In questo numero della Rivista passiamo dapprima in rassegna taluni provvedimenti in tema di espulsioni, ritenuti significativi sia sotto il profilo sostanziale che procedurale, pubblicati nel primo quadrimestre dell’anno in corso. Come di consueto, nella seconda parte esaminiamo provvedimenti inerenti la fase esecutiva dei provvedimenti ablativi, con peculiare attenzione al tema del trattenimento amministrativo, pubblicati nello stesso lasso temporale.
Espulsioni amministrative: profili sostanziali
Rilevanza della vita privata e familiare
La Corte di cassazione, sez. VI civ. ord. n. 7945 ( all. 1 7945 - legami familiari ), pubblicata in data 20.3.2023, ha cassato con rinvio l’ordinanza con cui il Giudice di pace di Napoli aveva rigettato il ricorso con cui un cittadino albanese si era opposto ad espulsione amministrativa, disposta per essersi trattenuto in Italia, privo di titolo di soggiorno, per prendersi cura della propria madre affetta da patologia oncologica, atteso che la donna aveva presentato istanza di permesso di soggiorno per cure mediche e domiciliava presso una figlia regolarmente soggiornante che provvedeva ad assisterla. Conseguentemente, la posizione del ricorrente non rientrava in alcuna situazione di inespellibilità né risultava invocabile alcuno stato di necessità che lo costringesse a restare illegalmente in Italia.
La Corte, accogliendo entrambi i mezzi di gravame, ricorda che a seguito della sentenza n. 202/2013 della Corte costituzionale, ed in linea con la giurisprudenza della Corte EDU sviluppatasi con riferimento all’art. 8 CEDU, l’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98 si applica allo straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, sicché il Giudice di pace avrebbe dovuto dare conto, nella motivazione del suo provvedimento, dei motivi per cui ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’allontanamento dello straniero irregolare, rispetto alla tutela dei suoi legami familiari. Inoltre, il giudice di merito ha omesso di valutare la relazione figlio/madre in rapporto alla patologia che la affligge nonché la relazione con la sorella e, pertanto, non ha valutato l’effettività dei vincoli familiari – in relazione al citato art. 13, co. 2-bis – nonché ha fornito una motivazione apparente circa la non rilevanza dei motivi di forza maggiore che l’hanno indotto a restare in Italia, in violazione dell’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98.
Analogamente, Cass. civ. sez. I, ord. n. 7914 ( all. 2 7914 - 13, co. 2 bis ), pubblicata il 20.3.2023, cassa con rinvio l’ordinanza con cui il Giudice di pace di Roma aveva respinto il ricorso in opposizione a decreto prefettizio di espulsione disposta ai sensi dell’art. 13, co. 2, lett. b), d.lgs. 286/98, per non aver valutato le circostanze – pur adeguatamente rappresentate – inerenti l’avvenuto riconoscimento di paternità della figlia naturale del ricorrente, nata in Italia, in violazione altresì sia dell’art. 28, co. 3, d.lgs. 286/98 che dell’art. 8 CEDU.
Un cittadino nigeriano veniva attinto da decreto espulsivo per irregolarità del soggiorno, pochi giorni dopo avere effettuato le pubblicazioni in vista del matrimonio che avrebbe voluto contrarre con una cittadina italiana. Il Giudice di pace di Torino – cui tale situazione di fatto era stata rappresentata – respingeva il ricorso non risultando integrata la condizione di inespellibilità di cui all’art. 19, co. 2, lett. c), d.lgs. 286/98 al momento dell’adozione dell’espulsione, potendo l’interessato presentare istanza di permesso di soggiorno per coesione familiare, dopo il matrimonio, cui sarebbero seguiti i prescritti accertamenti circa l’effettività della convivenza. Anche in questa occasione Cass. civ. sez. I, ord. n. 7695 (all. 3 7695 - 13, co. 2 bis), pubblicata il 16.3.2023, dopo aver richiamato il suo costante insegnamento – secondo cui la citata disposizione, costituendo una deroga all’obbligo di espulsione degli stranieri irregolari, non è applicabile in via analogica né estensiva – cassa l’ordinanza gravata per non avere il giudicante attribuito rilevanza all’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98, siccome interpretato dopo la sentenza 202/2013 della Corte costituzionale. Invero, tale approdo del Giudice delle leggi, pur avendo riguardo alla diversa fattispecie di cui all’art. 5, co. 5, d.lgs. 286/98, che disciplina il permesso di soggiorno per motivi familiari, contiene il principio per il quale «nell’ambito delle relazioni interpersonali ogni decisione che colpisce uno dei soggetti della relazione familiare e/o genitoriale finisce per ripercuotersi anche sull’altro ed il distacco dal nucleo familiare è troppo grave perché possa essere rimessa in forma generalizzata ed automatica a presunzioni assolute … senza lasciare spazio ad un circostanziato esame della situazione particolare dello straniero interessato e dei suoi familiari. Ad analoghe considerazioni conduce anche l’esame dell’art. 8 CEDU, come applicato dalla Corte EDU, pure evocato a parametro interposto, in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost.». Nel caso in esame, tali principi risultano violati perché le argomentazioni a supporto del rigetto dell’opposizione da parte del Giudice di pace non hanno tenuto conto delle circostanziate allegate dall’opponente (cioè di avere effettuato le pubblicazioni per matrimonio con cittadina italiana, prima dell’adozione dell’espulsione). L’errore in cui è incorso il giudice di merito consiste, in conclusione, non certo nel non avere applicato una causa di inespellibilità, al momento non ancora integrata nei suoi presupposti, quanto, piuttosto, di avere omesso ogni valutazione in ordine ai criteri di cui all’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98.
