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Fascicolo 1, Marzo 2024


«Creare una nuova cultura non significa solo fare individualmente delle scoperte "originali",

significa anche e specialmente diffondere criticamente delle verità già scoperte,

"socializzarle" per così dire e pertanto farle diventare base di azioni vitali».

Antonio Gramsci

 

Osservatorio italiano

Sommario

Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali 

1. L’aumento a 18 mesi del periodo complessivo massimo per il trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Profili di legittimità costituzionale (l’art. 20, che modifica anche l’art. 14, comma 5 d.lgs. n. 286/1998 e l’art. 21d. l. 19.09.2023, n. 124, conv. con mod.dalla L. 13.11.2023, n. 162. –

2. Riforma delle espulsioni e degli allontanamenti, delle autorità competenti a esaminare l’ammissibilità delle domande reiterate di protezione internazionale, dell’identificazione dei minori stranieri non accompagnati e dell’accoglienza di minori richiedenti asilo. Profili di illegittimità costituzionale (d.l. 5.10.2023, n. 133, convertito con modificazioni dalla l. 1.12.2023, n. 176). 1) Nuovi reati ostativi ai fini dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri; 2) Riforma di presupposti dei provvedimenti amministrativi di espulsione e delle procedure espulsive. Profili di incostituzionalità; 3) Potenziamento dei controlli sulle domande di visto di ingresso in Italia; 4) L’inclusione di tutte le donne nelle categorie delle persone più vulnerabili ai fini della protezione internazionale; 5) Il questore quale autorità competente ad esaminare l’ammissibilità della domanda di protezione internazionale nuovamente reiterata. Profili di illegittimità; 6) La non instaurazione delle procedure di presentazione della domanda di protezione internazionale in caso di mancata presentazione alla data fissata dall’autorità di polizia per la verifica dell’identità e per la formalizzazione della domanda; 7) Modifiche alle norme sulla manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale e sull’allontanamento ingiustificato dei richiedenti dalle strutture di accoglienza o dai Centri di permanenza per il rimpatrio; 8) Modifiche alla disciplina dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (MSNA); 9) Il collocamento dei minori non accompagnati ultrasedicenni in apposite sezioni nelle strutture di accoglienza per adulti. Profili di illegittimità; 10) Modifiche alle procedure di accertamento dell’età dei minori stranieri. L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena del presunto minore punito per false attestazioni o attestazioni a pubblico ufficiale; 11) Le deroghe alle procedure multidisciplinari per l’accertamento dell’età dei minori stranieri. Profili di illegittimità costituzionale; 12) Restrizioni alla convertibilità dei permessi di soggiorno al compimento della maggiore età per i minori stranieri non accompagnati; 13) La facoltà di adottare deroghe peggiorative ai requisiti di abitabilità dei centri di accoglienza per richiedenti asilo. Profili di illegittimità costituzionale; 14) Modifiche ai provvedimenti di espulsione e riduzione dei termini per la presentazione dei ricorsi giurisdizionali contro i provvedimenti amministrativi di espulsione; 15) Misure di sostegno per i comuni interessati da arrivi consistenti e ravvicinati di migranti. 3. Attuazione della direttiva UE di riforma delle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini extraUE che intendano svolgere lavori altamente qualificati. Il decreto legislativo 18.10.2023, n. 152 – 4.Aumento degli importi annuali per l’iscrizione volontaria degli stranieri al Servizio sanitario nazionale. Proroga dei permessi di soggiorno per protezione temporanea rilasciati agli sfollati dall’Ucraina e delle misure di accoglienza in loro favore. Potenziamento delle misure di accoglienza per i minori e dei minori stranieri non accompagnati e del personale delle Commissioni territoriali per la protezione internazionale nella Legge 30.12.2023, n. 213. – 5. Garanzia finanziaria a carico dello straniero richiedente protezione internazionale durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato. Profili di illegittimità. Il decreto del Ministero dell’interno 14.09.2023. 6. Nuove misure per il sostegno agli enti locali, per il funzionamento dei CPR e degli Sportelli unici per l’immigrazione delle Prefetture e per l’accoglienza dei migranti Art. 21 del decreto-legge 18.10.2023, n. 145, convertito nella l. 15.12.2023 n. 191. – 7. Ulteriore rinvio dell’entrata in vigore della parità tra cittadini e stranieri extraUE nella documentazione amministrativa. Profili di illegittimità costituzionale. Il d.l. 30.12.2023, n. 215. - 7. Programmazione delle quote di ingresso per lavoro per il triennio 2023-2025. Aspetti critici Il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27.09.2023Ulteriori misure di assistenza per gli sfollati dall’Ucraina. 8.Ulteriori misure di assistenza per gli sfollati dall’Ucraina. Ordinanze del Capo del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri del 5.10.2023, n. 1028 e n. 1.051 del 29.12.20239.9. Proroga dello stato di emergenza nazionale in conseguenza dell’eccezionale incremento di persone migranti in ingresso in Italia dalle rotte del Mediterraneo. La delibera del Consiglio dei Ministri del 5.10.2023

 

Rassegna delle circolari e delle direttive 

delle Amministrazioni statali 

Stranieri in generale

Cittadinanza italiana

1. Notifica digitale dei decreti di acquisto della cittadinanza italiana 

La circolare 10.11.2023, prot. 0011912 della Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze della Dipartimento delle libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno

 

Cittadini di Paesi terzi

Ingresso e soggiorno

2. Codice fiscale provvisorio ai fini del rilascio del nulla-osta al lavoro

Circolare del Ministero dell’interno prot. n. 5467 del 9.10.2023 del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche migratorie. – 3. Attuazione del d.p.c.m. sulle quote di ingresso per lavoro per il triennio 2023-2025 Circolare n. 5969 del 27.10.2023 dei Ministeri dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, dell’agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste e del turismo – 4. Attribuzione territoriale delle quote relative all’anno 2023 per lavoro subordinato (stagionale e non) ed autonomo (conversione permesso di soggiorno) Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 3942 del 27.12.2023 

 

Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali

1.

L’aumento a 18 mesi del periodo complessivo massimo per il trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Profili di legittimità costituzionale

Gli artt. 20 e 21 d.l. 19.09.2023, n. 124, conv. con mod. dalla l. 13.11.2023, n. 162 (pubblicato in G.U. 16.11.2023, n. 268), modificano l’art. 14, comma 5 d.lgs. n. 286/1998, in modo da aumentare da 30 a 90 giorni il tempo massimo del trattenimento, prorogabile per ulteriori periodi di 90 giorni fino ad un massimo complessivo di 18 mesi, disposto nei confronti degli stranieri espulsi e respinti (non dei richiedenti asilo) e mobilitano le procedure della Difesa e delle Forze armate per costituire e allestire nuovi Centri di permanenza. 

La modifica è profonda: da un lato si allungano i periodi di trattenimento (da 30+30+30+30+30+30 giorni a 90+90+90+90+90+90 giorni), il che dilata i termini delle decisioni giudiziarie e dei connessi controlli; dall’altro lato mutano e sono resi meno precisi i presupposti del trattenimento e delle successive proroghe.

Il presupposto del trattenimento iniziale di 90 giorni disposto dal questore che il giudice deve convalidare entro le successive 72 ore resta quello previsto nel comma 1 del citato art. 14: l’impossibilità di eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, tra le quali quelle indicate all’art. 13, comma 4-bis (pericolo di fuga), anche quelle riconducibili alla necessità di prestare soccorso allo straniero o di effettuare accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità ovvero di acquisire i documenti per il viaggio o la disponibilità di un mezzo di trasporto idoneo.

I presupposte delle proroghe del trattenimento disposti dal giudice, su richiesta del questore, previsti nel comma 5 del medesimo art. 14 cambiano: 

a) la prima proroga del trattenimento di ulteriori 90 giorni è disposta qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà;

b) la seconda, terza, quarta e quinta proroga del trattenimento di ulteriori periodi di 90 giorni l’una e il trattenimento dello straniero che già era stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di sei mesi sono disposti di ulteriori periodi di 90 giorni l’una (cioè fino ad un periodo di ulteriori 12 mesi, per un complesso di 18 mesi e per un complesso di 12 mesi per coloro che erano stati già trattenuti in carcere per almeno sei mesi) nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi.

Si prevede poi che nei confronti dello straniero a qualsiasi titolo detenuto, la direzione della struttura penitenziaria richiede al questore del luogo le informazioni sull’identità e sulla nazionalità dello stesso. Nei medesimi casi il questore avvia la procedura di identificazione interessando le competenti autorità diplomatiche. Ai soli fini dell’identificazione, l’autorità giudiziaria, su richiesta del questore, dispone la traduzione del detenuto presso il più vicino posto di polizia per il tempo strettamente necessario al compimento di tali operazioni. A tal fine il Ministro dell’interno e il Ministro della giustizia adottano i necessari strumenti di coordinamento.

La scelta dell’allungamento del termine del trattenimento e del periodo complessivo massimo del trattenimento appare assai opinabile perché le cifre dei rapporti del Garante nazionale delle persone private della libertà personale hanno dimostrato che dopo i primi tre mesi è improbabile che si riescano ad eseguire le espulsioni degli stranieri trattenuti.

In mancanza di norma internazionale che imponga ad uno Stato di ammettere sul proprio territorio qualsiasi persona che non sia un suo proprio cittadino l’effettivo rimpatrio è strettamente collegato alla vigenza di accordi internazionali coi Paesi di origine degli stranieri trattenuti e non già alla durata del trattenimento.

Anzi l’aumento della durata del trattenimento produce l’effetto paradossale e controproducente di tenere inutilmente occupati per 18 mesi nei Centri di permanenza posti che potrebbero essere usati per il trattenimento di stranieri effettivamente rimpatriabili nei primi 3 mesi, come si prevedeva prima della modifica disposta dall’art. 20 del decreto-legge.

Ci si chiede dunque quale sia la straordinaria necessità e urgenza di aumentare la durata massima del trattenimento, che in realtà finirebbe per diminuire il numero di persone da trattenere in un solo anno e la percentuale di coloro che sono effettivamente rimpatriati, che nel 2012 si attestava al solo 49%.

Occorre poi ricordare che questo trattenimento è e resta comunque configurato come facoltativo.

Infatti, può essere disposto soltanto allorché non siano possibile provvedimenti alternativi al trattenimento in un Centro di permanenza temporanea per il rimpatrio, come quelli indicati all’art. 14, comma 1-bis d.lgs. n. 286/1998 e hanno priorità gli stranieri che rientrano in una delle categorie indicate nel comma 1.1. dell’art. 14 e cioè coloro che siano considerati una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati di cui all’art. 4, comma 3, terzo periodo, e all’art. 5, comma 5-bis, nonché coloro che siano cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi.

La scelta discrezionale del legislatore di indicare nel comma 1.1. priorità di esecuzioni di accompagnamenti di determinati stranieri espulsi o respinti per motivi ritenuti così importanti e gravi per la tutela degli interessi pubblici coinvolti (l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la prevenzione dei reati) rispetto a quelli che riguardano stranieri espulsi o respinti in tutte le altre ipotesi (come il mero ingresso o la permanenza nel territorio nazionale in situazione di soggiorno irregolare), al punto da indicare come preferibile il trattenimento di costoro, comporta una evidente priorità discrezionalmente espressa dal legislatore, volendo con ciò rendere più urgente e più necessario che costoro siano subito allontanati effettivamente dal territorio nazionale. 

Le ipotesi indicate nel comma 1.1 riguardano stranieri espulsi o respinti per motivi assai meno frequenti rispetto agli altri casi di stranieri espulsi o respinti. Perciò rispetto alle ipotesi generali e generiche indicate nel comma 1, ognuna delle quattro ipotesi indicate nel citato comma 1.1. potrebbe configurare uno di quei casi di eccezionale necessità e urgenza tassativamente indicati dalla legge nei quali l’art. 13, comma 3 Cost. consente la deroga alla riserva di giurisdizione prevista nell’art. 13, comma 2 Cost., trattandosi di un sotto-insieme di ipotesi nell’ambito dei più generali e generici presupposti del trattenimento disposto dal solo questore previste nel comma 1 e caratterizzate da maggior grado di tassatività e di eccezionale necessità e urgenza.

Peraltro, la quarta ipotesi menzionata nel comma 1.1. che si riferisce a cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi deve essere sottoposta ad un’interpretazione costituzionalmente conforme all’art. 80 Cost., in quanto trattandosi di deroghe a norme legislative che riguardano pure i poteri dell’autorità giudiziaria, gli accordi o intese che consentono le priorità di trattenimento menzionate nel comma 1.1. devono essere intesi come gli accordi o le intese che siano stati sottoposti a leggi di autorizzazione alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost. Pertanto, non rientrano nell’ipotesi indicata nel comma 1.1. gli Stati con i quali siano in vigore accordi internazionali conclusi in forma semplificata e mai ratificati previa legge di autorizzazione alla ratifica.

In ogni caso le ipotesi del comma 1.1. dell’art. 14 d.lgs. n. 286/1998 introdotte nel 2018 appaiono un’indiretta conferma che pure al legislatore è parso necessario tentare di dare priorità razionali rispetto all’irrazionalità della previsione indicata nel comma 1 che attribuisce in modo generalizzato e discrezionale l’adozione di ogni tipo di trattenimento al solo questore.

Inoltre le altre condizioni implicite di ogni trattenimento sono la disponibilità di un posto in un Centro di permanenza per il rimpatrio e la verifica che dalle circostanze concrete sussistano “prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto nello Stato di origine o di provenienza” (nelle ipotesi – frequentissime – in cui manchino questi presupposti il questore si limita a disporre una intimazione a lasciare il territorio italiano entro 7 giorni, si sensi dell’art. 14, comma 5-bis d.lgs. n. 286/1998).

Queste due pre-condizioni sono rispettivamente collegate al numero di posti disponibili nei Centri (oggi circa 1400 posti, ma effettivamente occupabili pare siano soltanto 900, cioè circa 3600 l’anno calcolando una permanenza dei trattenuti fino a 3 mesi, come era prima della proroga disposta dal decreto-legge). È evidente che anche qualora il numero di posti fossero aumentati per effetto della costruzione di nuovi Centri disposta con le procedure accelerate e derogatorie previste dall’art. 21 del decreto-legge difficilmente si potrebbe superare i 4.000 posti, cioè una cifra che resta comunque assai esigua rispetto al numero di provvedimenti espulsivi che devono essere eseguiti, ma il cui numero annuo resterebbe comunque occupato dalle medesime persone espulse, visto che la durata massima complessiva del trattenimento è stata portata da 3 mesi a 18 mesi per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 20 del decreto-legge.

Insomma, se la difficoltà di eseguire il rimpatrio deriva dalla collaborazione dello Stato di rimpatrio occorre capire se si tratti di meri ritardi o di rifiuti o di silenzi, perché è evidente che, se fin dall’inizio del trattenimento non vi sarà collaborazione o non finirà mai con l’effettivo rimpatrio lo straniero deve essere rimesso in libertà subito, senza ulteriori proroghe del trattenimento.

In tal senso in mancanza di accordi internazionali, ratificati previa di legge di autorizzazione alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost., la proroga del periodo di trattenimento appare del tutto inutile e controproducente ai fini dell’effettiva esecuzione dei provvedimenti di allontanamento.

Non è chiaro, inoltre, che cosa debba intendersi per straniero destinatario di questo trattenimento in strutture carcerarie. Vi deve essere invece chiarezza perché ogni norma sulla restrizione della libertà personale è vincolata alla tassatività prevista dall’art. 13 Cost., 

Non è chiaro, infatti, chi sia lo “straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di sei mesi”.

Si menziona infatti uno straniero “già trattenuto in strutture carcerarie” e non già uno straniero detenuto in un istituto penitenziario (a titolo di esecuzione di pena o di misura di sicurezza o a titolo di custodia cautelare).

In proposito i dubbi sono diversi.

In primo luogo, non è chiaro in che cosa consistano le strutture penitenziarie: in modo preciso deve trattarsi di istituti penitenziari attualmente in attività (case di reclusione, case circondariali, istituti per l’esecuzione di misure di sicurezza ecc.) e non certo di mere strutture carcerarie, magari dismesse o vuote.

In secondo luogo, non è chiaro chi sia lo straniero da trattenere: il dubbio viene anche in presenza di altre norme legislative che prevedono che lo straniero espulso a titolo di sanzione sostitutiva della pena o a titolo di misura alternativa alla detenzione resti in carcere per la durata della pena residua o che la carcerazione sia ripristinata, qualora sussistano impedimenti materiali all’esecuzione dell’espulsione (art. 16, commi 7 e 9-bis d.lgs. n. 286/1998) e a quelle dell’art. 15, comma 1-bis d.lgs. n. 286/1998 che prevede che i Ministeri dell’interno e della giustizia concordino procedure per favorire l’esecuzione con accompagnamento alla frontiera dell’espulsione a titolo di misura di sicurezza “subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione”.

Il dubbio, dunque, è che si tratti di uno straniero il cui trattenimento sia stato disposto fin dall’origine in un istituto penitenziario e non necessariamente perché al momento del trattenimento era già detenuto in esecuzione di pena o in stato di custodia cautelare in carcere.

Può essere infatti lo straniero destinatario di provvedimento di respingimento o di espulsione da eseguirsi con accompagnamento alla frontiera, il quale può trovarsi in diverse condizioni giuridiche:

a) al momento dell’uscita dall’istituto penitenziario in cui era detenuto era in esecuzione di pena detentiva o aveva cessato la misura cautelare della custodia in carcere, ma il cui accompagnamento alla frontiera è impedito dagli ostacoli materiali;

b) era in stato di libertà al momento del trattenimento e non era stato mai detenuto in un istituto penitenziario;

c) era in stato di libertà al momento dell’inizio del trattenimento, ma anche in tempi non recenti era stato detenuto in esecuzione di pena o di misura cautelare. 

