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Fascicolo 3, Novembre 2023


«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà:
se ce n’è uno è quello che è già qui,
l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. 

Due modi ci sono per non soffrirne.

Il primo riesce facile a molti:
accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.

Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa,
in mezzo all’inferno,
non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

Italo CalvinoLe città invisibili

 

Editoriale

A San Francisco, il 26 giugno 1945, i rappresentanti dei popoli delle Nazioni Unite decisero di creare un’organizzazione internazionale volta «a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grande e piccole, a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà, e per tali fini a praticare la tolleranza ed a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ad assicurare, mediante l’accettazione di principi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell’interesse comune, ad impiegare strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli» (Carta delle Nazioni Unite, Preambolo).

Sul finire del 2023 di questo afflato, di questa apparente pax filosofica sembra non sia rimasto niente. Liberatisi dall’ingombro del rispetto di regole condivise nei loro rapporti reciproci e dal riconoscimento dei diritti umani fondamentali, gli Stati ricorrono all’uso della forza per dirimere le loro controversie e trascurano persino il rispetto delle regole basilari del diritto bellico e di quello umanitario; in aggiunta, soggetti terroristici di variegata natura, pianificano e realizzano crimini contro l’umanità, con azioni mirate contro civili inermi, uomini, donne e bambini.

Il trattamento dei migranti e dei richiedenti asilo può essere considerato un epifenomeno di questo sconquasso globale. E non solo perché la destabilizzazione geopolitica è una delle principali cause delle migrazioni forzate; ma anche perché si intravvede una comune filigrana, costituita dall’insofferenza diffusa nei confronti di regole condivise e superiori che fungono da limite all’azione dei Governi. Un’insofferenza anche nei confronti del controllo giurisdizionale, tacciato di interferire sulla realizzazione dell’indirizzo politico, nel caso in cui talune norme siano ritenute incompatibili con gli obblighi superiori, di matrice costituzionale, unionale o internazionale. Obblighi che, tuttavia, “rimangono fermi” come ebbe a scrivere nel 2018 il Presidente della Repubblica, all’atto della firma del decreto-legge n. 113 del 2018.

Recuperare la condivisione sui valori fondanti della comunità nazionale, europea ed internazionale è oggi una priorità, senza la quale il disordine è destinato ad emergere ed i più vulnerabili a soccombere. Come è stato efficacemente affermato, le Costituzioni e, aggiungerei, anche i Trattati internazionali sono come le «catene con cui gli uomini si legano nei momenti di lucidità per non morire a causa di comportamenti suicidi nei momenti di follia» (John Potter Stockton).

Un contributo in questo senso è il corposo saggio di apertura di questo numero scritto da Claudio Panzera, che offre un’ampia riflessione sull’accesso all’asilo. Ripercorrendo i tratti essenziali di un diritto riconosciuto sia nella Costituzione, sia nelle convenzioni internazionali, l’autore analizza i molteplici profili di crisi attraversati dal riconoscimento di questo diritto fondamentale. La crisi del diritto di asilo è la crisi dei diritti umani, è la crisi del consenso sulle regole sovraordinate che l’autore richiama e mette a sistema con grande capacità di sintesi. Non mancano riferimenti alle più recenti norme introdotte nell’ordinamento italiano, in particolare alla c.d. procedura di frontiera, con le sue prime applicazioni e orientamenti giurisprudenziali.

Al tema della procedura di frontiera è dedicato anche il commento di Alessandro Praticò, che analizza puntualmente le neo introdotte disposizioni, evidenziandone i numerosi profili critici. Strettamente connesso il commento della sottoscritta al decreto del Tribunale di Catania del 29 settembre 2023, che offre l’occasione per riflettere sulla misura del trattenimento del richiedente protezione internazionale, nonché sul ruolo del giudice in caso di contrasto tra norme nazionali e norme UE.

Al diritto di asilo sono dedicati anche i due saggi di Marilù Porchia e di Antonio Guerrieri. Il primo esamina le forme di protezione riconoscibili a chi si sottrae al servizio militare in un conflitto armato, tema reso ancora più attuale dall’aumentare dei conflitti armati internazionali o interni cui si è appena accennato.

