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Fascicolo 3, Novembre 2023


«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà:
se ce n’è uno è quello che è già qui,
l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. 

Due modi ci sono per non soffrirne.

Il primo riesce facile a molti:
accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.

Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa,
in mezzo all’inferno,
non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

Italo CalvinoLe città invisibili

 

Osservatorio italiano

OSSERVATORIO ITALIANO

(norme da maggio ad agosto 2023)

Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali

1. La sottrazione alle quote di ingresso per lavoro della conversione dei permessi di soggiorno per studio nei permessi di soggiorno per lavoro e degli ingressi in Italia per lavoro dei lavoratori dipendenti da imprese italiane all’estero.

L’art. 24 del d.l. 22.06.2023, n. 75, convertito, con modificazioni, con la legge 10.08.2023, n. 112 (pubblicata in G.U. 16.08.2023, n. 190) prevede due importanti modifiche del Testo unico delle leggi sull’immigrazione e sulla condizione degli stranieri emanato con d.lgs. 25.07.1998, n. 286 che escludono dalla programmazione delle quote di ingresso per lavoro due categorie di lavoratori stranieri: coloro che convertono il loro permesso di soggiorno per studio in permesso per lavoro e coloro che entrano in Italia perché già lavorano o lavoravano all’estero alle dipendenze di imprese italiane:

1) il comma 5 abroga l’art. 6, comma 1 d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui subordinava la convertibilità dei permessi di soggiorno per studio ai decreti di determinazione delle quote di ingresso per lavoro e alle procedure previste dal regolamento di attuazione; ciò comporta la convertibilità senza limiti quantitativi o qualitativi i tutti i permessi di soggiorno per studio in permessi di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, fermi restando gli altri requisiti per la conversione previsti nello stesso art. 6, comma 1: conversione prima della scadenza, previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato o previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti nell’art. 26 dello stesso d.lgs. n. 286/1998 per il soggiorno per lavoro autonomo.

Ciò comporta che i permessi di soggiorno per studio sono ora convertibili, prima della scadenza, in qualsiasi periodo dell’anno e senza limiti numerici, anche prima della conclusione del corso di studio a cui lo straniero è iscritto in Italia.

2) il comma 5-bis modifica l’art. 27 d.lgs. n. 286/1998, introducendo nel comma 1 del suo art. 27 una nuova lettera i-bis) in base alla quale sono autorizzati ad entrare in Italia per lavoro subordinato al di fuori delle quote stabilite col decreto del Presidente del Consiglio dei ministri i lavoratori che siano stati dipendenti, per almeno dodici mesi nell’arco dei quarantotto mesi antecedenti alla richiesta, di imprese aventi sede in Italia, ovvero di società da queste partecipate, secondo quanto risulta dall’ultimo bilancio consolidato redatto ai sensi degli artt. 25 e seguenti del d.lgs. 9.04.1991, n. 127, operanti in Stati e territori non appartenenti all’Unione europea, ai fini del loro impiego nelle sedi delle suddette imprese o società presenti nel territorio italiano.

Si prevede inoltre che anche per gli ingressi di costoro si applica la procedura semplificata prevista nel comma 1-ter del medesimo art. 27 d.lgs. n. 286/1998: il nulla osta al lavoro per tali lavoratori stranieri è sostituito da una comunicazione da parte del datore di lavoro della proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato, presentata con modalità informatiche allo sportello unico per l’immigrazione della prefettura-ufficio territoriale del governo. Lo Sportello unico trasmette la comunicazione al questore per la verifica della insussistenza di motivi ostativi all’ingresso dello straniero ai sensi dell’art. 31, comma 1, del regolamento di attuazione del Testo unico delle leggi sull’immigrazione emanato con d.p.r. n. 394/1999 e, ove nulla osti da parte del questore, la invia, con le medesime modalità informatiche, alla rappresentanza diplomatica o consolare per il rilascio del visto di ingresso. Entro otto giorni dall’ingresso in Italia lo straniero si reca presso lo Sportello unico per l’immigrazione, unitamente al datore di lavoro, per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e per la richiesta del permesso di soggiorno.

 

2. Riforme del sistema del diritto degli stranieri circa le attestazioni del diritto di soggiorno dei cittadini UE, il soggiorno dei familiari extraUE di cittadini italiani, le condizioni generali di ingresso degli stranieri extraUE, le autorizzazioni ai viaggi ETIAS per gli ingressi per brevi periodi, l’attribuzione al giudice amministrativo dei giudizi sui ricorsi contro i respingimenti alla frontiera

Le più importanti riforme in materia di diritto degli stranieri sono state introdotte dagli artt. 17, 18 e 18-ter del d.l. 13.06.2023, n. 69, conv. in l. 10.08.2023, n. 103 (pubblicato in G.U. 10.08.2023, n. 186), cioè nell’ambito di disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano.

I. L’art. 17 prevede disposizioni per l’adeguamento al regolamento UE 1157/2019, sul rafforzamento della sicurezza delle carte di identità dei cittadini dell’Unione e dei titoli di soggiorno rilasciati ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari che esercitano il diritto di libera circolazione.

Si attribuisce la qualifica di “carte valori” agli attestati di iscrizione e alle attestazioni di soggiorno permanente rilasciati ai cittadini dell’Unione europea che intendano soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi o permanentemente. Tali attestazioni sono prodotte e fornite dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, secondo caratteristiche e modalità definiti con apposita convenzione tra il medesimo Istituto e il Ministero dell’interno. Sono altresì soggette ad imposta di bollo e ai diritti fissi e di segreteria.

Il comma 2 attribuisce all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato il compito di produrre e fornire i suddetti attestati e documenti. Trova applicazione, a tal fine, la normativa nazionale che disciplina la produzione delle carte valori e dei documenti di sicurezza.

Le caratteristiche tecniche e grafiche degli attestati, i costi di produzione e di distribuzione ai Comuni, nonché le relative modalità della distribuzione sono stabiliti con apposita convenzione tra il Ministero dell’interno e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

Tali attestati sono distribuiti dai comuni ai cittadini dell’Unione europea aventi diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente in Italia nelle ipotesi previste rispettivamente agli artt. 9 e 16 del d.lgs. n. 30/2007, sicché le attestazioni del diritto di soggiorno e del diritto di soggiorno permanente dei cittadini UE saranno rilasciate dai Comuni mediante la consegna da parte dei Comuni di questi attestati stampati dall’Istituto poligrafico dello Stato.

Il comma 4 prevede l’applicazione dell’imposta di bollo nonché – ai fini delle dichiarazioni e iscrizioni anagrafiche dei diritti fissi e di segreteria, che restano di spettanza del Comune.

II. L’art. 18 prevede un complesso di modifiche normative alla condizione giuridica degli stranieri extraUE ritenute necessarie ad adeguare l’ordinamento italiano a vari regolamenti europei in materia di circolazione delle persone straniere nello Spazio Schengen.

In primo luogo, il comma 1, lett. a), nn. 1) e 2) modifica le disposizioni dell’art. 4 del Testo unico delle leggi sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero, emanato con d.lgs. n. 286/1998 che prevede la disciplina generale delle condizioni e delle procedure di ingresso degli stranieri extraUE, inclusa la disciplina generale dei visti di ingresso. Sono infatti previsti nuovi requisiti generali per gli ingressi degli stranieri extraUE inserendo in tale articolo i seguenti elementi:

- il richiamo normativo al ricordato codice delle frontiere Schengen, circa le condizioni in cui sia consentito l’ingresso nel territorio dello Stato (e si intende che a quella fonte si debba far riferimento, per i “casi di esenzione” dalla documentazione richiesta nella previa formulazione del d.lgs. n. 286/1998);

- il richiamo: al “documento di viaggio” quale equipollente rispetto al passaporto (beninteso, in corso di validità); alla “autorizzazione di viaggio” quale equipollente al visto di ingresso; o al “permesso di soggiorno” (in corso di validità). Tali integrazioni conseguono al regolamento UE 2018/1240 del Parlamento europeo e del Consiglio, istitutivo di un sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), là dove esso (cfr. suo articolo 3) annovera, tra i suoi elementi definitori, appunto l’autorizzazione ai viaggi (quale decisione adottata affinché i cittadini di Paesi terzi soddisfino la condizione d’ingresso poste dal codice delle frontiere Schengen) ed il documento di viaggio (passaporto o altro documento equivalente che autorizza il titolare ad attraversare le frontiere esterne e sul quale può essere apposto un visto). Il richiamo al permesso di soggiorno consegue al regolamento CE n. 1030/2002, istitutivo di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi;

- il richiamo – nella prescrizione che l’ingresso nello Stato italiano possa avvenire, salvo i casi di forza maggiore, solo attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti – agli ulteriori “casi di eccezione” previsti dal codice delle frontiere Schengen (il citato regolamento UE 2016/399 all’articolo 5, par. 2 prevede che possano essere poste eccezioni all’obbligo di attraversare le frontiere esterne ai valichi di frontiera e durante gli orari di apertura, per i casi lì indicati in via generale nonché per altri più specifici, concernenti aeromobili (cfr. suo allegato VI, punto 2.1.4.) o imbarcazioni da diporto (ibidem, punto 3.2.5) o determinate categorie di persone (cfr. suo allegato VII).

In secondo luogo, il comma 1, lettera a), n. 2 dell’art. 18 del decreto-legge introduce disposizioni aggiuntive allo stesso art. 4 d.lgs. n. 286/1998.

  • Il nuovo comma 1-ter prevede per i cittadini di Paesi terzi, salvi i casi di esenzione, l’obbligo di fornire i dati biometrici, ove richiesti, per la costituzione del fascicolo individuale nel sistema EES e per l’effettuazione di verifiche di frontiera, precisando che, in caso di rifiuto, si adotti il provvedimento di respingimento previsto dall’art. 10 d.lgs. n. 286/1998).

L’acronimo EES sta per Entry/Exit System: “sistema di ingressi/uscite”, istituito col regolamento UE 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio, per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita nonché relativi al respingimento, dei cittadini di Paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri. Il suo art. 2 definisce l’ambito di applicazione (dunque a quali cittadini di Paesi terzi il regolamento si applichi) e l’art. 50 prevede un obbligo di comunicazione al cittadino di Paese terzo interessato che l’ingresso sarà negato se egli rifiuti di fornire i dati biometrici (relativi alle impronte digitali e all’immagine del volto) necessari per la registrazione, la verifica o l’identificazione nel sistema ingressi/uscite nel sistema ingressi/uscite (EES).