Cass. civ. sez. I, ord. n. 2874, pubblicata il 31.1.2023 ( all. 4 2874 - 8 CEDU motivi familiari catalogo aperto ), accoglie il ricorso di uno straniero destinatario di un decreto di espulsione per irregolarità del soggiorno, che si era visto rigettare l’opposizione da parte del Giudice di pace di Venezia fondata (anche) sulla violazione dei suoi legami familiari e della sua vita affettiva e privata in Italia, derivante dalla disposta espulsione. Egli, infatti, ha valutato solo l’assenza di vincoli familiari in senso stretto (cioè l’assenza della costituzione di un nucleo familiare tradizionale, con moglie e figli economicamente dipendenti), «ma non anche l’incidenza dell’espulsione sulla sua vita privata e familiare, diritto espressamente richiamato dall’art. 19 TUI, direttamente tutelato dall’art. 8 CEDU che rientra in quel “catalogo aperto” dei diritti fondamentali della persona protetti dall’art. 2 Cost.». Inoltre, la Corte osserva come il provvedimento di espulsione sia stato reso in data successiva all’entrata in vigore del d.l. n. 130/2020 che, nel riformulare l’art. 19, TUI, prescrive il divieto di espulsione dello straniero qualora si abbia fondato motivo di ritenere che il suo allontanamento comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare (salvo vi ostino esigenze di sicurezza nazionale, di ordine pubblico e di protezione della salute). La Corte, pertanto, propone un approccio ermeneutico più centrato sull’art. 8 CEDU e di estendere la misura protettiva anche a quegli aspetti della vita privata che, pur non costituendo relazioni familiari, sono espressione del radicamento della persona nel territorio quali l’inserimento lavorativo e le relazioni interpersonali. A questo proposito, i Giudici di legittimità richiamano la giurisprudenza della Corte EDU, «la quale rileva che tutti i rapporti sociali tra gli immigrati stabilmente insediati e la comunità nella quale vivono fanno parte integrante della nozione di “vita privata” – ai sensi dell’art. 8 – indipendentemente dall’esistenza o meno di una “vita familiare” (Corte EDU, 14.2.2019 Narijs c. Italia)». Inoltre, utilizzando il parametro dell’art. 8 CEDU, anche lo stesso concetto di relazione familiare si amplia, perché la famiglia non è solo quella fondata sul matrimonio, ma – nel concetto ampio e mobile della giurisprudenza della Corte di Strasburgo – rilevano le famiglie di fatto ed altri legami affettivi, nonché legami parentali che, pur non facendo parte della “famiglia nucleare”, tuttavia possono, in determinate circostanze, assumere una forte rilevanza per l’individuo. A proposito della autonoma rilevanza della tutela della vita privata (rispetto a quella familiare) la Corte richiama altra decisione – Cass. 19815 del 20.6.2022 – secondo cui «ai fini della decisione sull’opposizione all’espulsione assumono rilievo i legami sociali che il cittadino straniero alleghi di avere intrattenuto sul territorio nazionale». Ovviamente, conclude l’ordinanza in commento, il rispetto della vita privata e/o familiare, non si configura come diritto assoluto, ma bilanciabile su base legale rispetto ai criteri indicati nell’art. 19 TUI.
Anche Cass. civ. sez. I, ord. n. 8724 ( all. 5 8724 - 19.co.1 ), pubblicata il 28.3.2023, prende in considerazione le modifiche apportate all’art. 19, co. 1.1 dal d.l. 130/2022, sotto il profilo del c.d. «inserimento sociale», quale circostanza rilevante ai fini della tutela al rispetto della vita privata. Viene annullata con rinvio l’ordinanza del Giudice di pace di Catania con cui, a fronte dell’allegazione del ricorrente avverso decreto espulsivo in termini di inserimento lavorativo (documentato da attività lavorativa svolta da oltre un anno presso il medesimo datore di lavoro), costui ha rigettato il ricorso senza prendere in considerazione tali allegazioni. La Corte formula quindi il seguente principio di diritto: «In tema di espulsione del cittadino straniero, il divieto di espulsione o respingimento di cui all’art. 19 TUI impone al giudice di pace, in adempimento del suo dovere di cooperazione istruttoria, di esaminare e pronunciarsi sull’allegata sussistenza dei divieti di espulsione sanciti dall’art. 19, co. 1, e ora anche dal comma 1.1, introdotto dal d.l. 30/2020; ove sia allegato il rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, la valutazione va condotta alla stregua del criterio dell’effettivo inserimento sociale in Italia».
