nome, cognome, data di nascita);
- informazioni sulla precedente infezione da SARS-CoV-2 del titolare, successivamente a un test positivo (data del primo tampone positivo);
- dati identificativi di chi ha rilasciato il certificato (Stato, Autorità sanitaria).
Tutte le certificazioni di guarigione, in formato cartaceo e/o digitale, dovranno essere accompagnate da una traduzione giurata.
La validità dei certificati di guarigione è la stessa prevista per la certificazione verde COVID-19 (Certificato COVID digitale dell’UE) emessa dallo Stato italiano.
Vaccinazioni degli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale
Nell’ambito della campagna vaccinale nazionale contro il COVID-19 con circolare 24.08.2021 della Presidenza del Consiglio dei Ministri- Struttura commissariale per l’emergenza COVID-19 il Commissario straordinario del Governo per l’emergenza invita le Regioni e Province autonome ad intensificare le misure già in atto (dai dati risulta che le Regioni hanno già intrapreso iniziative in tal senso) rivolte a favorire la vaccinazione di quelle categorie di persone che si trovano in particolari condizioni di disagio o che non risultano al momento censite da tessera sanitaria, anche attraverso un codice alternativo (si ricorda in particolare il codice STP per gli stranieri ExtraUE, e il Codice ENI per i cittadini UE).
La circolare ricorda che, analogamente a quanto già accaduto in alcune realtà, si potranno ricercare sinergie con associazioni e/o organizzazioni giuridicamente ed istituzionalmente riconosciute, in grado di supportare proficuamente l’attività di vaccinazione delle persone in situazione di disagio sociale e sanitario.
Cittadini di Paesi terzi
Asilo
Procedure e presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale: la Commissione nazionale per il diritto di asilo ne dà la terza interpretazione finalmente legittima
Le due interpretazioni restrittive date alla nuova disciplina dei permessi di soggiorno per protezione speciale prevista dal d.l. n. 130/2020 dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo e dal Ministero dell’interno - Dipartimento della P.s. - Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere (si vedano i fascicoli n. 1 e il n. 2/2021 di questa Rivista) sono state annullate da diversi Tribunali e hanno condotto ad un ripensamento che ha ricondotto all’interpretazione letterale, logica e sistematica il nuovo istituto.
Nella nota si condivide l’orientamento della giurisprudenza che ha correttamente interpretato le nuove norme, secondo cui il permesso per protezione speciale è rilasciato dal questore con due procedure alternative: o a seguito della trasmissione degli atti da parte della Commissione territoriale che ha rigettato una domanda di protezione internazionale; o su domanda diretta di un cittadino straniero, previo parere della Commissione territoriale.
La nota ricorda che il legislatore non ha posto «veti o condizioni all’attivabilità di una diretta istanza di protezione speciale che sia autonoma da forme più penetranti di protezione internazionale in senso stretto».
Essa osserva anche che tale forma di accesso alla protezione speciale rappresenti, comunque, solo un’alternativa rispetto all’ipotesi costituita dalla presentazione, in via principale, di una istanza di protezione internazionale alle Commissioni territoriali per la valutazione di competenza, in ragione della piena autonomia dello straniero nel decidere se eventualmente intraprendere il percorso della protezione internazionale stessa; tale ipotesi principale può essere anche interessante per il questore allorché la Commissione, contestualmente a un rigetto della domanda di protezione internazionale, rilevi la sussistenza dei presupposti per accordare allo straniero richiedente la protezione speciale.
Si prescrive dunque che qualora la domanda di permesso per protezione speciale sia presentata direttamente alla questura, questa deve trasmetterla, insieme a ogni altra documentazione e informazione utile alla valutazione, alla Commissione territoriale, chiamata a esprimere entro 30 giorni dalla ricezione un parere (che la nota afferma essere obbligatorio, ma anche vincolante) sul rilascio del permesso.
Secondo la nota il parere della Commissione territoriale deve essere espresso sulla base delle documentazioni esistenti agli atti e pervenute unitamente alle istanze, se del caso con le annesse integrazioni conoscitive che le questure ritenessero opportuno fornire, anche in relazione a eventuali circostanze e valutazioni inerenti alla pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica o sociale del richiedente.
Si prescrive altresì che se la Commissione territoriale ritiene ci siano elementi che potrebbero portare anche al riconoscimento della protezione internazionale, il parere dovrà essere corredato da una dettagliata motivazione, in fatto ed in diritto, in merito alle valutazioni a suo fondamento e lo segnala alla questura perché informi il richiedente sulla possibilità di presentare domanda di asilo.
La nota osserva anche che per ogni caso di ricorso avverso provvedimenti di non concessione del permesso di soggiorno per protezione speciale le Commissioni territoriali, anche qualora non risultino in veste di convenute in sede processuale, avranno il compito di predisporre ogni elemento necessario a beneficio della difesa dell’Amministrazione.
La circolare, dunque, chiarisce l’ammissibilità delle istanze al questore di permesso di soggiorno per protezione speciale, precisando nel contempo i percorsi relativi, i moduli e alcuni limiti di ammissibilità.
Si afferma che affinché una domanda sia ammissibile essa deve risultare corredata degli elementi che, secondo il richiedente, sostengano il proprio diritto; pertanto, qualora tali elementi siano indicati e presenti, l’istanza dovrà essere ritenuta ammissibile e sottoposta alla valutazione dalla competente Commissione territoriale.
Peraltro, la nota afferma che non può essere richiesto alle questure di procedere all’inoltro alle Commissioni territoriali di istanze per protezione speciale che risultino prive palesemente e insanabilmente, sia pur
ex officio, di requisiti, ancorché minimi, di valutabilità in base alle specifiche condizioni necessarie per la concessione della protezione speciale. È significativo che questo residuo di inammissibilità lasciato nella nota della Commissione nazionale sia molto evidenziato nella
circolare del Ministero dell’Interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere n. 57264 del 4.08.2021 che prescrive che in tali ipotesi gli Uffici immigrazione delle questure, acquisita in ogni caso l’istanza, definiscono il procedimento senza necessità di richiedere il parere alla Commissione territoriale di riferimento.
