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Fascicolo 2, Luglio 2024


«Il volontariato, nelle sue diverse forme, è un orgoglio del nostro Paese. Trasmette energia preziosa. I valori che esprime sono parte della cultura e della stessa identità del nostro popolo. Questo è il carattere dell’Italia, ampiamente diffuso nella concreta vita quotidiana, ed è quel che la rende, in conformità alla sua storia, un Paese di grande civiltà.

Contro questa grande civiltà stridono - gravi ed estranei - episodi e comportamenti come quello avvenuto tre giorni fa, quando il giovane Satnam Singh, lavoratore immigrato, è morto, vedendosi rifiutati soccorso e assistenza dopo l’ennesimo incidente sul lavoro.

Una forma di lavoro che si manifesta con caratteri disumani e che rientra in un fenomeno - che affiora non di rado - di sfruttamento del lavoro dei più deboli e indifesi, con modalità e condizioni illegali e crudeli.

Fenomeno che, con rigore e con fermezza, va ovunque contrastato, totalmente eliminato e sanzionato, evitando di fornire l’erronea e inaccettabile impressione che venga tollerato ignorandolo».

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, 22.6.24

Osservatorio italiano

sommario 

Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali

 

1. Ratifica ed esecuzione del Protocollo italo-albanese del 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l’ordinamento interno - Analisi e profili di legittimità costituzionale (legge 21.02.2024, n. 14) - I. L’illustrazione del Protocollo. II. La legge di esecuzione. III. Profili di legittimità costituzionale - 1. La tipologia di attività da svolgersi nei Centri albanesi. - 2. Giurisdizione extraterritoriale italiana, accesso al diritto di asilo e applicabilità della CEDU. - 3. Le navi italiane sono territorio italiano e l’applicabilità delle norme UE. – IV. Aspetti di illegittimità costituzionale. - 1. Le discriminazioni irragionevoli di trattamento tra stranieri che giungono in Italia e stranieri trasportati nei Centri albanesi. - 2. La violazione della riserva di legge in materia di condizione giuridica degli stranieri e di restrizioni della libertà personale e della libertà di circolazione e soggiorno: le lacune e gli arbitri della discrezionalità amministrativa. - 3. Le violazioni delle norme costituzionali connesse con la materia penale.

2. Inserimento delle procedure di residenza e soggiorno in Italia dei cittadini UE nel sistema telematico dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (decreto del Ministro dell’interno 22.12.2023)

3. Breve rinvio dei termini per l’invio telematico nel 2024 delle domande di nulla-osta al lavoro nell’ambito delle quote di ingresso (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19.01.2024)

4. Modalità e requisiti per l’ingresso ed il soggiorno per lavoro degli stranieri ExtraUE quali nomadi digitali e lavoratori da remoto (decreto del Ministro dell’interno 29.02.2024)

5. Proroga dello stato di emergenza nazionale per i flussi migratori (delibera del Consiglio dei ministri del 9.04.2024)

 

Rassegna delle circolari e delle direttive delle Amministrazioni statali

Cittadini dell’UE

1. Istruzioni operative per la gestione delle dichiarazioni anagrafiche on line presentate dai cittadini UE mediante i servizi resi disponibili da ANPR (circolare n. 9/2024 del 07.02.2024 prot. n. 0004214 del Ministero dell’interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per i servizi demografici)

 

Cittadini di Paesi terzi

Asilo

2. L’interpretazione del concetto di “non refoulement” alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione (circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0001278 del 14.02.2024)

3. Procedure operative per l’immediata trasmissione telematica ai Presidenti delle Commissioni territoriali di ogni domanda di protezione internazionale e alle Questure delle decisioni dei presidenti circa il tipo di procedura da adottare per il loro esame – Aspetti di dubbia legittimità (circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0001281 del 14.02.2024)

4. Criteri di valutazione e procedure operative per le decisioni e i pareri dei presidenti delle Commissioni territoriali sull’ammissibilità delle domande reiterate di protezione internazionale (circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0001282 del 14.02.2024)

5. Procedure per l’individuazione degli elementi ostativi per l’adozione del “provvedimento unificato” di rigetto delle domande di protezione internazionale e di contestuale espulsione. (circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0001819 del 29.02.2024)