È stata ritenuta al di sotto del «minimo costituzionale» (e pertanto annullata con rinvio) l’ordinanza del Giudice di pace di Milano con cui era stato rigettato un ricorso avverso un decreto espulsivo basata sulla seguente motivazione: «Le motivazioni poste a sostegno del ricorso non legittimano l’adozione di un provvedimento di accoglimento poiché infondate in diritto. In particolare, è emerso che la cittadina straniera non ha regolarizzato, ad oggi, la sua posizione sul territorio nazionale, rimanendo del tutto priva di qualsiasi documento che ne legittimasse la sua permanenza nello stesso». Nella specie, l’opposizione all’espulsione si basava sull’art. 19, co. 1.1, d.lgs. 286/98 atteso che la donna documentava: di essere giunta in Italia negli anni ’90 del secolo scorso, durante il conflitto nei Balcani, da allora di avere sempre vissuto in Italia dove aveva sposato un suo concittadino, oggi deceduto a causa di malattia, con il quale aveva avuto dodici figli. Ella, dunque, era per i dodici figli l’unico genitore superstite e, soprattutto, un punto di riferimento insostituibile per una figlia affetta da malattia psichiatrica. Corte cass. sez. I, ord. n. 7752 ( all. 6 7752 - prot. speciale ), pubblicata il 17.3.2013, cassa l’ordinanza con rinvio rilevando che il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il suo convincimento, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
Violazione del divieto di reingresso dello straniero espulso: causa d’inespelliblità sopravvenuta
Una cittadina straniera, già espulsa dal territorio dello Stato nel 2015, faceva rientro illegale (senza la prescritta autorizzazione all’ingresso del Ministro dell’interno) nel 2017, prima della scadenza del termine di divieto di reingresso. Conseguentemente, veniva nuovamente espulsa ai sensi dell’art. 13, co. 13, d.lgs. 286/98. In sede di opposizione alla seconda espulsione la donna adduceva il proprio sopravvenuto stato di gravidanza, ma il ricorso veniva rigettato. Il ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, si basava sulla causa d’inespelliblità di cui all’art. 19, co. 2, lett. b), d.lgs. 286/98, che, com’è noto dispone il divieto di espulsione delle donne gravide per tutta la durata della gravidanza e nei primi sei mesi dalla nascita del figlio. Cass. civ. sez. I, ord. n. 7606 ( all. 7 7606 - gravidanza sopravvenuta ), pubblicata in data 16.3.2023, respinge il ricorso richiamando precedenti in termini di cause di inespelliblità sopravvenute all’adozione del decreto espulsivo. Invero, secondo tale orientamento, le cause sopravvenute d’inespelliblità non inficiano la legittimità del pregresso decreto espulsivo, restandone solo sospesa la sua efficacia, con la conseguenza che il Giudice di pace non può pronunciarne l’annullamento, fermo restando che l’espulsione non può essere eseguita coattivamente e la donna ha diritto di richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi e per il tempo di cui all’art. 19, co. 2, lett. d), d.lgs. 286/98 (che, a sua volta, potrà essere convertito in permesso per coesione familiare con il coniuge, sussistendone i presupposti, previa revoca in autotutela delle precedenti espulsioni).
Espulsioni amministrative: profili procedurali
Legittimazione passiva
L’orientamento della giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che nei giudizi di opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero, la legittimazione passiva appartiene in via esclusiva, personale e permanente, al prefetto, quale autorità che ha emesso il provvedimento, ed è inammissibile il ricorso notificato al Ministero dell’interno presso l’Avvocatura dello Stato, anziché al prefetto in proprio. Non diverge da questo orientamento la decisione di rinotificazione in sanatoria – ex art. 291 c.p.c. – disposta da ordinanza interlocutoria della Suprema Corte nel caso in cui il ricorso sia stato correttamente indirizzato al prefetto, ma notificato a costui presso l’Avvocatura generale dello Stato. In tal caso, infatti, non si ravvisano vizi del ricorso quanto alla editio actionis ed alla vocatio in ius, ma soltanto in ordine alla sua notificazione. Cass. civ. sez. I, ord. n. 7706, pubblicata il 16.3.2023. ( all. 8 7706 - legittimazione passiva )
Nullità della costituzione in giudizio della prefettura intimata
Secondo Cass. civ., sez. lavoro, ord. n. 8111 ( all. 9 8111 - legittimazione questura ), pubblicata il 21.3.2023, il d.lgs. 286/98, all’art. 13-bis, ha previsto la legittimazione processuale esclusiva a contraddire le opposizioni avverso i suoi decreti di espulsione al prefetto, legittimazione permanente anche in sede di legittimità le volte in cui il prefetto, nei giudizi di merito, non si sia costituito, o si sia costituito a mezzo di suoi funzionari delegati. Consegue il difetto di legittimazione del questore a contraddire nei ricorsi in materia di espulsione. Ipotesi in cui la prefettura di Ferrara si era costituita di fronte al Giudice di pace per delega rilasciata dal vice prefetto vicario non già ad un funzionario della prefettura, ma ad un ispettore della locale questura.