Il saggio di Antonio Guerrieri, invece, concerne un tema molto tecnico e poco esplorato in dottrina, quello dell’alternativa di protezione interna (IPA). L’autore offre un’analisi approfondita degli aspetti teorici e dei profili applicativi di questo istituto previsto nella nostra legislazione ma rimasto disapplicato, evidenziandone i nodi problematici e tutte le cautele che devono essere osservate nell’applicarlo.

La sezione dei commenti, si completa con tre contributi su aspetti recenti sia normativi sia giurisprudenziali.

Il commento di Guido Savio si sofferma in termini critici sul tema del riparto di giurisdizione operato dalla modifica introdotta dall’art. 18 della l. n. 103 del 2023. In particolare, l’autore segnala il timore che l’attribuzione della titolarità di un mero interesse legittimo in capo agli stranieri respinti alla frontiera, in luogo di un diritto soggettivo perfetto che permane in capo a quanti vengono respinti con provvedimento del questore, si traduca in un vulnus per la piena tutela del diritto di difesa, anche in considerazione dei limiti propri della giurisdizione amministrativa.

Il commento di Elena Maria Ferioli valorizza invece quanto disposto nella pronuncia della Corte costituzionale n. 195/2022 che è intervenuta sull’art. 5, co. 1, della l. n. 91/1992 relativo ai criteri per l’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio. L’autrice, oltre a valorizzare la pronuncia della Corte che ha escluso che la morte del coniuge, in pendenza del procedimento amministrativo finalizzato al conferimento della cittadinanza, sia tra le cause ostative all’acquisto, si sofferma sugli ulteriori profili di dubbia costituzionalità della suddetta disposizione.

Infine, il commento di Giulia Mentasti analizza un’interessante sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma il 15 dicembre 2022, con la quale è analizzata l’astratta configurabilità dei reati di rifiuto di atti d’ufficio e di omicidio colposo, contestati a due ufficiali appartenenti alla Guardia costiera ed alla Marina militare italiana, in merito alle condotte tenute nelle ore antecedenti al naufragio dell’11 ottobre 2013, in cui persero la vita oltre duecento persone, di cui sessanta bambini. L’autrice inquadra la sentenza nella cornice giuridica interna e internazionale dei soccorsi in mare e conclude con un tentativo di applicazione analogica ai più recenti episodi di «malfunzionamento» nelle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo e, più in generale, al tema della incriminazione delle attività delle ONG.

Anche in questo numero le Rassegne e gli Osservatori consentono di aggiornarsi sugli sviluppi normativi e giurisprudenziali più rilevanti occorsi negli ultimi quattro mesi, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Un contributo prezioso quello delle Rassegne e degli Osservatori, stante anche la particolare vivacità del legislatore ad intervenire in questa materia, peraltro quasi sempre con decreti-legge, forieri poi di conseguenti assestamenti giurisprudenziali.

Un contenuto ricco che offriamo a tutti coloro che vogliano approfondire i tanti segmenti del diritto degli stranieri. Nell’epoca della comunicazione istantanea, questa Rivista vuole rimanere uno strumento di riflessione meditata, quasi a volere, anche con la sua tempistica, porsi in antitesi all’approccio emergenziale e ascientifico che tende a prevalere nel dibattito pubblico. Le numerose segnalazioni, contenute nell’apposita sezione, amplificano tale effetto e consentono alle nostre lettrici e lettori di scorrere lo «scaffale della libreria» dedicata all’immigrazione, per proseguire nella ricerca e nell’approfondimento.

Per apprezzare questi contenuti occorre darsi del tempo, una risorsa tanto limitata quanto preziosa. Un tempo terminato per la nostra Direttrice e amica Cecilia Corsi, della quale mi accingo ad ereditare la Direzione della Rivista, sentendo tutto l’onore e l’onere di questo incarico. Ringrazio le associazioni promotrici, i membri del comitato editoriale ed il redattore per la fiducia: sono una risorsa preziosa e intendo valorizzarne al massimo i ruoli ed i contributi.

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