ESPULSIONI
Divieto di refoulement
Accade con relativa frequenza che un cittadino straniero venga arrestato in Italia e sottoposto alla custodia cautelare perché attinto da mandato d’arresto internazionale, con richiesta di estradizione del Paese di provenienza.
Nel caso qui in esame successivamente alla reiezione dell’estradizione da parte della Corte d'appello, conseguente all’accertato rischio di sottoposizione alla pena di morte, la prefettura emette un decreto di espulsione per motivi di pericolosità sociale. È quanto accaduto ad un migrante pakistano che ha impugnato il decreto prefettizio innanzi al Giudice di pace di Como, il quale respingeva però il ricorso negando rilevanza alla decisione della Corte d’appello posto che il processo penale in Pakistan non era ancora definito e, pertanto, non sussisteva alcun concreto rischio per la sua incolumità. La Cass. civ. sez. lavoro, con ord. 22807/22, pubblicata in data 20.7.2022, cassando con rinvio la decisione gravata, ha precisato che il Giudice del merito ha errato ritenendo il provvedimento espulsivo come attività vincolata e così applicando una presunzione assoluta di pericolosità senza un accertamento oggettivo e concreto dell’attualità della stessa. Inoltre, osserva la Cassazione, ha errato il Giudice di pace anche nel ritenere irrilevante la decisione della Corte d’appello che aveva negato l’estradizione, perché tale provvedimento evidenziava la portata del divieto di cui all’art. 19, co. 1, della Carta dei diritti fondamentali UE che vieta, appunto, estradizione, espulsione o allontanamento verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposti alla pena di morte, principio sancito, nella normativa interna, dall’art. 19, d.lgs. 286/98.
È obiettivamente grave che la PA prima, e il Giudice di pace dopo, non abbiano in alcun modo tenuto nella debita considerazione una decisione giurisprudenziale – quella della Corte d’appello – che aveva accertato il rischio, per lo straniero, di sottoposizione alla pena di morte, quasi che tale rischio potesse declinarsi diversamente a seconda dell’ambito, penale o amministrativo, in cui veniva in rilievo.
L’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali UE è stata evocata, unitamente all’art. 19, d.lgs. 286/98 e all’art. 3 CEDU, in un’altra decisione della Suprema Corte. Infatti, Cass. civ. sez. I, ord. 21715/2022, pubblicata l’8.7.2022, ha cassato con rinvio un provvedimento del Giudice di pace di Torino, che aveva rigettato il ricorso, proposto da un cittadino iracheno di origine curda avverso la sua espulsione, sul presupposto che costui:
- fosse gravato da numerosi precedenti penali;
- si fosse visto rigettare la domanda di protezione internazionale tipica (gli venne solo riconosciuta la protezione umanitaria);
- si fosse visto rigettare la domanda di rinnovo di tale permesso di soggiorno;
- avesse dichiarato, in sede di intervista amministrativa in occasione dell’espulsione, di non intendere chiedere ulteriormente la protezione internazionale.
A fronte di tali considerazioni, il Giudice di pace aveva ritenuto palesemente infondato il motivo di gravame relativo all’invocata inespellibilità per violazione delle disposizioni sopra indicate, senza procedere ad alcun approfondimento officioso. Osserva, invece, la Corte, in continuità con precedenti arresti, come l’istituto del divieto di espulsione o respingimento impone al Giudice di pace, in sede di opposizione alla misura ablativa, di esaminare e pronunciarsi sul concreto pericolo prospettato dall’opponente, in quanto la norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale, qualora tale condizione venga positivamente accertata dal giudice. Il giudice del merito ha quindi violato l’obbligo di cooperazione istruttoria cui lo stesso Giudice di pace è tenuto, al pari del giudice della protezione internazionale.
Espulsione in pendenza della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari
Avverso un’ordinanza del Giudice di pace di Palermo, con cui era stato respinto un ricorso contro un decreto espulsivo prefettizio in considerazione del fatto che, secondo l’Amministrazione, la Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale aveva espresso parere negativo sulla domanda di rinnovo del titolo di soggiorno già rilasciato per motivi umanitari, proponeva ricorso per Cassazione l’interessato, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti consistente nella pendenza del procedimento di rinnovo della protezione atipica, atteso che nessuna decisione era ancora stata adottata dalla competente questura. La Cass. civ. sez. I, con ord. 20930/2022, pubblicata il 30.5.2022, ribadisce il principio di diritto secondo cui non può essere disposta l’espulsione ai sensi dell’art. 13, co. 2, lett. b), d.lgs. 286/98 in pendenza del procedimento di valutazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, opportunamente richiamando il noto arresto delle Sezioni unite 7892/2002, secondo cui la spontanea presentazione di una richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza, non consente l’espulsione automatica dello straniero che potrà essere disposta solo se la domanda venga respinta per la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti previsti dalla legge.
