I pregi delle democrazie liberali non consistono nel potere di chiudere le proprie frontiere,
bensì nella capacità di prestare ascolto alle richieste di coloro che,
per qualunque ragione, bussano alle porte*
La storia dell’umanità è una storia di migrazioni di popoli e il migrare un atto naturale della specie umana. La mobilità di persone che per ragioni diverse si spostano da un luogo all’altro è un evento prevalentemente sociale in quanto «definire un movimento richiede di tracciare una riga e convenire che essa è stata attraversata»1. Dove questa linea venga tracciata, «geograficamente e amministrativamente, è sostanzialmente una costruzione sociale e politica» e le norme, più o meno restrittive, adottate e applicate alle frontiere o all’interno degli spazi sovraregionali o nazionali, necessariamente influenzano le migrazioni e producono un impatto sui diritti e sulla qualità della vita di chi migra, delle comunità di origine o di nuova appartenenza.
Diversi gli approcci disciplinari e molteplici le lenti interpretative con le quali le scienze umane e sociali hanno descritto i movimenti migratori e analizzato le diverse dimensioni di un fenomeno sociale caratterizzato da grande complessità. Un’esperienza umana che coinvolge ogni elemento, ogni aspetto, ogni sfera e ogni rappresentazione dell’assetto economico, sociale, politico, culturale e religioso, ovvero un fatto sociale totale2, attraverso il quale sono stati analizzati meccanismi, interazioni e rilevate le contraddizioni delle società che prendono forma.
Nel nostro Paese, nonostante l’impatto dell’immigrazione abbia rappresentato e rappresenti uno dei principali fattori di mutamento della società (a livello demografico, economico, sociale, culturale e religioso), le politiche migratorie adottate negli ultimi trent’anni appaiono disallineate rispetto alla realtà sociale ed economica e del tutto slegate da una analisi, che dovrebbe essere propria delle politiche pubbliche, in termini di ricadute concrete sulla vita delle persone e delle comunità. Ad una crescente sedimentazione della presenza di cittadini stranieri sul territorio nazionale e alla progressiva evoluzione dei processi migratori, di inclusione e integrazione, che hanno condotto di fatto ad una società plurale, si è affiancata una risposta istituzionale frammentata, instabile, incapace di promuovere politiche ed interventi di lungo periodo e priva di una visione in termini di programmazione e governo delle dinamiche migratorie.
Nell’ultimo trentennio le politiche migratorie del nostro Paese hanno prevalentemente riguardato misure di controllo, trascurando quasi del tutto quelle di integrazione e sono state caratterizzate da uno stile decisionale incrementale e compulsivo in direzione di una concezione generalmente restrittiva del governo dell’immigrazione, che ha prodotto soluzioni spesso simili indipendentemente dall’indirizzo politico3. Ad un primo periodo (dal 1986 al 2008), definito dalla tensione tra politiche di regolazione della forza lavoro straniera e politiche di controllo restrittivo delle frontiere, ne è seguito un secondo (dal 2008 ad oggi), nel quale le politiche italiane hanno definitivamente spostato il baricentro verso i controlli esterni (cd. esternalizzazione delle frontiere)4, la securitarizzazione dell’immigrazione e la progressiva riduzione dello spazio del diritto di asilo.
L’esponenziale politicizzazione del tema – sempre più al centro di un’agenda politica intrisa dalla logica securitaria – ha alimentato la retorica pubblica traducendosi sempre più spesso in provvedimenti di carattere emergenziale, che hanno condotto all’inarrestabile processo di affievolimento, precarizzazione e negazione dei diritti degli stranieri ed in particolare di richiedenti asilo e rifugiati. La politica italiana sull’immigrazione, già caratterizzata da una tendenziale sovraesposizione delle norme sanzionatorie (penali o amministrative) rispetto alle misure volte a favorire i processi di integrazione sociale, a seguito di una diabolica strategia multipolare che dal 2017 ad oggi ha portato all’adozione di provvedimenti che hanno aumentato i dispositivi volti ad esternalizzare, respingere, trattenere, confinare, ha ulteriormente ampliato gli spazi e i luoghi di trattenimento e detenzione. Sempre più Vite ferme5 in uno spazio temporaneo dove è annullata l’autodeterminazione, Vite sospese e in attesa della definizione del proprio status, Vite che oscillano alla ricerca di un precario equilibrio tra frustrazioni e vulnerabilità.