Occorre però ricordare che la direttiva UE sui rimpatri degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare prevede che il trattenimento debba effettuarsi presso appositi Centri di permanenza e non già presso istituti penitenziari, ben potendosi prevedere in via eccezionale trattenimenti in istituti penitenziari, ma prevedendo pure appositi spazi.

In proposito peraltro l’art. 18 della direttiva UE sui rimpatri prevede che «nei casi in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di Paesi terzi da rimpatriare comporta un notevole onere imprevisto per la capacità dei Centri di permanenza temporanea di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario» è possibile derogare la regola dettata dall’art. 16: in questa ipotesi lo straniero in situazione di soggiorno irregolare e in procinto di essere rimpatriato può essere trattenuto in un istituto penitenziario. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea conferma che il giudice deve assolutamente controllare che siano rispettati i requisiti della disposizione in esame, avendo il potere di statuire su qualsiasi elemento di fatto e di diritto pertinente perché, se così non fosse, si rischierebbe di minare il contenuto essenziale dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali; a tale proposito, gli elementi di fatto e le prove da valutare non sono solo quelli prodotti dall’autorità nazionale competente, ma anche quelli fatti valere dall’individuo interessato. La Corte precisa che, se la normativa nazionale non rispetta le condizioni contenute in entrambi gli articoli, il giudice nazionale dovrà disapplicarla. 

Infatti, la Corte ha concluso che:

1) l’art. 16, par. 1, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, deve essere interpretato nel senso che una sezione specifica di un istituto penitenziario che, da una parte, pur disponendo di un proprio direttore, sia subordinata alla direzione di tale istituto e soggetta all’autorità del Ministro responsabile per gli istituti penitenziari e nella quale, dall’altra, cittadini di Paesi terzi sono trattenuti, ai fini dell’allontanamento, in specifici edifici dotati di proprie strutture e isolati dagli altri edifici di tale sezione in cui sono detenute persone condannate penalmente, può essere considerata un «apposito Centro di permanenza temporanea», ai sensi di detta disposizione, purché le condizioni di trattenimento applicabili a questi cittadini evitino, quanto più possibile, che tale trattenimento sia simile a un confinamento in ambiente carcerario e siano concepite in modo da rispettare i diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché i diritti sanciti dall’art. 16, parr. da 2 a 5, e dall’art. 17 di detta direttiva;

2) l’art. 18 della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale chiamato, nell’ambito della sua competenza, a disporre il trattenimento o la proroga del trattenimento, in un istituto penitenziario, di un cittadino di un Paese terzo ai fini dell’allontanamento deve poter verificare il rispetto delle condizioni alle quali tale art. 18 subordina la possibilità, per uno Stato membro, di prevedere che detto cittadino sia sottoposto a trattenimento in un istituto penitenziari;

3) L’art. 16, par. 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con il principio del primato del diritto dell’Unione, deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale deve disapplicare la normativa di uno Stato membro che consenta, in via temporanea, che i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare siano trattenuti, ai fini dell’allontanamento, in istituti penitenziari, separati dai detenuti ordinari, qualora le condizioni alle quali l’art. 18, paragrafo 1, e l’art. 16, paragrafo 1, seconda frase, di tale direttiva subordinano la conformità di siffatta normativa al diritto dell’Unione non siano, o non siano più, soddisfatte.  .

La nuova norma legislativa appare perciò troppo ambigua e ben poco tassativa.

Suscita infine perplessità la previsione nell’art. 20 d.l. dell’uso delle Forze armate e del demanio militare, preposti alla difesa nazionale, per la costruzione di nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio, dei Centri governativi di accoglienza e dei punti di crisi (hotspot).

La motivazione di questa scelta può certo essere collegata ad esigenze di celerità e non a caso si prevedono procedure e formule derogatorie, anche utilizzando quelle previste dal codice della protezione civile.

Tuttavia, pare comunque esagerato prevedere che la questione migratoria è questione di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico e di difesa della Nazione. 

Le disposizioni consentono di individuare i Centri anche di accoglienza in caserme militari anche dismesse, può certo contribuire a superare eventuali obiezioni dei Comuni, ma finiscono per creare grandi Centri, con possibili strutture affollate, staccate dalla società circostante. Nessuna caratteristica è espressamente prevista e garantita circa questi Centri.

Suscita perplessità legittimare la realizzazione dei luoghi (sempre più numerosi e frammentati) per stranieri, inclusi i richiedenti asilo, con procedure derogatorie al codice degli appalti (già ammorbidito con la legge 36/2023). 

Non va sottovalutato il rischio di non dare trasparenza alle condizioni effettive del trattenimento e dei centri di accoglienza.

È molto dubbio che una simile disposizione sia conforme alla riserva di legge in materia di condizione giuridica degli stranieri e in materia di provvedimenti restrittive della libertà personale (artt. 10, commi 2 e 3 e art. 13 Cost.).

 

2.

Riforma delle espulsioni e degli allontanamenti, delle autorità competenti a esaminare l’ammissibilità delle domande reiterate di protezione internazionale, dell’identificazione dei minori stranieri non accompagnati e dell’accoglienza di minori richiedenti asilo. Profili di illegittimità costituzionale

Il d. l. 5.10.2023, n. 133, convertito con modificazioni dalla l. 1.12.2023, n. 176 (in G.U. 4.12.2023, n. 283), prevede nuove misure molto significative in materia di diritto degli stranieri 

 

1) Nuovi reati ostativi ai fini dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri

L’art. 01, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, modifica l’art. 4 d.lgs. n. 286/1998 prevedendo che non sia ammesso l’ingresso in Italia dello straniero che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, anche per il reato di lesione personale commesso contro persona incapace, per età o infermità, che causi una malattia superiore a venti giorni (art. 582, secondo comma, secondo periodo c.p.), nonché per i reati relativi a pratiche di mutilazione genitale femminile e per il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, previsti dal codice penale (artt. 583-bis e 583-quinquies, c.p.).

 

 

2) Riforma di presupposti dei provvedimenti amministrativi di espulsione e delle procedure espulsive. Profili di incostituzionalità

L’art. 1 prevede disposizioni di coordinamento formale che aggiornano i presupposti espulsivi all’evoluzione della legislazione, in particolare al codice delle misure antimafia e di prevenzione.

Si aggiornano i riferimenti normativi alla base delle situazioni soggettive che devono essere considerate nel valutare la pericolosità per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato del richiedente il permesso di soggiorno ai fini del rilascio del permesso facendo riferimento alle categorie sottoposte a misure di prevenzione indicate agli articoli 1, 4 e 15 del Codice delle leggi antimafia (comma 1, lettera c)).

Inoltre, si stabilisce che è il Ministro dell’interno l’autorità deputata a decretare l’espulsione dello straniero soggiornante di lungo periodo che costituisce una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato, mentre, nei casi in cui ricorrano gravi motivi di pubblica sicurezza, l’espulsione è disposta dal prefetto (comma 1, lettera a)).

In secondo luogo, si disciplina la procedura di espulsione dello straniero nei casi in cui sia destinatario di una delle misure amministrative di sicurezza di cui al Titolo VIII del codice penale (comma 1, lettera c)). Si tratta di una fattispecie non prevista in precedenza dall’ordinamento, che prevedeva esclusivamente l’ipotesi di espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale non in stato di custodia cautelare in carcere.

In terzo luogo, l’articolo modifica la disciplina relativa al diritto di difesa dello straniero parte offesa ovvero sottoposto a procedimento penale che sia stato espulso prevedendo che il questore ha la facoltà di negare l’autorizzazione al rientro in Italia qualora la presenza dell’interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. Nella formulazione previgente l’autorizzazione era concessa in modo automatico (comma 1, lettera e)). 

Viene poi ribadita la competenza del giudice amministrativo nell’esame dei ricorsi contro i provvedimenti di espulsione disposti dal Ministro dell’interno e quella del giudice ordinario contro quelli del prefetto (comma 2).

Si prevede che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di espulsione dei cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, disposta dal prefetto per gravi motivi di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 9, comma 10, secondo periodo, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dal d.l. (che competono al giudice ordinario), siano regolate dal rito semplificato di cognizione (comma 4, alle lettere a) e b),).

Tuttavia, due aspetti delle nuove norme introdotte con l’art. 1 appaiono problematici.

1) All’art. 1, comma 1, lett. c) la modifica dell’art. 9, comma 10 d.lgs. n. 286/1998 dà al prefetto un non meglio precisato potere di disporre il provvedimento amministrativo di espulsione nei confronti degli stranieri titolari di p.s. UE per soggiornanti di lungo periodo “quando ricorrono gravi motivi di pubblica sicurezza”.

Questa disposizione appare incostituzionale per due motivi concernenti il presupposto consistente in “gravi motivi di pubblica sicurezza”:

In primo luogo, la vaghezza del presupposto espulsivo viola riserva di legge in materia di stranieri prevista dall’art. 10, comma 2 Cost., perché non prevede in modo tassativo i casi di espulsione, come invece prevedeva il testo previgente.

In secondo luogo, viola gli obblighi europei vincolanti ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost. perché appare violare l’art. 12, parr. 1 e 2 dell’art. 12 della Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo che consente agli Stati membri di tale straniero lungo soggiornante «esclusivamente se egli costituisce una minaccia effettiva e sufficientemente grave per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza» e mai per motivi economici. 

2) All’art. 1, comma 1, lett. c), n.1) 2) si introduce nel comma 3 dell’art. 13 d. lgs. n. 286/1998 l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza al Questore prima di dare esecuzione dell’espulsione a titolo di misura di sicurezza.

La norma non è tuttavia molto precisa, perché non prevede che insieme con la richiesta di nulla-osta il giudice compia il riesame della pericolosità sociale dello straniero condannato, né prevede tempi e modi per la richiesta e per la sua risposta, né disciplina l’esecuzione dell’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera mediante le forze di polizia, il quale dovrebbe avvenire il giorno stesso delle dimissioni dall’istituto penitenziario.

 

3) Potenziamento dei controlli sulle domande di visto di ingresso in Italia

L’art. 2 (Potenziamento dei controlli sulle domande di visto di ingresso in Italia) del d.l. al fine di potenziare i controlli sulle domande di visto di ingresso per l’Italia, prevede che possono essere destinate presso le rappresentanze diplomatiche o gli uffici consolari, previo collocamento fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, fino a n.20 unità di personale dei ruoli degli ispettori o dei sovrintendenti della Polizia di Stato.

La norma appare opinabile, perché le ampie provenienze di tutti gli stranieri da tanti stati extraUE e la situazione di grandi arretrati delle domande di visto presso le rappresentanze di tanti Stati extra UE soggetti all’obbligo del visto rendono irragionevoli sia l’esiguità del potenziamento (soltanto 20 unità di personale in tutto il mondo), sia la mancata previsione del potenziamento della consistenza di tutto il personale consolare, al quale spetta l’esame delle domande di visto.

 

4) L’inclusione di tutte le donne nelle categorie delle persone più vulnerabili ai fini della protezione internazionale

Si modifica l’art. 17 d.lgs. n. 142/2015 prevedendo che tutte le donne (e non solo quelle incinte) siano inserite nella categoria delle persone portatrici di esigenze particolari. 

La modifica è assai significativa, perché nel vigente diritto degli stranieri hanno diritto a essere inserite nei Centri di accoglienza allestiti dai Comuni nell’ambito del SAI, ma finisce col prevedere una irragionevole discriminazione al rovescio fondata sul sesso, nei confronti dei richiedenti asilo maschi non vulnerabili e implicitamente conferma l’irrazionale scelta fatta dal d.l. n. 20/2023 di togliere tali categorie di richiedenti asilo tra i beneficiari delle strutture di accoglienza del SAI. 

 

5) Il questore quale autorità competente ad esaminare l’ammissibilità della domanda di protezione internazionale nuovamente reiterata. Profili di illegittimità 

L’art. 3 al comma 1, lett. a) prevede che in caso di reiterazione di domanda di riconoscimento di protezione internazionale presentata nella fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, già convalidato dall’autorità giudiziaria, il questore, sulla base del parere del presidente della commissione territoriale per l’esame della domanda di asilo, procede con immediatezza all’esame preliminare della domanda e qualora non sussistano nuovi elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale ne dichiara l’inammissibilità, senza pregiudizio per l’esecuzione della procedura di allontanamento. Se invece emergono nuovi elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale la commissione territoriale procede all’ulteriore esame. Allo stesso modo, la commissione territoriale procede all’esame in caso emergano elementi rilevanti ai fini del divieto di espulsione stabilito dall’art. 19 d.lgs. n. 286/1998, quali, ad esempio il pericolo di espulsione verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione.

Le lettere b) e c) del comma 1, introdotte dalla legge di conversione in legge del d.l., prevedono che il questore, una volta eseguita l’espulsione nei casi di domanda reiterata di protezione internazionale senza addurre nuovi motivi e di domanda manifestamente infondata, ne deve dare comunicazione alle Commissioni territoriali che a loro volta la trasmettono tempestivamente al giudice ai fini della dichiarazione della cessata ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Inoltre, si prevede che il giudice, in caso di rigetto reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, nel liquidare il compenso del difensore deve motivare espressamente la sussistenza dei requisiti per l’ammissione al gratuito patrocinio nel decreto di pagamento dell’onorario e delle spese spettanti al difensore.

Il giudice dichiara cessata l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato quando rigetta l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione adottata dalla commissione territoriale in caso di domanda di protezione internazionale presentata direttamente alla frontiera da un richiedente proveniente da un Paese designato Paese sicuro e quando rigetta l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione adottata dalla commissione territoriale e perviene, prima dell’adozione del decreto decisorio di rigetto, la comunicazione dell’avvenuta espulsione da parte della commissione territoriale.

Il comma 2, introdotto dalla legge di conversione modifica la disciplina generale del gratuito patrocinio riguardante l’esclusione dal diritto alla liquidazione del compenso del difensore in caso di impugnazione inammissibile.

La disposizione che prevede che il questore che sta provvedendo alle operazioni allontanamento dello straniero espulso che aveva già reiterato domanda di protezione internazionale sia competente a decidere sull'ammissibilità della domanda di protezione internazionale nuovamente reiterata, sulla base del parere del presidente della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. appare costituzionalmente illegittima perché viola gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell’Italia all’UE vincolanti ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost. in quanto si viola o si tenta di eludere la direttiva 2013/32/UE sulle procedure di esame delle domande di protezione internazionale, perché nulla garantisce che il personale appartenente alla carriera dei questori (men che meno un personale individuato all'ultimo e in modo del tutto casuale) «riceva preliminarmente la necessaria formazione basilare, soprattutto in ordine a diritto internazionale dei diritti umani, acquis dell’Unione in materia di asilo e tecniche di conduzione dei colloqui» (art. 43, par. 2 dir. 2013/32/UE).

 

6) La non instaurazione delle procedure di presentazione della domanda di protezione internazionale in caso di mancata presentazione alla data fissata dall’autorità di polizia per la verifica dell’identità e per la formalizzazione della domanda 

Si introduce un comma 3-bis nell’art. 6 del d.lgs. n. 25/2008 che prevede che «nel caso in cui lo straniero non si presenta presso l’ufficio di polizia territorialmente competente per la verifica dell’identità dal medesimo dichiarata e la formalizzazione della domanda di protezione internazionale, la manifestazione di volontà precedentemente espressa non costituisce domanda secondo le procedure previste dal presente decreto e il procedimento non è instaurato». 

Tale disposizione appare incostituzionale: infatti, non si prevedono né i luoghi, né i termini entro cui presentarsi per la domanda di protezione internazionale. “Ufficio di polizia” è termine troppo vago, dovendosi trattare soltanto degli uffici immigrazione delle questure presso le quali avviene la verbalizzazione della domanda ai sensi dell’art. 26 d.lgs. n. 25/2008. Non si indica un termine entro il quale lo straniero dovrebbe presentarsi agli uffici. In proposito lo straniero anche se entrato irregolarmente si è già presentato “senza indugio” alle autorità (come prescrive l’art. 31 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato) e dunque dovrebbe presentarsi per verificare la sua identità e nazionalità con i rilevamenti fotodattiloscopici attuati nei punti di crisi o nelle questure, come prevede l’art. 10-ter d.lgs. n. 286/1998, il che fa riferimento ai termini di 72 ore dalla manifestazione della volontà di presentare la domanda di protezione internazionale previsti negli artt. 9 e 14 del Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 che istituisce l’Eurodac per il confronto delle impronte digitali, o a verbalizzare la sua domanda nei termini indicati nell’art. 26 d.lgs. n. 25/2008. Infine il «presentarsi presso gli uffici di polizia» è un mero comportamento materiale che non dà alcuna garanzia al richiedente asilo, perché mancano riferimenti chiari che gli consentano di adempiere all’obbligo di conformarsi; insomma occorre che al richiedente sia data dall’ufficio di polizia una ricevuta scritta dell’effettiva avvenuta presentazione della verbalizzazione della domanda di protezione internazionale rilasciata dalla questura e tale ricevuta è anche un permesso di soggiorno provvisorio ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 142/2015.