2) Anche il nuovo comma 1-quater concerne la registrazione dei dati nel sistema ingressi/uscite (EES) e prevede che essa sia assicurata dall’autorità di frontiera, la quale altresì provvede, in caso di ingresso sul territorio nazionale, ad informare il cittadino straniero (anche mediante attrezzature installate ai valichi di frontiera) della durata massima del soggiorno autorizzato.

Ai cittadini di Paesi terzi titolari di un permesso di soggiorno rilasciato dalle autorità italiane in corso di validità, il personale addetto ai controlli di frontiera provvede ad apporre sul passaporto un timbro recante l’indicazione della data di ingresso o di uscita.

Quest’ultima disposizione “legifica” analoga previsione dettata dal d.p.r. n. 394/1999 (recante il regolamento attuativo del testo unico delle leggi sull’immigrazione) per l’ingresso (art. 7, comma 2) e per l’uscita (art. 8, comma 1) dello straniero dal territorio dello Stato (disposizioni regolamentari che conseguentemente sono abrogate dal comma 2 dell’art. 18 del decreto-legge). Il mantenimento della timbratura sul documento non risulta incompatibile col meccanismo di registrazione dei dati nel sistema EES sopra ricordato, in quanto legittimata da previsione del codice delle frontiere Schengen (ossia l’art. 11 del citato regolamento UE 2016/399).

3) Il nuovo comma 1-quinquies prevede l’adozione di uno più regolamenti (decreti del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia) per dare attuazione a taluni profili del regolamento UE 2017/2226 istitutivo del sistema ingressi/uscite (EES), cioè le “autorità di frontiera”, nonché quelle “competenti in materia di immigrazione” (preposte alla verifica all’interno del territorio dello Stato italiano se siano soddisfatte le condizioni d’ingresso o di soggiorno nello spazio Schengen, nonché all’esame delle condizioni di residenza dei cittadini di Paesi terzi nel territorio ad alle relative decisioni, e titolate a provvedere all’eventuale rimpatrio), “l’autorità designata responsabile della prevenzione, accertamento e indagine di reati di terrorismo o altri reati gravi” e le modalità di adempimento del punto 22) dell’art. 3 del regolamento UE 2017/2226 citato, che menziona i dati conservati nel sistema centrale di ingressi/uscite (EES), nonché la disciplina delle modalità tecniche di accesso, consultazione, inserimento, modifica e cancellazione dei dati nel sistema di ingressi/uscite (EES) a cura dei soggetti autorizzati, di eventuale conservazione negli archivi o sistemi nazionali, nonché di comunicazione dei dati a Paesi terzi od organizzazioni internazionali (ove consentita, in via derogatoria, dall’art. 41 del medesimo regolamento UE 2017/2226).

In terzo luogo, il comma 1, lettera a), n. 3 dell’art. 18 del decreto-legge introduce un nuovo comma 2-bis dell’art. 4 d.lgs. n. 286/1998 che prevede i profili applicativi concernenti la autorizzazione ai viaggi ETIAS, oggetto del regolamento UE 2018/1240 del Parlamento europeo e del Consiglio, istitutivo di un “sistema di informazione e autorizzazione ai viaggi” (ETIAS l’acronimo) per i cittadini di Paesi terzi esenti dall’obbligo di possedere un visto al momento dell’attraversamento delle frontiere esterne. Si tratta di un regolamento che sarà effettivamente applicato nel 2024 o 2025 e che comporterà che tutti gli stranieri extraUE esenti dall’obbligo del visto di ingresso dovranno chiedere e ottenere prima della partenza per la UE di una autorizzazione ai viaggi ETIAS, chiesta e rilasciata in via telematica da una unità europea che deve prima verificare l’inesistenza di motivi ostativi alla luce di tutte le banche dati disponibili e nei casi incerti o dubbi richiedere la decisione da parte dell’Unità nazionale ETIAS.

Il nuovo comma 2-bis dell’art. 4 d. lgs. n. 286/1998 fa espresso rinvio, per tale autorizzazione ai viaggi, agli artt. 15, 17 e 18 di tale regolamento europeo, che disciplinano le modalità pratiche di presentazione della domanda, al modulo di domanda e correlativi dati personali richiesti, al pagamento dei diritti per l’autorizzazione.

Precisa, inoltre, che la decisione circa l’autorizzazione di rilascio o di diniego, annullamento o revoca dell’autorizzazione ai viaggi ETIAS (disciplinati dal capo VI del medesimo regolamento europeo) sia presa dall’Unità nazionale ETIAS, che è collocata presso la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, entro il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno.

Si prevede che la decisione circa l’autorizzazione ai viaggi così adottata, sia impugnabile innanzi al giudice amministrativo, ai sensi del codice del processo amministrativo, emanato con d.lgs. n. 104/2010.

Si tratta di una scelta che presuppone dunque, in modo forse troppo drastico e immotivato, che tutte le posizioni giuridiche soggettive degli stranieri coinvolti nell’autorizzazione di viaggio ETIAS siano di mero interesse legittimo, mentre nulla esclude che siano coinvolti anche diritti soggettivi (si pensi alle autorizzazioni ETIAS da rilasciarsi per motivi umanitari ai sensi dell’art. 24 del regolamento UE sull’ETIAS).

Inoltre, un nuovo comma 2-ter dell’art. 4 d. lgs. n. 286/1998 demanda ad uno o più regolamenti ministeriali la determinazione di alcuni aspetti applicativi (quali siano le autorità di frontiera, le autorità competenti in materia di immigrazione, le autorità responsabili per finalità di prevenzione, accertamento e indagine di reati di terrorismo o altri reati gravi), inclusa la disciplina delle modalità tecniche di accesso, consultazione, inserimento, modifica e cancellazione dei dati nel sistema europeo di informazione e autorizzazione di viaggi (ETIAS) a cura dei soggetti autorizzati, di eventuale conservazione negli archivi o sistemi nazionali, nonché di comunicazione dei dati ove consentita (dall’art. 65 del medesimo regolamento n. 1240 del 2018).

In quarto luogo il comma 1, lettera b) dell’art. 18 del decreto-legge modifica l’art. 5, comma 8-bis d.lgs. n. 286/1998, onde introdurvi la menzione della “autorizzazione ai viaggi” (e documenti strumentali ad essa) tra i titoli di ingresso la cui contraffazione o alterazione comporti la sanzione penale lì prevista.

Dunque, si traspone il meccanismo previsto dal regolamento ETIAS sopra ricordato, entro il quadro delle sanzioni vigenti nell’ordinamento italiano. A tal fine, si prevede che la contraffazione o alterazione della comunicazione del rilascio di un’autorizzazione ai viaggi, o di documenti preordinati al rilascio di tale autorizzazione, siano sanzionati (secondo ciò che prevede l’art. 5, comma 8-bis d.lgs. n. 286/1998) con la reclusione da uno a sei anni (ma se la falsità concerna un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni), salvo incremento della pena se il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale.

In tal modo, la “comunicazione del rilascio di un’autorizzazione ai viaggi”, menzionata dalla novella, risulta assimilata agli altri “documenti giustificativi” menzionati dall’art. 17 del citato regolamento (UE) 2018/1240 (il quale prevede che il richiedente l’ingresso nello spazio Schengen possa essere invitato a presentare “i pertinenti documenti giustificativi all’atto di ciascun ingresso”).

In quinto luogo si prevede una riforma dei respingimenti alla frontiera.

Infatti, il comma 1, lettera c) dell’art. 18 del decreto-legge modifica la disciplina del respingimento prevista nell’art. 10 d.lgs. n. 286/1998.

Il suo comma 1 prescrive che la polizia di frontiera respinga gli stranieri che si presentino ai valichi di frontiera sprovvisti dei requisiti previsti per l’ingresso dal medesimo d. lgs. n. 286/1998.

La novella pone, circa i requisiti di ingresso, un rinvio altresì al codice delle frontiere Schengen (regolamento UE 2016/399) che è la fonte normativa di riferimento per l’ingresso dei cittadini di Paesi terzi nel territorio degli Stati membri.

Si prevede altresì un nuovo comma 1-bis che stabilisce che contro i provvedimenti di respingimento alla frontiera di applicazione immediata (per gli stranieri che si presentino ai valichi di frontiera sprovvisti dei requisiti per l’ingresso) è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale (quello nella cui circoscrizione abbia sede l’ufficio di frontiera che ha disposto il respingimento).

Possibile ratio di tale attribuzione di competenza in ordine al gravame giurisdizionale (prescritto dall’art. 54 del regolamento dell’Unione europea n. 2226 del 2017, che dunque si viene a “recepire”), potrebbe ritenersi una configurabilità del potere amministrativo di espulsione alla frontiera quale “vincolato”, a tutela di un interesse pubblico, rispetto al quale lo straniero sia ritenuto detenere un interesse legittimo, vagliabile appunto dal giudice amministrativo, analogamente a ciò che accade per i giudizi sui ricorsi giurisdizionali contro i dinieghi dei visti di ingresso che spettano alla giurisdizione amministrativa.

Tuttavia, questa norma in modo irragionevole supera i consolidati orientamenti giurisprudenziali che affidavano ormai alla giurisdizione ordinaria tali ricorsi, poiché il respingimento alla frontiera può incidere su vari profili costituzionali, incluso il diritto di asilo, il diritto alla salute, il diritto all’unità familiare, il diritto alla giustizia, la libera circolazione e soggiorno dei familiari extraUE dei cittadini UE.

Si prevede inoltre che la procura al difensore possa essere rilasciata dall’interessato innanzi all’autorità consolare italiana competente nel territorio.

In sesto luogo si prevedono nuovi presupposti del provvedimento amministrativo di espulsione disposto dal prefetto.

Il comma 1, lettera d) dell’art. 18 del decreto-legge modifica anche l’art. 13 d. lgs. n. 286/1998 che disciplina i provvedimenti amministrativi di espulsione sotto vari profili.