Formalità della notifica del decreto di espulsione
Secondo Cass. civ., sez. VI, ord. n. 611 ( all. 10 611- notifica copia non autentica ), pubblicata il 12.1.2023, poiché ai sensi dell’art. 23, co. 1, d.lgs. n. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale) «le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui son tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato», è affetta da nullità la notifica del decreto espulsivo che sia documento originale informatico costituito da un unico file, riversato su copia analogica formata da tre pagine, e solo nell’ultima sia stata apposta la sigla dell’attestatore di conformità.
Traduzione degli atti
A fronte della doglianza di un cittadino ucraino cui veniva notificato un decreto espulsivo tradotto in lingua veicolare (inglese), il Giudice di pace di Pesaro-Urbino ha ritenuto plausibile la giustificazione addotta dall’Amministrazione di essere impossibilitata ad effettuare la traduzione nella lingua conosciuta dall’opponente, per indisponibilità di un interprete. Cass. civ., sez. VI, ord. n. 626 ( all. 11 626 - traduzione per mancanza interprete ), pubblicata il 12.1.2023, richiamando il consolidato orientamento secondo cui «è nullo il provvedimento di espulsione tradotto nella sola lingua veicolare, per l’affermata irreperibilità immediata di un traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi, ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo in detta lingua per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta», annulla senza rinvio l’ordinanza gravata.
Negli stessi termini, Cass. civ., sez. I, ord. n. 10428, pubblicata il 19.4.2023 ( all. 12 10428 - traduzione ).
Procura speciale
Cass. civ., sez. VI, ord. n. 2048 ( all. 13 2048 procura ), pubblicata il 24.1.2023, ribadisce il consolidato principio per cui «dev’essere dichiarata la giuridica inesistenza della procura speciale rilasciata al difensore al fine della proposizione del ricorso per cassazione, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, quando risulti priva di uno specifico riferimento al provvedimento impugnato e riporti la sola generica indicazione “nel presente giudizio pendente avanti alla Corte di cassazione”, senza altro elemento identificativo: ne consegue l’inammissibilità del ricorso, che deve essere dichiarata d’ufficio».
Negli stessi termini Cass. civ., sez. VI, ord. n. 627 ( all. 14 627 - procura non speciale ), pubblicata in data 12.1.2023, che ha, inoltre, cura di precisare che la procura per il ricorso in Cassazione deve essere rilasciata in data successiva alla pronuncia impugnata; deve conferire espressamente al difensore il potere di difendere in Cassazione con riferimento alla pronuncia impugnata; deve essere anteriore o coeva alla notifica del ricorso, ma non è necessario che sia conferita prima della stesura dell’impugnazione.
In tema di procura conferita all’estero Cass. civ., sez. I, ord. n. 2783 ( all. 15 2783 - prova conferita all’estero ), pubblicata il 31.1.2023, ha statuito che «il rilascio della procura alle liti, che conferisce la rappresentanza tecnica in giudizio, è soggetta alla legge italiana, con la conseguenza che è inefficace in Italia una procura alla lite rilasciata all’estero con scrittura privata autenticata dal difensore italiano della parte, dovendo invece, essere autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale, autorizzato dalla legge dello Stato estero ad attribuirle pubblica fede. Il potere di autenticazione del difensore italiano della parte non si estende oltre i limiti del territorio nazionale».
Sospensione feriale dei termini
Cass. civ., ord. sez. VI n. 2049 ( all. 16 2049 ), pubblicata il 24.1.2023, conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui al procedimento di impugnazione del decreto di espulsione di cui all’art. 13, co. 2, d.lgs. 286/98 è applicabile la sospensione dei termini nel periodo feriale, trattandosi di termine avente natura processuale.
Trattenimento
Motivazione
La Corte di cassazione, con ordinanza sez. VI-1 civ. 4.1.2023, n. 128, ( all. 17 ) ha ritenuto legittima la motivazione posta dal giudice a base del provvedimento di convalida del trattenimento in ragione del fatto che «non sono emersi elementi tali da far ritenere la illegittimità del provvedimento di espulsione, né è stata documentata alcuna circostanza di cui all’art. 19, TU imm.» e che «sussistono altresì i presupposti di cui al successivo art. 14 al momento non è disponibile idoneo vettore ed è necessario acquisire documento valido per l’espatrio». La Corte ha ritenuto che tale motivazione consenta di individuare l’iter logico seguito dal giudice.
In altre decisioni, tuttavia, la Corte ha ritenuto insufficienti motivazioni simili.
Non è legittimo, poiché carente di motivazione, il decreto di convalida che affermi la sussistenza dei presupposti contemplati dall’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, senza neanche specificare quali, e faccia ricorso alla formula tautologica dell’inesistenza di «elementi tali da far ritenere l’illegittimità del provvedimento di espulsione», e senza prendere posizione sulle eccezioni, anche di incompetenza, proposte dallo straniero (così Cass. ordinanza sez. VI-1 civ. 11.1.2023, n. 504) ( all. 18 ). La Corte osserva che tale motivazione, «benché graficamente esistente, non rende, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, recando argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento». Analogo vizio motivazionale affligge il decreto di convalida nel quale il Giudice di pace abbia omesso di prendere posizione sulla questione, ritualmente introdotta in giudizio dalla difesa della persona trattenuta, relativa alla pendenza di un procedimento ex art. 35-bis d.lgs. 25/2008 per il riconoscimento della protezione internazionale (così Cass. ordinanza sez. I civ. 13.3.2023, n. 7226) ( all. 19 ).