La nota fornisce indicazioni anche a riguardo delle istanze reiterate ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 25/2008 e della riproposizione di istanze di soggiorno per protezione speciale previsto dall’art. 19, comma 1.2. d.lgs. n. 286/1998.
Il secondo punto della nota chiarisce infatti il regime applicabile ai procedimenti precedenti l’entrata in vigore del d.l. n. 113/2020.
Si prescrive anche la non inammissibilità di istanze reiterate proposte sulla base della nuova protezione speciale, che quindi non si riferiscono agli elementi riguardanti la domanda di protezione internazionale in senso pieno.
Si consente dunque di considerare ammissibili quelle istanze di protezione internazionale reiterate in quanto basate sui presupposti per il riconoscimento della novellata protezione speciale, da considerarsi a tutti gli effetti quali «nuovi elementi» a fondamento della domanda reiterata. Ciò permetterà di applicare le novità introdotte dal d.l. n. 130/2020 anche a coloro che, pur non rientrando nella disciplina transitoria, possiedono i requisiti per ottenere la protezione speciale o un permesso per cure mediche.
In ogni caso si prescrive che in caso di eventuale riproposizione di istanze di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell’art. 19, comma 1.2, d.lgs. n. 286/1998 le nuove richieste devono inderogabilmente contenere concreti e documentati elementi di novità rispetto a precedenti istanze, sicché il richiedente ha l’obbligo di allegare i fatti nuovi intervenuti e la documentazione pertinente alla richiesta, con l’apposito formulario in dotazione presso le questure.
Ogni Commissione dovrà valutare che le domande siano già stati oggetto di precedente valutazione, presso lo stesso o altra Commissione non soltanto in sede di emissione di un precedente parere ex art. 19, comma 1.2, del TUI, ma anche nell’ambito di una eventuale pregressa procedura di protezione internazionale conclusasi dopo l’entrata in vigore del d.l. n 130/2020 e nel cui ambito siano state dunque valutate anche le novellate esigenze di non refoulement.
Invece allorché le istanze di soggiorno per protezione speciale che non contengano alcun effettivo elemento nuovo rispetto ad eventuali domande precedenti già portate alla valutazione dell’autorità, tramite sia istanze di protezione internazionale, sia richieste di rilascio di permesso per protezione speciale, e che non abbiano dato luogo al riconoscimento di alcuna tipologia di protezione alla luce dei medesimi elementi di fatto e di diritto, si dovrà adottare immediatamente un parere negativo da parte delle Commissioni territoriali circa il rilascio dei relativi permessi, in quanto tali istanze consisterebbero soltanto pedisseque e identiche ripetizioni di richieste sulle quali l’amministrazione si sarebbe già compiutamente espressa in precedenza.
La nota invece indica una diversa valutazione (anche di fondatezza dunque) allorché un’istanza di permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19, comma 1.2, d.lgs. n. 286/1998 risulti fondata su elementi a suo tempo prodotti dall’interessato nell’ambito di una pregressa procedura di protezione internazionale già esaminata alla luce di norme precedenti l’entrata in vigore del d. l. n. 130/2020; in tali ipotesi, infatti, gli elementi ritenuti in precedenza non idonei al riconoscimento né della protezione umanitaria, né della forma di protezione speciale già prevista dal d. l. n. 113/2018 devono essere valutati necessariamente alla luce dei nuovi presupposti che ora, dopo le modifiche introdotte dal d.l. n. 130/2020, il d.lgs. n. 286/1998 prevede per l’applicazione del principio di non refoulement ex art. 19, comma 1.1, e in tal senso una nuova istanza non potrà essere considerata priva di elementi di novità, rispetto ad una precedente, sulla sola base della semplice identità degli elementi di fatto, in ragione appunto della modifica normativa ora intervenuta.
Inoltre, poiché l’art. 31 d.lgs. n. 25/2008 prevede che il richiedente possa inviare alle Commissioni territoriali memorie e documentazioni in ogni fase del procedimento e che nel caso in cui il richiedente reiteri la domanda prima della decisione, si prescrive che gli elementi che sono alla base della nuova istanza siano esaminati nell’ambito di una precedente domanda non ancora definita.
Ciò rende prospettabile la proposizione di integrazioni quando ancora debba essere notificata una pregressa decisione, il che rende possibile anche la diminuzione delle ipotesi di contenzioso. Perciò la nota prescrive alle Commissioni territoriali di riesaminare le domande e di decidere in favore della protezione speciale anche se si è già concluso il precedente procedimento concernente l’esame della domanda di protezione internazionale.
In sostanza, ogni ulteriore allegazione o specifica, compiuta nelle more della definizione del procedimento in corso, cioè fino alla sua naturale conclusione con l’emissione e la notifica di un espresso provvedimento motivato, dovrà essere imputata al procedimento pendente, in applicazione anche del dettato normativo di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 25/2008, e non potrà considerarsi come una nuova domanda o una domanda reiterata.
Si rileva, in ogni caso, che il richiedente, nell’adempimento del proprio onere di collaborazione, è chiamato a circostanziare e documentare l’eventuale riproposizione di istanze a vario titolo già presentate, indicando compiutamente tutti gli elementi a sostegno della nuova domanda proposta e l’adempimento di tale onere dovrà essere apprezzato con una valutazione caso per caso, tenendo conto della natura significativamente diversa degli elementi che attengano alla vita privata e familiare costruita dall’interessato in Italia.
La nota ritiene applicabile anche al caso di specie quale criterio generale dell’ordinamento (seppur codificato all’art. 15 delle preleggi al codice civile) che le domande pendenti non ancora definite – sebbene proposte prima dell’entrata in vigore del d. 1. n. 113/2018 – devono essere decise applicando la normativa vigente successivamente all’entrata in vigore del d.l. n. 130/2020.
Il terzo punto della nota fornisce alcuni profili interpretativi sul divieto di espulsione e di respingimento ai senti dell’art. 19, comma 1.1 d.lgs. n. 286/1998.
