Art. 3: Divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti
a) Non-refoulement
In A.D. e altri c. Svezia (Corte EDU, sentenza del 7.05.2024), una famiglia di cittadini albanesi (padre, madre e tre figli) rischiava di essere allontanata nel loro Paese di origine dopo il rigetto della loro domanda di asilo, presentata in ragione della temuta persecuzione da parte di attori non statali. Il primo ricorrente era stato poliziotto in Albania e aveva deciso di raggiungere la Svezia dopo il tentato sequestro di sua figlia da parte di persone sconosciute. Data anche la corruzione dilagante tra le autorità albanesi, i ricorrenti sostenevano di non aver denunciato l’accaduto alla polizia perché, in ogni caso, il loro Paese di origine non sarebbe in grado di tutelarli da questo tipo di minaccia. Le autorità svedesi, amministrative e giudiziarie, rigettavano la loro richiesta perché, al di là di alcuni aspetti poco chiari, non si può ritenere che l’Albania non abbia la capacità o la volontà di proteggere i propri cittadini in una situazione siffatta (ad es. United Kingdom Home Office, Country Policy and Information Note – Albania: Background information, including actors of protection and internal relocation, 24.07.2017; European Asylum Support Office, Albania Country Focus, 1.11.2016), protezione che peraltro i ricorrenti non avevano nemmeno chiesto prima di recarsi in Svezia. I successivi tentativi di ottenere il riesame della loro richiesta di protezione, sulla base di presunti nuovi episodi di violenza contro i loro familiari ancora in Albania, venivano egualmente rigettati. Dinanzi la Corte EDU, lamentavano pertanto una possibile violazione dell’art. 3 CEDU nel caso in cui siano allontanati nel loro Paese di origine.
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Rilievo ai fini dell’estradizione dell’interessato verso uno Stato terzo, del previo riconoscimento di status effettuato da altro Stato membro, art. 21, par. 1, direttiva 2011/95
Con la pronuncia A. (CGUE, C-352/22, sentenza del 18 giugno 2024), la Corte ha contribuito a chiarire, nel quadro della direttiva 2011/95 (direttiva qualifiche), il valore del riconoscimento dello status di rifugiato da parte di uno Stato membro, rispetto all’obbligo dello Stato membro di residenza dell’interessato di estradare quest’ultimo verso uno Stato terzo che ne faccia richiesta. La CGUE era stata chiamata a pronunciarsi da un Tribunale tedesco che, a sua volta, doveva decidere, tra le altre cose, se il cittadino turco A., residente in Germania ma beneficiario dello status di rifugiato in forza di un provvedimento adottato in Italia tempo addietro, potesse essere estradato o meno in Turchia, alla luce della richiesta pervenuta successivamente alla sentenza di condanna emessa dall’autorità giudiziaria turca. La Corte di giustizia osserva innanzitutto l’assenza di una convenzione internazionale di estradizione tra Unione e Turchia; in tal caso, le norme in materia rientrano nella competenza statale, col vincolo del rispetto del rispetto del diritto unionale. In particolare, e tenendo a mente che lo status di rifugiato non è la conseguenza di un provvedimento costitutivo, non si può dar corso all’estradizione di cittadini di Stati terzi se esposti al rischio di pena di morte, tortura o altre pene inumane e degradanti (divieto di refoulement), nel pieno rispetto dell’art. 21, par. 1, della direttiva qualifiche, nonché degli artt. 18 e 19, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali.
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