1) Si modifica il comma 2 includendo tra i casi in cui il prefetto ha la facoltà di disporre il provvedimento amministrativo di espulsione anche quello del soggiorno del cittadino di Paese terzo cui sia stata annullata o revocata la “autorizzazione ai viaggi” o si ritrovi “fuori termine” (cioè secondo ciò che prevede l’art. 3 del regolamento UE 2017/2226, non soddisfi o non soddisfi più le condizioni relative alla durata del suo soggiorno di breve durata autorizzato nel territorio degli Stati membri).

Anche in questo caso si tratta di un’attuazione del sistema ingressi/uscite (EES), anche perché l’art. 12 del regolamento UE 2017/2226 espressamente include nell’ESS l’individuazione automatica delle cartelle di ingresso/uscita che non contengano dati di uscita immediatamente successivi alla data di scadenza di un soggiorno autorizzato, nonché delle cartelle per le quali sia stata superata la durata massima di soggiorno autorizzato.

2) Si introduce poi nell’art. 13 d.lgs. n. 286/1998 un nuovo comma 2-ter per il caso in cui lo straniero “fuori termine” rintracciato sia in uscita dalla frontiera italiana, prevedendo che in tal caso egli possa essere destinatario di un divieto di reingresso, decorrente dalla data di uscita dal territorio nazionale, valevole per un lasso temporale non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni (disposto dal questore del luogo in cui ha sede l’ufficio di frontiera). In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è espulso con accompagnamento immediato alla frontiera (disposizione che si applica per il rinvio normativo al comma 13 del medesimo art. 13 d.lgs. n. 286/1998.

3) Si introduce nell’art. 13, d.lgs. n. 286/1998 un nuovo comma 2-quater che prevede per i cittadini di Paesi terzi, salvi i casi di esenzione, l’obbligo di fornire i dati biometrici, ove richiesti, ai fini delle verifiche di frontiere previste in uscita dal codice delle frontiere Schengen. In caso di rifiuto, l’espulsione non è disposta né eseguita coattivamente qualora il provvedimento sia stato già adottato, nei confronti dello straniero identificato in uscita dal territorio nazionale durante i controlli di polizia alle frontiere esterne, impartendosi piuttosto un divieto di reingresso, secondo i termini poco sopra ricordati.

4) Si introduce altresì un nuovo comma 2-quinquies dell’art. 13 d.lgs. n. 286/1998 che prevede che l’autorità di frontiera, all’atto della registrazione in uscita dello straniero, informi l’interessato che il divieto di reingresso è disposto dal questore del luogo in cui ha sede l’ufficio di frontiera, entro 120 giorni (“tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso”).

L’autorità di frontiera informa altresì lo straniero che, nel caso in cui, in occasione del controllo in uscita, non sia dichiarato un domicilio diverso, le comunicazioni relative all’adozione del provvedimento di divieto saranno notificate, anche con ricorso a modalità telematiche, all’indirizzo fornito in occasione della compilazione del modulo di domanda di autorizzazione ai viaggi o di richiesta del visto, ovvero alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana del Paese di appartenenza o di stabile residenza ovvero, qualora assenti, del Paese limitrofo. Si applicano comunque le disposizioni relative alla protezione diplomatica, previste nell’art. 7, comma 2 d.lgs. n. 286/1998. L’autorità di frontiera comunica allo straniero che entro il termine di sessanta giorni (decorrenti dalla data del rintracciamento in frontiera) egli potrà far pervenire al questore le proprie osservazioni o deduzioni (anche a mezzo del servizio postale o per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana all’estero).

5) si prevede anche un nuovo comma 2-sexies che individua nel Tribunale amministrativo regionale il giudice competente alla trattazione del ricorso contro l’eventuale provvedimento del questore di divieto di reingresso. Anche in tal caso la procura al difensore può essere rilasciata innanzi all’autorità consolare italiana competente per territorio (onde azionare un procedimento impugnatorio dall’estero, sulla scorta di quanto previsto in tema di ricorsi ai provvedimenti di espulsione dagli artt. 18 e 19 del d.p.r. n. 394 del 1999).

6) Si modifica anche il comma 14-bis dell’art. 13, d.lgs. n. 286/1998. Prevedendo che il divieto di reingresso è registrato nel sistema di informazione Schengen dall’autorità di pubblica sicurezza, anche ove si tratti di espulsione disposta dal giudice. Tale iscrizione nel sistema di informazione Schengen (istituito dal regolamento CE n. 1987/2006) comporta il divieto di ingresso e soggiorno nel territorio degli Stati membri della Unione europea e degli Stati non membri cui si applichi l’acquis di Schengen.

In settimo luogo l’art. 18 del decreto-legge prevede un comma 3, il quale dispone norme in materia di accesso all’archivio comune di dati di identità, in attuazione dei due regolamenti UE del Parlamento europeo e del Consiglio, entrambi del 2019, n. 817 (istitutivo di un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’Unione europea nel settore delle frontiere e dei visti) e n. 818 (istitutivo di un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’Unione europea nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria, asilo e migrazione).

Tali fonti hanno previsto, quali componenti della interoperabilità, l’istituzione di: un portale di ricerca europeo (ESP); un servizio comune di confronto biometrico (BMS comune); un rilevatore di identità multiple (MID); un archivio comune di dati di identità (CIR, acronimo che sta per Common Identity Repository).

La disposizione del decreto-legge specifica che l’accesso a tale archivio comune dei dati di identità sia consentito, in conformità a quanto previsto dai due regolamenti UE, alle autorità di polizia.

Per l’individuazione di quali siano tali “autorità di polizia”, è fatto rinvio al d.lgs. n. 51/2018, il quale ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati). I medesimi regolamenti UE n. 817 e 818 del 2019 definiscono come “autorità di polizia” le autorità competenti di cui alla direttiva n. 680 del 2016.

Pertanto, del decreto legislativo n. 51/2018 una previsione è richiamata (recata dal suo articolo 2, comma 1, lettera g), n. 1), secondo la quale competente è “qualsiasi autorità pubblica dello Stato, di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato terzo competente in materia di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica”.

Inoltre, si richiama l’insieme delle disposizioni recate dal decreto legislativo n. 51, circa il trattamento dei dati.

Le disposizioni finali e transitorie

Il comma 4 dell’art. 18 del decreto-legge prescrive sia sentito il Garante per la protezione dei dati personali nonché un termine di emanazione – 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge – per i regolamenti ministeriali previsti (se ne è trattato a proposito del comma 1, lettera a), n. 2 e n. 3).

Infine, il comma 6, reca una disposizione transitoria, che “ripartisce” le disposizioni recate da questo articolo del decreto-legge in immediatamente applicabili od applicabili a decorrere dalla data di avvio in esercizio – comunicata ufficialmente dalla Commissione europea – dei relativi sistemi informativi per le frontiere, l’immigrazione e la sicurezza.

Immediatamente applicabili sono:

1) la disposizione secondo cui l’ingresso in Italia può avvenire, salvi i casi di forza maggiore e quelli di eccezioni previsti dal codice delle frontiere Schengen, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti (è il comma 1, lettera a), n. 2);

2) le novelle (recate dal comma 1, lettera c)) all’art. 10 d.lgs. n. 286/1998 sul respingimento, ossia il rinvio, circa i requisiti di ingresso, al codice delle frontiere Schengen, e l’attribuzione al tribunale amministrativo regionale (nella cui circoscrizione abbia sede l’ufficio di polizia di frontiera che ha disposto il respingimento) della competenza a decidere quale autorità giudiziaria sul ricorso avverso il respingimento in frontiera;

2) la disposizione (recata dal comma 1, lettera d), n. 2) relativa allo straniero “fuori termine” rintracciato in uscita dalla frontiera italiana, reso perciò destinatario di un divieto di reingresso (non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni);

3) la previsione (di cui al comma 1, lettera d), n. 4) circa la registrazione del divieto di reingresso nel sistema di informazione Schengen, effettuata dall’autorità di pubblica sicurezza anche in caso di espulsione disposta dal giudice.

Applicabili invece in via differita e condizionata sono tutte le altre previsioni dell’art. 18 del decreto-legge.

III. Titoli di soggiorno per familiari extraUE di cittadini italiani

Una nuova condizione giuridica dei familiari extraUE dei cittadini italiani è introdotta con l’art. 18-bis del decreto-legge, in particolare disciplina diversamente il titolo di soggiorno di familiari non aventi la cittadinanza italiana di cittadini italiani, a seconda che questi abbiano esercitato o meno il diritto di libera circolazione nell’Unione.

A tal fine si modifica il d.lgs. n. 30/2007, recante attuazione di una direttiva europea (2004/38/CE) relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e in particolare l’art. 23, relativo all’applicabilità ai soggetti non aventi la cittadinanza italiana che siano familiari di cittadini italiani.

Quell’articolo, finora composto di un unico comma, prevede che le disposizioni del decreto legislativo n. 30, se più favorevoli, si applichino ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana.

La modifica introdotta prevede che tale previsione valga per i familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana, i quali abbiano esercitato il diritto di libera circolazione “in ambito europeo”, cioè il territorio dell’Unione europea. Qualora invece si tratti di familiari (non aventi cittadinanza di Stato membro dell’Unione) di cittadini italiani, i quali non abbiano esercitato il diritto alla libera circolazione, è previsto dalla novella il rilascio, a tali familiari, del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, valido cinque anni, rinnovabile, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, rilasciato a seguito della prima richiesta avanzata o a seguito della presentazione dell’istanza di aggiornamento delle informazioni trascritte ovvero della fotografia (nonché è rilasciato mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione, recando inoltre i dati personali previsti: questo per effetto del rinvio all’art. 5, comma 8 d.lgs. n. 286/1998 e in tal caso non si applica l’art. 5, comma 2-ter dello stesso decreto (si ricorda che quest’ultimo comma menzionato prevede che la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno sia sottoposta al versamento di un contributo tra 80 e 200 euro fissato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, fatta eccezione per alcune tipologie di permessi di soggiorno, esenti dal contributo.

La modifica ha aspetti criticabili anche dal punto di vista costituzionale perché sulla base di una discussa giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, finisce per differenziare la condizione giuridica dei familiari dei cittadini italiani (che ben possono essere anche i meri conviventi registrati) e dunque pure incide sui legami familiari dei cittadini italiani, differenziandoli rispetto all’aver esercitato o meno la libertà di circolazione e soggiorno nella UE, il che peraltro è un comportamento molto facile e comune in qualunque italiano abbia trascorso nella sua vita in un altro Paese UE periodi di studio o di lavoro o semplicemente per turismo.