È affetto da nullità, poiché «del tutto privo dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione», il decreto di convalida delle misure alternative al trattenimento motivato con «la sussistenza dei presupposti di legge» (così Cass. ordinanza sez. I civ. 13.3.2023, n. 7270). ( all. 20 )
Parimenti illegittimo è il decreto di proroga del trattenimento nel quale il Giudice di pace si sia limitato a richiamare integralmente le motivazioni della questura, tralasciando, però, di dare conto, sia pure in sintesi, dell’effettivo accertamento della sussistenza dei motivi addotti a sostegno della richiesta di convalida o di proroga e delle specifiche ragioni della misura del trattenimento alla luce, soprattutto, delle argomentate contestazioni svolte dal difensore nel corso dell’udienza (così Cass. ordinanza sez. I civ. 16.3.2023, n. 7633) ( all. 21 ); (Cass. ordinanza sez. I civ. 30.3.2023, n. 9045) ( all. 22 ); (Cass. ordinanza sez. I civ. 30.3.2023, n. 9046) ( all. 23 ); (Cass. ordinanza VI-1 civ. 31.1.2023, n. 2826) ( all. 24 ); (Cass. ordinanza sez. I civ. 31.3.2023, n. 9068) ( all. 25 ); (Cass. ordinanza sez. I civ. 31.3.2023, n. 9069) ( all. 26 ).
Qualora la difesa della persona trattenuta abbia dedotto la sussistenza di legami familiari qualificati e quindi la manifesta illegittimità del decreto di espulsione, il giudice della convalida ha l’onere di motivare anche su tali specifiche questioni, incorrendo altrimenti nel vizio di omessa motivazione (così Cass. ordinanza sez. I civ. 16.3.2023, n. 7672) ( all. 27 ).
Presupposti del trattenimento
La citata Cass. ordinanza sez VI-1 civ. 31.1.2023, n. 2826 (all. 24) si segnala altresì perché ribadisce l’illegittimità del trattenimento disposto in forza di decreto di espulsione già oggetto di esecuzione con altro trattenimento, poi cessato e sostituito da ordine di allontanamento. La Corte ha ricordato che in caso di inottemperanza all’ordine di allontanamento l’Amministrazione deve emettere un nuovo decreto di espulsione e non può disporre il trattenimento in base al precedente decreto di espulsione. Nello stesso senso Cass. ordinanza sez. I civ. 27.3.2023, n. 8578 ( all. 28 ).
Proroga
L’art. 14, comma 5, sesto periodo, del d.lgs. 286/1998 prevede che lo straniero già detenuto per almeno 90 giorni possa essere trattenuto per un periodo massimo di 30 giorni, prorogabile per altri 30 giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri. L’onere di allegare e provare la sussistenza dell’accordo in materia di rimpatri, che permette tale proroga, grava sull’Amministrazione che chiede la proroga. Nei casi esaminati da Cass. ordinanza sez. I civ. 16.2.2023, n. 4855 ( all. 29 ), da Cass. ordinanza sez. I civ. 16.5.2023, n. 13322 ( all. 30 ), da Cass. ordinanza sez. I civ. 20.2.2023, n. 5215 ( all. 31 ), da Cass. ordinanza sez. I civ. 20.2.2023, n. 5231 (all. 32 ), da Cass. ordinanza sez. I civ. 27.3.2023, n. 8570 ( all. 33 ), a fronte di specifica eccezione del difensore la questura aveva affermato l’esistenza di un accordo ma non ne aveva fornito gli estremi; il Giudice di pace aveva disposto la proroga del trattenimento ritenendo «fondate le motivazioni della questura»; la Corte di cassazione ha annullato i decreti di proroga per difetto di motivazione.
La Corte di cassazione (Cass. ordinanza sez. I civ. 16.2.2023, n. 4858 ( all. 34 ); Cass. ordinanza I civ. 20.2.2023, n. 5227 ( all. 35 ); Cass. ordinanza sez. I civ. 17.3.2023, n. 7749 ( all. 36 ); Cass. ordinanza sez. I civ. 30.3.2023, n. 9045 (sub all. 22); Cass. ordinanza sez. I civ. 30.3.2023 n. 9046 ( sub all. 23 ); Cass. ordinanza sez. I civ. 31.3.2023, n. 9068 ( sub all. 25 ); Cass. ordinanza sez. I civ. 31.3.2023, n. 9069 ( sub all. 26 ) ha ribadito la necessità, per la seconda proroga del trattenimento e le successive, della sussistenza di elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione dello straniero trattenuto, ovvero della verifica che il mantenimento della misura sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio, circostanze non previste ai fini della prima proroga.