La nota evidenzia il diritto al non sradicamento, allorché la vita della persona che richiede la protezione speciale si sia effettivamente spostata dal Paese di origine all’Italia.
È evidente, dunque, che in determinati e documentati casi che incontrino requisiti minimi di ammissibilità sarà possibile utilizzare questo istituto come forma di regolarizzazione ad personam, in presenza di una o più ipotesi di divieto di rimpatrio, anche e soprattutto per rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare, quale interpretato dalla Corte EDU, della cui giurisprudenza la nota fa ampia illustrazione e che ricorda deve essere punto di riferimento per le decisioni delle Commissioni territoriali, essendo il fondamento della riforma introdotta col d.l. n. 130/2020.
La nota approfondisce in particolare il diritto al rispetto della vita privata, includendo all’interno di questo concetto sia le famiglie unite da matrimonio, sia le coppie di fatto, sia le coppie composte da persone dello stesso genere. Un’interpretazione che fa riferimento all’ampia giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, che coinvolge l’insieme di tutte le potenziali relazioni sociali del richiedente protezione, non solo quelle lavorative.
In particolare, la nozione di vita privata abbraccia molteplici aspetti dell’identità sia fisica che sociale della persona e non è limitata alla sfera intima dell’individuo, dovendo invece il rispetto della vita privata ricomprendere, ai sensi dell’art. 8 CEDU, anche, in una certa misura, il diritto di instaurare e sviluppare relazioni con altri esseri umani.
L’ampia gamma di questioni interessate dalla nozione è stata raggruppata dalla Corte nelle tre macrocategorie dell’integrità fisica, psicologica o morale, della riservatezza e dell’identità della persona.
Dalla lettura delle pronunce della Corte concernenti il diritto al rispetto della vita privata, la nota afferma che emerge che i profili analizzati ricomprendono sovente fattispecie che costituiscono potenziali elementi per il riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria innanzi ai quali le Commissioni territoriali sono chiamate ad operare una attenta valutazione, al fine di accertare primariamente l’eventuale presenza dei presupposti per il riconoscimento di una forma di protezione maggiore rispetto a quella speciale.
Per altro verso, nel valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del divieto di espulsione e di respingimento in relazione al diritto al rispetto della vita privata, tale nozione viene in rilievo, con riguardo al diritto di instaurare e sviluppare relazioni con altri esseri umani, anche di natura professionale e commerciale.
Con specifico riferimento alla condizione delle persone straniere, in particolare, la Corte ha ribadito a tal proposito in più occasioni che, poiché l’art. 8 protegge il diritto a stabilire e sviluppare rapporti con altri esseri umani e il mondo circostante e può a volte comprendere aspetti dell’identità sociale di un individuo, ne consegue che la totalità dei legami sociali tra i migranti residenti e la comunità in cui essi abitano, costituisce una parte del concetto di vita privata all’interno del contenuto dell’art. 8.
Nel ricomprendere nel diritto alla vita privata anche quello allo sviluppo personale e all’autonomia individuale, la Corte chiarisce altresì che essa non riguarda ogni attività pubblica che una persona potrebbe cercare di svolgere con altri essere umani o qualsiasi tipo di relazione.
La circolare osserva che acquisiscono essenziale rilevanza, in merito a questa valutazione a cui le Commissioni territoriali sono chiamati, i parametri, tratti dalla stessa giurisprudenza della Corte, che il legislatore nazionale ha scelto di elencare espressamente nel nuovo art. 19, comma 1.1, d.lgs. n. 286/1998, cioè la durata del soggiorno nel territorio nazionale e l’effettivo inserimento sociale nello stesso.
Per quanto attiene, poi, alla nozione di vita familiare, la Corte CEDU la definisce come il diritto di vivere insieme affinché i rapporti familiari possano svilupparsi normalmente, ribadendo in varie sentenze che, affinché tale diritto venga in rilievo, occorre che vi sia di fatto una reale esistenza in pratica di stretti legami personali.
Perciò si chiede alle Commissioni territoriali di operare una analisi completa circa contenuti ed effettività dei legami personali costruiti nel nostro Paese, prescindendo da valutazioni limitate alla sola importanza di tale analisi viene non a caso richiamata dallo stesso art. 19, comma 1.1, quarto periodo, d.lgs. n. 286/1998 nel richiedere una valutazione che guardi alla natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato.
Peraltro, da tale focus discende altresì come la tutela del diritto al rispetto della vita familiare non possa essere subordinata all’esistenza di un legame giuridicamente riconosciuto, assumendo pari rilevanza i legami familiari dì fatto, compresi ovviamente anche quelli tra coppie omosessuali, e proteggendo anche i legami con genitori affidatari e quelli con i figli adottivi.
Infine, si ricorda nella nota che in alcuni casi i legami esistenti potrebbero non rientrare nella nozione di vita familiare, e pur tuttavia necessitare di tutela perché rilevanti nell’ambito della nozione di «vita privata».
La nota osserva anche che nell’esercizio delle proprie funzioni – tanto decisorie quanto consultive, a valle ed al di fuori della procedura di protezione internazionale – la nuova previsione introdotta all’art. 19, comma 1.1., terzo e quinto periodo, d.lgs. n. 286/1998 chiama le Commissioni territoriali a valutare il divieto di espulsione e di respingimento alla luce dei parametri delineati dalla giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 8 CEDU sin qui richiamati, tenendo conto di durata, stabilità e consistenza qualitativa della permanenza in Italia e guardando altresì alla «esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine».
A quest’ultimo proposito la nota, al fine di comprendere l’approccio richiesto dalla nuova norma nella valutazione dei suddetti elementi, osserva che in questa estensione del divieto di espulsione, l’analisi della situazione del Paese di origine richiesta dal legislatore con la norma novellata, sia centrata sulla presenza o meno di legami familiari, culturali o sociali della persona in quel Paese ed infatti, la prospettiva che viene a rilevare è non tanto l’approdo in uno Stato altro che si ritenga gravemente pericoloso per la incolumità e dignità personale, quanto piuttosto «l’allontanamento dal territorio nazionale» che possa risultare gravemente lesivo di un avvenuto radicamento.