Rilevanza dei legami familiari e sociali dell’espellendo in Italia (temperamento della potestà espulsiva)
È errata l’affermazione del Giudice di pace – posta a fondamento dell’ordinanza di rigetto dell’opposizione a decreto espulsivo – secondo cui la ricorrenza delle ipotesi di ingresso e soggiorno illegale comporta l’emissione del decreto di espulsione con carattere di automaticità, con esclusione di qualsiasi valutazione di merito, pur in presenza di legami familiari e sociali allegati dal ricorrente.
Invero, com’è noto, l’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98, impone all’autorità prefettizia prima, ed eventualmente al giudice dopo, di bilanciare l’interesse pubblico all’espulsione dello straniero irregolare con i legami familiari e sociali sussistenti in Italia, in coerenza con la direttiva 115/2008/CE e con la previsione dell’art. 8 CEDU e della relativa giurisprudenza. In tal senso Cass. civ. sez. I, ord. 24259/2022, pubblicata in data 4.8.2022.
Causa di forza maggiore
Sia l’art. 13, co. 2, lett. b), d.lgs. 286/98 che l’art. 1, co. 3, l. 68/2007 sanzionano con l’espulsione amministrativa lo straniero che omette di richiedere il permesso di soggiorno, ovvero di effettuare la dichiarazione di presenza, nel termine di legge. Salvi i casi di forza maggiore. La Cass. civ. sez. I, con ord. 21254/2022, pubblicata il 5.7.2022, affronta la questione se l’insorgenza della pandemia da COVID-19, e le conseguenti restrizioni, possano valere come causa di giustificazione del ritardo negli adempimenti previsti dalle norme citate. La Corte osserva che il Giudice di pace di Udine ha affrontato il tema, sostenendo che le restrizioni dettate dall’emergenza pandemica erano iniziate il 9.3.2020, successivamente alla scadenza del termine per l’adempimento in questione. La Cassazione si sofferma inoltre sulla questione della rilevanza della forza maggiore, precisando che la violazione del dettato normativo, che impone di richiedere il permesso di soggiorno nel termine di otto giorni dall’ingresso in Italia, si può escludere solo nel caso in cui il giudice ritenga detta condotta determinata da un fatto oggettivo, ostativo in modo assoluto, perché non riconducibile alla volontà del soggetto entrato in territorio italiano e che ivi si sia trattenuto per un certo periodo di tempo. Circostanza, questa, esclusa dal giudice del merito.
Espulsioni per motivi di pericolosità sociale: insufficienza dei precedenti penali
Per apprezzare adeguatamente la decisione in commento – Cass. civ. sez. I. ord. 23423/2022, pubblicata il 27.7.2022 – conviene riassumere brevemente il fatto oggetto del giudizio di merito. Un cittadino egiziano è attinto da espulsione ex art. 13, co. 2, lett. c), d.lgs. 286/98, a causa di una condanna penale ad anni 3 e mesi 4 di reclusione per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e violenza sessuale comminata dal Tribunale di Milano, successivamente riformata in appello nella misura di anni due di reclusione.
Lamenta il ricorrente che né l’autorità prefettizia né il Giudice di pace abbiano considerato che, in sede di appello, era stata riconosciuta allo straniero l’attenuante del fatto di minore gravità per il delitto di violenza sessuale, con la concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione, revocando le sanzioni accessorie e l’espulsione giudiziale. Inoltre, evidenzia che l’interessato era giunto in Italia molti anni addietro quando era minorenne, a seguito di ricongiungimento familiare con i genitori, sicché il Giudice di pace avrebbe omesso una valutazione complessiva della sua personalità, ancorando la decisone esclusivamente sulla base del titolo di reato, considerando per ciò solo il ricorrente appartenente a una delle categorie di persone pericolose.
La Corte, cassando con rinvio la decisione, richiama i consolidati principi espressi in materia ed evidenzia come il giudizio circa l’appartenenza dello straniero ad una delle categorie di persone pericolose, delineate nel d.lgs. 159/2011, non può limitarsi alla valutazione dei suoi precedenti penali, ma deve compiersi in base ad un accertamento oggettivo non meramente soggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni, estendendo il giudizio anche all’esame complessivo della personalità dello straniero, desunta dalla sua condotta di vita e dalle manifestazioni sociali nelle quali quest’ultima si articola, verificando in concreto l’attualità della pericolosità sociale.
In termini analoghi, si legga Cass. civ. sez. lavoro, ord. 22776/2022, pubblicata il 20.7.2022. Nel caso in esame rilevavano condanne penali per fatti commessi in ambito familiare e la Corte, dopo avere richiamato i principi consolidati sopra esposti, precisa che la rilevanza dei legami familiari non va intesa ai sensi dell’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98 – che fa riferimento solo alle ipotesi di espulsione per ingresso e soggiorno illegale, e non anche alle ipotesi di pericolosità sociale – bensì, nel caso di specie, con riferimento all’art. 19, co. 2, lett. c), d.lgs. 286/98, essendo il ricorrente convivente con il fratello cittadino italiano.
Domanda di emersione presentata successivamente all’adozione di decreto espulsivo
Quali sono gli effetti della domanda di emersione di cui all’art. 103, d.l. 34/2020 sul pregresso decreto espulsivo?