Con l’ordinanza sez. I civ. 20.2.2023, n. 5200 ( all. 37 ) la Corte di cassazione ha affermato che l’assenza di un vettore idoneo è circostanza idonea a giustificare la convalida del trattenimento ma non la sua proroga.
È illegittimo il decreto di proroga del trattenimento fondato su ragioni (nella specie l’accertamento della disponibilità di una struttura di accoglienza ad accogliere la persona trattenuta) diverse da quelle previste dalla legge (Cass. ordinanza sez. I civ. 6.3.2023, n. 6666). ( all. 38 )
In contrasto con il principio affermato da Cass. ordinanza sez. I civ. 7.7.2022 n. 21612 (già in questa Rassegna, n. 3.2022, n. 3.2022), il Tribunale di Roma del 7.12.2022 ( all. 39 ) ha affermato che la proroga del trattenimento non può essere disposta per ragioni differenti da quelle dedotte a fondamento della convalida del trattenimento.
Quarantena
La sottoposizione del cittadino straniero alla quarantena precauzionale, a norma dell’art. 1, lett d), d.l. n. 19/20, dal momento dell’ingresso nel territorio italiano e per la durata di quattordici giorni, non costituisce una limitazione della libertà personale, bensì una limitazione della libertà di circolazione; essa non ricade pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 13 Cost., e non è quindi rilevante ai fini della valutazione di legittimità dell’ordine di trattenimento e della sua convalida(anche in relazione alla tempestività): così Cass. ordinanza sez. I civ. 3.2.2023 n. 3421 ( all. 40 ), Cass. ordinanza sez. I civ. 6.2.2023 n. 3491 ( all. 41 ), Cass. ordinanza sez. I civ. 30.3.2023 n. 9015 ( all. 42 ), Cass. ordinanza sez. I civ. 30.3.2023 n. 9031. ( all. 43 )
Profili procedurali
Legittimazione passiva
La Corte ha ribadito che nel ricorso contro il decreto di convalida del trattenimento non sussiste legittimazione passiva del prefetto (Cass. ordinanza sez. I civ. 6.3.2023, n. 6666. ( all. 38 )
Partecipazione della parte all’udienza
La Corte di cassazione ha ribadito ancora una volta che «al procedimento giurisdizionale di decisione sulla proroga del trattenimento dello straniero nel Centro di identificazione ed espulsione si applicano le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato, previste dall’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, per il procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento, senza che sia necessaria una richiesta dell'interessato di essere sentito» e ha pertanto dichiarato la nullità assoluta del provvedimento di proroga adottato all’esito di udienza cui non era stato condotto il cittadino straniero; la Corte ha specificato che non incombe sulla persona trattenuta alcun onere di esplicitare le ragioni giustificative della sua partecipazione all’udienza ed idonee a determinare un diverso esito del procedimento (Cass. ordinanza sez. I civ. 16.2.2023 n. 4961) ( all. 44 ); la Corte ha altresì chiarito che della tempestiva comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza di convalida deve essere fornita prova documentale, mentre non è idonea una dichiarazione orale, resa dal rappresentante della questura, secondo cui la persona trattenuta sarebbe stata informata in via informale dal personale che opera nel CPR (Cass. ordinanza sez. I civ. 16.3.2023 n. 7613. ( all. 45 )
In applicazione del medesimo principio, sia pure in materia di trattenimento di richiedente asilo, il Tribunale di Roma ha rifiutato la convalida del trattenimento disposto nei confronti di una persona che non era presente all’udienza. (Trib. Roma 20.1.2023). ( all. 46 )
Misure alternative al trattenimento
La Corte di cassazione (Cass. ordinanza sez. I civ. 12.5.2023 n. 13113 ( all. 47 ) ribadisce che «la possibilità di adozione di misure alternative non detentive deve essere necessariamente scrutinata dall’Autorità procedente»; benché l’art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. 286/1998 si esprima in termini di apparente discrezionalità nell’adozione delle misure alternative al trattenimento coattivo, la necessità della valutazione di proporzionalità della misura adottata impone l’esame delle condizioni che consentirebbero l’adozione di una misura alternativa; il giudice ha il potere e il dovere di ricercare, laddove lo ritenga necessario, tutti gli altri elementi di prova rilevanti ai fini della decisione.
Controllo giurisdizionale sull’atto presupposto
La Corte di cassazione, ordinanza sez. I civ. 12.5.2023 n. 13051 ( all. 48 ) ha annullato il decreto di convalida del trattenimento adottato dal Giudice di pace nonostante l’assenza, nel fascicolo del procedimento, del decreto di espulsione presupposto del trattenimento, e senza fornire risposta all’eccezione sul punto formulata dal difensore della persona espulsa che aveva anche formulato specifica richiesta di esibizione ai sensi degli artt. 210 e 213 c.p.c. La Corte ha ricordato che il giudice della convalida è tenuto a verificare l’esistenza, l’efficacia e la non manifesta illegittimità del decreto di espulsione presupposto del trattenimento, e l’assenza di tale atto nel fascicolo evidentemente rende impossibile tale verifica.