La disposizione elude gli obblighi previsti dal Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 che istituisce Eurodac per il confronto delle impronte digitali, i cui artt. 9 e 14 prescrivono ad ogni Stato il rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di cittadini di Paesi terzi o apolidi di età non inferiore a 14 anni, che siano fermati dalle competenti autorità di controllo in relazione all'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della propria frontiera in provenienza da un paese terzo e che non siano stati respinti o che rimangano fisicamente nel territorio degli Stati membri e che non siano in stato di custodia, reclusione o trattenimento e l’invio di tali dati al servizio centrale di Eurodac entro le 72 ore da quando lo straniero sia stato fermato in situazione di ingresso o di soggiorno irregolare o dalla manifestazione della volontà di presentare domanda di protezione internazionale. Tali obblighi sono strettamente collegati al regolamento UE sulla determinazione dello Stato competente a decidere sulle domande di protezione internazionale. Le nuove norme italiane consentono dunque di eludere questi ultimi obblighi.

In ogni caso, nessuna norma garantisce allo straniero che i termini legali per la verbalizzazione siano effettivamente rispettati dalla questura, visto che nella prassi sono lunghissimi i tempi per l’effettiva verbalizzazione delle domande derivanti dalla scarsità personale delle questure, il che spesso induce a rinviare di fatto di mesi gli appuntamenti per la identificazione e per la verbalizzazione.

Dunque, la nuova disposizione non dà strumenti per evitare che gli stranieri richiedenti restino in situazione di soggiorno irregolare per motivi indipendenti dalla loro volontà o quando non riescano per motivi pratici o per cause di forza maggiore a raggiungere in tempi e modi indicati gli uffici di polizia prescritti o ad accedere concretamente agli uffici di polizia indicati (il che accade frequentemente anche per il sovraffollamento).

 

7) Modifiche alle norme sulla manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale e sull’allontanamento ingiustificato dei richiedenti dalle strutture di accoglienza o dai Centri di permanenza per il rimpatrio

L’art. 4 riduce da dodici a nove mesi il periodo di sospensione della domanda di protezione internazionale, prevista nei casi di allontanamento ingiustificato del richiedente dai Centri di accoglienza o di sua sottrazione al trattenimento negli hotspot e nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR).

La legge di conversione in legge prevede anche l’estinzione automatica del procedimento in caso di mancata richiesta di riapertura da parte del soggetto interessato e l’applicazione della disciplina in materia di domanda manifestamente infondata anche alle persone qualificate come vulnerabili (il che ha l’immediato effetto di dimezzare i termini per l’impugnazione della decisione).

 

8) Modifiche alla disciplina dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (MSNA)

L’art. 5, modificato dalla legge di conversione, riforma l’accoglienza  dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) perché la lett. a), n. da 1 a 4): estende da trenta a quarantacinque giorni il tempo massimo di permanenza dei minori nelle strutture governative di prima accoglienza a loro destinate; specifica che l’attivazione delle strutture di prima accoglienza avviene sulla base delle esigenze del territorio e dell’entità degli arrivi in frontiera o dei rintracci ed elimina la possibilità per gli enti locali di gestire tali strutture tramite convenzione con il Ministero dell’interno. 

Per quanto riguarda l’accoglienza dei minori nel SAI, si dispone che la capienza del Sistema è commisurata: 

1) alle effettive presenze dei minori, anziché in generale sul territorio nazionale, nelle strutture di prima accoglienza e nelle strutture ricettive temporanee attivate dai prefetti (c.d. CAS minori); 

2) nei limiti delle risorse non solo del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, come già previsto, ma anche del nuovo Fondo per l’immigrazione istituito dal d.l. n. 145 del 2023. 

Si stabilisce inoltre che l’assistenza e l’accoglienza del minore sono assicurate dai comuni in caso di temporanea indisponibilità non solo, come attualmente previsto, nelle strutture governative di prima accoglienza e delle strutture afferenti al SAI (art. 19, co. 2 d.lgs. n. 142/2015) ma anche nei centri di accoglienza straordinaria (CAS) minori

 

9) Il collocamento dei minori non accompagnati ultrasedicenni in apposite sezioni nelle strutture di accoglienza per adulti. Profili di illegittimità

Inoltre, lo stesso art. 5 prevede che, in caso di indisponibilità di strutture dedicate, i Prefetti possano collocare i minori migranti non accompagnati ultra16enni in apposite sezioni nell’ambito dei centri per adulti. Si tratta di strutture di grandi dimensioni e prive degli standard stabiliti per i minorenni (in termini di personale, di servizi garantiti ecc.), in cui essi non avranno accesso all’assistenza legale e psicologica, né a corsi di lingua italiana.

La norma non chiarisce neppure se si deve trattare di nuovi arrivi oppure di minori stranieri non accompagnati che siano già stati accolti da tempo in strutture per minori, i quali compiano 16 anni.

In ogni caso le nuove norme paiono viziate da violazioni plurime di norme costituzionali, internazionali ed europee.

1) Si violano gli obblighi europei, vincolanti ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost., per violazione dell’art. 24 della direttiva UE sull’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale che esige che le strutture possano essere comuni, ma in luoghi separati e dalla lettura complessiva della direttiva appare chiaro che devono essere garantiti servizi specifici. 

2) Si violano gli obblighi internazionali, vincolanti ai sensi degli artt. 10, commi 2 e 3 e 117, comma 1 Cost., per violazione del principio previsto dall’art. 3 della Convenzione internazionale sul fanciullo che esige che ogni Stato operi sempre nel superiore interesse del minore (e non nell’interesse dello Stato che ha omesso di predisporre specifiche strutture di accoglienza).

3) Si violano gli obblighi internazionali, vincolanti ai sensi degli artt. 10, commi 2 e 3 e 117, comma 1 Cost., perché si viola l’art. 20 della stessa Convenzione che prevede che l’accoglienza dei minorenni soli deve avvenire in affidamento in famiglia o in centri a loro riservati e non in un Centro che ha per destinatari adulti.

4) Si violano gli obblighi internazionali vincolanti ai sensi degli artt. 10, commi 2 e 3 e 117, comma 1 Cost., perché si violino art. 22, comma 3 della stessa Convenzione internazionale che prevede che il minorenne che cerca di ottenerne lo status di rifugiato, allorché sia privo dei genitori ha diritto di avere «la stessa protezione di quella di ogni altro fanciullo definitivamente oppure temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualunque motivo».

5) Si viola l’art. 3 Cost. perché comporta un trattamento irragionevolmente differente tra persone che si trovano nella medesima condizione, cioè tra minorenni italiani e stranieri che hanno la medesima età.

6) Si viola l’art. 31, comma 2 Cost. perché si contravviene alla prescrizione che impone alla Repubblica di proteggere l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

7) Si viola il diritto alla difesa previsto dall’art. 24 Cost. e l’effettivo accesso alla difesa garantito dall’art. 6 CEDU. Infatti, il presunto adulto che voglia contestare l’attribuzione dell’età si troverà però chiuso nel frattempo in un hotspot o collocato in uno dei nuovi Centri sovraffollati che sono privi di ogni orientamento legale, sicché ben difficilmente potrà comprendere cosa gli sta succedendo, reperire un difensore e agire a sua difesa nell’irragionevole termine di 5 giorni.

Questi gravi vizi di legittimità e il rischio elevatissimo di contribuire a danni fisici e psichici e di incidere in modo indelebile sulla fase della crescita di persone minori, e addirittura di concorrere ad eventuali abusi di minorenni nell’ambito di centri per maggiorenni, dovrebbero indurre ad abrogare la nuova norma.

Occorre inoltre ricordare che con sentenza del 31 agosto 2023 l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo (causa M.A. c. Italia) per violazione dell’art. 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani e degradanti) proprio in ragione della lunga permanenza di una minore non accompagnata in un centro per adulti a Como. La Corte ha riscontrato una «prolungata inazione delle autorità nazionali riguardo alla sua situazione [della minore] e ai suoi bisogni di minore particolarmente vulnerabile» (par.48). 

Occorre dunque sostituire la norma per tornare a prevedere stanziamenti finanziari adeguati a costruire Centri di accoglienza per MSNA.

In proposito la legge di conversione in legge ha apportato ulteriori modificazioni che però non scalfiscono questi problemi di fondo ed anzi forse li aggravano:

- l’accoglienza negli speciali Centri governativi di prima accoglienza riservati ai soli MSNA in mancanza di centri comunali passa da 30 a 45 giorni e si prevede che il decreto ministeriale sugli standard strutturali non debba più tenere conto delle esigenze locali e della normativa regionale, ma della normativa vigente (tra cui c'è anche quella regionale);

- a conclusione dell’accoglienza nei Centri governativi dedicati ai MSNA costoro sono ospitati in apposite strutture di accoglienza per MSNA nell’ambito del SAI, finanziate con apposite risorse del Fondo nazionale per il diritto di asilo, commisurate agli effettivi flussi di MSNA, in modo che ogni ente locale che partecipa al SAI preveda comunque specifici programmi per MSNA;

- in caso di indisponibilità di posti nei Centri comunali per MSNA e anche in strutture prefettizie provvisorie destinate ad accogliere i MSNA di età superiore ai 14 anni aventi la capienza fino a 50 MSNA (ma per i quali è consentita la facoltà di derogare del 50% i limiti massimi di capienza consentite in quelle strutture) i prefetti potranno disporre l’accoglienza dei MSNA di età superiore ai 16 anni in apposite sezioni dei Centri governativi di accoglienza per richiedenti asilo per adulti e nei CAS per adulti, per un periodo fino a 90 giorni, prorogabili di ulteriori 60 giorni, che il responsabile della struttura deve sempre comunicare anche al Comune in cui si trova la struttura.

Malgrado nella legge di conversione in legge del decreto-legge sia stato previsto anche l’aumento dei fondi per i Centri dedicati ai minori stranieri non accompagnati dagli enti locali nell’ambito delle strutture del SAI, le nuove norme eludono il problema, sollevato da tutti gli enti locali, della grave mancanza di posti per l’accoglienza dei minori non accompagnati, prevedendone invece l’accoglienza in Centri potenzialmente sovraffollati, il che implicitamente può indurre la maggior parte di essi, come avviene da tempo, a disperdersi rapidamente per tentare di giungere in altri Stati europei o, magari, a dire di essere falsamente maggiorenni, il che ne consentirà ancor più facilmente l’eventuale sfruttamento per finalità lavorative, sessuali o criminali.

 

10) Modifiche alle procedure di accertamento dell’età dei minori stranieri. L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena del presunto minore punito per false attestazioni o attestazioni a pubblico ufficiale

a) Si prevede che la procedura di accertamento socio-sanitario dell’età del minore di cui al comma 6 dell’art. 19-bis d.lgs. n. 142/2015 debba concludersi entro il termine di sessanta giorni a decorrere dalla data in cui tale accertamento è stato disposto dalla Procura della Repubblica.

b) Si prevede l’obbligo di costituire entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del d.l. (cioè a decorrere dal 6 ottobre 2023) le équipe multidisciplinari e multiprofessionali già previste dall’Accordo sancito in sede di Conferenza unificata, che svolgono l’accertamento socio-sanitario dell’età del minore qualora permangano fondati dubbi in merito sull’età dichiarata dal minore.

c) L’art. 5, comma 1, lettera b), n. 3 d.l. prevede la facoltà per l’autorità di pubblica sicurezza, in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati, di disporre con immediatezza l’effettuazione di misurazioni antropometriche o di altri esami sanitari, inclusi quelli radiografici, al fine di determinare l’età, informando immediatamente la Procura della Repubblica presso il Tribunale per la persona, la famiglia ed i minorenni, che ne autorizza l’attuazione in forma scritta ovvero, in casi di particolare urgenza, oralmente con successiva conferma scritta (nuovo comma 6-ter dell’art. 19-bis, d.lgs. n. 142/2015). Si prevede, altresì, la redazione di un verbale delle attività poste in essere, che reca anche l’esito delle operazioni compiute con indicazione del margine di errore, e che deve essere notificato all’interessato (e al tutore ove nominato) e trasmesso all'autorità giudiziaria nelle quarantotto ore successive. Il verbale può essere impugnato davanti al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie entro cinque giorni dalla notificazione.

d) Si prevede che qualora il presunto minore venga condannato per false dichiarazioni o attestazioni a pubblico ufficiale in relazione all’età dichiarata o accertata mediante documento anagrafico, la pena prevista per tale reato dal codice penale può essere sostituita con l’espulsione dal territorio nazionale.

 

11) Le deroghe alle procedure multidisciplinari per l’accertamento dell’età dei minori stranieri. Profili di illegittimità costituzionale

Inoltre, il decreto-legge interviene sulle procedure di accertamento dell’età dei minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo. 

L’art. 5, co. 1, lett. b) introduce diverse novità in materia di identificazione del minore e accertamento dell’età. 

In particolare, si prevede la facoltà per l’autorità di pubblica sicurezza di procedere direttamente ad esami per accertare l’età di un presunto minore, in deroga al procedimento già codificato basato sull'accertamento socio-sanitario svolto da equipe multidisciplinari.

Infatti, in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati, l’autorità di pubblica sicurezza, nel procedere ai rilievi dattiloscopici e fotografici, può anche disporre lo svolgimento di «rilievi antropometrici o di altri accertamenti sanitari, anche radiografici», volti all’individuazione dell’età. 

L’esecuzione di tali operazioni deve essere autorizzata dalla procura della Repubblica presso il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, a cui l’autorità di pubblica sicurezza deve dare immediata comunicazione. La disposizione specifica che l’autorizzazione deve essere data in forma scritta, fatti salvi i casi di particolare urgenza, in cui l’autorizzazione può essere data oralmente e successivamente essere confermata per iscritto.

 

In proposito problematico appare il nuovo comma 6-ter dell’art. 19-bis n. 142/2015, in cui l’obbligo di applicare un approccio multidisciplinare complesso (che riduce errori dagli esiti nefasti) è derogato mediante accertamenti indicati in modo generico e forse applicabili persino in alternativa tra loro (solo misurazione del polso o solo rilievi antropometrici?). La norma sembra incostituzionale per violazione dell’art. 3 Cost. perché si prevedono procedimenti e standard diversi per conseguire il medesimo obiettivo, cioè, condurre in modo rigoroso l’accertamento dell’età.

La nuova disposizione consente alla Polizia di Stato gli accertamenti sull'età (la cui natura giuridica è in sé dubbia se si tratti di restrizione alla libertà personale o di circolazione e soggiorno o di trattamento sanitario obbligatorio). 

Circa la determinazione dell’età al momento della identificazione, si prevede di derogare alla legge n. 47/2007 «in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati, a seguito di attività di ricerca e soccorso in mare, di rintraccio alla frontiera o nelle zone di transito di cui all’art. 28-bis, comma 4, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, di rintraccio sul territorio nazionale a seguito di ingresso avvenuto eludendo i controlli di frontiera».

È evidente che non si tratta dunque di una deroga, ma di ipotesi ordinarie e per nulla eccezionali, come conferma l’ultimo periodo, in base al quale autorità di pubblica sicurezza potrà disporre «rilievi antropometrici o […] altri accertamenti sanitari, anche radiografici» che, in casi di particolare urgenza – non meglio definita dalla norma – potranno essere autorizzati anche oralmente dalla Procura minorile, con autorizzazione scritta soltanto successiva.

Questa disposizione, peraltro, non considera necessaria l’autorizzazione scritta del tutore e neanche la sua avvenuta nomina – nonostante si tratti di accertamenti sanitari anche invasivi, come le radiografie. Inoltre, in questi casi non sarebbe necessariamente prevista la presenza di un mediatore linguistico culturale, essenziale per garantire un consenso informato della persona agli accertamenti sanitari richiesti. 

Considerando che nessun metodo disponibile, neanche medico, consente la determinazione esatta dell’età, è inoltre molto preoccupante che la norma eluda il principio dell’approccio multidisciplinare, e che preveda un’eccezione alla regola secondo la quale gli accertamenti sanitari, in particolare se caratterizzati da invasività, debbano essere utilizzati soltanto se strettamente necessari e in seguito a metodi meno invasivi, quali il colloquio psico-sociale con l’interessato. 

La procedura di accertamento dovrebbe essere disposta solo in caso di “fondato dubbio” sulle dichiarazioni dell’interessato e non a libera discrezione delle forze di pubblica sicurezza, sulle quali tale ampia discrezionalità farebbe ricadere una responsabilità eccessiva, oltre che gravosa, nell’ambito dell’identificazione. 

Tutto, perciò, sarebbe deciso dalla sola autorità di pubblica sicurezza, con uno spazio di discrezionalità che è disciplinato in modo vago e non tassativo, il che configura una violazione della riserva di legge in materia di condizione degli stranieri e di diritto di asilo previste nei commi 2 e 3 dell’art. 10 Cost.

La disposizione appare comunque di dubbia conformità rispetto all’ art. 13 Cost., anche perché la giurisprudenza costituzionale afferma da tempo che l’autorità giudiziaria competente a decidere la convalida menzionata nell'art. 13 Cost. è il giudice e non il p.m. e perché occorrerebbe prevedere un formale procedimento di convalida giudiziaria, che invece non è previsto.

Questa procedura rischia di rivelarsi tutt’altro che eccezionale, unita alla permanenza in centri per adulti e ai termini ristrettissimi per impugnare il verbale di polizia in cui viene dichiarata l’età – 5 giorni – può facilmente portare al respingimento, alla detenzione e alla successiva espulsione di minori dichiarati maggiorenni per errore. Ciò consente di eludere il divieto di respingimento e di espulsione per i minori non accompagnati e rende possibili gravi violazioni dei diritti fondamentali dei minori, in particolare per coloro che provengano da Paesi cosiddetti “sicuri” e quindi sottoposti a procedure accelerate in frontiera, qualora erroneamente considerati adulti.