Circa i limiti previsti nell’art. 19, d.lgs. n. 286/1998 alla rilasciabilità del permesso per protezione speciale la nota prescrive che qualora lo straniero abbia commesso reati rientranti tra le ipotesi previste dagli artt. 10, 12, 13, 16 e 18 del d.lgs. n. 251/2007, il permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 8 CEDU possa essere riconosciuto soltanto a seguito di un attento bilanciamento tra le esigenze di ordine e sicurezza pubblica, ovvero di sicurezza dello Stato, e del diritto al rispetto della vita familiare valutando, caso per caso, la proporzionalità di una eventuale misura di respingimento o di espulsione, sulla base anche di una serie precisa di parametri, individuati dalla Corte EDU:
1) la natura e la gravità del reato commesso dallo straniero nello Stato;
2) la durata del soggiorno dello straniero nello Stato da cui sarebbe espulso;
3) il tempo trascorso dal giorno della commissione del reato e la condotta dello straniero durante questo periodo;
4) le nazionalità dello straniero e di eventuali familiari coinvolti;
5) la situazione familiare, come la durata del matrimonio, e altri fattori che testimoniano la solidità della vita familiare di una coppia;
6) la conoscenza del reato da parte del coniuge nel momento in cui è iniziata la relazione familiare;
7) la presenza di figli nati nel matrimonio e, in caso affermativo, la loro età;
8) la gravità delle difficoltà a cui il coniuge può andare incontro nel Paese in cui lo straniero sarebbe espulso;
9) la solidità dei suoi o dei loro legami sociali, culturali e familiari con il Paese ospitante e con il Paese di destinazione;
10) il superiore interesse e il benessere di eventuali minori coinvolti, in particolare delle difficoltà che incontrerebbero se dovessero seguire lo straniero nel Paese in cui viene espulso.
Il quarto e ultimo punto della nota si sofferma sul permesso per cure mediche ex art. 19, comma 2 lett. d-bis), d.lgs. n. 286/1998.
È annesso alla nota un modello di «Allegato integrativo all’Istanza di Protezione speciale» che esemplifica i parametri e requisiti necessari alla valutazione della protezione speciale ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 286/1998. Infatti nel modello si chiede all’interessato di indicare elementi e allegare documenti che li comprovino, concernenti
a) il soggiorno e l’inserimento sociale: si domanda al richiedente da quanto tempo risiede in Italia, la disponibilità di una soluzione abitativa stabile, l’attuale titolarità di una posizione lavorativa (domanda potenzialmente impossibile per chi si trovi irregolarmente soggiornante), quale sia il livello di conoscenza della lingua italiana e l’eventuale svolgimento di tipo di attività in Italia (volontariato, partecipazione ad associazioni, percorsi di studio o formazione professionale, etc.);
b). vita privata e familiare: si domanda se il richiedente è coniugato o ha una relazione stabile in Italia, allegando documentazione utile (p.es. certificato di matrimonio), se ha figli in Italia, specificandone il numero e l’età (allegando documentazione utile, p.es. atto di nascita, etc.) e l’eventuale inserimento in percorsi scolastici o documentazione lavorativa (allegando documentazione utile, come attestazioni scolastiche, etc.);
c) vincoli con il Paese di origine: si domanda se il richiedente ha mai fatto ritorno nel tuo Paese da quando è entrato in Italia, specificando il periodo o i periodi, la lunghezza dei soggiorni e i loro motivi, se la sua famiglia d’origine risiede nel Paese di origine e se intrattiene rapporti con loro ed eventualmente il motivo dei mancati rapporti;
d) timore in caso di rientro: si chiede al richiedente di specificare in caso di ritorno nel suo Paese, quale tipo di difficoltà o problemi pensa che si troveresti ad affrontare e per quali motivi, allegando eventuale documentazione utile.
Accesso dei titolari di protezione internazionale all’assegno temporaneo per i figli minori
Oltre alle tante istruzioni contabili ed applicative si segnala una interpretazione estensiva doverosa delle citate norme legislative prescrivendo che ai fini dell’accesso all’assegno temporaneo ai cittadini italiani sono equiparati gli stranieri titolari di status di rifugiato politico o di status di protezione sussidiaria (cfr. l’art. 27 del D. lgs. 19 novembre 2007, n. 251).
Ingresso e soggiorno
Procedure informatizzate di rilascio/rinnovo dei titoli di soggiorno. Rilascio della carta di soggiorno per familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro
Tale documento, sostituisce il modello cartaceo attualmente in uso, e sarà rilasciato secondo il modello uniforme previsto dal regolamento (CE) n. 1030/2002, così modificato dal regolamento (UE) 2017/1954.
Nelle more di una imminente modifica della normativa nazionale, che recepisca appieno le nuove disposizioni dei Regolamenti europei, è stato implementato l’applicativo informatico «StranieriWeb» prevedendo l’emissione (stampa) del documento denominato «Carta di soggiorno» con validità 5 anni e «Carta di soggiorno permanente» con validità 10 anni.
In corrispondenza del campo «tipo di permesso», gli stessi riporteranno, rispettivamente, la dicitura «Familiare UE art 10 DIR 2004/38/CE» e «Familiare UE art 20 DIR 2004/38/CE» a seconda che si tratti di primo rilascio o rinnovo. Nei casi di rilascio del titolo di soggiorno in favore di minore degli anni diciotto la durata sarà di anni 5, rinnovabile fino al compimento della maggiore età, in analogia con quanto previsto per il rilascio della carta di identità e dei documenti di viaggio e le loro pratiche di permesso riporteranno la dicitura «Familiare UE art 10 DIR 2004/38/CE».
Restano invariate le modalità finora seguite per l’acquisizione dei dati biometrici ai fini della personalizzazione del documento come pure l’inoltro della richiesta di rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno che può essere presentata direttamente in questura ovvero tramite kit postale presso gli sportelli degli Uffici abilitati.
A partire dal 2 agosto 2021, tutte le questure sono abilitate per l’acquisizione della richiesta nel formato elettronico; eventuali giacenze rimaste inevase, dovranno essere trattate mediante l’annullamento della pratica e recupero dei dati per la nuova configurazione.