6. Indirizzi per l’attuazione della direttiva del Ministro dell’interno sul rafforzamento e sul coordinamento delle attività delle Commissioni e Sezioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Aspetti di dubbia legittimità (circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0002146 del 12.03.2024)

Ingresso e soggiorno

7. Ingressi per lavoro subordinato nell’ambito delle quote programmate per il 2024 (circolare congiunta del 29.02.2024 del Ministero dell’interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare e del Ministero del turismo)

8. Ingressi e soggiorni dei lavoratori altamente qualificati dotati di Carta blu UE (circolare congiunta prot. n. 2829 del 28.03.2024 del Ministero dell’interno e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali)

Assistenza sociale

9. Prestazioni a sostegno del reddito a cittadino extraUE, in caso di rinnovo del permesso di soggiorno (messaggio dell’INPS 22.04.2024 n. 1589)

Rassegna

delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali

 

1.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo italo-albanese del 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno - Analisi e profili di legittimità costituzionale

 

La legge 21.02.2024, n. 14 (pubblicata in G.U. n.44 del 22.2.2024) prevede l’autorizzazione alla ratifica e norme di esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023.

Occorre analizzare sia le norme del protocollo italo-albanese, sia le norme legislative italiane che vi danno esecuzione.

 

I. L’illustrazione del Protocollo

 

L’art. 2 del Protocollo dichiara la sua finalità, che è il rafforzamento della cooperazione bilaterale tra le Parti in materia di gestione dei flussi migratori provenienti da Paesi terzi, in conformità al diritto internazionale e a quello europeo.

Secondo l’art. 3, la Parte albanese riconosce all’Italia il diritto all’utilizzo – secondo i criteri stabiliti dal Protocollo delle Aree, che sono concesse a titolo gratuito per la durata del Protocollo (in conformità con l’art. 13).

Secondo la definizione di “aree” prevista dall’art. 1, comma 1, lettera c), del Protocollo, esse sono i beni immobili di proprietà demaniale, individuati nell’All. 1, ovvero:

• l’area destinata alla realizzazione delle strutture per le procedure di ingresso (All. 1, lettera A);

• l’area destinata alla realizzazione delle strutture per l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti non aventi diritto all’ingresso e alla permanenza nel territorio italiano (All. 1, lettera B)).

L’All. 1 identifica, anche tramite documentazione topografica, le aree date in concessione dalla Albania all’Italia. Si tratta, rispettivamente, di:

A) un’area ubicata presso il porto di Shengjin;

B) un’area ubicata nell’entroterra, presso la località di Gjadër.

In tali aree, l’Italia può realizzare, ai sensi dell’art. 4, le strutture indicate nell’All. 1. Tali strutture sono gestite dalle competenti autorità dell’Italia, secondo la pertinente normativa italiana ed europea. Le controversie che possano nascere tra le suddette autorità e i migranti accolti nelle suddette strutture sono sottoposte esclusivamente alla giurisdizione italiana.

Il medesimo art. 4 stabilisce inoltre che il numero totale di migranti presenti contemporaneamente nel territorio albanese in applicazione del Protocollo non potrà essere superiore a tremila.

Le competenti autorità albanesi consentono l’ingresso e la permanenza nel territorio albanese dei migranti accolti in tali strutture al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea e per il tempo strettamente necessario alle stesse. Nel caso in cui venga meno, per qualsiasi causa, il titolo della permanenza nelle strutture, l’Italia trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese. I trasferimenti da e per le strutture medesime sono a cura delle competenti autorità italiane.

L’ingresso dei migranti in acque territoriali e nel territorio della Repubblica di Albania avviene esclusivamente con i mezzi delle competenti autorità italiane.

All’arrivo nel territorio albanese, le autorità competenti di ciascuna delle Parti procedono separatamente agli adempimenti previsti dalla rispettiva normativa nazionale e nel rispetto del Protocollo.

Le spese per l’allestimento di una o più strutture d’ingresso nel territorio della Repubblica d’Albania dei migranti sono totalmente a carico dell’Italia.

Nell’ambito di tali strutture, l’Italia istituisce altresì le strutture sanitarie al fine di garantire i servizi sanitari necessari.