 

12) Restrizioni alla convertibilità dei permessi di soggiorno al compimento della maggiore età per i minori stranieri non accompagnati

La disciplina del permesso di soggiorno per minori stranieri non accompagnati al compimento del diciottesimo anno d’età di cui all’art. 32 del Testo unico sull’immigrazione è riformata stabilendo che tale permesso di soggiorno abbia la durata massima di un anno e la conversione sia possibile previo accertamento dell'effettiva sussistenza dei presupposti e requisiti previsti dalla normativa vigente: in caso di richiesta di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo o subordinato, la verifica dei requisiti è svolta dai consulenti del lavoro e dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale alle quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato. Qualora sia successivamente accertata l’assenza dei requisiti, consegue la revoca del permesso di soggiorno.

Si abroga anche la norma che prevedeva che il mancato rilascio del parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, nonché della previsione dell'applicazione del c.d. silenzio assenso al procedimento di conversione (cfr. art. 4-bis, d.l. 20/2023 e art. 6, d.l. 133/2023).

 

13) La facoltà di adottare deroghe peggiorative ai requisiti di abitabilità dei centri di accoglienza per richiedenti asilo. Profili di illegittimità costituzionale

Infine, il decreto-legge all’art. 7, comma 1, lett. a) e c) legittima in modo strutturale deroghe ai limiti di capienza dei centri di accoglienza (anziché prevedere un aumento dei posti di accoglienza alla media degli arrivi degli ultimi 5 anni).

La deroga ai limiti di capienza può avvenire solo in casi di estrema urgenza, non può comunque andare oltre il doppio dei limiti dei posti previsti dalle disposizioni amministrative degli enti territoriali e deve avvenire secondo le modalità definite da una commissione tecnica nominata dal prefetto e composta da referenti della prefettura, del comando provinciale dei Vigili del fuoco e dell’azienda sanitaria locale, nonché della regione, della provincia autonoma e dell’ente locale interessati (ai componenti della commissione non sono corrisposti compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti).

In realtà il presupposto per le deroghe è soltanto uno: «gli arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti» già indicato nell’art. 11 d.lgs. n. 142/2015, che già oggi consentono ai prefetti di disporre l’apertura di centri di accoglienza straordinaria (CAS). La possibilità di una deroga temporanea dei parametri abitativi non è dunque collegata a una situazione di crisi temporanea da superare il prima possibile, ma appare una sorta di deroga strutturale e di fatto permanente alla capienza di tutti i centri di accoglienza.

Dunque, si consente di derogare ai requisiti di abitabilità degli alloggi, all’agibilità degli spazi, ai requisiti igienico-sanitari previsti per ogni altra persona, soltanto perché ci si trova di fronte a stranieri richiedenti asilo. Queste nuove disposizioni di fatto consentono un inammissibile e strutturale sovraffollamento in condizioni potenzialmente disumani e degradanti, in violazione dell’inderogabile divieto di trattamenti disumani o degradanti previsto dall’art. 3 CEDU.

Esse appaiono incostituzionali sotto almeno quattro profili.

In primo luogo, si viola il principio costituzionale di eguaglianza previsto dall’art. 3 Cost. e il diritto di asilo garantito dall’art. 10, comma 3 Cost. perché si consentono deroghe peggiorative soltanto nei confronti dei richiedenti asilo e soltanto per le loro personali condizioni sociali momentanee, del tutto incolpevoli.

In secondo luogo, si creano le condizioni materiali per una violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dall’art. 3 Conv. eur. dir. uomo, che avviene in caso di sovraffollamento in condizioni subumane al momento di arrivi molto consistenti.

In terzo luogo, si violano le riserve di legge previste dall’art. 10, commi 2 e 3 Cost. allorché si lasciano alla discrezionalità governativa, senza alcun parametro predefinito, decidere quando e se adottare queste deroghe.

In quarto luogo si finisce così per scoraggiare l’accesso effettivo al diritto di asilo garantito dall’art. 10, comma 3 Cost. e in violazione degli obblighi previsti dalle norme europee si finisce per invogliare gli stranieri a presentare altrove o in altro Stato domande di protezione internazionale, lasciando le persone in situazione di inammissibile situazione di soggiorno irregolare.

 

14) Modifiche ai provvedimenti di espulsione e riduzione dei termini per la presentazione dei ricorsi giurisdizionali contro i provvedimenti amministrativi di espulsione

La legge di conversione in legge ha apportato le seguenti modifiche e integrazioni nell’art. 1 d.l.:

- viene circoscritto il margine di discrezionalità del giudice nel comminare la misura dell’espulsione quale misura di sicurezza dello straniero di un Paese terzo che sia condannato per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza prevedendo che il giudice ordina (e non “può ordinare” come stabilito dalla norma vigente) l’espulsione dello straniero condannato per quei delitti, fermo restando che egli risulti socialmente pericoloso;

- viene ridotto da 30 a 15 giorni (e da 60 a 40 giorni se il ricorrente risiede all’estero) il termine del deposito del ricorso avverso il provvedimento di espulsione dei cittadini stranieri, compresi quelli in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (comma 4, lett.b-bis) e comma 4-ter);

- è introdotta la possibilità dell’espulsione del cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea a titolo di sanzione sostitutiva alla detenzione, come già previsto per il cittadino non UE (comma 4-bis).

 

15) Misure di sostegno per i Comuni interessati da arrivi consistenti e ravvicinati di migranti

L’art. 8, modificato dalla legge di conversione, prevede al comma 1 che, al fine di supportare i Comuni interessati da arrivi consistenti e ravvicinati di migranti sul proprio territorio, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, anche speciali, connesso alle attività dei Centri governativi di prima accoglienza e dei punti di crisi allestiti, anche occasionalmente, potrà essere assicurato dal prefetto fino al 31 dicembre 2025. La legge di conversione prevede che la medesima disciplina si applica anche ai comuni di frontiera al confine con altri Paesi europei interessati dal transito dei migranti.

Al comma 2 consente per le citate finalità il ricorso alle procedure di affidamento diretto, anche in deroga all’art. 50 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).

Il comma 3 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, per individuare – sulla base di parametri relativi alla media degli ospiti accolti su base annua nelle strutture previste e le presenze riscontrate sul territorio dei Comuni di frontiera – gli ambiti territoriali, per i quali si applica la disposizione di cui al comma 1, e gli importi da attribuire ai prefetti interessati dalle procedure previste dal medesimo comma 1, nel limite delle risorse finanziarie stabilite al comma 4.

Il comma 4 prevede che agli oneri connessi alle attività di cui al comma 1, nella misura massima pari a euro 500.000,00 per l’anno 2023 e a euro 2.000.000,00 per ciascuno degli anni 2024 e 2025.

 

3.

Attuazione della direttiva UE di riforma delle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini extraUE che intendano svolgere lavori altamente qualificati

Il decreto legislativo 18.10.2023, n. 152 (pubblicato in G.U. n. 256 del 2.11.2023) prevede l’attuazione della direttiva (UE) 2021/1883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2021, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, e che abroga la direttiva 2009/50/CE del Consiglio.

Rinviando per ulteriori commenti al commento di Alberto Guariso pubblicato sul presente numero della Rivista si illustrano nella presente sede le principali novità. 

In primo luogo, il decreto modifica i requisiti previsti per l’ingresso e il soggiorno dei lavoratori altamente qualificati.

Infatti, il decreto legislativo sostituisce integralmente il comma 1 dell’art. 27-quater d.lgs. n. 286/1998, prevedendo che l’ingresso e il soggiorno, per periodi superiori a tre mesi, sia consentito, al di fuori delle quote, ai lavoratori stranieri altamente qualificati che intendono svolgere prestazioni lavorative retribuite per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un’altra persona fisica o giuridica e che sono alternativamente in possesso:

a) del titolo di istruzione superiore di livello terziario rilasciato dall’autorità competente nel paese dove è stato conseguito, che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale o di una qualificazione professionale di livello post secondario di durata almeno triennale o corrispondente almeno al livello 6 del Quadro nazionale delle qualificazioni di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell’8 gennaio 2018, recante «Istituzione del Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell’ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze di cui al decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13» (si segnala in particolare, che è stato eliminato il precedente riferimento al possesso di una qualifica professionale superiore, come rientrante nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011 e s.m.);

b) dei requisiti previsti dal d.lgs. n. 206/2007, limitatamente all’esercizio di professioni regolamentate;

c) di una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli d’istruzione superiori di livello terziario, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o all’offerta vincolante;

d) di una qualifica professionale superiore attestata da almeno tre anni di esperienza professionale pertinente acquisita nei sette anni precedenti la presentazione della domanda di Carta blu UE, per quanto riguarda dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO-08, n. 133 e n. 25.

Circa la presentazione della domanda del relativo nulla osta al lavoro, il decreto legislativo modifica in diverse parti il comma 5 dell’art. 27-quater d.lgs. n. 286/1998 prevedendo che il datore di lavoro, oltre quanto previsto dal comma 2 dell’art. 22 d.lgs. n. 286/1998, deve indicare, a pena di rigetto della domanda:

a) la proposta di contratto di lavoro o l’offerta di lavoro vincolante della durata di almeno sei mesi (anziché un anno), per lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede il possesso di uno dei requisiti di cui al comma 1;

b) il titolo di istruzione, la qualifica professionale superiore o i requisiti previsti dal d. lgs. 6.11.2007, n. 206, come indicati al comma 1, posseduti dallo straniero;

c) l’importo della retribuzione annuale, come ricavato dal contratto di lavoro ovvero dall’offerta vincolante, che non deve essere inferiore alla retribuzione prevista nei contratti collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, comunque non inferiore alla retribuzione media annuale lorda, come rilevata dall’ISTAT.

Il decreto legislativo introduce, inoltre, nel d. lgs. n. 286/1998 due ulteriori commi all’art. 27-quater, dopo il comma 5, 

- il comma 5-bis prevede che, qualora la domanda di Carta blu UE riguardi un cittadino di Paese terzo titolare di un altro titolo di soggiorno, rilasciato ai fini dello svolgimento di un lavoro altamente qualificato, non è necessario presentare i documenti richiamati al comma 1, lettere a), c) e d) del medesimo art. 27-quater, poiché già verificati in fase di primo rilascio dello stesso;

- il comma 5-ter dispone, invece, una deroga all’art. 22, comma 2, prevedendo che il datore di lavoro non è tenuto a verificare presso il Centro dell’impiego competente la disponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale, qualora la domanda di Carta blu UE riguardi un cittadino di paese terzo già titolare di altro titolo di soggiorno, rilasciato ai fini dello svolgimento di un lavoro altamente qualificato.

Circa il limite temporale stabilito dal comma 15 dell’art. 27-quater, la modifica introdotta prevede che i titolari di Carta blu UE beneficiano di un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini, conformemente alla normativa vigente, ad eccezione dell’accesso al mercato del lavoro nei primi dodici mesi (anziché due anni), come previsto al comma 13 del medesimo articolo innovato in tal senso.

Inoltre, si prevede un nuovo testo del comma 17 dell’art. 27-quater, d. lgs. n. 286/1998: lo straniero titolare di Carta blu UE, rilasciata da altro Stato membro e in corso di validità, può fare ingresso e soggiornare in Italia per svolgere un’attività professionale per un periodo massimo di novanta giorni in un arco temporale di centottanta giorni.

Dopo dodici mesi di soggiorno legale in un altro Stato membro, lo straniero titolare di Carta blu UE, rilasciata da detto Stato, può fare ingresso in Italia senza necessità del visto, al fine di esercitare l’attività lavorativa predetta, per un periodo superiore a novanta giorni, previo rilascio del nulla osta.

Nel caso in cui lo straniero faccia ingresso nel territorio nazionale per svolgere un’attività professionale, spostandosi da un secondo Stato membro nel quale si era già trasferito per le medesime finalità, il termine minimo di soggiorno legale nel predetto Stato membro viene ridotto a sei mesi. Senza ritardo, e comunque entro un mese dall’ingresso dello straniero nel territorio nazionale, il datore di lavoro deve presentare la domanda di nulla osta al lavoro e indicare, a pena di rigetto della domanda, oltre a quanto previsto dall’innovato comma 5 dell’art. 27-quater:

a) gli estremi della Carta blu UE valida rilasciata dal primo Stato membro;

b) gli estremi del documento di viaggio valido.

La decisione sulla richiesta di nulla osta deve essere comunicata al richiedente e allo Stato membro che ha rilasciato la Carta blu UE entro il termine di trenta giorni dalla data di presentazione della domanda completa. In caso di circostanze eccezionali, debitamente giustificate e connesse alla complessità della domanda, il termine può essere prorogato di trenta giorni, informandone il richiedente non oltre trenta giorni dalla data di presentazione della domanda completa.

Si prevede, inoltre, che la domanda di nulla osta al lavoro possa essere presentata dal datore di lavoro anche se il titolare della Carta blu UE soggiorna ancora nel territorio del primo Stato membro.

Infine, il d.lgs. aggiunge all’art. 27-quater d.lgs. n. 286/1998, due nuovi commi:

  • il comma 18-bis, in base al quale le informazioni relative ai requisiti e alle procedure necessarie per ottenere una Carta blu UE sono pubblicate sui rispettivi siti istituzionali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’interno e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; 
  • il comma 18-ter, in forza del quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è tenuto a comunicare, con cadenza annuale, alla Commissione europea e ogniqualvolta vi siano variazioni: a) il fattore per determinare l’importo della soglia di retribuzione annuale; b) l’elenco delle professioni alle quali si applica una soglia di retribuzione più bassa; c) un elenco delle attività professionali consentite; d) informazioni relative alla verifica della situazione del mercato del lavoro.

Inoltre, il Ministero del lavoro effettua ogni due anni, una consultazione pubblica con le amministrazioni interessate e con le parti sociali, sulla valutazione dell’elenco delle professioni contenute nell’allegato I della direttiva (UE) 2021/1883 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2021, tenuto conto dell’evoluzione del mercato del lavoro. Il dicastero redige, con cadenza quadriennale, anche avvalendosi dei dati del Ministero dell’interno e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, una relazione avente ad oggetto l’applicazione della direttiva (UE) 2021/1883. Nella relazione sono prioritariamente presi in esame gli aspetti relativi all’importo della soglia di retribuzione annuale, tenuto conto della situazione del mercato del lavoro.

 

4.

Aumento degli importi annuali per l’iscrizione volontaria degli stranieri al Servizio sanitario nazionale. Proroga dei permessi di soggiorno per protezione temporanea rilasciati agli sfollati dall’Ucraina e delle misure di accoglienza in loro favore. Potenziamento delle misure di accoglienza per i minori e dei minori stranieri non accompagnati e del personale delle Commissioni territoriali per la protezione internazionale

La legge 30.12.2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026) prevede all’art. 1 diverse importanti misure concernenti il diritto degli stranieri.

 

1) Aumento dei contributi forfettari annuali per i casi di iscrizione volontaria al SSN

Nell’art. 1, comma 240, si prevede una modifica dell’art. 34 d.lgs. n. 286/1998 in modo da prevedere sia un forte aumento degli importi annuali che gli stranieri che non hanno già l’obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale hanno l’onere di versare ogni anno per ottenere l’iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale (importi che sono rimasti sostanzialmente quasi fermi a partire dal 1986), sia un meccanismo di permanente aggiornamento di tali importi.

La scelta del legislatore conferma la differenziazione degli importi a seconda del motivo di soggiorno.

Il contributo annuo minimo è ora fissato 2000.

In ogni caso l’importo non è inferiore a euro 700 annui per gli stranieri soggiornanti in Italia per motivi di studio e ad euro 1.200 nei casi di ingressi e soggiorni alla pari, ma con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare annualmente, tali importi minimi possono essere adeguati anche tenendo conto della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente. 

Il comma 241 prevede che i versamenti degli importi di tali contributi sono eseguiti in favore delle regioni presso le quali i richiedenti chiedono l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, utilizzando esclusivamente il modello F24.

 

2) Potenziamento delle misure di accoglienza dei Comuni e proroga delle misure di accoglienza per MSNA

Il comma 361 dell’art. 1 prevede che per il finanziamento delle misure urgenti connesse all’accoglienza dei migranti, anche a sostegno dei comuni interessati, nonché in favore dei minori non accompagnati, il fondo di cui all’art. 21, comma 1, del d.l.18.10.2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla l. 15.12.2023, n. 191, è rifinanziato nella misura di 172.739.236 euro per l’anno 2024, di 269.179.697 euro per l’anno 2025 e di 185.000.000 di euro per l’anno 2026. I criteri e le modalità di riparto di tali risorse sono stabiliti, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Al successivo riparto del fondo di cui al primo periodo si provvede con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

3) Potenziamento delle Commissioni territoriali per la protezione internazionale

Il comma 364 dell’art. 1 prevede che al fine di potenziare l’azione del Ministero dell’interno per corrispondere alle maggiori esigenze sopravvenute, in partico lare delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e delle loro sezioni, il Ministero dell’interno è autorizzato a reclutare, per gli anni 2024 e 2025, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nei limiti della dotazione organica, centodiciotto unità dell’area dei funzionari, prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell’area del comparto funzioni centrali - Triennio 2019-2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 26 maggio 2022, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, senza il previo svolgimento delle procedure di mobilità, mediante l’indizione di procedure concorsuali pubbliche o lo scorrimento delle vigenti graduatorie di concorsi pubblici. Per garantire il reclutamento del predetto personale, il Ministero dell’interno può altresì avvalersi della procedura di cui all’art. 1, comma 4, lettera b), del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74. Alle procedure concorsuali di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’art. 35-quater, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 

Ai fini dell’attuazione del comma 364 il comma 365 autorizza la spesa di euro 1.766.559 per l’anno 2024 e di euro 5.299.676 annui a decorrere dall’anno 2025 per gli oneri assunzionali, di euro 89.797 per l’anno 2024 e di euro 269.390 annui a decorrere dal l’anno 2025 per il compenso del lavoro straordinario e di euro 66.080 per l’anno 2024 e di euro 198.240 annui a decorrere dall’anno 2025 per i buoni pasto. È altresì autorizzata la spesa di euro 250.000 per l’anno 2024 per lo svolgimento delle procedure concorsuali nonché di euro 88.328 per l’anno 2024 e di euro 52.997 annui a decorrere dall’anno 2025 per i maggiori oneri di funzionamento derivanti dal reclutamento del contingente di personale di cui al primo periodo del comma 364.