Per quanto concerne gli oneri per il rilascio del titolo di soggiorno si ricorda che sono a carico dell’interessato le spese relative alla marca da bollo di €. 16,00 ed al costo di produzione del permesso di soggiorno elettronico di €. 30,46 oltre, ovviamente, a quelle della raccomandata, nel caso di inoltro della domanda tramite kit postale.
I titoli di soggiorno rilasciati nel formato cartaceo conservano la validità fino alla scadenza o sostituzione con altro documento e, comunque, non oltre il 3 agosto 2023.
La circolare richiama gli operatori, all’atto della consegna del titolo, a far verificare all’interessato la corrispondenza dei dati in esso riportati, poiché non verranno prese in considerazione richieste di retrocessione di stato per le relative correzioni, trascorsi 90 giorni dalla consegna del titolo stesso.
Pertanto, l’operatore di questura, agendo sulla funzione di «forzatura invio CEN - anomalie campi» presente all’interno del «Portale questure» consentirà il passaggio dei dati verso l’applicativo informatico «Stranieri Web», per la successiva lavorazione della pratica.
La circolare aggiunge che tale tipologia di istanze, al momento, non può essere gestita dai Patronati o Associazioni di categoria mediante l’utilizzo del Portale dedicato, poiché non presente nell’elenco.
Emersione
L’apertura di posizioni contributive INPS per i datori di lavoro agricolo che hanno presentato domanda di emersione
I datori di lavoro già in possesso di una posizione contributiva dovranno rivolgersi alla Struttura INPS territorialmente competente per richiedere l’apertura di un’apposita matricola aziendale, tramite la funzione «Comunicazione bidirezionale» del Cassetto previdenziale e utilizzando come oggetto «Matricola per Emersione art. 103 d.l n. 34/2020». Per queste matricole non è possibile utilizzare la procedura automatizzata di inquadramento, disponibile sul sito.
I datori di lavoro che non siano già in possesso di una matricola aziendale dovranno inviare la richiesta all’indirizzo PEC della Struttura INPS territorialmente competente, indicando nell’oggetto «Matricola per Emersione art. 103 d.l. n. 34/2020».
La circolare contiene chiarimenti per i datori di lavoro sulle caratteristiche delle matricole aperte per emersione, sulla richiesta di posizione contributiva per emersione da parte delle aziende assuntrici di manodopera agricola e sul rilascio dei CIDA.
Sono riportate, inoltre, tutte le indicazioni per le Strutture territoriali che hanno già approvato le Denunce aziendali per emersione e che dovranno riesaminare i provvedimenti adottati tenendo conto delle nuove istruzioni.
Le dichiarazioni di manodopera agricola (flusso Uniemens/Posagri) afferenti ai CIDA per emersione, per i periodi retributivi il cui termine di invio è già scaduto, dovranno essere trasmesse entro il mese successivo alla data di pubblicazione della circolare. Per i flussi Uniemens/Posagri inviati entro questi termini, invece, l’Istituto provvederà a calcolare la contribuzione dovuta nella prima tariffazione utile senza aggravio di somme aggiuntive.
È legittimo il cambio di datore di lavoro dello straniero per cui era stata presentata domanda di emersione
Da un lato la circolare chiarisce che la disciplina dettata nella citata circolare nella fattispecie di dichiarazione di emersione di un rapporto di lavoro a tempo determinato conclusosi perché spirato il termine finale, nelle more della convocazione degli interessati presso lo Sportello unico, si applica anche ai rapporti di lavoro domestico e di assistenza alla persona. Pertanto, in queste ultime ipotesi è consentito il subentro nella procedura di un nuovo datore di lavoro anche se non componente del nucleo familiare.
Anche nell’ipotesi in cui si verifichi la cessazione del rapporto di lavoro per cause non di forza maggiore possa essere previsto il subentro di un nuovo datore di lavoro.
Gli effetti di questa circolare sono importanti. Infatti, tale disciplina è applicabile sia alle emersioni che interessano il settore agricolo, sia a quelle riguardanti il lavoro domestico e di assistenza alla persona: si pensi al caso, ad esempio, dell’intervenuto decesso della persona assistita da un/una badante.
La circolare prescrive che qualora, invece, anche a causa delle gravi conseguenze che il perdurare dell’emergenza pandemica ha provocato nel mercato del lavoro, non vi sia un nuovo datore di lavoro disponibile all’assunzione del lavoratore, in considerazione del lungo tempo trascorso dall’invio dell’istanza e dell’alto numero di pratiche ancora in trattazione, si ritiene rilasciabile allo straniero un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Quest’ultima possibilità potrebbe incidere significativamente sui numeri dell’emersione degli attuali lavoratori in situazione di irregolarità.
In ogni caso la circolare prescrive agli Sportelli unici di svolgere gli opportuni accertamenti ai fini di una valutazione volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente e che il rapporto di lavoro si sia instaurato in modo fittizio e di convocare presso lo Sportello sia il datore di lavoro che aveva avanzato istanza di emersione, sia il lavoratore per il perfezionamento della procedura di sottoscrizione del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato.
Infine, poiché la circolare innova la precedente interpretazione illegittimamente restrittiva la circolare stessa raccomanda il riesame – in via di autotutela – degli eventuali provvedimenti di rigetto delle istanze a causa della cessazione del rapporto di lavoro.
Il contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale per la domanda di emersione presentata
Con la
circolare INPS - Direzione centrale entrate - Direzione centrale tecnologia, informatica e innovazione - Direzione centrale bilanci, contabilità e servizi fiscali n. 79 del 28.05.2021, l’INPS fornisce le indicazioni sugli adempimenti informativi e contributivi per i periodi per i quali non è dovuto il contributo forfettario di cui all’articolo 103, comma 7, ultimo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, finalizzato a favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari. In particolare – precisa l’INPS – le indicazioni contenute nella circolare n. 79 afferiscono al contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale disciplinato dal decreto del 7 luglio 2020 emanato dal Ministero del lavoro di concerto con i Ministeri dell’economia, dell’interno e delle politiche agricole alimentari e forestali. Per le indicazioni relative al contributo forfettario di 500 euro previsto dall’articolo 103, comma 7, primo periodo, del d.l. n. 34/2020, invece, si rinvia alla risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 27/E del 29 maggio 2020 e al messaggio dell’Istituto n. 2327/2020.