Assume il ricorrente che l’adozione del provvedimento prefettizio di espulsione, ancorché cronologicamente anteriore alla domanda di emersione, sarebbe incompatibile con la specifica disciplina di cui all’art. 103, co. 17, d.l. cit. Effettivamente tale disposizione prevede che «nelle more della definizione dei procedimenti di cui al presente articolo, lo straniero non può essere espulso, se non nei casi previsti al comma 10» (ipotesi di espulsione per motivi di pericolosità sociale, non ricorrenti nel caso di specie). Di qui il vizio dell’ordinanza impugnata per per error in iudicando. La Cass. civ. sez. I, con ord. 23878/2022, pubblicata in data 1.8.2022, afferma correttamente che, in assenza di una specifica disposizione di legge che consenta di fare retroagire gli effetti della domanda di emersione rispetto all’adozione del decreto espulsivo, il Giudice di pace non avrebbe potuto dichiarare illegittimo il decreto prefettizio sulla base di un fatto sopravvenuto rispetto alla sua emissione, atteso che la valutazione che è richiesta al giudice – ai sensi dell’art. 18, d.lgs. 150/2011 – deve essere effettuata con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato. Il comma 17 dell’art. 103, d.l. 34/2020 impedisce non solo l’adozione di un decreto espulsivo in pendenza di domanda di emersione, ma pure la sua esecuzione, sicché qualora la domanda di emersione sia stata presentata successivamente all’emissione dell’espulsione, questa non potrà essere eseguita fino all’esito dell’istanza, ma per ciò solo l’espulsione non può essere ritenuta illegittima.
Sospensione della potestà espulsiva in pendenza del giudizio di appello avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale
Cass. civ. sez. I, ord. 22967/2022, pubblicata il 22.7.2022, precisa che se il giudizio sulla protezione internazionale è iniziato prima dell’entrata in vigore dell’art. 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2008 (introdotto dall’art. 6, co. 1, lett. g), del d.l. n. 13 del 2017, conv. con modif. in l. n. 46 del 2017) continua a sussistere la sospensione automatica dell’espulsione fino alla decisione definitiva del procedimento, diversamente dai giudizi proposti in epoca successiva alla novella del 2017 che, com’è noto, ha abrogato il doppio grado del giudizio di merito in materia di protezione internazionale.
Questioni procedurali
Legittimazione passiva
La stessa Cass. civ. sez. I, ord. 22967/2022, pubblicata il 22.7.2022, in ossequio al consolidato indirizzo giurisprudenziale, ha ribadito che il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento emesso all’esito del giudizio di opposizione al decreto prefettizio di espulsione dello straniero, va proposto nei confronti dell’autorità che ha emanato il decreto impugnato e notificato presso di essa, sicché, nel caso in cui detto ricorso sia notificato all’Avvocatura dello Stato, senza che nella precedente fase di merito quest’ultima abbia assunto il patrocinio dell’ufficio del prefetto, la notificazione è da ritenersi nulla, ma rinnovabile, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (Cass. nn. 12665/19, 28552/05).
Mancata comparizione di parte ricorrente nel giudizio di opposizione all’espulsione
Secondo Cass. civ. sez. I, ord. 23465/2022, pubblicata il 27.7.2022, nel procedimento di opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione di cui all’art. 13, d.lgs. 286/1999, alla mancata comparizione della parte istante non può collegarsi alcuna conseguenza sanzionatoria sul piano processuale, atteso che il giudizio – concernente il diritto di libertà della persona ed assoggettato, ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 150 del 2011, ad un rito caratterizzato da particolare concentrazione e speditezza – pur essendo instaurato su istanza di parte è governato, nel suo svolgimento, dall’impulso d’ufficio; pertanto, il giudice adìto, verificata la ritualità degli atti finalizzati a consentire la comparizione della parte, deve comunque pronunciarsi sul merito dell’impugnativa proposta.
Competenza a decidere le controversie relative alla legittimità dei decreti di respingimento differiti
Permangono dubbi su quale sia l’autorità giudiziaria ordinaria competente a decidere sui decreti di respingimento disposti dal questore ai sensi dell’art. 10, co. 2, d.lgs. 286/98, com’è dimostrato da un provvedimento del Giudice di pace di Roma che aveva declinato la sua competenza in favore del tribunale ordinario.
La soluzione è offerta con chiarezza da Cass. civ. sez. I, ord. 26417/2022, pubblicata in data 8.9.2022, che ha individuato nel Giudice di pace l’autorità giudiziaria competente. Osserva la Corte che, l’art. 5-bis, co. 1 lett. a) del d.l. 4 ottobre 2018 n. 113, convertito con modificazioni nella legge n. 132/2018, ha introdotto nell’art. 10 del d.lgs. n. 286/98, il comma 2-bis che dispone quanto segue: «al provvedimento di respingimento di cui al comma 2 si applicano le procedure di convalida e le disposizioni previste dall'art. 13, commi 5-bis, 5-ter, 1 e 8». Ebbene, è proprio l’art. 13, co. 8, d.lgs. n. 286/98 che, nel disciplinare il procedimento di impugnazione dei decreti prefettizi di espulsione amministrativa, prescrive che dette controversie sono disciplinate dall’art. 18, d.lgs. 150/2011che, a sua volta, indica la competenza del Giudice di pace.