 

4) Proroga delle misure di accoglienza degli sfollati dall’Ucraina

Il comma 390 dell’art. 1 prevede che lo stato di emergenza dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2022, relativo all’esigenza di assicurare soccorso ed assistenza, sul territorio nazionale, alla popolazione ucraina in conseguenza della grave crisi internazionale in atto, è ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2024. 

A tal fine si prorogano anche tutte le misure di assistenza connesse.

1) Il comma 391 autorizza l’assegnazione, fino al 31 dicembre 2024, nel limite di euro 40.000.000, del contributo forfetario una tantum per il rafforzamento, in via temporanea, dell’offerta dei servizi sociali da parte dei comuni ospitanti un significativo numero di persone richiedenti il permesso di protezione temporanea di cui all’art. 44, comma 4, del decreto-legge 17.05.2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15.07.2022, n. 91. Al riparto del contributo di cui al primo periodo e al conseguente trasferimento delle relative risorse pro quota assegnate si provvede con i criteri e le modalità previsti dall’art. 1, comma 1, lettera c), del d.l. 2.03.2023, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla l. 21.04.2023, n. 46.

2) Il comma 392 prevede che fatto salvo quanto previsto al comma 391, nell’ambito delle misure assistenziali previste dall’art. 4, comma 1, lett. g), d.lgs. 7.04.2003, n. 85, in favore delle persone richiedenti la protezione temporanea o già beneficiarie della stessa ai sensi delle decisioni di esecuzione (UE) 2022/382 e 2023/ 2409 del Consiglio, rispettivamente del 4 marzo 2022 e del 19 ottobre 2023, sulla base delle effettive esigenze e nei limiti delle risorse allo scopo finalizzate con ordinanze da adottare ai sensi dell’art. 25 del codice della protezione civile, di cui al d.lgs. 2.01.2018, n. 1, si provvede a ripartire e rimodulare le risorse disponibili, cui concorrono le risorse previste dall’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 1028 del 5.10.2023, pari a 31,44 milioni di euro, tra le seguenti misure, prorogate fino al 31 dicembre 2024: 

a) forme di accoglienza diffusa di cui all’art. 31, comma 1, lettera a), d.l. 21.03.2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla l. 20 maggio 2022, n. 51. A tali fini, è prorogata, nel limite massimo di 7.000 unità, fino al 31 dicembre 2024, agli stessi patti e condizioni, l’efficacia delle convenzioni in essere alla data del 31 dicembre 2023, nonché delle convenzioni aventi valenza territoriale di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), d.l. 2.03.2023, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla l. 21.04.2023, n. 46. La proroga opera previa comunicazione del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri ai soggetti convenzionati e trasmissione dell'accettazione da parte di questi ultimi; 

b) misure di sostentamento di cui all’art. 31, comma 1, lettera b), del citato d.l. n. 21/2022; 

c) contributo forfetario di cui all'art. 31, comma 1, lettera c), del citato d.l. n. 21/ 2022, per l’accesso, a parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale a decorrere dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2024; 

d) forme di assistenza coordinate dai presidenti delle Regioni in qualità di commissari delegati e dai presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all’art. 13 d.l. 29.09.2023, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla l. 27.11.2023, n. 170. 

Di conseguenza il comma 393 prevede che lo stato di emergenza per intervento all’estero in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina, di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2022, da ultimo prorogato dall’art. 1-bis d.l. 2.03.2023, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla l. 21.04.2023, n. 46, è ulteriormente prorogato, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, fino al 31 dicembre 2024. 

 

5) Proroga al 31 dicembre 2024 dei permessi di soggiorno per protezione temporanea prorogati al 31 dicembre 2024 e convertibili in permessi di soggiorno per lavoro, se sussistono le condizioni e previo pagamento del contributo di rilascio del permesso per lavoro

I commi 395 e 396 regolano la proroga della protezione temporanea agli sfollati dall’Ucraina, visto che continua la guerra di aggressione russa all’Ucraina.

Perciò i permessi di soggiorno in scadenza al 31 dicembre 2023, rilasciati ai beneficiari di protezione temporanea ai sensi della decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio, del 4 marzo 2022, che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20.07.2001, conservano la loro validità fino al 31 dicembre 2024. Tali permessi perdono efficacia e sono revocati, anche prima della scadenza, in conseguenza dell’adozione, da parte del Consiglio dell’Unione europea, della decisione di cessazione della protezione temporanea e possono essere convertiti, a richiesta dell’interessato, in permessi di soggiorno per lavoro, per l’attività effettivamente svolta, e a tal fine si applicano le disposizioni di cui all’art. 5, comma 2-ter, del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998).

 

5.

Garanzia finanziaria a carico dello straniero richiedente protezione internazionale durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato. Profili di illegittimità

Il decreto del Ministero dell’interno 14.09.2023 (pubblicato in G.U. n.221 del 21.9.2023) indica l'importo e le modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico degli stranieri che sono nelle condizioni di essere trattenuti durante lo svolgimento della procedura in frontiera, di cui all’art. 28-bis, comma 2, lettere b) e b-bis), d.lgs. n. 25/2008 e fino alla decisione dell’istanza di sospensione di cui all’art. 35-bis, comma 4, del medesimo d.lgs., al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato, prevista dall’art. 6-bis, comma 2, d.lgs. n. 142/2015. 

La garanzia finanziaria è definita idonea quando l’importo fissato è in grado di garantire allo straniero, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (ventotto giorni), la disponibilità: 

    a) di un alloggio adeguato, sul territorio nazionale; 

    b) della somma occorrente al rimpatrio; 

    c) di mezzi di sussistenza minimi necessari, a persona. 

L’importo per la prestazione della garanzia finanziaria è individuato, per l’anno 2023, in euro 4.938,00 e l’aggiornamento di tale importo è avviato a cadenza biennale, dopo la definizione del costo medio del rimpatrio. 

Allo straniero è dato immediato avviso della facoltà, alternativa al trattenimento, di prestazione della garanzia finanziaria. 

Si prevede che la garanzia finanziaria è prestata in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi. 

La garanzia finanziaria deve essere prestata entro il termine in cui sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico ai sensi degli artt. 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 e ha durata pari al periodo necessario per lo svolgimento della procedura in frontiera di cui all’art. 28-bis, comma 2, lettere b) e b-bis), d.lgs. n. 25/2008 e fino alla decisione dell’istanza di sospensione di cui all’art. 35-bis, comma 4, del medesimo decreto legislativo. 

Nel caso in cui lo straniero si allontani indebitamente, il prefetto del luogo ove è stata prestata la garanzia finanziaria procede all'escussione della stessa. Si prevede che le somme derivanti dall'escussione della garanzia sono destinate all’entrata del bilancio dello Stato.

 

I numerosi profili di illegittimità suscitati da questo decreto sono stati analizzati nel commento di Chiara Favilli pubblicato nel n. 3.2023 di questa Rivista.

Qui basti ricordare che le stesse Sezioni unite della Corte di cassazione hanno rimesso alla Corte di giustizia dell’UE con due decisioni del 30 gennaio 2024 hanno deciso di rinviare alla Corte di giustizia dell’UE. rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE, con una motivazione in cui appare cruciale il punto 7 che qui si riproduce:

“Il punto fondamentale […] è dato dal nesso tra la previsione della garanzia come misura alternativa al trattenimento e la valutazione caso per caso che si richiede ai fini della decisione di trattenimento, da esprimere necessariamente nella motivazione del provvedimento dell’autorità amministrativa.

Il provvedimento che dispone il trattenimento deve essere corredato da motivazione, la quale esamini la necessità, la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura rispetto alla specifica finalità, nonché l’effettiva impraticabilità delle misure alternative, sulla base di una valutazione caso per caso. Se così è, dovrebbe ostare all’osservanza del diritto dell’Unione una normativa nazionale che sia interpretata ed applicata nel senso che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente, e ancor più che sia trattenuto perché non abbia prestato idonea garanzia finanziaria, stabilita in maniera rigida e non adattabile alla situazione individuale; vale a dire con modalità come quelle che si evincono nella riportata legislazione nazionale.

Quest’ultima infatti:

a) presuppone un importo fisso, stimato ex ante e parametrato alla somma ritenuta pari a quanto occorrente per sovvenire alle esigenze di alloggio e di sostentamento del richiedente, nonché all’eventuale suo rimpatrio, senza alcuna possibilità di proporzionale modulazione caso per caso alla stregua della situazione individuale del medesimo, in maniera da evitare discriminazioni;

b) risolve la misura in modalità di prestazione automaticamente e rigidamente predeterminate, tali da assicurare un’agevole escussione da parte dello Stato per l’integrale soddisfacimento dell’interesse economico dello stesso ove lo straniero si allontani indebitamente, con divieto assoluto di versamento da parte di terzi, quand’anche tale versamento sia espressione di ragioni di solidarietà familiare”.

Pertanto, il quesito sottoposto dalle sezioni unite della Corte suprema di cassazione alla Corte di giustizia è il seguente:

“se gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, tenuto conto altresì dei fini desumibili dai suoi considerando 15 e 20, ostino a una normativa di diritto interno che contempli, quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente), la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa (nell’importo in unica soluzione determinato per l’anno 2023 in euro 4.938,00, da versare individualmente, mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa) anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell'importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo”.

  

6.

Nuove misure per il sostegno agli enti locali, per il funzionamento dei CPR e degli Sportelli unici per l’immigrazione delle prefetture e per l’accoglienza dei migranti

Nuove misure per il sostegno agli enti locali, per il funzionamento dei CPR e degli Sportelli unici per l’immigrazione delle prefetture e per l’accoglienza dei migranti sono previste nell’art. 21 del decreto-legge 18.10.2023, n. 145, convertito nella l. 15.12.2023 n. 191 (pubblicata in G.U. 16.12.2023, n. 293).

1) Il comma 1, istituisce un fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 46,859 milioni di euro per il 2023, destinato al finanziamento delle misure urgenti connesse all’accoglienza di migranti, nonché in favore dei minori stranieri non accompagnati. Il comma specifica che le risorse per l’accoglienza sono stanziate “anche a sostegno dei Comuni”. Demanda quindi ad un decreto ministeriale l’attuazione di tale norma: i criteri e le modalità di riparto della suddetta somma (decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore di tale disposizione). Il successivo riparto delle risorse è effettuato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.

2) Il comma 1-bis, introdotto in sede referente (comma 1-bis) destina, a valere su tale fondo, un contributo in favore di Comuni con popolazione compresa tra 6.000 e 7.000 abitanti a fronte della spesa sostenuta per l’affidamento dei minori in comunità di tipo familiare o in istituti di assistenza a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 2 della legge n. 184/1983, concernente l’affidamento dei minori. 

Il contributo è concesso nella misura massima di 200.000 euro e nel limite di spesa pari a un milione per il 2023. Esso, inoltre, è concesso ai Comuni che rispettino le seguenti condizioni: 

- la spesa sostenuta per l’affidamento di minori nell’anno 2023 del presente decreto-legge risulti superiore all’importo spettante a titolo di fondo di solidarietà comunale; 

- il trattenimento di una quota IMU per alimentare il fondo medesimo non sia inferiore a 190.000 euro per l’anno 2023.

3) Il comma 2, estende all’anno 2024 l’autorizzazione, già prevista per il solo 2023, al Ministero dell’interno a utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro con contratto a termine per gli Sportelli unici dell’immigrazione delle Prefetture. 

Al contempo, innalza il limite massimo di complessiva spesa riferito alla medesima autorizzazione (da 37,3 milioni e per il solo anno 2023, nel testo finora vigente) a 51,9 milioni circa, di cui 7,4 milioni per il 2023 e 44,5 milioni per il 2024.

4) Il comma 3 istituisce altresì un fondo presso il medesimo Ministero dell’interno, con una dotazione pari a 5 milioni di euro per il 2023. Tali risorse sono stanziate ai fini della concessione di un contributo straordinario in favore di comuni confinanti con altri Paesi europei o comuni costieri, interessati da flussi migratori. 

5) Il comma 4 demanda la definizione dei criteri e delle modalità di concessione di tale contributo straordinario ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato città e autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

6) Il comma 5 destina 7 milioni alla rete dei centri di permanenza per i rimpatri per assicurare l’effettività delle espulsioni degli stranieri irregolarmente presenti nel territorio nazionale.

7) Il comma 6 modifica l’art. 9-bis della legge n. 91/1992 sulla cittadinanza italiana, per la parte che disciplina la destinazione del gettito conseguente alle istanze o dichiarazioni relative alla cittadinanza

Da un lato, sopprime il vincolo di un’assegnazione per metà ai due tipi di attività previsti (finanziamento di progetti di collaborazione internazionale; istruttorie dei procedimenti in materia di immigrazione) per rendere più flessibile la destinazione del gettito, all’uno o all’altro tipo di attività a seconda delle esigenze. Nel periodo attuale, si intende leggendo la relazione illustrativa, sono i progetti di collaborazione internazionale a richiedere, tra le due tipologie, una maggiore destinazione di risorse.   

Dall’altro lato, aggiunge, ai procedimenti in materia di immigrazione asilo e cittadinanza, gli interventi assistenziali straordinari, tra le possibili destinazioni della quota parte del gettito non assegnata ai progetti di collaborazione internazionale. In tal modo si amplia lo spettro di attività finanziabili attingendo al gettito proveniente dal contributo di cittadinanza. 

8) Il comma 7 autorizza la spesa di 1 milione per il 2023, per le emergenze assistenziali straordinarie di primo soccorso. La relazione illustrativa riporta che tali risorse siano destinate all’erogazione ai Comuni richiedenti, di finanziamenti straordinari per fronteggiare esigenze sopravvenienti, per eventi calamitosi o per le accresciute esigenza in materia di immigrazione e asilo.

9) Il comma 8 concerne la destinazione delle risorse scaturenti dal contributo di cittadinanza. In particolare, qui rileva la quota parte del gettito del contributo di cittadinanza destinata alle attività istruttorie di competenza del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. 

Secondo l’art. 1, comma 600, della legge n. 208/2015 parte di tali risorse (ove resesi disponibili a seguito di riassegnazioni nel corso dell’anno) possono essere destinate alla corresponsione dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario del personale del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell’interno, anche in deroga alla normativa vigente. Tale previsione è ora novellata, onde estenderne l’applicazione al personale delle prefetture-uffici territoriali del Governo (per le accresciute esigenze, riporta la relazione illustrativa, in materia di immigrazione e asilo).

10) Il comma 9 autorizza la spesa di 180 milioni di euro per il 2023, per la prosecuzione delle attività connesse allo stato di emergenza dichiarato in Italia innanzi all’insorgere della crisi ucraina, per l'esigenza di assicurare soccorso e assistenza, nel territorio nazionale, alla popolazione ucraina.

11) Il comma 9-bis proroga al 4 marzo 2024 lo stato di emergenza per il soccorso ed assistenza, sul territorio nazionale, alla popolazione ucraina in conseguenza della crisi internazionale in atto ed apposta risorse fino a 26,322 milioni per l’anno 2024 per tale destinazione, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali. 

12) Il comma 9-ter demanda ad ordinanze di protezione civile l’individuazione delle specifiche misure e la rimodulazione delle attività, per la prosecuzione della gestione emergenziale e delle forme di assistenza coordinate dai Presidenti di Regioni e Province autonome. Sono richiamati dalla disposizione l’art. 31 d.l. n. 21/2022 e l’art. 13 d.l. n. 132/2023.

  

7.

Ulteriore rinvio dell’entrata in vigore della parità tra cittadini e stranieri extraUE nella documentazione amministrativa. Profili di illegittimità costituzionale

Il d.l. 30.12.2023, n. 215 (pubblicato in G.U. n. 303 del 30.12.2023), che prevede disposizioni urgenti in materia di termini normativi, dispone all’art. 2, comma 1, la proroga al 31 dicembre 2024 dell’entrata in vigore delle norme regolamentari che prevedono che i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 d.p.r.28.12.2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa - testo A) limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

Tale parità era stata prevista dall’art. 17, commi 4-bis e 4-ter d.l. n. 5/2012 che avevano previsto l’abrogazione di quelle norme regolamentari (art. 2, comma 1 d.p.r. n. 394/1999 e art. 3, comma 2, del citato testo unico approvato con d.p.r. n. 445/2000) che consentivano che tale principio di parità fosse eccettuato da parte delle disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero. Tuttavia, l’entrata in vigore di queste norme legislative di parità era stata differita dal comma 4-quater dello stesso d.l. n. 5/2012.

Tale differimento è stato ulteriormente posticipato al 31 dicembre di ogni anno, con analoghi decreti-legge che si sono susseguiti per 11 volte, i quali hanno sostanzialmente prorogato una diversità di trattamento, rende in ogni caso assai dubbia la sussistenza della straordinaria necessità e urgenza che deve caratterizzare ogni decreto-legge ai sensi dell’art. 77 Cost.

 

8.