Qualora si constati che i migranti sono portatori di malattie infettive, le autorità competenti dell’Italia osservano le norme della quarantena e del trattamento secondo i rispettivi protocolli sanitari.

In caso di esigenze sanitarie alle quali le autorità italiane non possono fare fronte nell’ambito delle strutture, le autorità albanesi collaborano con le autorità italiane responsabili delle medesime strutture per assicurare le cure mediche indispensabili e indifferibili ai migranti ivi trattenuti. I costi dei servizi sanitari offerti dalla Albania sono a carico dell’Italia, conformemente all'art. 10, paragrafo 1 del Protocollo.

L’art. 5 dispone che la realizzazione e la gestione delle strutture avviene nel rispetto della pertinente normativa italiana, senza necessità di permessi di costruire o altre formalità analoghe previste dalla normativa albanese L’Italia ha solo l’obbligo di trasmettere alle autorità albanesi il progetto e la documentazione inerente alla sostenibilità e alla funzionalità delle strutture.

L’Italia realizza inoltre le strutture dedicate al personale albanese addetto alla sicurezza del perimetro esterno delle Aree, in funzione dell’attuazione degli obblighi di cui all’art. 6, paragrafo 2 del Protocollo. 

L’Albania facilita l’erogazione dei servizi necessari all’esercizio delle strutture di cui all’All. 1, alle quali sono applicate condizioni non meno favorevoli di quelle praticate a strutture simili. I costi necessari all'erogazione di tali servizi sono interamente sostenuti dall’Italia.

Le spese sostenute dall’Italia per la realizzazione delle strutture di cui all’All. 1 sono esenti da imposte indirette e da dazi doganali. L’Italia non chiede esenzioni da tasse o altri pagamenti comunque denominati che rappresentano corrispettivi per la fruizione di servizi pubblici. 

Per le esigenze della realizzazione e della gestione delle strutture di cui all’art. 4, le competenti autorità dell’Italia sono esenti da restrizioni o controlli valutari e possono liberamente trasferire valute in deroga alle disposizioni vigenti nella Repubblica di Albania.

L’Albania facilita il sollecito disbrigo delle operazioni doganali relative a materiali e attrezzature richieste dall’Italia per la realizzazione delle attività previste dal Protocollo.

L’art. 6 riguarda prevalente le questioni connesse con il mantenimento della sicurezza delle aree, e prevede la collaborazione tra le competenti autorità delle Parti, e in particolare:

• le competenti autorità dell’Albania assicurano il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nel perimetro esterno alle Aree e durante i trasferimenti via terra, da e per le Aree, che si svolgono nel territorio albanese;

• le competenti autorità dell’Italia assicurano il mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno delle Aree.

Le competenti autorità della Albania possono accedere nelle Aree, previo espresso consenso del responsabile della struttura stessa. In via eccezionale le autorità dell’Albania possono accedere nelle strutture, informando il responsabile italiano della stessa, in caso di incendio o di altro grave e imminente pericolo che richiede un immediato intervento.

Con riferimento ai rispettivi obblighi relativi alla sicurezza, ognuno degli Stati istituisce un’unità responsabile del buon andamento, del coordinamento e della supervisione delle questioni di sicurezza.

Le competenti autorità italiane adottano le misure necessarie al fine di assicurare la permanenza dei migranti all’interno delle Aree, impedendo la loro uscita non autorizzata nel territorio della Repubblica d’Albania, sia durante il perfezionamento delle procedure amministrative che al termine delle stesse, indipendentemente dall’esito finale.

In caso di uscita non autorizzata dei migranti dalle Aree, le autorità albanesi li ricondurranno nelle stesse, con costi a carico dell’Italia.

Le competenti autorità italiane sostengono ogni costo necessario all’alloggio e al trattamento delle persone accolte nelle strutture, compreso il vitto, le cure mediche (anche nei casi che necessitano l’assistenza delle autorità albanesi) e qualsiasi altro servizio ritenuto necessario dall’Italia, impegnandosi affinché tale trattamento rispetti i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo, conformemente al diritto internazionale. I documenti ufficiali detenuti a qualsiasi titolo dalle autorità italiane e dal personale italiano sono esenti da sequestro o altre misure analoghe da parte delle autorità albanesi.