 

3. Determinazione del contingente triennale 2023/2025 per gli ingressi di stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e tirocini.

Il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 28.06.2023 (pubblicato in G.U. del 7.08.2023) prevede che per il triennio 2023/2025 il limite massimo di ingressi in Italia degli stranieri in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio è determinato in:

a) 7.500 unità per la frequenza a corsi di formazione professionale finalizzati al riconoscimento di una qualifica o alla certificazione delle competenze acquisite di durata non superiore a ventiquattro mesi, organizzati da enti di formazione accreditati secondo le norme regionali in attuazione dell’intesa tra Stato e regioni del 20 marzo 2008;

b) 7.500 unità per lo svolgimento di tirocini formativi e di orientamento finalizzati al completamento di un percorso di formazione professionale iniziato nel Paese di origine e promossi dai soggetti promotori individuati dalle discipline regionali, in attuazione delle linee guida in materia di tirocini approvate in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano il 5.08.2014.

 

4. Nuove misure in attuazione dello stato di emergenza nazionale concernente l’immigrazione

L’ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri 11.05.2023, n. 994 (pubblicata in G.U. n. 116 del 19.05.2023) prevedono ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare, sul territorio delle regioni Campania, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, lo stato di emergenza in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo.

L’art. 1 prevede il raccordo tra Commissario delegato e Presidenti delle Regioni e delle Province autonome.

Si segnala, tra le tante altre norme organizzative e finanziarie e di regolazione delle opere di salvataggio dei migranti, l’art. 4 prevede misure per il rafforzamento del sistema di accoglienza dei minori.

Il comma 1 prevede che, fermi restando gli interventi di cui all’articolo 2, comma 1, dell’o.c.d.p.c. n. 984 del 16 aprile 2023, il Commissario delegato provvede, altresì, a coordinare le attività volte all’ampliamento della capacità del sistema di accoglienza anche con riferimento alle strutture di cui all’art. 19, comma 3-bis, d.lgs.18.08.2015, n. 142.

Il comma 2 prevede che per la durata dello stato d’emergenza, tenuto conto dell’eccezionale afflusso di minori tra le persone migranti, le comunità per minori autorizzate o accreditate all'accoglienza di minori con meno di 14 anni possono derogare ai parametri di capienza previsti dalle disposizioni normative e amministrative delle Regioni, delle Province autonome o degli Enti locali nella misura massima del 25% dei posti fissati dalle medesime disposizioni.

 

5. Determinazione di quote aggiuntive per il 2023 di ingressi per lavoro

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9.07.2023 (pubblicato in G.U., n. 189 del 14.08.2023) dispone l’integrazione della programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2022.

A tal fine si prevede che le quote di lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero, relative a cittadini extraUE residenti all’estero di cui all’art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29.12.2022 sono incrementate, fino alla concorrenza di complessive 40.000 unità e in deroga alla quota complessiva di cui all’art. 1 del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2022, a valere sulle domande già presentate alla data di pubblicazione del decreto, cioè sulle domande presentate fino al 14 agosto 2023.

Eventuali disposizioni attuative saranno disposte con circolare congiunta dei Ministeri dell’interno e del lavoro e delle politiche sociali.

 

Rassegna delle circolari e delle direttive delle Amministrazioni statali

 Cittadini di Paesi terzi

 Asilo

1. Interpretazione e applicazione delle nuove norme sostanziali e processuali in materia di protezione speciale e delle nuove procedure di esame delle domande di protezione internazionale

Con circolare del 8.06.2023 del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo presso il Ministero dell’interno si mira a interpretare ed applicare le riforme legislative introdotte col d.l. n. 20/2023 conv. in legge n. 50/2023 in materia di protezione speciale e procedure di esame delle domande di protezione internazionale.

In primo luogo, si illustrano le modifiche legislative concernenti la disciplina sulla protezione speciale e i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche e del regime transitorio (raccomandando ai funzionari esperti delle Commissioni territoriali di spiegare al richiedente quale regime si applichi nel suo caso e che tale specifica sia sempre inserita nella decisione della Commissione) e si indica correttamente che gli obblighi costituzionali ed internazionali oltre che il divieto di respingimento restano tra i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale.

Si indica altresì l’esigenza che allorché si valuti il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche ogni Commissione accerti sul “Portale MedCoi” che la situazione patologica risulti di una specie o in una forma non suscettibile di cure adeguate nel Paese di origine.

In secondo luogo, si danno disposizioni concernenti le decisioni sul riconoscimento della protezione internazionale e sul nuovo provvedimento unificato in caso di rigetto della domanda.

In proposito si prescrive che ogni Commissione allorché nella seduta collegiale giunga ad una decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale senza proporre il rilascio di altro tipo di permesso di soggiorno chieda alla questura gli elementi ostativi all’espulsione indicati nell’art. 19 d.lgs. n. 286/1998. Se possibile questo invio dovrebbe avvenire insieme all’inizio dell’esame delle domande con procedura di frontiera. In ogni caso la comunicazione del questore attestante l’inesistenza di impedimenti all’espulsione deve essere indicata nella motivazione del provvedimento di rigetto che non indichi il rilascio di altro tipo di permesso di soggiorno.

Circa la durata del divieto di reingresso da inserirsi nei provvedimenti di rigetto o di inammissibilità presi da ogni Commissione territoriale occorre tenere conto dei periodi indicati nell’art. 13, comma 14 d.lgs. n. 286/1998 tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti del caso concreto ed in particolare di eventuali elementi documentali concernenti situazioni di pericolosità per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.

Il medesimo iter dovrà essere attuato per le decisioni di rigetto della domanda di protezione internazionale o di inammissibilità della domanda o di estinzione del procedimento a causa di ritiro esplicito dell’istanza da parte del richiedente.

Prima dell’adozione del provvedimento unificato si delineano le varie fasi del procedimento:

1) svolgimento dell’esame preliminare per valutare l’eventuale necessità di disporre la trattazione in procedura ordinaria o l’esame in via prioritaria per ricorrenza di una delle esenzioni o eccezioni previste dalle norme vigenti;

2) convocazione del richiedente;

3) svolgimento dell’audizione personale, fornendo al richiedente la comunicazione informativa completa circa la specifica procedura applicata nel suo caso;

4) discussione in seduta collegiale;

5) adozione della decisione nel merito, salve eventuali decisioni di riconvocazione o sospensione e conseguente applicazione dell’art. 28-bis, comma 5, d.lgs. n. 25/2008; qualora la Commissione decida per il rigetto pieno della domanda di protezione è indispensabile acquisire preliminarmente all’emissione del provvedimento, degli elementi informativi del questore sulla sussistenza o meno di impedimenti all’espulsione ai sensi dell’art. 19 d. lgs. n. 286/1998;

6) emissione del provvedimento in cui si evidenzi il tipo di procedura seguito e i termini in caso di ricorso giurisdizionale.

 

2. Applicazione delle nuove norme sull’accoglienza dei richiedenti asilo e sull’accesso alle strutture di accoglienza del SAI

La circolare 19.06.2023 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo ricorda che per effetto delle modifiche legislative introdotte dal d.l. n. 20/2023, conv., con modif., nella l. n. 50/2023 sono mutati i destinatari delle strutture di accoglienza del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI).

Si indicano in proposito alcune istruzioni:

1) Le prefetture devono segnalare eventuali casi di vulnerabilità;

2) I minori stranieri non accompagnati hanno diritto di accedere alle strutture a loro dedicati e a restarvi fino a 6 mesi dopo il compimento della maggiore età;

3) Sono accolti nelle strutture del SAI anche i familiari di titolari di protezione internazionale o di altro permesso idoneo all’accoglienza nel SAI;

4) Nell’intesi di formale rifiuto del trasferimento in struttura SAI o di impossibilità di portare a conoscenza del beneficiario, per accertata irreperibilità, la soluzione di accoglienza individuata, la prefettura comunica al Servizio centrale del SAI e al progetto di destinazione il rifiuto o l’irreperibilità del beneficiario e la decadenza dell’accoglienza nel SAI;

5) In caso di ritardo o per obiettive ragioni motivate, la prefettura comunica la nuova data di trasferimento, al progetto di destinazione e al Servizio centrale del SAI, che riserverà il posto assegnato al beneficiario, fino alla nuova data indicata dalla prefettura;

6) Nell’ipotesi n cui il beneficiario non si presenti presso la destinazione individuata entro i 7 giorni o nei tempi concordati tra prefettura e progetto SAI in caso di ritardo giustificato, il progetto SAI assegna alla prefettura e, per conoscenza, al Servizio centrale dello SAI il mancato arrivo del beneficiario e la prefettura successivamente comunica al Servizio centrale l’eventuale decadenza;

7) Qualora il beneficiario si presenti presso il progetto SAI di destinazione, oltre al termine previsto, il progetto stesso ne darà comunicazione alla prefettura, per acquisirne le determinazioni circa il suo inserimento all’interno del progetto SAI.

 

3. Cessazione delle misure di accoglienza dopo il riconoscimento della protezione internazionale – Profili di criticità

La circolare 7.08.2023 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo evidenzia la necessità “di assicurare il turn over nelle strutture di accoglienza e garantire la disponibilità di soluzioni alloggiative in favore degli aventi diritto”.

Tuttavia, con particolare riferimento ai soggetti che abbiano ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale, ma che siano ancora ospitati nei Centri governativi di accoglienza o nei Centri di accoglienza straordinaria istituti ai sensi degli artt. 9 e 11 d.lgs. n. 142/2015, si prescrive che sia disposta la cessazione delle misure di accoglienza, anche nelle more della consegna del conseguente permesso di soggiorno.

La circolare appare assai criticabile, perché chiede ai prefetti di congedare i richiedenti asilo dai centri di accoglienza, anche se neppure abbiano effettivamente ottenuto il permesso di soggiorno conseguente al riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria o della protezione speciale, lasciandoli così in una condizione di grave incertezza giuridica e di grave mancanza di mezzi di sostentamento, compiendo in tal modo un atto che comporta la violazione dell’inderogabile divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Inoltre, le prefetture dovrebbero segnalare al Servizio centrale del SAI (Servizio accoglienza e integrazione) il bisogno di accogliere nelle sue strutture eventuali persone titolari di esigenze indicate nell’art. 17 d.lgs. n. 142 e la presenza di un rifugiato da trasferire dal Centro di accoglienza per richiedenti asilo, nel quale non ha più titolo a rimanere, ad una struttura del SAI.