Pertanto, a seguito della novella del 2018, il Giudice di pace è competente a conoscere le controversie contro i decreti di respingimento differito di cui all’art. 10, co. 2, d.lgs. 286/98, esattamente come per le espulsioni disposte dal prefetto.
Motivazione apparente
Viene all’attenzione della Suprema Corte l’ordinanza del Giudice di pace di Udine, reiettiva di un ricorso in cui si lamentava la violazione dell’art. 13, co, 2-bis, d.lgs. 286/98 relativo all’obbligo di tenere conto, nell’adottare un provvedimento di espulsione della natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno in Italia, nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali nel suo Paese di origine. A fronte di allegazioni prodotte da parte ricorrente, relative alla durata quindicennale del soggiorno in Italia, alle plurime attività lavorative e alla presenza di moglie e figli, il Giudice di pace respingeva il ricorso con la seguente motivazione: «il ricorrente non ha allegato alcuna situazione di vulnerabilità o concreti elementi di integrazione in Italia. In particolare la qualità di padre e la convivenza non integrano condizioni di vulnerabilità». La Cass. civ. sez. I, con ord. 24189/2022, pubblicata il 4.8.2022 accoglie il ricorso in quanto l’ordinanza impugnata non contiene alcuna effettiva illustrazione delle ragioni che hanno determinato il rigetto della domanda e la conferma del decreto di espulsione, alla luce delle circostanze allegate dal ricorrente e di cui la legge imponeva al giudice di tenere debito conto.
Patrocinio a spese dello Stato
Il difensore di un cittadino di Paese terzo in un giudizio di opposizione all’espulsione faceva richiesta di liquidazione dei propri compensi. Il Giudice di pace di Bari dichiarava inammissibile la richiesta perché tardiva, sul presupposto che fosse applicabile l’istituto della prescrizione presuntiva. Il Tribunale di Bari, pur ritenendo ammissibile la richiesta, la rigettava sul presupposto della carenza in atti dell’istanza di ammissione al beneficio del patrocino pubblico al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Cass. civ. sez.VI, ord. 2513/2022, pubblicata il 23.8.2022, cassava con rinvio la decisione gravata, poiché il legislatore fin dall’emanazione del TU 286/98 ha previsto l’ammissione automatica al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in questa materia, scelta ritenuta conforme a Costituzione (Corte cost. n. 439/2004). Inoltre, tale regime normativo è stato confermato dall’art. 142, d.p.r. 115/2002 e dall’art. 18, co. 4, d.lgs. 150/2011. Negli stessi termini Cass. civ. sez. VI, ord. 24102/2022, pubblicata il 3.8.2022.
Anche Cass. civ. sez. VI ord. 21907, pubblicata l’11.7.2022 affronta un tema analogo: il Tribunale di Potenza dichiarava inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Potenza, che aveva dichiarato l’inammissibilità della richiesta di liquidazione dei compensi del difensore a seguito di opposizione all’espulsione di uno straniero, per difetto di presentazione dell’istanza di ammissione al beneficio. Secondo il Tribunale, che pur avrebbe ritenuto ammissibile il ricorso stante l’ammissibilità automatica al beneficio, lo dichiarava inammissibile in quanto l’ordinanza del Giudice di pace si sostanziava nel rigetto dell’istanza di liquidazione dei compensi, la quale avrebbe dovuto essere impugnata non dalla parte ma dal difensore stesso. A giudizio della Corte di cassazione la decisione del Tribunale è affetta da motivazione intrinsecamente contraddittoria perché, dopo avere riscontrato l’erroneità della declaratoria d’inammissibilità da parte del Giudice di pace ritiene, con un salto logico, inammissibile il ricorso in opposizione sul presupposto che a dolersi dovesse essere il difensore della parte, trascurando, in tal modo, che un’istanza di liquidazione non avrebbe potuto avere seguito fin quando non fosse stata rimossa la formale declaratoria di inammissibilità della richiesta di ammissione al patrocinio (ancorché nella sostanza reputata superflua in ragione dell’affermata regola di automaticità del beneficio stesso).
TRATTENIMENTO
Motivazione
La Corte di cassazione (ordinanza sez. I civ. 6.6.2022 n. 18117; ordinanza sez. I civ. 3.8.2022 n. 24076) ha ribadito la necessità di una idonea motivazione del provvedimento di convalida o di proroga del trattenimento, precisando che la motivazione per relationem, cioè con rinvio alle informative dell’autorità di polizia, è ammissibile solo in quanto riproduca il contenuto dei documenti cui fa riferimento e indichi la condivisione da parte del decidente; in mancanza di tali elementi, la motivazione è apparente e il provvedimento nullo.
La proroga decisa con provvedimento consistente solo nell’espressione «si proroga» e corredato di una nota motivazionale aggiuntiva, in parte prestampata, che rinvia al contenuto di altro provvedimento neppure trascritto, si pone «ampiamente al di sotto del minimo costituzionale» ed è pertanto nulla (Cass., ordinanza sez. I civ. 13.6.2022 n. 18936). In senso analogo Cass. ordinanza sez. I civ. 22.7.2022 n. 22969.