Programmazione delle quote di ingresso per lavoro per il triennio 2023-2025. Aspetti critici

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27.09.2023 (pubblicato nella G.U. del 3.10.2023) stabilisce la programmazione dei flussi d’ingresso legale in Italia dei lavoratori stranieri per il triennio 2023-2025, secondo la nuova disciplina prevista dal d.l. n. 20/2023.

 

Criteri per la determinazione dei flussi di ingresso

L’art. 2 prevede alcuni criteri comuni:

    a) progressiva riduzione del divario tra l’entità dei flussi di ingresso e il fabbisogno del mercato del lavoro rilevato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in base a una programmazione, in logica incrementale nel triennio, coerente con la capacità di accoglienza e di inserimento dei lavoratori stranieri nelle comunità locali; 

    b) estensione dei settori economici considerati nella programmazione dei flussi di ingresso; 

    c) potenziamento degli strumenti di formazione nei Paesi di origine dei lavoratori stranieri per promuovere il loro ingresso, allo scopo di agevolarne l’integrazione e di incrementarne la professionalità; 

    d) incentivazione di modalità di collaborazione, anche mediante accordi e intese comunque denominati, con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori verso l’Italia volti a facilitare la migrazione regolare e a contrastare quella irregolare; 

    e) incentivazione degli ingressi di lavoratori con alta qualificazione professionale; 

    f) sostegno agli ingressi per lavoro di apolidi e rifugiati riconosciuti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati o dalle autorità competenti nei Paesi di primo asilo o di transito.

L’art. 3 prevede ulteriori criteri specifici:

  a) previsione, ai sensi dell'art. 1, comma 5, d.l. n. 20/2023 di quote preferenziali riservate ai lavoratori di Stati che, anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari, conformemente ad accordi o intese comunque denominati conclusi in materia con l’Italia; 

    b) assegnazione, ai sensi dell’art. 5, comma 1, d.l. n. 20/2023, dei lavoratori agricoli richiesti con priorità rispetto ai nuovi richiedenti – nei limiti delle quote assegnate al settore agricolo dagli ulteriori decreti sui flussi di cui all’art. 1, comma 4, d.l. n. 20/2023 – ai datori di lavoro che non sono risultati assegnatari di tutta o di parte della manodopera richiesta; 

    c) riattivazione di una quota specifica per gli addetti ai settori dell'assistenza familiare e socio-sanitaria.

L’art. 4 prevede che gli ingressi consentiti dalla legge al di fuori delle quote sono regolati per il triennio 2023-2025, oltre che secondo le disposizioni dell'art. 2, anche sulla base dei seguenti criteri: 

    a) favorire nel triennio 2023-25 l’incremento degli ingressi al di fuori delle quote; 

    b) previsione, ai sensi dell’art. 1, comma 5-ter, d.l. n. 20/2023, di ingressi per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, di cittadini di Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto intese o accordi in materia di rimpatrio; 

    c) potenziamento, ai sensi dell’art. 23, commi 1, 2-bis e 4-ter, d.lgs. n. 286/1998, delle attività di istruzione e formazione professionale e civico-linguistica organizzate nei Paesi di origine e conseguente aumento degli ingressi dei lavoratori stranieri, apolidi rifugiati, riconosciuti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati o dalle autorità competenti nei Paesi di primo asilo o di transiti, che abbiano completato tali attività; 

d) valorizzazione dei percorsi di studio e di formazione di cittadini stranieri in Italia, anche mediante la conversione, ai sensi dell’art. 6, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 286/1998 in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, al di fuori delle quote, dei permessi rilasciati per motivi di studio e formazione.

 

Quote di ingresso

Alla luce dei criteri sopra indicati il decreto prevede quote di ingresso per lavoro in complessivamente 452 mila stranieri, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo, così suddivisi:

a) 136.000 cittadini stranieri per l’anno 2023;

b) 151.000 cittadini stranieri per l’anno 2024;

c) 165.000 cittadini stranieri per l’anno 2025.

 

I termini per la presentazione delle domande

I termini per la presentazione delle richieste di nulla osta al lavoro per gli ingressi decorrono per l’anno 2023:

a) Lavoro subordinato non stagionale e per lavoro autonomo:

- dalle ore 9.00 del 60° giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto fino a esaurimento delle rispettive quote o, comunque, entro il 31 dicembre 2023 per le quote dei seguenti Paesi: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Giordania, Guatemala, India, Kirghizistan, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Perù, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina;

- dalle ore 9.00 del 62° giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto fino a concorrenza delle rispettive quote o, comunque, entro il 31 dicembre 2023 per gli ingressi con quei Paesi che hanno stipulato precisi accordi come specificato successivamente nella scheda.

b) Lavoro stagionale: dalle ore 9.00 del 60° giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto fino a esaurimento delle rispettive quote o, comunque, entro il 31 dicembre 2023;

I termini per la presentazione delle richieste di nulla osta al lavoro per gli ingressi nell’ambito delle quote decorrono, per ciascuno degli anni 2024 e 2025, dalle ore 9.00 del 5, del 7 e del 12 febbraio, secondo la ripartizione per ambiti, fino a esaurimento o, comunque, entro il 31 dicembre di ciascun anno.

 

Ingressi complessivi nell’ambito delle quote

Sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri residenti all’estero entro le seguenti quote complessive:

- 136.000 unità per l’anno 2023;

- 151.000 unità per l’anno 2024;

- 165.000 unità per l’anno 2025.

 

Ingressi nell’ambito delle quote per lavoro subordinato non stagionale e per lavoro autonomo

I settori consentiti sono quelli dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare, della cantieristica navale, del trasporto passeggeri con autobus, della pesca, degli acconciatori, degli elettricisti e degli idraulici.

- 53.450 unità per l’anno 2023, di cui 52.770 per lavoro subordinato e 680 per lavoro autonomo;

- 61.950 unità per l’anno 2024, di cui 61.250 per lavoro subordinato e 700 per lavoro autonomo;

- 71.450 unità per l’anno 2025, di cui 70.720 per lavoro subordinato e 730 per lavoro autonomo.

Per ciascun anno sono ammessi, in via preferenziale, lavoratori cittadini di Stati che, anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari, conformemente ad accordi o intese comunque denominati conclusi in materia con l’Italia, entro le seguenti quote (il decreto non specifica quali requisiti sono necessari):

- 2.000 unità per l’anno 2023, di cui 1.900 per lavoro subordinato e 100 per lavoro autonomo;

- 2.500 unità per l’anno 2024, di cui 2.380 per lavoro subordinato e 120 per lavoro autonomo;

- 3.000 unità per l’anno 2025, di cui 2.850 per lavoro subordinato e 150 per lavoro autonomo.

 

I Paesi terzi

Le quote sono riservate ai lavoratori cittadini di:

    1. Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Giordania, Guatemala, India, Kirghizistan, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Perù, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina: 
      • 25.000 unità nel 2023, 
      • 25.000 unità nel 2024 e 
      • 25.000 unità nel 2025;
    1. altri Paesi con i quali nel corso del triennio entrino in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria: 
      • 12.000 unità nel 2023, 
      • 20.000 unità nel 2024 e 
      • 28.000 unità nel 2025.
    1. lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Venezuela, entro le seguenti quote:
      • 100 unità nel 2023, di cui 90 per lavoro subordinato e 10 per lavoro autonomo; 
      • 100 unità nel 2024, di cui 90 per lavoro subordinato e 10 per lavoro autonomo; 
      • 100 unità nel 2025, di cui 90 per lavoro subordinato e 10 per lavoro autonomo;
    1. apolidi e a rifugiati riconosciuti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati o dalle autorità competenti nei Paesi di primo asilo o di transito, entro le seguenti quote: 
      • 200 unità nel 2023, di cui 180 per lavoro subordinato e 20 per lavoro autonomo; 
      • 200 unità nel 2024, di cui 180 per lavoro subordinato e 20 per lavoro autonomo; 
      • 200 unità nel 2025, di cui 180 per lavoro subordinato e 20 per lavoro autonomo.

Una quota specifica è inoltre riservata al settore dell’assistenza familiare e sociosanitaria

- 9.500 unità nel 2023, 

- 9.500 unità nel 2024 e 

- 9.500 unità nel 2025.

Sono riservate alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato le seguenti copie:

  1. permessi di soggiorno per lavoro stagionale: 
      • 4.000 unità nel 2023, 
      • 4.000 unità nel 2024 e 
      • 5.000 unità nel 2025;
  1. permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea: 
      • 100 unità nel 2023, 
      • 100 unità nel 2024 e 
      • 100 unità nel 2025.

Sono altresì riservate per la conversione in permessi di soggiorno per lavoro autonomo di permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea le seguenti quote: 

      • 50 unità nel 2023, 
      • 50 unità nel 2024 e 
      • 50 unità nel 2025.

Infine, è consentito, per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, l’ingresso in Italia per motivi di lavoro autonomo, nell’ambito delle quote sopraindicate, di n. 500 cittadini stranieri residenti all’estero, appartenenti alle seguenti categorie:

a) imprenditori che intendono attuare un piano di investimento di interesse per l’economia italiana, che preveda l’impiego di risorse proprie non inferiori a 500.000 euro, nonché la creazione almeno di tre nuovi posti di lavoro;

b) liberi professionisti che intendono esercitare professioni regolamentate o vigilate, oppure non regolamentate ma rappresentate a livello nazionale da associazioni iscritte in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni e che rilasciano un attestato di qualità dei servizi e di qualificazione professionale dei soci;

c) titolari di cariche societarie di amministrazione e di controllo espressamente previsti dal decreto interministeriale 11.05.2011, n. 850; 

d) artisti di chiara fama o di alta e nota qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici o privati, in presenza dei requisiti espressamente previsti dal decreto interministeriale 11.05.2011, n. 850;

e) stranieri che intendono costituire imprese «start-up innovative» ai sensi della l 17.12.2012, n. 221, in presenza dei requisiti previsti dalla stessa legge e che sono titolari di un rapporto di lavoro di natura autonoma con l’impresa.

 

Ingressi nell’ambito delle quote per lavoro stagionale nel settore agricolo e turistico-alberghiero:

- 82.550 unità per l’anno 2023;

- 89.050 unità per l’anno 2024;

- 93.550 unità per l’anno 2025.

Le quote sono riservate ai lavoratori:

  1. cittadini di Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Giordania, Guatemala, India, Kirghizistan, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Perù, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina: 
      • 25.000 unità nel 2023, 
      • 25.000 unità nel 2024 e 
      • 25.000 unità nel 2025;
  1. cittadini di Paesi con i quali nel corso del triennio entrino in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria: 
      • 8.000 unità nel 2023, 
      • 12.000 unità nel 2024 e 
      • 14.000 unità nel 2025;
  1. cittadini di Stati che, anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari entro le seguenti quote: 

- 2.500 unità nel 2023, 

- 3.000 unità nel 2024 e 

- 3.500 unità nel 2025;

d) apolidi e a rifugiati riconosciuti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati o dalle autorità competenti nei Paesi di primo asilo o di transito entro le seguenti quote: 

- 50 unità nel 2023, 

- 50 unità nel 2024 e 

- 50 unità nel 2025.

e) lavoratori stranieri, che abbiano fatto ingresso in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale almeno una volta nei cinque anni precedenti e per i quali il datore di lavoro presenti richiesta di nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale:

- 2.000 unità nel 2023

- 2.000 unità nel 2024

- 2. 000 unità nel 2025

Per il settore agricolo, è inoltre riservata prioritariamente una quota di lavoratori stranieri, le cui istanze di nulla osta all’ingresso in Italia per lavoro stagionale anche pluriennale, siano presentate dalle organizzazioni professionali dei datori di lavoro della Confederazione nazionale coltivatori diretti, della Confederazione italiana agricoltori, della Confederazione generale dell’agricoltura italiana, della Confederazione di produttori agricoli e dell’Alleanza delle cooperative italiane (Lega nazionale delle cooperative e mutue, Confederazione cooperative italiane e Associazione generale cooperative italiane).

  • 40.000 unità nel 2023, 
  • 41.000 unità nel 2024 e 
  • 42.000 unità nel 2025 

Per il settore turistico, è inoltre riservata prioritariamente una quota di lavoratori stranieri, le cui istanze di nulla osta all’ingresso in Italia per lavoro stagionale anche pluriennale, siano presentate dalle organizzazioni professionali dei datori di lavoro più rappresentative a livello nazionale.

      • 30.000 unità nel 2023, 
      • 31.000 unità nel 2024 e 
      • 32.000 unità nel 2025 

In entrambi i settori, le organizzazioni assumono l’impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione dei lavoratori fino all’effettiva sottoscrizione dei rispettivi contratti di lavoro, ivi compresi gli adempimenti di comunicazione previsti dalla normativa vigente.

 

La richiesta di personale al Centro per l’impiego

Prima dell’invio della richiesta di nulla osta per il lavoratore straniero da assumere, il datore di lavoro dovrà sempre verificare presso il Centro per l’impiego competente che non vi siano altri lavoratori già presenti sul territorio nazionale disponibili a ricoprire il posto di lavoro. Tale preventiva verifica di indisponibilità di lavoratori presenti sul territorio nazionale non è necessaria per i lavoratori stagionali e per i lavoratori formati all’estero.

La documentazione da presentare e ulteriori disposizioni attuative relative all’applicazione del decreto saranno definite con una apposita circolare congiunta tra i vari Ministeri e pubblicata sui rispettivi siti web.

 

Aspetti critici

Il decreto fin qui illustrato contiene una lunga serie di principi che dovrebbero motivare le scelte nella determinazione delle quote.

Si tratta peraltro di principi e norme che non convincono sotto vari profili

1) Anzitutto i numeri complessivi delle quote consentite per i due terzi consistono soprattutto in ingressi e soggiorni per lavoro stagionali, il che significa che le quote per gli ingressi per lavoro subordinato restano tuttora del tutto esigue rispetto a quelle richiesti dal mercato del lavoro. Il lavoro stagionale da anni è privilegiato nei decreti sulle quote, perché legalmente il datore di lavoro già ha avuto modo di conoscere lavoratrici e lavoratori e ricorre ogni anno alle stesse persone, stabilendo un rapporto duraturo nel tempo. Resta penalizzato ogni ingresso per lavoro subordinato, anche perché fondato su una richiesta di nulla-osta presentata da un datore di lavoro in Italia nei confronti di un lavoratore straniero che magari ha conosciuto online, ma che non ha formalmente potuto sperimentare in un posto di lavoro. 

2) Il fabbisogno lavorativo di lavoratori a tempo indeterminato è assai limitato sia con riguardo ai soli settori lavorativi autorizzati, sia con riguardo ai soli Paesi di origine autorizzati, sia con riguardo ai numeri esageratamente ridotti rispetto al fabbisogno, confermato da numeri a volte quintupli di domande

3) Le novità oggettive di alcune tipologie di lavoratori previste da questo decreto (ingressi di collaboratori familiari e di rifugiati riconosciuti altrove) sono oggettivamente rese irrilevanti dalle cifre irrisorie delle quote previste, rispetto all’ipotizzabile domanda interna ed esterna; 

4) Il resto del fabbisogno lavorativo dall’estero è lasciato sostanzialmente a futuri e incerti ingressi fuori quota, magari con futuri e incerti accordi bilaterali (per ora non conclusi al di fuori di quello concluso in forma semplificata a fine del 2023 con la Tunisia e forse col Marocco) o mediante ingressi di persone che abbiano frequentato all’estero.

 

9.

Ulteriori misure di assistenza per gli sfollati dall’Ucraina

Con l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri del 5.10.2023, n. 1028 (pubblicata in G.U. n. 241 del 14.10.2023) sono state disposte ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per assicurare, sul territorio nazionale, l’accoglienza, il soccorso e l’assistenza alla popolazione in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina.

L’ordinanza consente ai Commissari delegati l’attivazione di ulteriori misure di accoglienza diffusa anche per tutelare persone in situazioni di fragilità, utilizzando procedure semplificate e di prorogare fino al 31 dicembre 2023 eventuali accoglienza in albergo, ferma restando la limitazione a non più di 33 euro di costo giornaliero di accoglienza.

Dopo la proroga al 31 dicembre 2024 delle misure di protezione temporanea agli sfollati dall’Ucraina la successiva l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 1.051 del 29.12.2023 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12.2.2024) ha disposto la prosecuzione dell’assistenza ai 2.168 ucraini titolari di permesso di soggiorno per protezione temporanea, che risultano, accolti nell’ambito di progetti afferenti al “sistema di accoglienza e integrazione – SAI”, senza soluzione di continuità, per un periodo di tre mesi a decorrere dal 1° gennaio 2024.

 

10.

Proroga dello stato di emergenza nazionale in conseguenza dell’eccezionale incremento di persone migranti in ingresso in Italia dalle rotte del Mediterraneo

La delibera del Consiglio dei Ministri del 5.10.2023 (pubblicata in G.U. n. 240 del 13.10.2023) che ha deliberato la proroga dello stato di emergenza in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo.

 

Rassegna delle circolari e delle direttive delle Amministrazioni statali

Stranieri in generale

 

Cittadinanza italiana

1.

Notifica digitale dei decreti di acquisto della cittadinanza italiana

La circolare del 10.11.2023 prot. n. 0011912 della Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze della Dipartimento delle libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno prescrive modalità digitali di notifica dei decreti di cittadinanza.

 

Piattaforma Notifiche Digitali

Per tali adempimenti, la Direzione predetta ha aderito alla Piattaforma Notifiche Digitali gestita PagoPA S.p.a. per l’intera fase della notifica dei decreti di cittadinanza, per «assicurare uno snellimento delle notifiche, anche alla luce delle note difficoltà in cui versano le prefetture…».