Il Servizio centrale deve a sua volta, nel rispetto delle norme sul procedimento amministrativo, individuare nel minor tempo possibile il posto di accoglienza dove inviare il rifugiato non potendo rimanere silente, configurandosi diversamente un’omissione per silenzio inadempimento. Nelle more del procedimento di trasferimento la persona ospitata non dovrebbe essere esclusa dai Centri in cui è accolta per essere “gettata in strada” ed è onere della Pubblica amministrazione, soprattutto durante lo stato di emergenza nazionale per l’eccezionale afflusso di immigrati, che il procedimento sia il più rapido possibile. I criteri seguiti con cui assegnare i posti devono essere indicati nella decisione, specie nel caso si comunichi che non è possibile effettuare il trasferimento del rifugiato perché i posti sono esauriti, ma anche in questo caso va prevista la redazione di una trasparente lista di attesa. L’eventuale mancanza di posti di accoglienza per i rifugiati dovrebbe essere un fatto pubblico e dover comportare un ampliamento di quel sistema pubblico immettendovi risorse adeguate.

 

Ingresso e soggiorno 

4. L’applicazione delle nuove norme sul soggiorno degli stranieri introdotte dal d.l. n. 20/2023, convertito in legge n. 50/2023

La circolare del Ministero dell’interno – Gabinetto del Ministro – Uff. VII – Asilo e immigrazione del 10.05.2023, prot. n. 14100/113(14) e la circolare del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere n. 400/B/2023 – Prot. 0050432 del 1.06.2023 illustrano le nuove norme sul soggiorno degli stranieri introdotte dal d.l. n. 20/2023, convertito in legge n. 50/2023 e forniscono alcune interpretazioni applicative.

Si tratta di circolari illustrative, le quali non ricostruiscono però l’interpretazione sistematica delle nuove norme e tendono a dare l’impressione, giuridicamente infondata, che il diritto al rispetto della vita privata e familiare (garantito dall’art. 8 CEDU) costituisca ancora il presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, che continua ad essere rilasciabile allorché il rifiuto del rilascio o di rinnovo o la revoca di qualsiasi permesso di soggiorno contrasti con obblighi costituzionali o internazionali.

 

5. Linee guida modalità di predisposizione dei programmi di formazione professionale e civico-linguistica rivolti agli stranieri all’estero e criteri per la loro valutazione ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286

Il decreto del 7.7.2023 del Direttore generale della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha emanato le Linee guida dedicate alle modalità di predisposizione e valutazione dei programmi di formazione professionale e civico-linguistica rivolti a cittadini di Paesi terzi residenti all’estero, approvate da una Conferenza di Servizi che ha coinvolto tutte le istituzioni interessate.

I programmi sono finalizzati all’inserimento lavorativo in Italia e, come previsto dal Testo unico sull’immigrazione dopo le novità introdotte dal d.l. n. 20/2023 convertito dalla l. n. 50/2023, i lavoratori stranieri formati all’estero potranno arrivare in Italia ed essere assunti al di fuori delle quote dei “decreti flussi”. Inoltre, le attività di formazione contribuiranno allo sviluppo di attività produttive o imprenditoriali nei Paesi di origine.

Anzitutto si precisano i contenuti dei corsi.

Per “corsi/percorsi professionali” si intendono attività formative tese a fornire competenze e conoscenze specifiche, ivi incluse nozioni di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro, per l’esercizio di una determinata professione o attività lavorativa e/o per il riconoscimento di una qualifica professionale.

Per “corsi di formazione civico-linguistica” si intendono percorsi formativi finalizzati a fornire ai partecipanti le competenze linguistiche e civiche necessarie per garantire una migliore integrazione nel contesto socio-culturale e lavorativo in Italia.

Le Linee guida definiscono la platea di soggetti che possono promuovere i programmi di formazione, da soli o in partenariato, prevedendo premialità per il coinvolgimento delle Parti sociali e dei Centri provinciali di istruzione degli adulti.

 Soggetti proponenti possono essere, singolarmente o in forma di partenariato i seguenti:

a) Regioni/Province autonome e altri Enti locali, loro unioni e consorzi (così come elencati all’art. 2 del d.lgs. n. 267/2000), ovvero loro singole articolazioni purché dotate di autonomia organizzativa e finanziaria;

b) Organizzazioni nazionali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché proprie associazioni e articolazioni;

c) Organizzazioni internazionali ed intergovernative;

d) Enti e associazioni operanti nel settore dell’immigrazione iscritti al Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati;

e) Università e Istituti di ricerca, ITS Academy, Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA), di cui al d.p.r. 263/2012 e al decreto 12 marzo 2015;

f) Operatori pubblici e privati accreditati per lo svolgimento di servizi al lavoro ai sensi del d.lgs. 276/2003 e del d.lgs. 150/2015;

g) Organizzazioni della società civile e altri soggetti senza finalità di lucro iscritti all’Elenco dell’Agenzia per la cooperazione italiana;

h) Enti del Terzo settore iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS);

i) Organismi accreditati dalle singole Regioni/Province autonome per lo svolgimento di attività di formazione professionale e servizi al lavoro ai sensi del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 25.05.2001 n. 166.

Nel caso di partenariato, unitamente a uno o più dei soggetti sopra elencati, è ammessa la partecipazione alle iniziative anche di soggetti ulteriori, previa documentata dichiarazione di compatibilità dell’oggetto sociale o degli scopi statutari con l’attività contemplata nel programma, nonché l’assenza di cause ostative in capo ad essi ed ai propri rappresentanti, rispetto all’attività del programma medesimo.

La presenza nel partenariato di soggetti di cui alle suddette lettere C, D e/o L costituisce criterio di preferenza in sede di approvazione. Saranno, inoltre, valutati positivamente:

- il coinvolgimento, in qualità di “Soggetto Aderente”, delle Rappresentanze diplomatiche italiane, presenti nei Paesi in cui si prevede la realizzazione dei progetti formativi. L’adesione della Rappresentanza diplomatico-consolare sarà attestata attraverso la sottoscrizione, con firma autografa o digitale, della “Dichiarazione di adesione della Rappresentanza diplomatica”, secondo l’allegato modello 5;

- il coinvolgimento nel partenariato di uno o più soggetti pubblici e/o privati, operativi nel paese di realizzazione dei programmi formativi.

In merito al coinvolgimento dei soggetti di cui alla lettera L sarà, altresì, valutato positivamente il coinvolgimento dei CPIA nella governance di progetto e nelle attività di completamento, del percorso formativo civico-linguistico, all’ingresso in Italia e dei percorsi di Garanzia delle competenze.

In quanto soggetto titolato, il CPIA potrà riconoscere ai formati, in esito di un processo di individuazione e valutazione delle competenze a seguito dell’ingresso, le competenze acquisite al fine di rendere sostenibile l’ottenimento di un titolo di studio valido.

Sono destinatari dei corsi di formazione professionale e civico-linguistica gli stranieri residenti in Paesi terzi, e/o gli apolidi e gli stranieri rifugiati presenti in Paesi terzi di primo asilo o di transito.

Le Linee guida indicano, inoltre, i contenuti essenziali della formazione, che non sarà solo settoriale, ma dovrà prevedere necessariamente anche l’insegnamento della lingua italiana, elementi di educazione civica, nozioni in materia di lavoro e diritti dei lavoratori ed elementi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

I percorsi formativi proposti devono essere finalizzati a fornire competenze coerenti con l’Atlante del lavoro e delle qualificazioni e con le finalità di inserimento lavorativo e di sviluppo delle attività produttive e/o imprenditoriali, come previsto dall’art. 23, comma 2, lettere a), b), c) del d.lgs. 25.07.1998, n. 286 (TU Immigrazione) e successive modifiche e integrazioni.

Detti percorsi dovranno necessariamente prevedere l’insegnamento della lingua italiana con il superamento di un esame che attesti il raggiungimento almeno del livello A111, così come definito nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue contenuto nella raccomandazione R(98) 6 emanata dal Consiglio dei ministri il 17.03.1998 ed elementi di educazione civica, con l’acquisizione di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, dell’organizzazione e del funzionamento delle Istituzioni pubbliche e del contesto socio-culturale italiano.

L’attestazione rilasciata ad esito del livello A1 potrà essere riconosciuta dai CPIA ai fini del completamento del percorso in Italia per il raggiungimento del livello A2 e l’eventuale acquisizione di un titolo di studio, in un’ottica di apprendimento continuo, di miglioramento del capitale umano e di sostegno all’occupabilità.

I percorsi di formazione professionale dovranno includere, inoltre, nozioni in materia di lavoro e diritti dei lavoratori ed elementi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché lessico di settore e prevedere sessioni di orientamento al lavoro per il potenziamento delle competenze trasversali e il supporto alla ricerca attiva del lavoro. I percorsi dovranno includere sia la formazione teorica che pratica ed essere costruiti a partire dagli obiettivi di apprendimento espressi in competenze.

La formazione potrà essere erogata con l’utilizzo combinato di metodologie didattiche differenti (lezione frontale, FAD, altro). Nei percorsi co-progettati con i soggetti di cui alla lettera L del paragrafo precedente, i CPIA potranno curare la parte di formazione civico linguistica da erogare in modalità FAD, secondo le indicazioni dell’Allegato C “Linee guida per la progettazione della sessione di formazione civica e di informazione”, art. 3 del d.p.r. n. 179/2011.

Secondo le risposte alle domande diffuse dallo stesso Ministero del lavoro i programmi dovranno dunque necessariamente riportare:

- i profili professionali e i relativi settori d’impiego, sulla base di un’accurata analisi dei fabbisogni del mercato del lavoro italiano;

- le modalità di selezione dei destinatari della formazione nel Paese di realizzazione del programma formativo;

- le modalità dettagliate delle attività di formazione professionale e civico-linguistica con la specificazione della durata e della data prevista di inizio, nonché delle modalità didattiche previste (lezione frontale, FAD, laboratori professionali) e degli strumenti utilizzati;

- l’indicazione del soggetto attuatore, delle risorse umane coinvolte, delle risorse strumentali utilizzate per lo svolgimento dell’attività, nonché la disponibilità di idonee sedi operative didattiche nel Paese di intervento;

- le modalità di coordinamento con Istituzioni e/o altri soggetti pubblici/privati locali;

- le fonti di finanziamento, a copertura del budget necessario allo svolgimento delle attività formative, nel rispetto del divieto di oneri in capo ai partecipanti;

- modalità di realizzazione dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro in Italia ai fini dell’inserimento lavorativo dei destinatari formati;

- modalità per la valutazione e il monitoraggio del percorso proposto.