L’importo del contributo forfettario che il datore di lavoro è tenuto a versare – si ricorda nella circolare – è pari, per ciascun mese o frazione di mese, a:
- 300 euro per i settori dell’agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
- 156 euro per i settori dell’assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o disabilità che ne limitino l’autosufficienza;
- 156 euro per il settore del lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Il contributo forfettario è riscosso dall’Agenzia delle entrate tramite il modello «F24 Versamenti con elementi identificativi», reperibile presso gli sportelli bancari e gli uffici postali o scaricabile dal sito internet dell’Agenzia delle entrate e del Ministero dell’interno, utilizzando i seguenti codici tributo istituiti dall’Agenzia stessa con la risoluzione n. 58/E del 25 settembre 2020.
Ulteriori indicazioni sono fornite dall’INPS in merito alle somme versate a titolo contributivo, alle istanze di emersione dei lavoratori extracomunitari e dei lavoratori italiani e comunitari, agli adempimenti informativi ai quali è tenuto il datore di lavoro per i periodi per i quali non è dovuto il contributo forfettario e agli obblighi del datore di lavoro ai sensi del d.lgs n. 252/2005, nonché per la contribuzione al Fondo di tesoreria e i casi di inammissibilità o rigetto dell’istanza.
Chiarimenti sulle domande di emersione per lavori domestici
Il messaggio chiarisce gli adempimenti necessari in caso di:
a) domande di emersione presentate per lavoratori extracomunitari per le quali non risulti trasmessa la Comunicazione obbligatoria allo Sportello unico dell’immigrazione della prefettura (il datore di lavoro deve sollecitare l’invio all’INPS o chiedere la motivazione del mancato invio);
b) gestione esiti della procedura d’emersione: INPS ricorda che se si tratta di cittadini extracomunitari è lo Sportello unico a comunicare all’INPS la conclusione della procedura mentre per i cittadini italiani e comunitari la competenza è dell’INPS. Per i cittadini stranieri, se il SUI comunica che l’esito è positivo, l’INPS procederà alla trasformazione del rapporto di lavoro da provvisorio a definitivo. Invece se l’esito è negativo è necessario distinguere se vi sia stata o meno attività lavorativa. Nel primo caso il rapporto di lavoro deve cessare alla data del provvedimento oppure all’ultimo sabato coperto da contribuzione. Se non vi è stata attività lavorativa l’eventuale contribuzione sarà annullata senza possibilità di rimborso e successivamente si potrà respingere il rapporto di lavoro;
c) gestione subentro nel rapporto di lavoro: in caso di interruzione per cause di forza maggiore come, ad esempio, il decesso dell’assistito oppure del datore di lavoro, può subentrare un componente familiare, anche modificando il rapporto di lavoro, purché l’attività rientri in uno dei settori previsti. Invece nel caso in cui il subentro sia dovuto non a causa di forza maggiore ma perché l’assunzione con il primo datore non è più necessaria il nuovo datore di lavoro deve presentare la CO di assunzione entro il giorno precedente l’inizio dell’attività, secondo la normativa vigente, mentre il lavoratore ed il datore di lavoro che aveva avanzato l’istanza di emersione saranno convocati presso il SUI per il perfezionamento della cessazione;
Il messaggio si occupa infine delle trasformazioni del rapporto di lavoro ordinario in rapporto di lavoro in emersione e delle istruzioni per la gestione delle domande di emersione multiple.
Una prima problematica riguarda le istanze presentate per i lavoratori extracomunitari per i quali non è stata trasmessa la comunicazione obbligatoria d’ufficio dallo Sportello unico per l’immigrazione (SUI), ad esempio perché il lavoratore straniero era privo del codice fiscale. Quest’ultimo veniva richiesto d’ufficio all’Agenzia delle entrate direttamente dal Ministero del lavoro. In questo caso il datore di lavoro deve contattare il citato Sportello al fine di sollecitare l’invio della comunicazione obbligatoria all’INPS oppure informarsi sui motivi che non ne hanno permesso l’invio.
Infatti, ricorda il messaggio la comunicazione obbligatoria rappresenta il canale con il quale l’INPS viene a conoscenza della presenza di un’istanza di emersione presentata al SUI relativa ad un rapporto di lavoro già in essere. Se questa manca il rapporto di lavoro denunciato non risulta iscritto negli archivi del lavoro domestico.
Quando le parti verranno convocate presso il SUI per la stipula del contratto di soggiorno, il rapporto di lavoro dallo stato provvisorio passerà a definitivo.
Invece, se il rapporto di lavoro deve ancora concludersi, spetterà al datore di lavoro effettuare la comunicazione obbligatoria all’INPS.
Può ricorrere inoltre il caso in cui la comunicazione obbligatoria per un rapporto di lavoro in essere è stata effettuata ma il rapporto non è presente nell’archivio del lavoro domestico per la mancanza della data di presentazione della domanda di emersione. Questa data, infatti, è indispensabile per permettere alle procedure di distinguere un rapporto di lavoro in essere da uno che deve ancora concludersi.
Secondo l’INPS, quando detta data di presentazione è uguale o successiva alla data di inizio dell’attività si tratta di un rapporto in sussistenza ed è dovuto il pagamento della contribuzione forfettaria mensile dal mese di inizio al mese di presentazione della domanda di emersione.
Se il datore di lavoro, al momento della domanda, ha dichiarato solo l’intenzione di voler assumere un lavoratore straniero già presente sul territorio italiano, deve presentare la comunicazione obbligatoria di assunzione attraverso il servizio presente sul portale dell’INPS entro il giorno precedente l’effettivo inizio dell’attività lavorativa. Anche in questo caso, quando le parti verranno convocate per la stipula del contratto di soggiorno presso il SUI, il rapporto di lavoro da provvisorio passerà a definitivo.