Del pari immotivato e quindi nullo è il provvedimento di convalida che non tiene conto delle allegazioni del ricorrente, risultanti dal verbale di udienza e debitamente trascritte nel ricorso per Cassazione, circa l’insussistenza di una ragionevole prospettiva di allontanamento dal territorio nazionale o l’esistenza di ragioni di inespellibilità e di rischio in caso di rimpatrio, limitandosi ad affermarne, in maniera apodittica e laconica, l’inconferenza (Cass. ordinanza sez. I civ. 13.6.2022 n. 18939; Cass., ordinanza sez. I civ. 1.8.2022 n. 23862; Cass., ordinanza sez. I civ. 13.6.2022 n. 18937). In quest’ultima decisione la Corte, nel trattare congiuntamente anche il ricorso proposto avverso il successivo decreto di proroga del trattenimento, ha affermato che «l’intervenuta cassazione dei provvedimento di convalida del trattenimento, che costituisce l’antecedente logico giuridico di quello oggetto del secondo ricorso, comporta il venir meno del presupposto del successivo provvedimento con cui è stata disposta la proroga del trattenimento, non potendosi ipotizzare alcuna proroga di un trattenimento fondato su un titolo ormai privo di efficacia, per cui anche il secondo provvedimento impugnato va cassato».
È invece legittimo il decreto di convalida del trattenimento che nella motivazione richiami un precedente provvedimento di altra autorità giudiziaria (nel caso in esame, del Tribunale di sorveglianza) che abbia già esaminato quanto allegato dalla parte, in difetto di nuova allegazione (Cass., ordinanza sez. I civ. 28.6.2022 n. 20657). Nella stessa ordinanza la Corte afferma la legittimità della motivazione del «provvedimento giudiziale di convalida che individua la specifica situazione transitoria ostativa al rimpatrio o all’allontanamento mediante il richiamo per relationem all’istanza di proroga della questura che, in quanto atto propulsivo del procedimento giurisdizionale, risulta agevolmente conoscibile dalla parte e dal suo difensore», e dichiara inammissibile il ricorso nel quale il cittadino straniero trattenuto si era limitato a «eccepire la mancata individuazione analitica nella motivazione del provvedimento impugnato di una ragione ostativa al rimpatrio che giustificasse la proroga del trattenimento», senza spiegare «perché la mera circostanza allegata dell’essere padre di figli minorenni nati in Italia fosse decisiva e costituisse causa di inespellibilità».
È apparente, perché non consente di comprendere le ragioni della decisione, la motivazione del decreto di convalida del trattenimento consistente nella crocettatura di una casella nel modulo prestampato e in una sbrigativa indicazione non rispondente alle deduzioni difensive, incentrate sulla sussistenza del pericolo di fuga e sulla proporzionalità della misura privativa della libertà personale (Cass., ordinanza sez. L 20.7.2022 n. 22775).
Doppia tutela
La Corte di cassazione ha ribadito il proprio costante orientamento sulla così detta doppia tutela, secondo cui «in materia di immigrazione, il giudice, in sede di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da un provvedimento di espulsione, pur non potendo sindacare la legittimità di quest’ultimo, è comunque tenuto – alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in relazione all’art. 5, par. 1, della CEDU (che consente la detenzione di una persona, a fini di espulsione, a condizione che la procedura sia regolare) – a rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua spettanza, la manifesta illegittimità, consistente nell’avere l’Amministrazione agito al di fuori della propria competenza ovvero in mala fede» (Cass., ordinanza sez. I civ. 1.8.2022 n. 23856).
In applicazione di tale principio la Corte ha ribadito altresì che «le regole sull’esecuzione dell’espulsione amministrativa dello straniero, dettate dal d.lgs. n. 286 del 1998, art. 13, co. 5, nel testo modificato dal d.l. n. 89 del 2011, conv. in l. n. 129 del 2011, non hanno alcuna incidenza sulla legittimità del decreto prefettizio di espulsione atteso che eventuali difformità attinenti all’esecuzione rilevano in sede di sindacato della convalida dell’accompagnamento o del trattenimento non legittimi, ma non in ordine al parametro alla stregua del quale deve essere valutata la legittimità del decreto di espulsione, desumibile unicamente del medesimo d.lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2» (Cass., ordinanza sez. I civ. 2.8.2022 n. 23971).
La Corte ha escluso la manifesta illegittimità del decreto di espulsione, presupposto dell’ordine di trattenimento la cui convalida era stata impugnata osservando che il cittadino straniero era stato trattenuto «di fatto» su una così detta nave quarantena, con limitazione della libertà di circolazione individuale, prima del decreto di respingimento e del conseguente ordine di trattenimento; la Corte ha ritenuto che tale limitazione della libertà non comportasse un trattenimento soggetto alle garanzie dell’art. 13 Cost. (Cass., ordinanza sez. I civ. 6.6.2022 n. 18613).