Inoltre, i programmi dovranno necessariamente prevedere:

- la formazione linguistica per il raggiungimento almeno del livello A1 (Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, contenuto nella raccomandazione R(98) 6 emanata dal Consiglio dei ministri il 17 marzo 1998) ed elementi di educazione civica, per l’acquisizione di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, dell’organizzazione e del funzionamento delle Istituzioni pubbliche e del contesto socio-culturale italiano;

- la formazione professionale, che dovrà includere nozioni in materia di lavoro e diritti dei lavoratori, elementi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, lessico di settore e sessioni di orientamento al lavoro per il potenziamento delle competenze trasversali e il supporto alla ricerca attiva del lavoro.

La formazione potrà essere erogata con l’utilizzo combinato di metodologie didattiche differenti, tra le quali la formazione a distanza - FAD. È rimessa alla discrezionalità dei soggetti proponenti la facoltà di definire le percentuali di ricorso a questa modalità di erogazione della formazione che, ad ogni modo, non potrà essere esclusiva.

A conclusione dei corsi, ai partecipanti dovrà essere rilasciata un’attestazione finale degli apprendimenti conseguiti:

a) Per la formazione professionale, competenze acquisite nel percorso formativo con il superamento di un esame finale. A coloro che concluderanno positivamente l’esame finale verrà rilasciata una attestazione di frequenza, recante indicazione delle conoscenze maturate e competenze acquisite, riferite ai Settori economico professionali (SEP) e alle Aree di attività (ADA) in cui si articola l’Atlante del lavoro e delle qualificazioni, dispositivo classificatorio e informativo a supporto del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.

b) Per la formazione civico-linguistica, almeno il raggiungimento del livello di lingua A1, da accertarsi tramite il superamento di un test di conoscenza della lingua italiana organizzato dall’ente formatore e strutturato in conformità ai parametri adottati dagli enti di certificazione di cui all’art. 4, co.1, lett. A del decreto interministeriale del 7 dicembre 2021 (Università per Stranieri di Perugia, Università per Stranieri di Siena, Università degli Studi Roma Tre, Società Dante Alighieri, Università per stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria).

In alternativa, il raggiungimento del livello di lingua A1 potrà essere attestato tramite il rilascio o la presentazione di uno dei documenti di seguito specificati:

a) Certificazione del livello di conoscenza, rilasciata da parte di uno degli enti certificatori riconosciuti, ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. A) del decreto interministeriale del 7 dicembre 2021, ovvero da altri soggetti convenzionati con i predetti enti certificatori, in conformità con la normativa vigente;

b) titolo attestante il livello di conoscenza della lingua italiana, rilasciato da un Istituto italiano di cultura, ove presente.

Prima dell’avvio delle attività formative, i soggetti proponenti dovranno garantire adeguata informazione sull’opportunità offerta dai percorsi formativi e, in fase di realizzazione, i partecipanti dovranno essere informati in merito alle eventuali offerte di lavoro, alle relative condizioni contrattuali applicabili e alle tipologie di ingresso

 

Requisiti per la predisposizione dei programmi

I programmi, predisposti dai soggetti proponenti, dovranno necessariamente riportare:

I. Individuazione della domanda di lavoro.

Definizione dei profili professionali e dei relativi settori d’impiego, sulla base di un’accurata analisi dei fabbisogni con riguardo al contesto produttivo nazionale e territoriale di riferimento, nonché alle necessità di internazionalizzazione, realizzata anche con il coinvolgimento, in fase di progettazione, delle parti sociali e dei datori di lavoro richiedenti.

II. Selezione dei destinatari delle attività formative.

Modalità di selezione dei destinatari, candidati all’ingresso in Italia per motivi di lavoro, sulla base di criteri di massima trasparenza e pari opportunità, nel rispetto della normativa vigente, in Italia e nel Paese terzo, in materia di selezione e reclutamento di lavoratori.

Ai fini della selezione, è auspicabile il coinvolgimento, nel Paese oggetto di intervento, di uno o più partner locali, preferibilmente pubblici (ivi comprese le Camere di commercio italiane all’estero (CCIE) e italo-estere). Gli elenchi dei soggetti selezionati ed avviati alla formazione (e successivamente gli elenchi di coloro che avranno concluso la formazione), redatti secondo il MODELLO 7 allegato, dovranno essere trasmessi al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

III. Modalità dettagliate delle attività di formazione professionale e civico-linguistica con la specificazione della durata e della data prevista di inizio, nonché delle modalità didattiche previste (lezione frontale, FAD, laboratori professionali, etc) e degli strumenti, anche innovativi, per l’attestazione dei risultati di apprendimento (ad es. open badges).

IV. Indicazione del soggetto attuatore e delle generalità della persona designata quale responsabile didattico-organizzativo del percorso, con la specifica dell’esperienza maturata nell’organizzazione di programmi formativi.

V. Indicazione delle risorse umane coinvolte, con la specifica delle competenze e dell’esperienza maturata in ambiti formativi attinenti (professionali e civico-linguistici).

VI. Indicazione delle risorse strumentali utilizzate per lo svolgimento dell’attività e la disponibilità di idonee sedi operative didattiche nel Paese di intervento.

VII. Modalità di coordinamento con Istituzioni e/o altri soggetti pubblici/privati locali.

VIII. Fonti di finanziamento utilizzate per lo svolgimento delle attività.

IX. Modalità di coinvolgimento delle aziende italiane, a garanzia di un efficace incontro tra domanda ed offerta di lavoro e per l’inserimento lavorativo dei destinatari formati.

X. Previsione di un piano di valutazione e monitoraggio quali-quantitativo del percorso proposto.

Il requisito di cui al punto VIII è preordinato ad assicurare il rispetto del divieto di oneri in capo ai partecipanti. È fatto assoluto divieto ai soggetti proponenti di esigere o, comunque, di percepire direttamente o indirettamente, compensi dai destinatari delle attività formative.

 

Criteri di valutazione e approvazione dei programmi

Il soggetto proponente predispone e trasmette il programma di formazione professionale e civico-linguistica per approvazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, che procederà all’esame della proposta secondo i criteri di valutazione riportati di seguito:

a. Area “Progettazione”, relativa ai requisiti soggettivi del proponente, alla rispondenza della proposta alle finalità dell’art. 23 comma 2, lettere a), b), c) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e alla rilevanza del partenariato, alla capacità di realizzazione dell’intervento e agli aspetti relativi al piano finanziario.

b. Area “Lavoro”, relativa alla rilevanza dei percorsi attivati in relazione all’individuazione puntuale della domanda di lavoro e alla natura del rapporto di lavoro con riferimento al settore, al territorio e al profilo professionale.

c. Area “Formazione”, relativa all’assetto organizzativo dei percorsi, alla loro articolazione oraria e durata complessiva; alle azioni di monitoraggio incluse, di valutazione e di completamento del percorso formativo, nonché all’adozione di strumenti e metodologie innovative.

 

Ambito territoriale

I programmi di formazione professionale e civico-linguistica dovranno essere avviati e realizzati nel territorio di uno o più Paesi terzi (non UE).

In sede di valutazione dei programmi formativi potrà essere valorizzata la coerenza delle attività proposte rispetto alla vocazione produttiva dei territori in cui si prevede di realizzarle, in modo da promuovere progetti che insistono su aree strategiche in relazione ai fabbisogni rilevati.

Le attività di natura strumentale, gestionale o tecnico-sussidiaria potranno, altresì, essere svolte in Italia, qualora risultino funzionali ad assicurare una corretta ed efficace realizzazione delle iniziative programmate.

I programmi saranno valutati in base ai requisiti dei proponenti, alla rilevanza dei percorsi rispetto alla domanda di lavoro e all’organizzazione delle attività, le quali dovranno essere realizzate in raccordo con le autorità locali, con il supporto della rete diplomatico-consolare, anche prestando attenzione alla vocazione produttiva dei territori coinvolti.

Le richieste di approvazione dei programmi di formazione, compilate secondo i modelli allegati alle Linee guida, devono essere presentate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e saranno valutate da una Commissione interministeriale.

I soggetti proponenti devono inviare al Ministero (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) il programma di formazione professionale e civico-linguistica, che sarà esaminato da una Commissione interministeriale di valutazione convocata periodicamente dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione.

Tutte le eventuali variazioni, rispetto al programma approvato, andranno comunicate al Ministero.

Al Ministero dovrà, inoltre, essere inviata una relazione conclusiva al termine del corso di formazione.

La Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione unitamente alle altre amministrazioni coinvolte nella Commissione interministeriale procederà all’esame della proposta valutando la rispondenza all’art. 23 d.lgs. n. 286/1998 e alle Linee guida, con riferimento alla progettazione, all’organizzazione e alla coerenza con la domanda di lavoro.

L’individuazione delle fonti di finanziamento è a carico dei soggetti proponenti, che possono far ricorso a risorse pubbliche e/o private.

Il nulla osta per lavoro subordinato viene rilasciato al di fuori delle quote previste dal decreto flussi. La domanda di visto di ingresso deve essere presentata entro sei mesi dalla conclusione del corso di formazione e deve essere corredata dalla conferma della disponibilità ad assumere da parte del datore di lavoro.

Il soggetto organizzatore del programma formativo dovrà comunicare, in fase di avvio, l’elenco dei partecipanti al seguente indirizzo mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; allo stesso indirizzo, dovrà, successivamente, comunicare l’elenco di quanti hanno concluso con successo la formazione.

 

6. Attuazione delle quote aggiuntive di ingressi per lavoro per il 2023

La circolare 10.08.2023 – 0378/0282 – Prot. 0004550 emanata congiuntamente dal Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche di immigrazione, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione centrale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, dal Ministero del turismo e dal Ministero dell’agricoltura, della sicurezza alimentare e delle foreste fornisce indicazioni operative sull’attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19.07.2023, concernente l’integrazione ad incremento delle quote di lavoro subordinato stagionale, stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 dicembre 2022.