Può anche accadere che per un rapporto di lavoro che si intende concludere, la comunicazione obbligatoria è stata effettuata ma il rapporto non risulti presente nell’archivio del lavoro domestico. In questo caso l’INPS procederà alla creazione del rapporto di lavoro in corrispondenza della ricezione della comunicazione obbligatoria. Se la data di inizio indicata nella comunicazione obbligatoria non corrisponde a quella di effettivo inizio della prestazione lavorativa, su segnalazione del datore di lavoro l’INPS provvederà ad inserire una nuova comunicazione obbligatoria con i dati corretti per il periodo pregresso.
Riguardo agli esiti della procedura di emersione, l’INPS ricorda che se si tratta di cittadini extracomunitari la competenza è del SUI che poi comunica all’Istituto previdenziale come si è conclusa la regolarizzazione. Invece per i cittadini italiani e comunitari la competenza è dell’INPS.
Relativamente ai cittadini stranieri, se il SUI comunica che l’esito è positivo, l’INPS procederà alla trasformazione del rapporto di lavoro da provvisorio a definitivo.
Invece se l’esito è negativo è necessario distinguere se vi sia stata o meno attività lavorativa. Nel primo caso il rapporto di lavoro dovrà essere cessato alla data del provvedimento oppure all’ultimo sabato coperto da contribuzione.
Se non vi è stata attività lavorativa (per esempio nel caso di lavoro fittizio o di disconoscimento) si dovrà annullare l’eventuale contribuzione senza predisposizione di rimborso e successivamente si potrà respingere il rapporto di lavoro.
L’INPS infine tratta del subentro di un nuovo datore di lavoro nella procedura di emersione. Anche qui distingue tra interruzione del rapporto di lavoro per cause di forza maggiore e cessazione per altri motivi.
Sono cause di forza maggiore il decesso dell’assistito oppure del datore di lavoro. In questa ipotesi può subentrare un componente familiare del defunto o altro datore di lavoro, anche modificando il rapporto di lavoro, purché l’attività rientri in uno dei settori di cui all’art. 103 del d.l. 34/2020 e sussistano gli altri requisiti di legge.
Invece, se il subentro avviene non per cause di forza maggiore (ad esempio perché è trascorso un lungo periodo di tempo dalla data di presentazione dell’istanza e non sussistono più le necessità dell’assunzione) il nuovo datore di lavoro deve presentare la comunicazione obbligatoria di assunzione entro il giorno precedente l’inizio dell’attività, secondo la normativa vigente, mentre il lavoratore ed il datore di lavoro che aveva avanzato l’istanza di emersione saranno convocati presso il SUI per il perfezionamento della procedura di sottoscrizione del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato.
Apertura di posizione INAIL a seguito di regolarizzazione
Essa fornisce alcuni chiarimenti in merito alla procedura di emersione, con particolare riferimento al pagamento, da parte dei datori di lavoro agricolo e domestico, dei contributi assicurativi e dell’apertura della posizione assicurativa presso l’INAIL.
I datori di lavoro soggetti all’obbligo assicurativo presso l’INAIL, che hanno regolarizzato, dal 1° giugno al 15 agosto 2020, rapporti di lavoro subordinato e classificati in uno dei codici Ateco indicati nell’elenco allegato al decreto interministeriale 27 maggio 2020, devono effettuare le denunce di iscrizione e le denunce di modificazioni di estensione e di natura del rischio già coperto dall’assicurazione (denunce di variazione).
La circolare chiarisce che il datore di lavoro che non è titolare di codice ditta e posizione assicurativa territoriale attiva deve presentare la denuncia di iscrizione con l’apposito servizio online.
Invece, il datore di lavoro già titolare di codice ditta e posizione assicurativa territoriale deve presentare, sempre attraverso l’apposito servizio online, la denuncia di variazione se l’attività svolta dal lavoratore oggetto della procedura di emersione non rientra tra le lavorazioni già denunciate all’INAIL. Se, al contrario, l’attività del lavoratore oggetto della procedura di emersione è già assicurata ad una voce di rischio presente nella posizione assicurativa territoriale del datore di lavoro non deve essere presentata alcuna denuncia, ma le retribuzioni dei lavoratori interessati all’emersione devono essere dichiarate con l’autoliquidazione annuale dei premi.
La circolare prescrive che nella denuncia di iscrizione e nella denuncia di variazione sia indicata come data inizio dell’attività e data di decorrenza della variazione:
- il 19 maggio 2020, per le istanze di emersione di un rapporto di lavoro già in essere con cittadini italiani o comunitari;
- il giorno successivo alla data di presentazione dell’istanza di emersione, per i rapporti di lavoro già in essere con cittadini extracomunitari;
- la data di inizio del rapporto di lavoro, per l’instaurazione di un rapporto di lavoro con cittadini extracomunitari.
Le denunce, ove il datore di lavoro non abbia già provveduto, devono essere presentate entro trenta giorni dalla pubblicazione della circolare. In caso di interruzione del rapporto di lavoro prima della conclusione della procedura di emersione, sia essa intervenuta per causa di forza maggiore o per causa diversa dalla forza maggiore, il datore di lavoro deve comunque corrispondere il premio assicurativo per il periodo intercorrente dalla data di decorrenza dell’obbligo assicurativo fino alla data in cui il lavoratore ha effettivamente prestato l’attività lavorativa.
Non riguardano i datori di lavoro agricoli e domestici, ma quelli «operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura e nel settore delle attività manifatturiere delle industrie alimentari e delle bevande».
La circolare chiarisce che il datore di lavoro che non è titolare di codice ditta e posizione assicurativa territoriale attiva deve presentare la denuncia di iscrizione con l’apposito servizio online.