L’art. 7 contiene disposizioni relative al personale italiano, i cui nominativi sono comunicati previamente, per le vie diplomatiche, dall’Italia.

L’ingresso e il soggiorno in Albania del personale italiano per le finalità previste dal Protocollo sono esenti da visto, da permesso di soggiorno e da altre formalità previste dalla normativa albanese in materia di immigrazione. Al personale italiano che permane nel territorio albanese per più di 90 giorni è rilasciato, gratuitamente e a semplice richiesta, un documento di riconoscimento (denominato “permesso unico”).

Le condizioni di lavoro del personale italiano sono regolate esclusivamente dalla normativa italiana. Le retribuzioni percepite dal personale italiano sono esenti da imposte sui redditi e da contributi per l’erogazione dell’assistenza sociale previsti dalla pertinente legislazione albanese, salvo i casi in cui il personale sia cittadino albanese residente nella Repubblica d’Albania.

Il personale italiano non è soggetto alla giurisdizione albanese per le parole dette o scritte e per gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni, anche dopo la fine dell’esercizio delle suddette funzioni in territorio albanese. Le comunicazioni di detto personale con le competenti autorità italiane non sono soggette a restrizioni o limitazioni da parte delle autorità albanesi. Il personale italiano è invece sottoposto alla giurisdizione albanese nell’ipotesi in cui, durante la permanenza ai sensi del Protocollo, commetta, al di fuori del servizio, reati previsti dalla legislazione albanese in violazione dei diritti dei cittadini albanesi o dello Stato albanese.

Ad eccezione di questi casi (soggetti alla legislazione procedurale penale albanese e ai vigenti accordi bilaterali), il personale italiano gode di immunità da qualsiasi forma di detenzione in Albania.

Nei casi in cui sono applicate al personale italiano misure restrittive della libertà personale, le autorità albanesi le comunicano immediatamente alle autorità italiane.

Per cure urgenti, il personale italiano può accedere alle strutture sanitarie albanesi, con costi sono a carico della persona interessata o dell’Italia.

Il personale italiano ha l’obbligo di rispettare le leggi della Repubblica di Albania e di non interferire negli affari interni della medesima.

L’Italia mette a disposizione delle autorità albanesi la lista nominativa del personale munito di porto d’armi nell’esercizio delle proprie funzioni nonché le relative disposizioni di ricezione e di consegna dell’arma da e a detto personale. A questo personale è vietato portare l’arma in territorio albanese al di fuori del servizio, posto che il “servizio” include l’accompagnamento dei migranti da e verso le aree. L’Italia adotta le misure necessarie atte a garantire la sicurezza degli armamenti e delle munizioni impiegate ai sensi del Protocollo.

Secondo l’art. 8, l’accesso in territorio albanese di mezzi italiani è regolato da successive intese tra le competenti autorità italiane ed albanesi, che entrano in vigore alla data della firma.

Conformemente alle medesime intese è eseguita la procedura di trasferimento dei migranti in territorio albanese da e verso le Aree.

I costi relativi all’impiego dei mezzi e delle unità dell’Albania, derivanti dalle disposizioni del Protocollo, sono sostenuti dall’Italia conformemente all'art. 10, paragrafo 1 del Protocollo.

L’art. 9 dispone che il periodo di permanenza dei migranti nel territorio della Repubblica d’Albania, in attuazione del Protocollo, non può essere superiore al periodo massimo di trattenimento consentito dalla vigente normativa italiana.

Le autorità italiane, al termine delle procedure eseguite in conformità alla normativa italiana, provvedono all’allontanamento dei migranti dal territorio albanese, con costi a carico dell’Italia.

Per assicurare il diritto di difesa, le Parti consentono l’accesso alle strutture agli avvocati, ai loro ausiliari, nonché alle organizzazioni internazionali e alle agenzie dell’Unione europea che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale, nei limiti previsti dalla legislazione italiana, europea e albanese applicabile.

In caso di nascita o morte, i migranti sono sottoposti alle disposizioni della legislazione italiana. In particolare, in caso di morte, l’Albania mette a disposizione dell’Italia la struttura dell’obitorio e l’Italia trasferisce la salma dal territorio albanese entro quindici giorni dal decesso.