Il giudice investito della richiesta di convalida del trattenimento deve verificare l’esistenza e l’efficacia, nonché la non manifesta illegittimità, dell’atto presupposto (decreto di espulsione o di respingimento). La sospensione, ancorché indebita, del decreto di espulsione ne fa venir meno l’efficacia esecutiva e impedisce quindi la convalida o la proroga del trattenimento (Cass., ordinanza sez. I civ. 13.6.2022 n. 18935, nel solco di consolidato orientamento di legittimità). Qualora la sospensione della potestà espulsiva sia prevista dalla legge, come nel caso della procedura di emersione («sanatoria») prevista dall’art. 103 del d.l. 34/2020, è onere della parte allegare e provare la propria condizione di lavoratore e la sussistenza dei presupposti di applicazione della norma (Cass., ordinanza sez. I civ. 13.6.2022 n. 18934).
Quando l’espulsione sia stata disposta in base ad altro atto amministrativo (di rifiuto, revoca o annullamento del permesso di soggiorno) oggetto di separata impugnazione, la sola pendenza di tale giudizio dinanzi al giudice amministrativo non comporta la sospensione del procedimento di convalida dinanzi al giudice ordinario, né la possibilità per quest’ultimo di disapplicare l’atto amministrativo presupposto. Il giudice della convalida, tuttavia, deve valutare «la possibilità di applicare misure meno misure meno restrittive del trattenimento e l’esistenza del concreto pericolo di fuga della straniera, in relazione al giudizio di proporzionalità della misura adottata» (Cass., ordinanza sez. I civ. 3.8.2022 n. 24098).
Pericolo di fuga
L’ordinanza n. 24098/2022 testé citata esprime il principio, di derivazione europea, secondo cui il giudice della convalida deve procedere a un «giudizio di proporzionalità della misura adottata, valutando se possa essere applicata una misura meno coercitiva alla luce di tutte le circostanze di fatto che caratterizzano la situazione del cittadino interessato, tenendo conto a tal fine anche del rischio di fuga e della mancanza di documenti di identità»; sicché, quando la persona espulsa e destinataria di un ordine di trattenimento o di misure a questo alternative sia in possesso di valido passaporto e presenti gli altri requisiti per essere ammessa a forme meno afflittive di esecuzione dell’espulsione, il giudice deve rendere una motivazione anche «sulle ragioni di un pericolo di fuga della straniera e senza alcuna specificazione in ordine alla proporzionalità della misura privativa della sua libertà personale» (Cass., ordinanza sez. L 20.7.2022 n. 22775).
Proroga
La motivazione del decreto di proroga del trattenimento che indichi la necessità di identificare con sicurezza la persona espulsa, con riferimento alle motivazioni della questura, «comporta che sia stata altresì valutata e condivisa, in sede giurisdizionale, anche la posizione non inerziale di quest’ultima nei tentativi di identificazione, quale ulteriore elemento di legittimità della proroga accordata»; così Cass., ordinanza sez. I civ. 30.5.2022 n. 17422.
La Corte di cassazione (ordinanza sez. I civ. 7.7.2022 n. 21612; ordinanza sez. L 12.7.2022 n. 21995; ordinanza sez. I civ. 27.7.2022 n. 23515; ordinanza sez. I civ. 3.8.2022 n. 24115; ordinanza sez. VI civ. 21.9.2022 n. 27627) ha ribadito la necessità, per la seconda proroga del trattenimento e le successive, della sussistenza di elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione dello straniero trattenuto, ovvero della verifica che il mantenimento della misura sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio, circostanze non previste ai fini della prima proroga.
Nella citata ordinanza n. 21612, la Corte ha affermato che la proroga del trattenimento può essere disposta per ragioni differenti da quelle dedotte a fondamento della convalida del trattenimento.
La necessità, imposta dagli accordi vigenti con il Paese di destinazione, di sottoporre il cittadino straniero espulso al tampone nasofaringeo nelle 72 ore anteriori all’ingresso in tale Paese, e il rifiuto della persona di sottoporsi al tampone, costituiscono valide ragioni di temporanea impossibilità di procedere al rimpatrio e giustificano quindi la proroga del trattenimento (Cass., ordinanza sez. I civ. 27.7.2022 n. 23498).
Quarantena
La sottoposizione del cittadino straniero alla quarantena precauzionale, a norma dell’art. 1, lett d), d.l. n. 19/20, dal momento dell’ingresso nel territorio italiano e per la durata di quattordici giorni, non costituisce una limitazione della libertà personale, bensì una limitazione della libertà di circolazione; essa non ricade pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 13 Cost., e non è quindi rilevante ai fini della valutazione di legittimità dell’ordine di trattenimento e della sua convalida (anche in relazione alla tempestività): così Cass., ordinanza sez. I civ. 7.7.2022 n. 21612, Cass., ordinanza sez. I civ. 8.7.2022 n. 21715.