I provvedimenti

Il processo di notifica verrà interamente gestito dalla Piattaforma e riguarderà tutti i provvedimenti relativi alle istanze presentate in Italia ai sensi degli artt. 5 e 9 della legge 91/92: decreti di concessione, reiezione e inammissibilità.

La fase transitoria e la decorrenza

A partire dagli ultimi giorni di novembre 2023 e fino al 31 gennaio 2024, è prevista una fase transitoria durante la quale saranno utilizzate sia le modalità di notifica tradizionali che quelle introdotte dal sistema di Notifiche Digitali tramite la piattaforma PagoPa. A partire dal 1° febbraio 2024, la notificazione di tutti i decreti di cittadinanza avverrà tramite la Piattaforma Notifiche Digitali.

 

Caricamento dei decreti – Identificativo Univoco di Notificazione

Le prefetture dopo aver controllato la corrispondenza del decreto di notifica al soggetto a cui lo stesso verrà notificato nonché la completezza del domicilio fisico del richiedente, invieranno alla Piattaforma Notifiche Digitali i decreti da notificare, tramite il sistema CIVES.

La Piattaforma genererà un codice univoco identificativo della notifica, il cosiddetto IUN (Identificativo Univoco di Notificazione).

Notificazione degli atti

Terminata la fase di caricamento del decreto, la Piattaforma Notifiche procede in autonomia a gestire l’intero processo di notificazione.

 

A) Notifica in via digitale del decreto

La Piattaforma Notifiche tenta in primo luogo l’invio digitale della notifica verificando la disponibilità di almeno un domicilio digitale associato al richiedente la cittadinanza, utilizzando 

▪ l’indirizzo PEC eventualmente già inserito dal destinatario in Piattaforma per la ricezione in via generale di notifiche a valore legale da parte della Pubblica Amministrazione;

▪ l’indirizzo PEC eventualmente eletto dal destinatario presso la PA mittente;

▪ Indirizzo PEC del destinatario disponibile nel registro pubblico dei domicili digitali.

 Per ciascuno dei domicili digitali disponibili, la Piattaforma procede fino ad un massimo di due invii. Se uno dei tentativi di invio digitale ha esito positivo, la Piattaforma genera un Avviso di Avvenuta Ricezione (AAR) in formato elettronico (vedi allegato) che viene recapitato nella casella PEC del destinatario. L’AAR contiene:

- l’informazione al destinatario dell’avvenuta ricezione di una notifica e l’avvenuto deposito del decreto sulla Piattaforma Notifiche;

- il link necessario per accedere alla Piattaforma e per scaricare il contenuto della notifica (il decreto di cittadinanza);

- l’indicazione dello IUN e l’oggetto della notifica.

 In caso di fallimento di tutti di tentativi di notifica in via digitale presso uno dei domicili menzionati in precedenza, ovvero nei casi di casella postale satura, non valida o non attiva la Piattaforma genera un Avviso di Mancato Recapito (AMR) in formato elettronico. Allo stesso tempo, la Piattaforma invierà al destinatario una raccomandata semplice – senza valore di notificazione – con la quale al destinatario verrà recapitato l’Avviso di Avvenuta Ricezione in formato cartaceo con le istruzioni per accedere alla Piattaforma e per scaricare il decreto depositato. In caso di irreperibilità assoluta del destinatario, l’Avviso di Avvenuta Ricezione verrà depositato nella Piattaforma e reso disponibile all’utente: tale deposito sostituisce l’affissione fisica presso la Casa Comunale e rileva ai fini del perfezionamento della notifica al destinatario.

 

B) Notifica in via analogica del decreto

Nel caso in cui il destinatario non disponga di un domicilio digitale, Piattaforme Notifiche gestirà la fase di notificazione in via analogica, inviando una raccomandata A/R contenente l’Avviso di Avvenuta Ricezione (AAR) in formato cartaceo, con le istruzioni per accedere alla piattaforma stessa e per scaricare il decreto in questione.

 Vengono effettuati due tentativi di invio:

- il primo presso l’indirizzo fisico del destinatario, risultante nel sistema CIVES;

- in caso di fallimento, verranno effettuate le opportune verifiche finalizzate all’individuazione di un secondo domicilio dell’interessato; in caso negativo, la Piattaforma interpellerà la banca dati che fa riferimento all’ANPR (Anagrafe Nazionale Persone Residenti).

Termini di perfezionamento della notifica

Nel caso in cui il richiedente sia in possesso di un domicilio digitale la notifica si perfeziona:

- il 7° giorno successivo alla data di consegna dell’Avviso di Avvenuta Ricezione (AAR) in formato elettronico in uno dei domicili digitali;

- il 15° giorno successivo alla data di deposito in Piattaforma dell’Avviso di Mancato Recapito (AMR) che viene generato nei casi di casella postale satura, non valida o non attiva.

Nel caso di mancato possesso di un domicilio digitale, la notifica si perfeziona:

- il 10° giorno successivo al ricevimento della raccomandata A/R contenente l’Avviso di Avvenuta Ricezione in formato cartaceo;

- il 10° giorno successivo al deposito in Piattaforma dell’Avviso di Avvenuta Ricezione in caso di irreperibilità assoluta del destinatario.

Tuttavia, la notifica si perfeziona nella data in cui il destinatario ha accesso alla Piattaforma e al decreto oggetto di notificazione.

Laddove l’accesso alla Piattaforma avvenga in data anteriore rispetto alle suddette tempistiche di notifica in via digitale o analogica, sarà da tale data di accesso a rilevare ai fini del calcolo del perfezionamento della notifica.

Infine, è da evidenziare che unitamente alle suddette modalità di notificazione, la normativa contempla anche l’ipotesi di notificazione “per presa visione del documento”.

Per tale fattispecie, il perfezionamento della notifica avviene nel momento in cui il richiedente la cittadinanza accede alla piattaforma Notifiche tramite uno dei molteplici canali di accesso contemplati dalla normativa.

 

Modalità di accesso alla piattaforma e disponibilità degli atti per 120 giorni

Purché in possesso di SPID o CIE, il richiedente la cittadinanza può accedere autonomamente alla Piattaforma e scaricare il decreto, utilizzando una delle seguenti modalità:

- tramite il link o QR-code contenuti nell’Avviso di Avvenuta Ricezione (AAR) in formato elettronico o in formato cartaceo, a seconda delle modalità di notifica;

- seguendo le istruzioni nell’“Avviso di cortesia” che la Piattaforma invia al richiedente nel caso in cui quest’ultimo abbia censito un recapito di cortesia come sms, e-mail ordinaria o App IO; in questo caso, il destinatario potrà accedere alla Piattaforma e perfezionare la notifica “per presa visione del documento”.

Coloro che non dispongono né di domicilio digitale né di SPID o CIE, potranno accedere, anche tramite un proprio delegato, ai documenti relativi alla notifica tramite la Rete RADD (Rete Assorbimento Digital Divide), presentandosi all’ufficio postale muniti di Avviso di Avvenuta Ricezione e del documento di identità. L’operatore postale concluderà l’operazione con il pagamento del servizio e la consegna del plico.

Il decreto oggetto della notifica rimarrà disponibile sulla Piattaforma per un periodo di 120 giorni successivi alla data di perfezionamento della notifica. Tale informazione è espressamente indicata nell’Avviso di Avvenuta Ricezione. Attestazioni opponibili a terzi.

La Piattaforma Notifiche registra ogni fase del processo di notificazione attraverso la produzione di “attestazioni opponibili a terzi”. Si legga il punto E a pagina 8 della circolare.

 

Adempimenti a carico del destinatario della notifica

Il richiedente avrà a disposizione sulla Piattaforma i documenti che dovrà scaricare entro 120 giorni dalla data di perfezionamento della notifica, al fine di presentarli al Comune per il successivo giuramento.

 Al Comune, l’interessato dovrà esibire in formato cartaceo la seguente documentazione:

- il decreto di cittadinanza;

- l’Avviso di Avvenuta Ricezione in formato elettronico o cartaceo, dove sono reperibili lo IUN e il K10/K10/C del decreto.

La Piattaforma genera e rende disponibile all’interessato anche i documenti, oltre a quelli indicati in precedenza: in particolare le attestazioni opponibili a terzi, quale traccia di ogni fase del processo di notificazione. Non è necessario che questi ultimi documenti vengano scaricati ed esibiti al Comune. Ai fini del giuramento, l’esibizione di tale ulteriore documentazione non è obbligatoria.

 

Adempimenti a carico dei Comuni

Il richiedente dovrà presentarsi in Comune per il giuramento che deve avvenire entro sei mesi dal momento del perfezionamento della notifica del decreto.

Per il calcolo corretto di tale termine, verrà messo a disposizione dei Comuni un apposito servizio attraverso il Portale ALI. Mediante specifiche credenziali di accesso tramite SPID o CIE, i funzionari dei Comuni potranno accedere al predetto portale e controllare la data di perfezionamento della notificazione del decreto al destinatario. La data verrà calcolata automaticamente dalla Piattaforma Notifiche.

 

Cittadini di Paesi terzi

 

Ingresso e soggiorno

2.

Codice fiscale provvisorio ai fini del rilascio del nulla-osta al lavoro

La circolare del Ministero dell’interno prot. n. 5467 del 9.10.2023 del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche migratorie, fornisce alcune indicazioni operative sulla generazione del codice fiscale provvisorio sul sistema SPI 2.0.

La funzionalità di rilascio del codice fiscale provvisorio sarà online sul Portale ALI - Portale Servizi - Ali Sportello Unico (interno.it). Apre in una nuova scheda e sarà visualizzabile dal datore di lavoro, che avrà cura di informare il lavoratore straniero dell'avvenuto rilascio e degli estremi del codice fiscale provvisorio.

Viene a cessare, pertanto, la procedura per cui ai fini dell’attribuzione del codice fiscale il lavoratore doveva recarsi personalmente presso gli Uffici dell’Agenzia delle entrate.

Permane, invece la necessità per il datore di lavoro, a fronte del rilascio del codice fiscale provvisorio, di provvedere autonomamente alla comunicazione obbligatoria all'INPS.

All’atto della presentazione presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione per la registrazione dell’ingresso, sarà possibile convertire il codice fiscale provvisorio in definitivo.

Eventuali richieste di chiarimenti sulla scheda tecnica potranno essere inviate all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

3.

Attuazione del d.p.c.m. sulle quote di ingresso per lavoro per il triennio 2023-2025

Con circolare n. 5969 del 27.10.2023 dei Ministeri dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, dell’agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste e del turismo sono disposte prescrizioni per attuare il d.p.c.m. 27 settembre 2023, recante la programmazione dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per il triennio 2023-2025. Si riportano di seguito le parti innovative e integrative, senza riportare le parti che illustrano il citato decreto (sul cui contenuto si veda sopra) 

 

Per il settore dell’autotrasporto merci per conto terzi e del trasporto passeggeri con autobus, l’istanza di nulla osta per lavoro subordinato può essere presentata in favore di cittadini dei Paesi compresi nell’elenco di cui all’art. 6, comma 3, lett. a). Si rammenta che è necessario il possesso di patenti di guida equipollenti alla categoria richiesta e convertibili in Italia sulla base di vigenti accordi di reciprocità, attualmente esistenti con: Albania, Algeria, Marocco, Moldova, Repubblica di Corea (solo per patenti di categoria D), Repubblica di Macedonia del Nord, Tunisia e Ucraina. 

Per un aggiornamento sugli accordi vigenti con alcuni Paesi terzi si veda il seguente link del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: https://www.mit.gov.it/conversione patente-estera.

I lavoratori conducenti di autotrasporto merci per conto terzi dovranno 

essere muniti di patenti professionali equivalenti alle patenti di categoria CE, cittadini dei Paesi compresi nell’elenco di cui sopra, mentre i lavoratori conducenti per il trasporto passeggeri con autobus dovranno essere muniti di patenti professionali equivalenti alle patenti delle categorie C1 e C (anche speciale), nonché delle categorie C1E, CE, D1, D, D1E e DE CE, cittadini dei Paesi compresi nello stesso elenco. Trascorso un anno dall’acquisizione della residenza in Italia, è necessario convertire la patente. 

Ai fini dell’effettivo impiego nell’attività di conducente all’interno del 

territorio nazionale, analogamente a quanto avviene in altri Stati membri dell’Unione europea, le imprese di trasporto per entrambi i settori sopra indicati dovranno dimostrare, che si siano perfezionati gli adempimenti formativi prescritti per il rilascio della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), ai fini dell’abilitazione (prevista dal d.lgs. n. 50/2020, in attuazione della Direttiva 2018/645, e DM MIMS 30 luglio 2021). I suddetti adempimenti formativi sono anche richiesti, per il solo settore del trasporto internazionale di merci per conto terzi, ai fini del rilascio dell’attestato di conducente, recante il codice unionale armonizzato “95”, da parte degli Ispettorati territoriali del lavoro (ai sensi dell’art. 22, comma 6, lett. a), d.lgs. n. 286/2005). 

Tali lavoratori, titolari di una patente di guida non comunitaria di categoria C1 e C (anche speciale), nonché delle categorie C1E, CE, D1, D, D1E e DE CE, ed in possesso della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), potranno condurre veicoli immatricolati sul territorio italiano, a nome di impresa che effettua trasporti, fino ad un anno dall’acquisizione della residenza in Italia. 

Trascorso un anno, è necessario convertire la patente. 

La durata del contratto di lavoro sarà, in tali casi, a tempo determinato della durata massima di un anno. Se, invece, il lavoratore è già in possesso della patente comunitaria e della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), in corso di validità, la durata del contratto di lavoro potrà essere anche a tempo indeterminato. 

Ai fini della presentazione della relativa istanza di nulla osta, l’impresa 

richiedente deve essere: 

✓ iscritta al Registro Elettronico nazionale (R.E.N.) (di cui al Regolamento CE n. 1071/2009); 

✓ per il trasporto merci per conto terzi, iscritta all’Albo degli autotrasportatori di cose per conto di terzi (di cui alla legge n. 298/1974) della provincia di appartenenza ed essere in possesso di licenza comunitaria, in corso di validità, in caso di trasporti internazionali. 

 

Per il settore dell'assistenza familiare (modello A-bis) di cui all’art. 6, comma 4, lettera c), l’istanza di nulla osta al lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero determinato, con orario a tempo pieno o a tempo parziale, dovrà indicare la retribuzione prevista dal CCNL di settore (lavoro domestico) e, comunque, non dovrà essere inferiore al minimo previsto per l’assegno sociale (503,27 euro mensili). 

Con riferimento alla capacità economica del datore di lavoro, così come 

indicato dalle circolari INL n. 3 del 5 luglio 2022 e n. 2066 del 21 marzo 2023, «il reddito imponibile del datore di lavoro con nucleo familiare composto solo dalla sua persona non può essere inferiore a € 20.000,00 annui, limite che sale a € 27.000,00, nel caso in cui la famiglia anagrafica del datore di lavoro sia composta da più familiari conviventi. 

Possono concorrere nella formazione del requisito reddituale del datore di lavoro sia il reddito del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, anche se non conviventi, sia eventuali redditi esenti certificati (come, ad esempio, l’assegno di invalidità)». 

Il requisito reddituale non è richiesto per il datore di lavoro affetto da patologie o disabilità che ne limitano l’autosufficienza e che presenti istanza di nulla osta al lavoro per un lavoratore addetto alla sua assistenza. 

È possibile inoltrare l’istanza anche da parte di persona singola, componente il nucleo familiare dell’assistito ovvero da rappresentante di convivenze familiarmente strutturate (es. comunità religiose, convivenze militari, case-famiglia, comunità di recupero e/o assistenza disabili, le comunità focolari) ai sensi del CCNL che disciplina il rapporto di lavoro domestico. 

È parimenti necessario dimostrare il reddito secondo quanto previsto dall’art. 24-bis D. Lgs. n. 286/1998. 

 

Per il settore dell’assistenza socio-sanitaria (modello A-bis) di cui all’art. 6, comma 4 lett. c), del d.p.c.m. sulle quote, ai fini dell’istanza di nulla osta al lavoro è necessario fare riferimento ai CCNL relativi al personale dipendente delle imprese delle diverse realtà operanti nell’ambito del settore socio-sanitario, limitatamente al livello al quale appartengono i lavoratori che svolgono attività socio assistenziali verso persone autosufficienti e/o non autosufficienti (per esempio per prestazioni relative ai bisogni dell’anziano e/o della persona disabile). 

I datori di lavoro potranno essere associazioni organizzate, fondazioni e istituzioni di assistenza e beneficenza operanti nel settore sociosanitario. 

 

Per tutti i comparti lavorativi il reddito imponibile, in caso di persona fisica/Impresa Individuale o il fatturato, in caso enti e società, non può essere inferiore a € 30.000,00 annui come espressamente indicato nelle circolari INL n. 3 del 5 luglio 2022 e 2066 del 21 marzo 2023, sopra indicate.

 

Ingressi per lavoro stagionale (art. 7) 

I settori occupazionali per i quali i cittadini di Paesi terzi compresi nell’elenco di cui all’art. 6, comma 3, lett. a), possono essere ammessi sul territorio nazionale per motivi di lavoro subordinato stagionale sono: “agricolo e turistico-alberghiero” (articolo 24, comma 1, D. Lgs. n. 286/1998). 

Si precisa che nel settore occupazionale “agricolo” rientrano anche le istanze relative all’ingresso di lavoratori non comunitari stagionali/pluriennali inquadrati quali “operai florovivaisti” e “personale addetto all’allevamento di animali”, come previsto dalla contrattazione collettiva di settore, in particolare, dal CCNL operai agricoli e florovivaisti di riferimento del 23 maggio 2022. 