L’art. 10 riguarda le spese indicate agli artt. 4, 6, 8, e 12 del Protocollo, oltre alle spese o oneri non previsti derivanti dal Protocollo. Tali spese sono rimborsate dall’Italia alla Albania in forma forfettaria nella misura e con le modalità determinate dall’All. 2, che regola anche le condizioni e le modalità con cui l’Italia si fa carico degli oneri sostenuti dalla Albania in caso di avvio, da parte dei migranti, di procedure amministrative innanzi alle competenti Autorità albanesi.

L’All. 2 regola, appunto, la misura e le modalità dei rimborsi dovuti dall’Italia alla Albania

-          in applicazione dell’art. 10 del Protocollo (dettagliati alla sezione C);

-          per gli eventuali oneri imprevisti indicati nello stesso All. 2 (dettagliati alla sezione D).

La sezione B dell’All. 2 prevede che l’Italia, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Protocollo, accrediti la somma di 16,5 milioni di euro nel conto speciale di tesoreria appositamente costituito dalla Albania presso la tesoreria statale (denominato «Fondo per il rimborso delle spese sostenute per l’attuazione del Protocollo italo-albanese per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria») quale anticipo forfettario dei rimborsi relativi al primo anno di applicazione del Protocollo.

Per quanto riguarda i rifinanziamenti di tale Fondo, la sezione E dispone che in ogni anno di vigenza del Protocollo l’Albania comunichi all’Italia (entro il 15 marzo ed entro il 15 settembre) l’importo delle spese di cui alle sezioni C e D dell’All. 2 sostenute nel semestre precedente, corredato dai giustificativi di spesa. Entro 45 giorni, l’Italia versa l’importo richiesto nel Fondo, in modo che l’importo del conto speciale di tesoreria non possa essere inferiore a 16,5 milioni di euro.

La sezione F prevede la costituzione di un Fondo di garanzia a favore dell’Albania, al fine di assicurare il rimborso delle spese previste dall’All. 2 ed eccedenti i versamenti effettuati dall’Italia ai sensi delle sezioni B ed E.

Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Protocollo, l’Italia accende un conto corrente bancario dedicato al deposito delle risorse afferenti al Fondo di garanzia, presso una banca di secondo livello operante nella Repubblica di Albania.

Le risorse prelevate da tale Fondo di garanzia possono essere accreditate solo al conto speciale di tesoreria di cui sopra.

La sezione G contiene disposizioni relative alla regolazione finale dei rimborsi, a seguito di denuncia del Protocollo o alla data di scadenza dello stesso.

Secondo la sezione H, le autorità competenti delle due Parti possono adottare, di comune accordo, uno o più manuali operativi. Inoltre, in deroga all’art. 13 del Protocollo, l’All. 2 può essere modificato mediante intesa scritta delle Parti.

L’art. 11 elenca gli adempimenti dell’Italia al termine del Protocollo:

1) restituzione delle aree all’Albania, che non è tenuta a corrispondere alcun indennizzo per le migliorie apportate;

2) allontanamento di tutti i migranti dal territorio albanese entro il termine del Protocollo.

Ai sensi dell’art. 12, ogni Stato indennizza i danni causati all’altro da dolo o colpa grave del proprio personale e le perdite derivanti dall'eventuale obbligo di risarcire terzi dei danni ad essi causati da dolo o colpa grave del personale dell’altro Stato.

Non sono comunque considerate dolo o colpa grave le carenze di servizio derivanti da limitate capacità oggettive delle Parti.

L’Italia sostiene, con le modalità di cui all’art. 10, i costi di rappresentanza legale nonché quelli processuali e di risarcimento dei danni in caso di azioni intentate contro la Repubblica d’Albania da terzi relativamente all’attuazione del presente Protocollo, comprese azioni od omissioni dell’Italia nei confronti dei migranti, ovvero a seguito dell’attività delle autorità italiane. In tali casi le Parti promuovono discussioni in buona fede volte a conseguire una soluzione mutuamente accettabile.

L’art. 13 regola l’entrata in vigore e la durata del Protocollo.