Sottoscrizione del questore
La Corte di cassazione, ordinanza sez. VI-1 civ. 24.1.2023, n. 2061 ( all. 49 ) ha affermato la nullità della richiesta di proroga del trattenimento, sottoscritta non dal questore bensì da un funzionario senza la necessaria delega; pur a fronte di specifica eccezione da parte del difensore dalla persona trattenuta, il rappresentante della questura non aveva prodotto la delega del questore, ma il Giudice di pace aveva comunque accolto la richiesta di proroga. La Corte ha osservato che tale richiesta era “irregolare” – ma potrebbe qualificarsi nulla o addirittura inesistente – e pertanto non sussistevano le condizioni richieste dalla legge per disporre la limitazione della libertà.
Interesse a impugnare
La Corte di cassazione, ordinanza sez. I civ. 30.3.2023 n. 9015 ( all. 42 ) ha ribadito che persiste un interesse attuale del ricorrente ad impugnare il provvedimento di convalida di proroga del trattenimento in CPR, al fine del suo annullamento, anche qualora successivamente egli sia stato rimpatriato nel Paese d’origine o qualora l’ordine di trattenimento sia stato revocato dal questore o il trattenimento sia comunque cessato. Secondo un orientamento consolidato, infatti, «il cittadino straniero ha l’interesse ad ottenere l’annullamento del decreto di convalida del trattenimento seguìto a provvedimento espulsivo revocato in autotutela dall’autorità procedente, sia per il diritto al risarcimento derivante dall’illegittima privazione della libertà personale, sia al fine di eliminare ogni impedimento illegittimo al riconoscimento della sussistenza delle condizioni di rientro e soggiorno nel territorio italiano».
Trattenimento del richiedente asilo
Nel precedente fascicolo (1.2023) della Rassegna avevamo segnalato la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Milano in relazione al momento iniziale del termine entro il quale il questore deve chiedere la convalida del trattenimento disposto, ai sensi dell’art. 6, co. 3, d.lgs. 142/2015, della persona che abbia presentato domanda di protezione internazionale – ritenuta dilatoria – mentre era già trattenuta ad altro titolo. Il Tribunale di Milano aveva ritenuto che il momento iniziale di tale termine non potesse essere individuato (con interpretazione costituzionalmente orientata) in quello della presentazione della domanda di protezione internazionale, poiché la disposizione fa riferimento alla «adozione del provvedimento» di trattenimento e tale espressione implica un comportamento attivo da parte dell’Amministrazione, che tuttavia potrebbe giungere a distanza di un notevole lasso di tempo dalla assunzione della qualità di richiedente asilo e ben superiore a quello di 48 ore previsto dall’art. 13 Cost., di qui il dubbio di legittimità.
Con ordinanza depositata dopo la pubblicazione dell’ordinanza milanese di rimessione, ma emessa all’esito di decisione in Camera di Consiglio anteriore, la Corte di cassazione, ordinanza sez. I civ. 10.1.2023, n. 424 ( all. 50 ) ha affermato che il termine di 48 ore entro cui il questore deve trasmettere al Tribunale la richiesta di convalida del trattenimento ex art. 6, co. 3, d.lgs. 142/2015 decorre dall’adozione dell’ordine di trattenimento mentre è irrilevante il momento di presentazione della domanda di protezione internazionale. La Corte osserva che «la presentazione della domanda di protezione non ha come conseguenza necessaria l’adozione del provvedimento di trattenimento, il quale anzi, ai sensi dell’art. 6, comma 1 non può essere emesso al solo fine di consentirne l’esame, ma è subordinato alla ricorrenza di determinati presupposti, la cui verifica da parte dell’Amministrazione, potendo anche richiedere tempi superiori al breve termine previsto per la comunicazione al Tribunale, comporterebbe in questi casi l’inefficacia del provvedimento»; la Corte mostra di ritenere sacrificabile, per un tempo indeterminato e sottratto alle garanzie dell’art. 13 Cost., la libertà personale e il controllo giurisdizionale sulle relative limitazioni, a vantaggio delle esigenze da parte dell’Amministrazione di procedere a una verifica sulla natura pretestuosa della domanda di asilo; la Corte non illustra quali sarebbero le attività di verifica che l’Amministrazione dovrebbe svolgere per un tempo superiore alle 48 ore, né opera un confronto con le attività di verifica necessarie per l’adozione di un ordine di trattenimento nei confronti della persona straniera non già trattenuta o per la richiesta di convalida dell’arresto, attività che la stessa Amministrazione (nel caso del trattenimento) e il pubblico ministero (nel caso dell’arresto) devono e in effetti riescono a compiere nel termine di 48 ore.
Sulla questione si segnalano anche diversi provvedimenti del Tribunale di Roma.
Nel decreto 3.2.2023 ( all. 51 ) il Tribunale espone una tesi analoga a quella affermata dalla Corte di cassazione e individua il momento iniziale del termine di 48 ore per la richiesta di convalida del trattenimento nell’adozione del provvedimento da parte del questore, ritenendo che la manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale sia ininfluente e invece rilevi soltanto il momento di presentazione della domanda di protezione internazionale, individuato nella registrazione formale della domanda da parte dell’autorità competente.