Invece, il datore di lavoro già titolare di codice ditta e posizione assicurativa territoriale deve presentare, sempre attraverso l’apposito servizio online, la denuncia di variazione se l’attività svolta dal lavoratore oggetto della procedura di emersione non rientra tra le lavorazioni già denunciate all’INAIL. Se, al contrario, l’attività del lavoratore oggetto della procedura di emersione è già assicurata ad una voce di rischio presente nella posizione assicurativa territoriale del datore di lavoro non deve essere presentata alcuna denuncia, ma le retribuzioni dei lavoratori interessati all’emersione devono essere dichiarate con l’autoliquidazione annuale dei premi.
Lavoro
Tutela sociale da garantire a lavoratori somministrati nell’ambito di un distacco transnazionale
«TEAM POWER EUROPE» EOOD/Direktor naTeritorialna direktsia na Natsionalna agentsia za prihodite-Varna.
La nota ricorda che in materia previdenziale il principio di riferimento è quello c.d. lex loci laboris, espresso dall’art. 11, par. 3, lett. a) del regolamento (CE) n. 883/2004, principio secondo il quale la persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro.
La nota ricorda che in alcune situazioni particolari, tuttavia, l’applicazione della regola generale subisce delle eccezioni, perché «rischierebbe non già di evitare, bensì, al contrario, di creare, tanto per il lavoratore quanto per il datore di lavoro e gli enti previdenziali, complicazioni amministrative che potrebbero ostacolare l’esercizio della libera circolazione delle persone rientranti nell’ambito di applicazione del suddetto regolamento» (punto 35 della sentenza e giurisprudenza ivi citata). Tra tali eccezioni rientra l’istituto del distacco (di cui all’art. 12 del regolamento (CE) n. 883/2004), secondo il quale la persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro «che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro (…)».
Può pertanto rientrare nell’ambito di applicazione di tale disposizione il lavoratore distaccato il cui datore di lavoro ha un legame particolare con lo Stato membro in cui è stabilito, in quanto tale datore di lavoro «esercita abitualmente le sue attività» in tale Stato membro.
La nota evidenzia che il punto nodale della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’espressione «attività abituale», circa la quale la Corte di giustizia (cfr. punto 43), pur riconoscendo che nel caso di specie le attività di selezione, assunzione e messa a disposizione di lavoratori interinali presso imprese utilizzatrici non possano essere considerate «mere attività di gestione interna», ai sensi dell’art. 14, par. 2, del regolamento (CE) n. 987/2009, ritiene tuttavia che dette attività non siano sufficienti ai fini del riconoscimento dell’esercizio abituale delle attività nello Stato di stabilimento. A tal fine, occorrerebbe invece, secondo la Corte, che essa svolga parimenti e «in maniera significativa» attività di messa a disposizione di tali lavoratori nello Stato membro in cui è stabilita.
La nota osserva che la soluzione adottata, basata su un’interpretazione restrittiva dell’art. 12, par. 1, del regolamento (CE) n. 883/2004, non nega in radice la possibilità di differenziali previdenziali fra i vari Stati UE. Infatti, il regolamento (CE) n. 883/2004 è inteso coordinare i sistemi di sicurezza sociale diversi, nell’implicito presupposto di una loro permanente differenziazione e «coesistenza». In tal senso, la libertà di stabilimento consentirebbe alle imprese di beneficiare delle differenze di «costo» previdenziale dei lavoratori, ma – precisa la Corte – impedisce loro di approfittare di distorsioni patologiche del sistema e di dinamiche di vero e proprio dumping, inteso come pressione al ribasso fra sistemi sociali di Paesi diversi e generalizzata riduzione del livello di tutela fornito da questi ultimi.
Tale opzione ermeneutica ha ricadute anche sulla verifica da condurre ai fini della genuinità del distacco ai sensi dell’art. 3, co. 2 lett. e) e f), d.lgs. n. 136/2016 – che fanno riferimento al «luogo in cui l’impresa esercita la propria attività economica principale» e all’«ammontare del fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro di stabilimento» – di recepimento dell’art. 4 direttiva 2014/67/UE, in cui sostanzialmente si evidenzia il principio secondo il quale l’attività svolta nel Paese di stabilimento dall’impresa distaccante non può consistere nella mera amministrazione o gestione interna (con formula sovrapponibile cfr. l’art. 14 par. 2 del reg. 987/2009).
Pertanto, la nota, in coerenza con l’orientamento espresso dalla Corte di giustizia, prescrive di aggiornare le Linee guida sul distacco transnazionale (nota prot. n. 622/2019). In quel contesto, ai fini della predetta valutazione si era posta evidenza, in relazione alle prestazioni transnazionali di somministrazione, sulla necessità di focalizzare l’attenzione sui dati di fatturato concernenti la specifica attività interinale non avendo riguardo, invece, alla fatturazione concernente le eventuali ulteriori attività – segnatamente produttive – pur riconducibili all’oggetto sociale ed esercitate dell’impresa.
Alla luce della sentenza della Corte di giustizia la nota prescrive di ulteriormente specificare che l’acquisizione dei dati di fatturato dovrà riguardare in modo specifico la messa a disposizione di lavoratori nei confronti di imprese utilizzatrici stabilite nel medesimo Stato membro di stabilimento dell’impresa interinale; dati questi che vanno rapportati, secondo l’indicazione della Corte, al complessivo fatturato conseguito, comprensivo quindi anche del ricavato derivante dalle operazioni transnazionali di somministrazione.
Ne consegue che anche in presenza di un’attività di selezione e reclutamento del personale effettuata nel Paese di stabilimento, l’assoluta prevalenza della messa a disposizione del personale presso Stati membri diversi comporta la contestazione della genuinità del distacco con gli esiti di cui al d.lgs. n. 136/2016 e l’avvio della procedura, a cura dell’INPS, di contestazione dei certificati A1 eventualmente rilasciati dallo Stato membro di stabilimento.
In ogni caso la nota prescrive che nei confronti dei singoli lavoratori somministrati e a prescindere dalla valutazione effettuata nei confronti dell’Agenzia interinale nel suo complesso avrà rilievo, ai fini del disconoscimento del singolo distacco, la circostanza del loro abituale impiego in somministrazione in altri Paesi dell’Unione diversi da quello di stabilimento (cfr. art. 4, par. 3 lett. c) e art. 3, co. 3 lett. b).