La circolare ricorda che il provvedimento tiene conto dei fabbisogni evidenziati dal mondo economico e produttivo nazionale relativi al lavoro subordinato stagionale, per le esigenze del settore agricolo e del settore turistico alberghiero.

Al riguardo, acquisito l’avviso del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, si adottano le seguenti disposizioni attuative.

A) Quote di lavoro subordinato stagionale integrative incremento nei settori agricolo e turistico alberghiero

Le quote di lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico alberghiero, relative ai cittadini non comunitari residenti all’estero di cui all’art. 6, comma 1, del d.p.c.m. 29 dicembre 2022, sono incrementate, fino alla concorrenza di complessive n. 40.000 unità e in deroga alla quota complessiva di cui all’art. 1 del citato decreto, da ripartire tra le Regioni e le Province autonome a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a valere sulle domande già presentate alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del d.p.c.m. (e cioè il 14.08.2023).

Le quote per lavoro subordinato stagionale integrative previste dal d.p.c.m. 19.07.2023 saranno ripartite, con apposita e successiva circolare tra gli Ispettorati territoriali del lavoro, le Regioni e le Province autonome dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali tramite il sistema informatizzato SILEN sulla base delle domande pervenute agli Sportelli unici per l’immigrazione e del fabbisogno segnalato a livello territoriale.

Trascorsi 120 giorni dalla data di pubblicazione del d.p.c.m. sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate, le stesse possono essere diversamente ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive necessità riscontrate sul mercato del lavoro.

1. Lavoro stagionale (combinato disposto art. 1 del d.p.c.m. 19 luglio 2023 e art. 6 d.p.c.m. 29 dicembre 2022).

La quota integrativa di cui all’art. 1, riguarda i lavoratori subordinati stagionali non comunitari cittadini di Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Perù, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina.

Nell’ambito della quota indicata all’art. 1 del d.p.c.m. 19 luglio 2023, è riservata una quota di 1.000 unità per i lavoratori non comunitari, cittadini dei Paesi sopra indicati, che abbiano fatto ingresso in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale almeno una volta nei cinque anni precedenti e per i quali il datore di lavoro abbia presentato richiesta di nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale.

Con riferimento alle istanze pervenute dalle Organizzazioni datoriali, per conto ed in nome dei datori di lavoro di cui all’articolo 6, comma 4, del d.p.c.m. 29 dicembre 2022, e rientranti nella quota di 15.000 unità in ordine cronologico, si richiamano le disposizioni già emanate con circolare interministeriale del 30.01.2023, prot. n. 648.

Al riguardo, si precisa che, nell’ambito delle medesime quote, è confermata la possibilità che le domande siano rivolte a favore di lavoratori già entrati in Italia per lavoro stagionale almeno una volta nei cinque anni precedenti (anche appartenenti a nazionalità non comprese nell’elenco indicato nell’art. 3, comma 1, lett. a) del decreto in oggetto) in virtù di quanto disposto dall’art. 24, comma 9, del TUI.

2. Istruttoria delle istanze

Le istanze, che saranno trattate fino a concorrenza delle quote integrative previste dal d.p.c.m. 19.07. 2023 sono quelle già presentate alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del predetto decreto (14.08.2023).

Il sistema informatico SPI 2.0 procederà come già indicato nella circolare n. prot. n. 2709 del 15.03.2023, anche in relazione all’impegno delle quote messe a disposizione dal SILEN.

Infatti, come già disposto in occasione del decreto flussi 2021 a seguito dell’emanazione del d.l. n. 73/2022 (convertito dalla l. 4.08.2022, n. 122), trascorsi trenta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del d.p.c.m. senza che siano emerse le ragioni ostative di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 286/1998, il nulla osta, rilasciato automaticamente, verrà inviato in via telematica , come di consueto, anche alle Rappresentanze diplomatiche italiane dei Paesi di origine che, nel tempo di venti giorni dalla relativa domanda (art. 42, comma 3, d.l. n. 73/2022), rilasceranno il visto di ingresso.

Gli Ispettorati territoriali del lavoro, pur mantenendo visibilità, tramite il sistema informatico SPI 2.0, su tutte le istanze di nulla osta al lavoro stagionale pervenute, non sono più tenuti ad esprimere il proprio parere su tali fattispecie, fatti salvi eventuali controlli a campione in collaborazione con l’Agenzia delle entrate.

Le verifiche relative agli ingressi per lavoro subordinato stagionale, già rimesse agli Ispettorati del lavoro sono demandate, in via esclusiva ai professionisti di cui all’art. 1 della l. n. 12/1979 e cioè a coloro che siano iscritti nell’Albo dei consulenti del lavoro, in quelli degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili, fermo restando, per tali ultime due categorie di professionisti, l’assolvimento dell’obbligo di comunicazione agli Ispettorati del lavoro ai sensi dello stesso art. 1 della l. n. 12/1979 ed alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ai quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato. In caso di esito positivo di dette verifiche gli stessi rilasceranno apposita asseverazione (sulla base delle linee guida emanate dall’Ispettorato nazionale del lavoro con circolare n. 3/2022), che sarà allegata all’istanza di nulla osta al lavoro ex art. 44, comma 2, decreto-legge n. 73/2022 convertito dalla legge 4 agosto 2022, n. 122.

L’asseverazione non è richiesta nel caso in cui le domande siano state inviate, in nome e per conto dei propri associati, dalle Organizzazioni di categoria firmatarie dei Protocolli d’intesa col Ministero del lavoro e delle politiche sociali come stabilito dall’art. 44, comma 5 del citato decreto-legge (cfr. https://www.lavoro.gov.it/notizie/Pagine/Flussi-firmato-il-Protocollo-con-le-organizzazioni-datoriali-per-la-semplificazione-delle-procedure.aspx).

Si fa, altresì, presente che la verifica di indisponibilità di lavoratori presenti sul territorio nazionale, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del decreto flussi 2022 non è richiesta ai fini dell’istanza di nulla osta al lavoro per l’ingresso di lavoratori stagionali, di cui all’art. 24 d. lgs. n. 286/1998, nei settori agricolo e turistico-alberghiero, come previsto dall’articolo 30-quinquies, del d.p.r. n. 394/1999.

Le domande saranno trattate sulla base del rispettivo ordine cronologico di presentazione. Nell’area del singolo utente sarà, inoltre, possibile visualizzare l’elenco delle domande regolarmente inviate.

Allo stesso indirizzo https://portaleservizi.dici.interno.it, nell’area privata dell’utente, sarà possibile visualizzare lo stato della trattazione della pratica presso lo Sportello unico per l’immigrazione.

Riguardo all’istruttoria delle domande di lavoro stagionale nonché di lavoro stagionale pluriennale, si ribadiscono le istruzioni già diramate agli Uffici territoriali del lavoro con la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 16.12.2016, con riferimento, in particolare, all’individuazione sia dei settori occupazionali “agricolo e turistico alberghiero” (art. 24, comma 1 d.lgs. n. 286/1998), che delle ulteriori ipotesi di rifiuto del nulla osta al lavoro (art. 24, comma 12, d.lgs. n. 286/1998).

Si precisa che nel settore occupazionale “agricolo” rientrano anche le istanze relative all’ingresso di lavoratori non comunitari stagionali/pluriennali inquadrati quali “operai florovivaisti” e “personale addetto all’allevamento di animali”, come previsto dalla contrattazione collettiva di settore, in particolare, dal CCNL operai agricoli e florovivaisti di riferimento del 19 giugno 2018. Resta salvo che occorrerà verificare l’espressa previsione della stagionalità da parte della contrattazione collettiva di settore.

Si richiama, inoltre, la procedura del silenzio assenso per le richieste di nulla osta al lavoro stagionale e stagionale pluriennale a favore degli stranieri già autorizzati almeno una volta nei cinque anni precedenti a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro, nonché l’obbligo della comunicazione obbligatoria di assunzione generata in automatico dal sistema, dopo la sottoscrizione del contratto di soggiorno.

Si richiama, infine, l’attenzione sulla disposizione contenuta nell’art. 44, comma 5, del d.l. n. 73/2022 (convertito dalla l. n. 122/2022), che stabilisce l’applicabilità della procedura semplificata, analogamente a quanto previsto per le ipotesi richiamate all’art. 27, comma 1-ter, del d.lgs. n. 286/1998, anche alle Organizzazioni dei datori di lavoro firmatarie dei Protocolli d’intesa col Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Per tali istanze, la comunicazione della proposta di contratto di soggiorno, per lavoro subordinato stagionale; sarà trasmessa per via telematica direttamente alle Rappresentanze diplomatico consolari ai fini del successivo rilascio del visto.

 

7. Indicazioni operative per le istanze di nulla osta al lavoro relative all’ingresso di stranieri extraUE residenti all’estero presentate da Agenzie di somministrazione di lavoro ed Associazioni nazionali rappresentative

Con circolare 10.08.2023 n. 0378/0282 – Prot. 0004518 emanata congiuntamente dal Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche di immigrazione e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione centrale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione fornisce chiarimenti operativi circa le richieste di nulla osta al lavoro, ai sensi degli artt. 22, 23 e 24, 27 (ove compatibili) e 27-quater del d.lgs. n. 286/1998 e artt. 30-bis, 34, 40 (ove compatibili) del d.p.r. n. 394/1999 (Regolamento di attuazione), presentate agli Sportelli unici per l’immigrazione da Agenzie di somministrazione di lavoro ed Associazioni nazionali rappresentative, finalizzate all’ingresso di lavoratori residenti all’estero sul territorio nazionale per lo svolgimento di attività lavorativa subordinata (a tempo determinato e indeterminato).