Oggi più che mai le migrazioni e le frontiere sono fatti politici totali6 in quanto poche altre politiche sembrano tanto prigioniere di stereotipi teorici e perversioni pratiche, come quelle che hanno per “oggetto” i cittadini stranieri e i migranti. I saggi e commenti pubblicati in questo numero affrontano questioni centrali per comprendere le dinamiche e le criticità̀ del sistema migratorio europeo e italiano, con particolare attenzione ai sistemi di ingresso per lavoro e della protezione internazionale.
Claudio de Martino e Madia D’Onghia analizzano l’ennesimo decreto-legge in materia di ingressi per lavoro, evidenziando segnali di un possibile cambio di rotta, sebbene ancora lontani da una riforma realmente inclusiva. Francesca Vitarelli esamina le difficoltà di accesso alla giustizia per le vittime di sfruttamento lavorativo con status migratorio irregolare, sottolineando le discrasie tra teoria e prassi, mentre Elena Valentini offre un’interpretazione problematica della recente misura di ispezione per finalità identificative dello smartphone in uso agli stranieri.
Proseguiamo nell’analisi delle diverse misure riconducibili al Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo attraverso il contributo di Eleonora Celoria e Francesca Rondine sugli aspetti più rilevanti dei regolamenti sugli accertamenti e sulle procedure, nonché della direttiva sull’accoglienza, che sembrano orientate più all’esclusione e alla disciplina che all’integrazione e di Francesca Rondine che si sofferma invece sulla riforma del sistema Dublino.
L’uso della decretazione d’urgenza in materia di “Paesi sicuri” è oggetto dell’analisi di Paolo Veronesi, che considera anche la discutibile prassi della conversione attraverso la c.d. confluenza. Dedicato sempre alle procedure connesse alla nozione di Paese sicuro, rilevanti per l’applicazione del Protocollo Italia-Albania, è il saggio di Cecilia Siccardi, che analizza la giurisprudenza più recente, alla luce dei profili di diritto costituzionale.
Connesso al tema dell’esternalizzazione delle procedure di esame delle domande di protezione internazionale è il commento di Carmelo Danisi che offre una riflessione critica sulle decisioni del Comitato sui diritti umani che hanno condannato l’Australia per le politiche di trasferimento dei richiedenti asilo nell’isola di Nauru.
Un ulteriore ambito di grande rilevanza riguarda il possibile impiego dell’intelligenza artificiale nell’esame delle domande di protezione internazionale, tema trattato da Clara Amaddeo, che ne analizza le implicazioni giuridiche ed etiche.
I contributi contenuti in questo numero e più in generale la Rivista stessa impegnata da oltre vent’anni ad analizzare ed approfondire le norme, i dispositivi e i processi di produzione delle differenze, vanno nella direzione di voler contribuire a cambiare radicalmente il modo di leggere e di comprendere il fenomeno dell’immigrazione nel nostro Paese, consci del fatto che, come sostiene Amin Maalouf, non «sprofonderemo insieme in una comune barbarie», solo se «sapremo costruire in questo secolo una civiltà comune, con cui ognuno possa identificarsi, unita dagli stessi valori universali, guidata da una fiducia possente nell’avventura umana, e arricchita da tutte le nostre diversità culturali»7.
* S. Benhabib, La rivendicazione dell'identità culturale. Eguaglianza e diversità nell'era globale, Bologna, il Mulino, 2005, p. 219.
1 D.S. Massey, La ricerca sulle migrazioni nel XXI secolo, in A. Colombo e G. Sciortino, a cura di, Stranieri in Italia. Assimilati ed esclusi, Bologna il Mulino, , 2002, pp. 25-49.
2 A. Sayad, La doppia pena del migrante. Riflessioni sul “pensiero di Stato”, in aut aut, 275, 1996, pp. 8-16.
3 ISMU, Trentesimo Rapporto sulle migrazioni 2024, 2025, https://www.ismu.org/30-rapporto-sulle-migrazioni-2024/.
4 G. Sciortino, A. Vittoria, L’evoluzione delle politiche immigratorie in Italia, in la Rivista delle Politiche Sociali/Italian Journal of Social Policy, 1, 2023.
5 P. Boccagni, Vite ferme. Storie di migranti in attesa, Bologna, il Mulino, 2024.
6 S. Palidda, La guerra alle migrazioni: il fatto politico totale del XXI secolo, in Dialoghi Mediterranei, 1.3.2009.
7 A. Maalouf, Un mondo senza regole, Milano, Bompiani, 2009, p. 29.