Garanzie procedurali
Traduzione
Il decreto di espulsione e l’ordine di trattenimento, come tutti gli altri atti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, devono essere portati a conoscenza del destinatario, e l’autorità procedente deve apprestare una traduzione al fine di rendere comprensibile alla parte il significato di tali atti. Tale obbligo di traduzione non è però assoluto ma va calato «nella specifica situazione di conoscenza della lingua in cui detti atti vengono assunti»: nel caso esaminato dall’ordinanza sez. I civ. 14.9.2022 n. 27135, la Corte di cassazione ha rilevato che la comprensione della lingua italiana da parte della ricorrente si desumeva dagli atti, in particolare dalla relata di notifica delle misure alternative al trattenimento in cui si dava conto che era stata concordata una modifica dell’orario dell’obbligo di presentazione, con ciò venendo meno la necessità della traduzione e quindi escludendo la violazione del relativo obbligo.
Partecipazione della parte all’udienza
La Corte di cassazione ha ribadito ancora una volta che «al procedimento giurisdizionale di decisione sulla proroga del trattenimento dello straniero nel Centro di identificazione ed espulsione si applicano le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato, previste dall’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, per il procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento, senza che sia necessaria una richiesta dell’interessato di essere sentito» e ha pertanto dichiarato la nullità assoluta del provvedimento di proroga adottato all’esito di udienza cui non era stato condotto il cittadino straniero (Cass., ordinanza sez. I civ. 6.6.2022 n. 18120).
Interesse a impugnare
La Corte di cassazione ha ribadito (ordinanza sez. I civ. 27.7.2022 n. 23498; ordinanza sez. I civ. 28.6.2022 n. 20657; ordinanza sez. I civ. 6.6.2022 n. 18128) che persiste un interesse attuale del ricorrente ad impugnare il provvedimento di convalida di proroga del trattenimento in CPR, al fine del suo annullamento, anche qualora successivamente egli sia stato rimpatriato nel Paese d’origine o qualora l’ordine di trattenimento sia stato revocato dal questore o il trattenimento sia comunque cessato. Secondo un orientamento consolidato, infatti, «il cittadino straniero ha l’interesse ad ottenere l’annullamento del decreto di convalida del trattenimento seguìto a provvedimento espulsivo revocato in autotutela dall’autorità procedente, sia per il diritto al risarcimento derivante dall’illegittima privazione della libertà personale, sia al fine di eliminare ogni impedimento illegittimo al riconoscimento della sussistenza delle condizioni di rientro e soggiorno nel territorio italiano».
Legittimazione passiva
Il ricorso per la cassazione del decreto di proroga del trattenimento deve essere notificato al Ministero dell’interno presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma; la notifica effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato è nulla e può essere rinnovata ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; qualora essa non venga rinnovata entro il termine dato, il ricorso è inammissibile (Cass., ordinanza sez. I civ. 28.6.2022 n. 20650).
Trattenimento del richiedente asilo art. 6, d.lgs. 142/2015
Competenza
La Corte di cassazione ha ribadito (ordinanza sez. I civ. 6.6.2022 n. 18067) che la competenza funzionale a decidere sulla convalida del trattenimento di persona straniera che abbia la qualità di richiedente protezione internazionale spetta al Tribunale e non al Giudice di pace.
Presupposti del trattenimento
Il Tribunale chiamato a convalidare il trattenimento del richiedente asilo, disposto ai sensi dell’art. 6, co. 3, d.lgs. 142/2015 nei confronti di persona già trattenuta ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 286/1998 che abbia presentato domanda considerata strumentale, deve anche esaminare e rilevare incidentalmente, per la decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento espulsivo o di respingimento differito, che può consistere anche nella situazione di inespellibilità dello straniero. Il carattere strumentale della domanda deve emergere prima facie, in quanto la fondatezza della domanda di protezione interazionale resta soggetta all’autonomo giudizio della Commissione territoriale, in sede amministrativa, e del giudice, in sede giurisdizionale di impugnazione del provvedimento della Commissione (Cass., ordinanza sez. I civ. 6.6.2022 n. 18128).
Il giudice investito della convalida del trattenimento del richiedente asilo, nel valutare la strumentalità della domanda di protezione internazionale ai fini dell’art. 6, co. 3, d.lgs. 142/2015, deve rendere idonea motivazione, in difetto della quale il provvedimento di convalida del trattenimento è nullo (Cass., ordinanza sez. I civ. 1.8.2022 n. 23806).
Il carattere strumentale della domanda è stato escluso, nel giudizio di merito, nel caso di un cittadino straniero presente sul territorio italiano da appena due mesi (tempo che ragionevolmente può avergli impedito di presentare domanda di protezione internazionale prima del trattenimento), le cui dichiarazioni circa le ragioni di abbandono del Paese di origine il Tribunale ha ritenuto astrattamente riconducibili alla protezione internazionale, per come risulta dalle fonti consultate e con riferimento alla sua specifica situazione personale anche di vulnerabilità psicologica (
Trib. Roma 3.8.2022, R.G. 51744/2022
).