Resta salvo che occorrerà verificare l’espressa previsione della stagionalità da parte della contrattazione collettiva di settore. 

Anche per tali comparti lavorativi il reddito imponibile non può essere inferiore a € 30.000,00 annui. 

In particolare, nel caso di impresa agricola, la capacità economica potrà essere valutata prendendo in considerazione anche indicatori ulteriori rispetto al fatturato, quali quelli ricavabili dalla dichiarazione I.V.A., prendendo in considerazione il volume d’affari al netto degli acquisti o dalla dichiarazione IRAP e i contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori (v. circolari INL n. 3 del 5 luglio 2022 e n. 2066 del 21 marzo 2023, già citate). 

Per gli imprenditori agricoli titolari di reddito agrario, in luogo del reddito imponibile o del fatturato, può essere assunto l’ammontare del volume d’affari desumibile dalla dichiarazione I.V.A. al netto degli acquisiti (con esclusione degli acquisti di beni strumentali ammortizzabili e non ammortizzabili, incrementato dai contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori e dalle operazioni fuori campo IVA attinenti al settore agricolo). 

Per gli imprenditori agricoli non titolari di reddito agrario, può essere assunto il reddito imponibile ovvero il fatturato risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi ovvero dal bilancio di esercizio precedente. 

Qualora i suddetti imprenditori agricoli svolgano anche altre attività connesse, attività commerciali o di lavoro autonomo, occorre considerare la sommatoria del volume d’ affari di tutti gli intercalari della dichiarazione IVA.

 

Nel caso di conversione dei permessi in lavoro subordinato si conferma che, il lavoratore dovrà presentare, al momento della convocazione presso lo Sportello Unico, la proposta di contratto di soggiorno sottoscritta dal datore di lavoro – valida come impegno all’assunzione da parte dello stesso datore di lavoro – utilizzando il modello Q disponibile sull’home page del portale ALI del Ministero dell’interno, all’indirizzo https://portaleservizi.dlci.interno.it e sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’indirizzo www.lavoro.gov.it, da allegare alla domanda utilizzando il campo “proposta di contratto di soggiorno” della sezione “upload allegati” del modulo di domanda. Successivamente il sistema provvederà alla generazione della Comunicazione obbligatoria di assunzione e al suo invio telematico al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 

Per tutte le ipotesi di richieste di conversione del titolo di soggiorno in un titolo che comporta l’inserimento nel mercato del lavoro nazionale di un lavoratore straniero non comunitario rimane inalterata la competenza dell’Ispettorato territoriale del lavoro relativamente alle verifiche di cui all’art. 30-bis del d.p.r. n.394/1999, con emanazione del parere di competenza. 

Per i casi di conversione di un permesso di soggiorno da stagionale a lavoro subordinato (modello VB), si richiama la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 16.12.2016, che prevede la possibilità di convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, ferma la disponibilità di quote, solo dopo almeno tre mesi di regolare rapporto di lavoro stagionale (comma 10, art. 24 D. Lgs. n. 286/1998) ed in presenza dei requisiti per l’assunzione con un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato. 

A tal fine, gli Ispettorati territoriali del lavoro dovranno verificare, secondo la prassi in uso, la presenza dei requisiti per la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, l’avvenuta assunzione in occasione del primo ingresso per lavoro stagionale, la durata dello stesso rapporto di lavoro stagionale, nonché i relativi pagamenti contributivi agli Enti competenti effettuati a favore del lavoratore nel periodo considerato. 

Con riferimento al settore agricolo, le cui prestazioni lavorative dei lavoratori stagionali sono effettuate “a giornate” e non a mesi, ai fini della conversione dovrà risultare una prestazione lavorativa media di almeno 13 giorni mensili, nei tre mesi lavorativi (per un totale di 39 giornate), coperti da regolare contribuzione previdenziale. 

Infine, ai fini della conversione in permesso di soggiorno per lavoro subordinato ed autonomo del permesso di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale – ipotesi non più soggetta al click day – e del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciato da altro Stato dell’UE, si dovrà tener conto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 81/2015 e ss.mm. alla disciplina dei contratti di lavoro, con particolare riguardo agli artt. 2 e 52. In tali ipotesi, lo Sportello unico acquisirà il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro.

 

Lo straniero che intende chiedere la conversione del permesso di soggiorno ai fini della costituzione di una start-up innovativa dovrà richiedere al Comitato tecnico Italia start-up visa il nulla osta, secondo le modalità indicate nelle Linee guida, ed esibire allo Sportello unico per l’immigrazione la certificazione di nulla osta rilasciata dal predetto Comitato. 

Questa certificazione sostituisce la certificazione della Camera di commercio di cui all’art. 39, comma 3, d.lgs. n. 286/1998. Rimane invariata l’esibizione dell’ulteriore documentazione prevista. 

Il Comitato, nel caso di conversione, non dovrà richiedere alla questura il nulla osta provvisorio in quanto gli accertamenti di competenza verranno effettuati all’atto del rinnovo del permesso di soggiorno.

Per ogni ulteriore chiarimento sulla procedura relativa alle start-up innovative potrà essere consultato il sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (www.mimit.gov.it). 

 

Istruttoria ingressi per lavoro stagionale (art. 7 del d.p.c.m. sulle quote) 

Le quote di lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero di cui all’art. 7, commi 4 e 5 del d.p.c.m., che perverranno dalle Organizzazioni datoriali dei rispettivi settori per conto ed in nome dei datori di lavoro, identificabili sul sistema SPI 2.0 mediante un apposito filtro di ricerca e considerate in ordine cronologico, saranno assegnate prioritariamente alle Organizzazioni stesse, ai fini del rilascio da parte dello Sportello unico per l’immigrazione del relativo nulla osta. 

Esaurita la quota prioritariamente riservata alle istanze di lavoro stagionale del settore agricolo e turistico, provenienti dalle suddette Organizzazioni datoriali, gli Sportelli unici per l’immigrazione rilasciano i nulla osta sulle altre istanze di lavoro stagionale, secondo l’ordine cronologico di arrivo al sistema informatizzato degli Sportelli medesimi. 

Le Associazioni datoriali non si limiteranno, quindi, all’inoltro delle istanze, ma potranno procedere, per conto del datore di lavoro, alla trasmissione dell’eventuale documentazione richiesta dallo Sportello unico ad integrazione di quanto dichiarato e, con apposita delega del datore di lavoro e documento di legittimazione alla rappresentanza dell’Associazione, alla successiva stipula del contratto di soggiorno, inclusi gli adempimenti di comunicazione di assunzione agli Enti competenti. 

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali procederà al successivo monitoraggio del comportamento delle associazioni datoriali, sulla base dei dati relativi ai rapporti di lavoro effettivamente attivati (attraverso controlli con il sistema delle comunicazioni obbligatorie). 

Si segnala che, in virtù di quanto previsto dall’art. 24, comma 9, del D. Lgs. n. 286/1998, i lavoratori stagionali già ammessi a lavorare in Italia almeno una volta nei cinque anni precedenti maturano comunque un diritto di precedenza per il rientro in Italia per ragioni di lavoro stagionale, presso lo stesso o altro datore di lavoro, ove abbiano rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e siano rientrati nello stato di provenienza alla scadenza del medesimo, rispetto a coloro che non hanno mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. 

In tali casi, nel modulo di domanda alla pagina “richiesta di nulla osta al lavoro subordinato stagionale”, saranno richieste le informazioni relative al precedente rapporto di lavoro; in particolare (a seconda se il lavoratore straniero abbia prestato servizio presso lo stesso datore di lavoro che sta compilando l’istanza, o presso un altro datore di lavoro) dovranno obbligatoriamente essere forniti i dati relativi alla precedente comunicazione obbligatoria, al precedente permesso di soggiorno o all’assicurata nel caso in cui il precedente permesso non fosse stato ancora rilasciato nel periodo di permanenza dello straniero in Italia. 

Si richiama, inoltre, la procedura del silenzio-assenso per le richieste di nulla osta al lavoro subordinato stagionale e stagionale pluriennale a favore degli stranieri già autorizzati almeno una volta nei cinque anni precedenti a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro. 

Si richiama, infine, l’attenzione sull’art. 24-bis, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, introdotto dal decreto-legge n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023, che prevede l’applicabilità della procedura semplificata – analogamente a quanto previsto per le ipotesi richiamate all’art. 27, comma 1-ter del d.lgs. n. 286/1998 – anche alle Organizzazioni dei datori di lavoro dei settori agricolo e turistico-alberghiero firmatarie dei Protocolli d’intesa col Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che consente la trasmissione della comunicazione della proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato stagionale e non) per via telematica direttamente alle Rappresentanze diplomatico consolari, qualora non sia intervenuto un parere contrario da parte della questura, ai fini del successivo rilascio del visto. 

Infine, le istanze presentate dai datori di lavoro del settore agricolo, a valere sul d.p.c.m. 29.12.2022, ai sensi degli articoli 6, 7 e 9, e sul d.p.c.m. integrativo 19.07.2023 non risultati assegnatari della manodopera per assenza di quota, saranno valutate in ordine cronologico, con priorità rispetto ai nuovi richiedenti, rientranti nell’ambito della quota prevista per lavoro stagionale agricolo, ai fini del rilascio da parte dello Sportello unico per l’immigrazione del relativo nulla osta, ai sensi dell’art. 5 del decreto legge n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023. 

 

Ingressi legali al di fuori delle quote (art. 4) 

Ai sensi dell’art. 21, comma 1-bis, del d.lgs. n. 286/1998, introdotto dal decreto-legge n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023, è previsto l’ingresso per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, al di fuori delle quote del decreto flussi, di cittadini di Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto intese o accordi in materia di rimpatrio. 

Al riguardo, si fa rinvio a successive indicazioni operative circa i Paesi che hanno sottoscritto tali accordi o intese. 

Con riferimento agli ingressi dei lavoratori che hanno frequentato e completato programmi di formazione professionale e civico-linguistica 

all’estero ex art. 23 TUI, l’art. 3 del decreto legge n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023, ha posto al di fuori delle quote tali ingressi e demandato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’adozione di apposite Linee guida (cfr. link https://www.lavoro.gov.it/priorita/pagine/adottate-le-linee-guida-sui-programmi-di-formazione-professionale-e-civico) con le quali sono fissate le modalità di predisposizione di programmi di formazione professionale e civico-linguistica e individuati i criteri per la loro valutazione.

Tali ingressi seguiranno le procedure previste dall’art. 22 D. Lgs. n. 286/1998, con esclusione della preventiva verifica di indisponibilità presso i Centri per l’impiego di lavoratori presenti sul territorio nazionale, ai fini dell’istanza di nulla osta al lavoro. Tali lavoratori formati all’estero, ai sensi del comma 3 del citato art. 23, sono infatti preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono, ai fini della chiamata al lavoro di cui all’art. 22. 

Anche per tali ingressi è, altresì, ammessa la trasmissione dell’istanza di nulla osta al lavoro da parte delle Agenzie di somministrazione (v. circolare congiunta Ministero dell’interno e Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 agosto 2023, prot. n. 4518). 

Inoltre, in via transitoria per gli anni 2023 e 2024, si consente alle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro presenti nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e le loro articolazioni territoriali e di categoria, di concordare con gli organismi formativi e con gli operatori dei servizi per il lavoro, accreditati a livello nazionale e regionale, ovvero con enti ed associazioni iscritti al Registro ex art. 52 del d.p.r. 394/1999 programmi di formazione professionale e civico-linguistica per la selezione e la formazione dei lavoratori direttamente nei Paesi di origine, ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs n.. 286/1998. 

Potranno essere applicate, per tali ipotesi, procedure semplificate di ingresso previste dall’art. 27, commi 1-ter e 1-quater del D. Lgs. n. 286/1998.

Le istanze per l’ingresso di tali lavoratori, alla conclusione dei corsi, potranno essere presentate dai datori di lavoro – compilando il modulo LFE – al di fuori delle quote del decreto flussi e non sono quindi soggette al click day.

All’invio del modulo stesso l’applicativo, collegandosi con il sistema SILEN del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, verificherà se il nominativo del lavoratore è presente negli elenchi dei predetti programmi di formazione. In caso di esito negativo il sistema non consentirà l’invio dell’istanza e verrà visualizzato un apposito messaggio sul portale ALI. L’istanza compilata verrà comunque conservata sul sistema in bozza per un eventuale, futuro invio. 

 

Gestione della procedura 

È consentita la trasmissione delle istanze di nulla osta al lavoro subordinato (stagionale e non stagionale) ai datori di lavoro i cui codici ATECO rientrano nei settori produttivi indicati all’art. 6, comma 1 e all’art. 7, comma 1 del d.p.c.m., fatto salvo quanto previsto per il settore di assistenza familiare. 

Per tutti i settori (con esclusione di quelli per lavoro stagionale) deve essere effettuata, da parte del datore di lavoro, la preventiva verifica di indisponibilità presso i Centri per l’impiego, ed acquisita l’asseverazione dei professionisti incaricati, di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979 o l’attestazione delle Organizzazioni datoriali firmatarie del Protocollo d’intesa del 3 agosto 2022 con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell’art. 24-bis D. Lgs. n. 286/1998.

Per l’anno 2023 le quote per lavoro subordinato, stagionale e non stagionale, anche pluriennali (ivi comprese le conversioni) previste dal d.p.c.m., saranno ripartite con apposita e successiva circolare tra gli Ispettorati territoriali del lavoro, Regioni e Province autonome, dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tramite il sistema informatizzato SILEN, sulla base delle effettive domande che perverranno agli Sportelli unici per l’immigrazione delle prefetture e del fabbisogno segnalato a livello territoriale. 

Trascorsi novanta giorni dalla data di decorrenza dei termini di cui all’art. 8, comma 1, lettere a), b) e c) del d.p.c.m., decorrenti dalla data di pubblicazione del d.p.c.m. stesso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate, le stesse possono essere diversamente ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive necessità riscontrate sul mercato del lavoro, fermo restando il limite massimo complessivo di cui all’art. 5. 

Verifiche presso il Centro per l’impiego (art. 9, comma 4) 

Si richiama l’attenzione su quanto previsto dall’art. 9, comma 4, del d.p.c.m., circa la necessità che il datore di lavoro richiedente un lavoratore straniero residente all’estero – prima dell’invio della richiesta di nulla osta al lavoro allo Sportello unico per l’immigrazione per instaurare un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato – verifichi presso il competente Centro per l’impiego, attraverso la presentazione di un modello di richiesta di personale predisposto dall’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, ANPAL (reperibile al seguente link https://www.anpal.gov.it/

/flussi-d-ingresso-dei-lavoratori-non-comunitari-e-adempimenti-dei-centri-per l-impiego), l’indisponibilità di lavoratori già presenti sul territorio nazionale, come previsto dall’art. 22, comma 2 del D. Lgs. n. 286/1998, al fine di garantire un’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale della procedura. 

A tal fine, il datore di lavoro dovrà allegare all’istanza di nulla osta al lavoro, un modello di autocertificazione che per pronto utilizzo si allega (all. 4), quale dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (ex art. 47 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445). 

Con la predetta autocertificazione il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 9, comma 5, del d.p.c.m., può procedere alla presentazione della richiesta di nulla osta presso lo Sportello unico per l’immigrazione, intendendosi espletata, da parte del Centro per l’impiego, la verifica di indisponibilità di lavoratori presenti sul territorio nazionale, al verificarsi delle seguenti ipotesi: 

a) assenza di riscontro da parte del Centro per l’impiego alla richiesta presentata, decorsi quindici giorni lavorativi dalla data della medesima; 

b) non idoneità del lavoratore accertata dal datore di lavoro ad esito negativo dell’attività di selezione del personale inviato dal Centro per l’impiego; 

c) mancata presentazione, senza giustificato motivo, a seguito di convocazione da parte del datore di lavoro, al colloquio di selezione dei lavoratori inviati dal Centro per l’impiego, decorsi almeno venti giorni lavorativi dalla data della richiesta. 

Si rammenta che ai sensi dell’art. 30-quinquies del d.p.r. n. 394/1999, la verifica di indisponibilità di lavoratori presenti sul territorio nazionale non è richiesta ai fini dell’istanza di nulla osta al lavoro per l’ingresso di lavoratori stagionali, di cui all’art. 24 D. Lgs. n. 286/1998, nei settori agricolo e turistico-alberghiero.   

Tutti gli invii, compresi quelli generati con l’assistenza delle associazioni o dei patronati, verranno gestiti dal programma in maniera singola, domanda per domanda e non “a pacchetto”. L’eventuale spedizione di più domande mediante un unico invio verrà gestita come una serie di singole spedizioni, in base all’ordine di compilazione, e verranno generate singole ricevute per ogni domanda. 

Le domande saranno trattate sulla base del rispettivo ordine cronologico di presentazione. Nell’area del singolo utente sarà, inoltre, possibile visualizzare l’elenco delle domande regolarmente inviate. Allo stesso indirizzo https://portaleservizi.dlci.interno.it/, nell’area privata dell’utente, sarà possibile visualizzare lo stato della trattazione della pratica presso lo Sportello unico per l’immigrazione. 

 

4.

Attribuzione territoriale delle quote relative all’anno 2023 per lavoro subordinato (stagionale e non) ed autonomo (conversione permesso di soggiorno)

Con circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 3942 del 27.12.2023 si è provveduto ad attribuire ad ogni Provincia le quote relative al 2023 per lavoro subordinato, lavoro stagionale e lavoro autonomo (per la conversione del permesso di soggiorno) previste a livello nazionale dal d.p.c.m. 27.9.2023 - Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per il triennio 2023-2025. 

Sito realizzato con il contributo della Fondazione "Carlo Maria Verardi"

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