In particolare, si chiarisce che le agenzie di somministrazione di lavoro previste dall’art. 4, comma 1, lett. a) e b) d.lgs. 10.09.2003, n. 276, regolarmente iscritte all’Albo informatico delle Agenzie per il lavoro (APL) disciplinate dal medesimo articolo, con sede legale o dipendenza (sede operativa) nel territorio dello Stato, possono presentare le richieste nominative di nulla osta al lavoro per l’ingresso di lavoratori non comunitari residenti all’estero, ai fini dell’instaurazione in Italia di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, tra la medesima APL richiedente ed il predetto personale. Resta fermo il rispetto delle condizioni previste dalle richiamate disposizioni del d.lgs. n. 286/1998 e del d.p.r. n. 394/1999. Giova, al riguardo, evidenziare gli aspetti caratterizzanti del rapporto tra Agenzia di somministrazione, lavoratore ed utilizzatore alla luce del quadro delineato dal decreto legislativo n. 81/2015, che al capo IV ha razionalizzato la disciplina normativa in materia di somministrazione del lavoro.

Tra l’Agenzia di somministrazione ed il lavoratore viene, in sostanza, stipulato un contratto di lavoro subordinato con instaurazione del relativo rapporto. Allo stesso si applica uno specifico CCNL, quello di somministrazione delle Agenzie per il lavoro, opportunamente integrato dal CCNL applicato dal soggetto utilizzatore, in attuazione del principio di non discriminazione di cui all’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, in virtù del quale i lavoratori in somministrazione, a parità di mansioni svolte, hanno diritto a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle riconosciute ai dipendenti di pari livello dell’utilizzatore.

Sulla base del contratto commerciale di somministrazione, l’Agenzia di somministrazione mette a disposizione dell’utilizzatore “uno o più lavoratori suoi dipendenti” che sono inviati in “missione” e svolgono la propria attività presso l’utilizzatore (art. 30 d.lgs. n. 81/2015).

Il rapporto di lavoro subordinato con le Agenzie può essere a tempo indeterminato o determinato. Pertanto, ai sensi dell’art. 34 d.lgs. n. 81/2015, come modificato dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 87/2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 96/2018, in caso di assunzione a tempo indeterminato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III (ovvero la disciplina dei contratti a termine), con esclusione delle sole disposizioni di cui agli artt. 21, comma 2, 23 e 24 relative a:

- periodo di intervallo tra due contratti a termine;

- numero complessivo di contratti a tempo determinato (limite del 20%);

- diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato.

Per quanto sopra, le agenzie di somministrazione vengono considerate datori di lavoro e pertanto possono presentare istanze di nulla osta al lavoro per l’ingresso di stranieri extraUE, ai sensi degli artt. 22, 23, 24, 27, comma 1, lett. r), 27, comma 1, lett. r)-bis, 27-quater, d.lgs. n. 286/1998, attraverso le consuete procedure di inoltro telematico predisposte dal Ministero dell’interno (https://portaleservizi.dlci.interno.it/),utilizzando l’apposita modulistica in uso appositamente adeguata.

Si riportano di seguito i requisiti necessari per la corretta presentazione dell’istanza da parte dell’Agenzia per il lavoro richiedente:

- sede legale e dipendenza (sede operativa) nel territorio dello Stato, codice fiscale/Partita IVA, Matr. INPS, Codice INAIL;

- iscrizione all’Albo informatico nazionale delle Agenzie di somministrazione di lavoro presso ANPAL;

- proposta contrattuale con indicazione del CCNL delle agenzie di somministrazione applicato - mansioni - inquadramento - livello - tipologia contrattuale - durata del contratto - orario di lavoro settimanale;

- retribuzione mensile lorda (non inferiore a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria applicato);

- luogo di lavoro;

- autocertificazione della capacità reddituale;

- regolare versamento dei contributi previdenziali e assistenziali nel rispetto degli obblighi previsti dal CCNL delle agenzie di somministrazione;

- impegno a comunicare l’instaurazione ed ogni variazione concernente il rapporto di lavoro con le modalità previste per le comunicazioni obbligatorie da inviare ai servizi competenti (modulo Unificato Somm.), ai sensi del decreto interministeriale del 30.10.2007;

- impegno alla trasmissione del modulo Unificato Somm. anche allo Sportello unico per l’immigrazione;

- impegno alla sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro subordinato presso lo Sportello unico per l’immigrazione, di cui all’art. 5-bis d.lgs. n. 286/1998, contenente:

a) indicazione della sistemazione alloggiativa del lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero sia fornita dei requisiti di abitabilità e idoneità igienico-sanitaria;

b) impegno al pagamento delle spese del viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza nel caso di espulsione coattiva;

- nella specifica ipotesi di assunzione dall’estero di personale non comunitario, rientrante nelle quote determinate dal d.p.c.m. di programmazione dei flussi di ingresso (ex art. 1, co. 1, d.l. 10.03.2023, n. 20, convertito dalla l. 5.05.2023, n. 50), l’Agenzia di somministrazione dovrà produrre il contratto di somministrazione di lavoro dei lavoratori assunti, relativo a ciascuna istanza presentata, verso utilizzatori rientranti nei settori produttivi come individuati dal c.d. decreto flussi medesimo;

Si fa, inoltre, presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il Rapporto (semestrale ed annuale) su “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia” procede, comunque, al monitoraggio ed alla rilevazione dei dati riferiti alle informazioni sui rapporti di lavoro in somministrazione con personale non comunitario, contenute nel “Modulo Unificato Somm.”, utilizzando i dati del Sistema informativo statistico delle comunicazioni obbligatorie.

Nella rilevazione sono considerate, oltre l’inizio del rapporto di lavoro in somministrazione, anche le “missioni” che descrivono la destinazione dei rapporti di lavoro in somministrazione da parte delle aziende utilizzatrici.

Viene, quindi, considerato, come luogo di lavoro, la sede della ditta utilizzatrice, come attivazione l'inizio della missione presso la ditta utilizzatrice, come settore economico quello della ditta utilizzatrice.

Si applicano le disposizioni previste dagli artt. 22 e 24-bis, d.lgs. n. 286/1998, come modificate dall’art. 2 d.l. n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023, che stabilizzando le previsioni normative di cui agli artt. 42, 43 e 44 del d.l. n. 73/2022, convertito dalla legge n. 122/2022, prevedono percorsi di semplificazione per l’ingresso in Italia per motivi di lavoro di personale non comunitario, anche mediante il coinvolgimento dei professionisti di cui all’art. 1 della l. n. 12/1979 e delle organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nella verifica dei presupposti richiesti dal d.lgs. n. 286/1998 e dal d.p.r. n. 394/1999, alla luce delle Linee guida relative all’asseverazione che l’Ispettorato nazionale del lavoro ha emanato con circolare n. 3/2022 del 5.07.2022, come richiamate dalla successiva circolare prot. 2066 del 21.03.2023.

La presentazione dell’asseverazione in fase di sottoscrizione del contratto di soggiorno presso lo Sportello unico per l’immigrazione non è richiesta con riferimento alle istanze presentate dalle organizzazioni datoriali ai quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato, che abbiano sottoscritto un apposito Protocollo di intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il quale si impegnano a garantire il rispetto da parte dei propri associati dei requisiti concernenti l’osservanza delle prescrizioni dei contratti collettivi e la congruità delle richieste in ambito decreto flussi in relazione alla capacità economica, ai fini della concessione del nulla osta al lavoro subordinato relativo a cittadini non comunitari. Il Protocollo sottoscritto il 3 agosto 2022 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con alcune organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevede la possibilità di successive adesioni anche di altre organizzazioni datoriali.

Nell’ipotesi di sottoscrizione del citato Protocollo, si applica l’art. 27, comma 1-ter, del d.lgs. n. 286/1998 secondo il quale, “il nulla osta al lavoro per gli stranieri è sostituito da una comunicazione da parte del datore di lavoro della proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato”. Tale procedura semplificata prevede, quindi, una mera comunicazione allo Sportello unico per l’immigrazione della proposta di contratto di lavoro con il rilascio del parere della sola questura.

Regolarizzazione

8.

La circolare del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo. Autorità Fondo, Asilo, Migrazione e Integrazione, dell’11.05.2023 tenta di accelerare i lunghissimi tempi che di fatto stanno facendo tardare anche tre anni i procedimenti di emersione del lavoro irregolare, che erano stati previsti con l’art. 103 d.l. n. 34/2020.

Alla luce del numero di pratiche ancora pendenti e nella prospettiva di evitare un impatto dirompente sotto il profilo del contenzioso, la circolare dispone che tutte le pratiche relative all’emersione 2020 ancora in attesa dei pareri della questura e dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competenti, potranno “avanzare alla fase di convocazione da parte degli Sportelli Unici”.

Infatti, la circolare richiama le sentenze del Consiglio di Stato n. 3578/2022 e 3645/2022, che hanno ravvisato in 180 giorni il termine massimo per la conclusione di sanatoria. Molte delle pratiche inevase hanno superato tale termine perché gli organi consultivi non hanno ancora reso i pareri richiesti dall’art. 103 co. 15 d.l. 34/2020.

A questo proposito, la circolare richiama l’art. 16 della legge sul procedimento amministrativo (l. n. 141/1990), a norma del quale i pareri obbligatori devono essere emessi entro massimo 20 giorni dal ricevimento della richiesta e, nel caso tale termine decorra senza alcuna risposta, è possibile passare oltre e concludere il procedimento.

Secondo la circolare si tratta di una decisione conforme alle sentenze del Consiglio di Stato e al più recente orientamento del legislatore che ha previsto che il rilascio del nulla osta al lavoro nell’ambito dei decreti flussi avvenga senza che sia più necessario il parere dell’Ispettorato (sostituito dall’asseverazione ad opera di professionisti) e, decorsi 30 giorni, anche in assenza del parere della questura.

Si prescrive alle prefetture di procedere alla convocazione dei richiedenti per la stipula del contratto di soggiorno anche in assenza del citato parere e, nel caso in cui, terminato il procedimento, emergano elementi negativi a seguito dell’istruttoria della questura e dell’Ispettorato del lavoro, il permesso di soggiorno per motivi di lavoro può essere revocato in autotutela, “previa attenta valutazione e comparazione degli interessi pubblici e quelli privati in ragione delle posizioni nelle more consolidatesi in capo ai singoli beneficiari e dunque del loro legittimo affidamento”.

A partire dal 15 maggio 2023 dovrebbero quindi essere avviati gli interventi sul sistema informatico per consentire l’automatico avanzamento delle pratiche e la convocazione a cura dello Sportello unico delle domande ancora pendenti. Per quanto riguarda le città di Roma e Napoli verranno rese specifiche separate informazioni.

Sito realizzato con il contributo della Fondazione "Carlo Maria Verardi"

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