Qualora il cittadino straniero, già trattenuto ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 286/1998, presenti domanda di protezione internazionale e nei suoi confronti venga disposto il trattenimento ai sensi dell’art. 6, co. 3, d.lgs. 142/2015, i termini del trattenimento previsti dall’art. 14 d.lgs. 286/1998 sono sospesi; la sospensione cessa e detti termini riprendono a decorrere quando il cittadino straniero perde la qualità di richiedente asilo, perché la domanda è stata rigettata con provvedimento non più impugnabile o perché l’istante vi ha rinunciato. In tal caso, non è necessaria una nuova convalida del trattenimento, perché si ripristina il trattenimento i cui termini erano stati sospesi (Cass., ordinanza I sez. civ. 1.8.2022 n. 23897).
La Corte di cassazione, con ord. sez. I civ. 28.6.2022 n. 20656 e con ord. sez. I civ. 1.6.2022 n. 17834, torna sul rapporto tra procedure accelerate di esame della domanda di protezione internazionale e trattenimento, già oggetto della sentenza sez. I civ. 3.2.2021 n. 2457 e della successiva ordinanza sez. I civile 31.5.2022 n. 17596(entrambe nelle precedenti edizioni di questa Rassegna). In particolare la Corte si è soffermata sul problema esegetico derivante dalla compresenza di due norme apparentemente contrastanti, che disciplinano la durata del nuovo trattenimento disposto nei confronti del richiedente asilo, già trattenuto in un CPR, in attesa dell’esecuzione dell’espulsione: l’art. 6, co. 5, ultimo periodo, del d.lgs. 142/2015, secondo cui la convalida del trattenimento (essendo i termini del trattenimento già in corso, ai sensi dell’art. 14, co. 5, d. lgs. 286/1998, sospesi) viene disposta dal Tribunale «per un periodo massimo di ulteriori sessanta giorni, per consentire l’espletamento della procedura di esame della domanda», e il comma 6, primo periodo, dello stesso articolo, a mente del quale: «il trattenimento o la proroga del trattenimento non possono protrarsi oltre il tempo strettamente necessario all’esame della domanda ai sensi dell’articolo 28-bis, commi 1 e 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25...». La Corte afferma che il comma 6 prevede un ulteriore limite di durata, che si affianca a quello previsto dal comma 5, ma non prevale su di esso: in pratica il comma 6 prevede la decadenza del trattenimento ex art. 6 d.lgs. 142/2015 (con ripresa dei termini del trattenimento ex art. 14 d.lgs. 286/1998, se questo era in corso al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale) quando il procedimento di esame della domanda di protezione si conclude; la Corte quindi esclude invece che la violazione dei termini di durata della procedura (accelerata) di esame della domanda comporti la decadenza del trattenimento.
La violazione dei termini della procedura accelerata ex art. 28-bis d.lgs. 25/2008 comporta, invece, la cessazione del trattenimento secondo alcune pronunce di merito (
Trib. Roma 1.7.2022, R.G. 27496/2022
).
Il principio (già affermato dalla sentenza sez. I, 3.2.2021 n. 2457, e dall’ord. sez. I civile 31.5.2022 n. 17596, entrambe in questa Rassegna), secondo cui la durata del trattenimento del cittadino straniero che abbia presentato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale prima di essere trattenuto è di 30 giorni e non di 60, è stato correttamente applicato dal Tribunale di Roma (
Trib. Roma 16.9.2022, R.G. 49409/2022
).
Il momento in cui la persona richiedente asilo assume tale qualità ha una immediata ricaduta sulla legittimità del trattenimento, poiché il provvedimento che lo dispone deve essere trasmesso al Tribunale entro 48 ore e convalidato entro le 48 ore successive. Non appare condivisibile quanto sostenuto dal Tribunale di Roma (
Trib. Roma 28.9.2022, R.G. 59379/2022
) che, chiamato a convalidare il trattenimento di un cittadino straniero il quale aveva manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale ben sei giorni prima, in sede di convalida del trattenimento ex art. 14, d.lgs. 286/1998 dinanzi al Giudice di pace, ha escluso che la richiesta di convalida del trattenimento, trasmessa ben oltre le 48 ore da tale manifestazione di volontà, fosse tardiva, in quanto il Giudice di pace non è un’autorità preposta a ricevere le domande di protezione internazionale, e la domanda era stata registrata dalla questura, autorità competente, alcuni giorni più tardi. La tesi non convince perché la qualità di richiedente asilo, che impone la convalida del trattenimento nei termini previsti dall’art. 6, d.lgs. 142/2015 e dall’art. 13 Cost., è attribuita dall’art. 2, co. 1, lett. a), d.lgs. 142/2015 non solo a chi abbia presentato domanda di protezione internazionale ma anche a chi abbia manifestato la volontà di chiedere tale protezione (sul punto si veda Cass., sentenza sez. I civ., 9.10.2020 n. 21910: «lo statuto protettivo previsto dall’ordinamento in favore del richiedente protezione si radica già nel momento precedente a quello della formale presentazione della domanda di riconoscimento della invocata protezione internazionale innanzi alla Commissione territoriale e alla Sezione specializzata costituita nei Tribunali distrettuali, e cioè nel momento dell’effettiva manifestazione di volontà del richiedente asilo di avanzare la domanda protettiva sopra ricordata»).