In altro decreto, reso il 10.2.2023 ( all. 52 ) il Tribunale sviluppa ulteriormente tale tesi e afferma che, dopo la manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale e fino alla formale registrazione della domanda, alla trattenuta continua ad applicarsi il titolo di trattenimento a fini espulsivi già convalidato dal Giudice di pace; il Tribunale precisa poi che se l’Amministrazione non provvede alla registrazione della domanda entro il termine di tre giorni lavorativi (elevato a sei per le domande presentate negli uffici di polizia di frontiera) il trattenimento deve cessare poiché ormai illegittimo. Il Tribunale precisa anche che, fino alla formale registrazione della domanda di protezione internazionale, la competenza sul trattenimento resterebbe in capo al Giudice di pace.
Analogamente, (Trib. Roma del 15.5.2023) ( all. 53 ); (Trib. Roma del 19.5.2023) ( all. 54 ), il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di convalida del trattenimento che il questore aveva disposto prima di aver formalmente registrato la domanda di protezione internazionale, poiché ha rilevato che la misura restrittiva era stata adottata in difetto dei presupposti di legge.
Presupposti del trattenimento
La Corte di cassazione, con ordinanza sez. I civ. 30.3.2023, n. 9038 ( all. 55 ), ha affermato che, nel giudizio di convalida del trattenimento della persona che abbia presentato domanda di protezione internazionale – ritenuta pretestuosa – mentre era già trattenuta ad altro titolo, è irrilevante la legittimità dei provvedimenti di respingimento e di trattenimento in base ai quali la persona si trovava trattenuta. La decisione si pone in contrasto con l’ordinanza Cass. sez. I civ. 6.6.2022, n. 18128, già segnalata nel fascicolo 3.2022 di questa Rivista, che aveva invece affermato il dovere del Tribunale di esaminare e rilevare incidentalmente, per la decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento espulsivo o di respingimento differito.
In conformità a quanto già affermato nell’ordinanza sez. I civ. 1.6.2022 n. 17834, già segnalata in questa Rassegna (fascicolo 3.2022 al quale rimandiamo per una più dettagliata analisi), la Corte di cassazione con ordinanza sez. I civ. 30.3.2023 n. 9042 ( all. 56 ) ha ribadito che la violazione dei termini di durata della procedura accelerata di esame della domanda ex art. 28-bis d.lgs. 25/2008 non comporta la decadenza del trattenimento. Sul punto si segnala però il decreto del Tribunale di Roma del 24.5.2023 ( all. 57 ) che, rilevato come fosse stato accertato il superamento dei termini massimi della procedura accelerata con conseguente qualificazione della procedura come ordinaria a tutti gli effetti, compresi quelli sulla sospensione del provvedimento di rigetto della domanda, ha ritenuto venuta meno ogni giustificazione alla limitazione della libertà personale del trattenuto e pertanto non ha prorogato il trattenimento.
Con ordinanza sez. I civ. 5.5.2023 n. 11972 ( all. 58 ), la Corte ha confermato la legittimità del decreto di proroga del trattenimento del richiedente asilo, disposto per la ritenuta pretestuosità della domanda presentata in corso di trattenimento pre-espulsivo, anche se nelle more tra la convalida e la proroga del trattenimento era intervenuta la decisione cautelare sul ricorso proposto per la protezione internazionale che aveva disposto la sospensione del provvedimento di rigetto della domanda; la Corte ha escluso che la valutazione di non manifesta infondatezza della domanda incidesse sul trattenimento disposto per la ritenuta pretestuosità della stessa domanda. Inoltre la Corte ha affermato che oggetto della cognizione del Tribunale, investito della richiesta di proroga del trattenimento ai sensi dell’art. 6, co. 8, d.lgs. 142/2015 nei confronti del richiedente asilo trattenuto che proponga ricorso avverso il rigetto della domanda, sia la «sola verifica circa la pendenza del procedimento giurisdizionale», sicché il controllo giurisdizionale sarebbe ridotto a mera verifica formale.
Nell’ipotesi in cui l’istanza cautelare proposta con il ricorso per la protezione internazionale sia rigettata, cessa il trattenimento disposto ex art. 6 d.lgs. 142/2015 e riprende il decorso dei termini del trattenimento ex art. 14 d.lgs. 286/1998, che era sospeso dal momento della presentazione della domanda di protezione internazionale; in tal caso, il titolo di trattenimento disposto ex art. 6 d.lgs. 142/2015 perde efficacia nel momento in cui la decisione cautelare acquista stabilità – cioè dopo cinque giorni dalla comunicazione della decisione alle parti, se queste non presentano note, o all’esito del subprocedimento cartolare se le note sono presentate; nel caso esaminato da Cass. ordinanza sez. I civ. 29.3.2023, n. 8840 (all. 59 ), la Corte ha rilevato che era tardiva la richiesta di proroga del trattenimento presentata dal questore ben oltre il termine di 30 giorni dall’inizio della misura restrittiva, tenuto conto che il decorso di tale termine era ripreso con il rigetto della domanda cautelare.