Il Protocollo entra in vigore alla data concordata tra le Parti con successivo scambio di note, resta in vigore per 5 anni ed è rinnovato tacitamente per un ulteriore periodo di 5 anni, salvo che una delle due Parti comunichi, con preavviso di almeno sei mesi rispetto alla scadenza, la propria intenzione di non rinnovare il Protocollo.

Ciascuna delle Parti può, in qualsiasi momento, denunciare il Protocollo, con un preavviso scritto di sei mesi. La denuncia dà notizia delle motivazioni alla controparte. Il Protocollo può essere denunciato non prima di un anno dalla sua entrata in vigore.

Si segnala che la sezione H dell’All. 2 contiene una disposizione derogatoria dall’art. 13, secondo cui l’All. 2 può essere modificato mediante intesa scritta delle Parti.

Secondo l’art. 14, qualsiasi controversia tra le Parti sull’interpretazione o sull’applicazione del Protocollo e delle intese derivanti dallo stesso è risolta in via amichevole mediante consultazioni tra le Parti.

 

II. La legge di esecuzione

 

Gli artt. 1 e 2 della legge recano, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione del Protocollo.

L’art. 3, comma 1, individua le autorità competenti per l’esecuzione del Protocollo nelle strutture aventi sede a Roma:

a) Prefetto di Roma per i provvedimenti di competenza del Prefetto;

b) Questore di Roma per i provvedimenti spettanti al Questore;

c) Commissione territoriale per la protezione internazionale di Roma per l’esame e la decisione delle domande di protezione internazionale (per la quale si autorizza l’istituzione di 5 sezioni e l’art. 5, comma 3, autorizza l’assunzione di unità di personale aggiuntivo presso le Commissioni e per le sezioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale);

d) un nucleo di coordinamento e raccordo alle dipendenze della Questura di Roma;

e) Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria del Lazio per i provvedimenti di competenza del Provveditore dell’amministrazione penitenziaria;

f) un nucleo di polizia giudiziaria istituito presso le aree destinate ad ospitare le strutture per migranti in Albania indicate nell’All. 1 del Protocollo;

g) un nucleo di polizia penitenziaria istituito presso le aree in Albania

h) uno speciale ufficio di sanità marittima, aerea e di confine istituito presso le aree in Albania, per lo svolgimento dei compiti previsti dalle leggi e dai trattati internazionali vigenti in materia di profilassi internazionale e di sanità pubblica.

Il comma 2 stabilisce che nelle strutture in Albania possono essere condotte soltanto persone imbarcate, anche a seguito di operazioni di soccorso, in zone situate all’esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell’Unione europea. Si precisa, inoltre, che queste debbono essere imbarcate su mezzi delle autorità italiane.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 4, paragrafo 4, del Protocollo prevede che l’ingresso dei migranti in Albania, nelle acque territoriali e nel territorio, avviene esclusivamente con i mezzi delle competenti autorità italiane.

Ai sensi del comma 3 le aree concesse in uso all’Italia da parte dell’Albania sono equiparate alle zone di frontiera o di transito, individuate dal decreto del Ministero dell’interno 5 agosto 2023, emanato ai sensi dell’art. 28-bis, comma 4, del d.lgs. n. 25/2008; in tali zone è applicabile, in determinate condizioni, una procedura accelerata di esame delle richieste di protezione internazionale.

Il comma 4 equipara le strutture indicate nel Protocollo alle corrispondenti strutture previste dalla normativa nazionale.

In particolare, entrambe le strutture di cui all’All. 1, lettera A), denominate «strutture per le procedure di ingresso» e lettera B), denominate «strutture per l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti non aventi il diritto all’ingresso e alla permanenza nel territorio italiano» sono equiparate ai punti di crisi (hotspot) previsti dall’art. 10-ter, comma 1, d.lgs. n. 286/1998.

Le sole strutture destinate al rimpatrio tra quelle di cui alla lettera B) dell’All. 1 sono equiparate ai Centri di permanenza per il rimpatrio, disciplinati dall’art. 14 d.lgs. n. 286/1998.

Dal combinato disposto dei commi 3 e 4 sembra quindi desumersi che nelle strutture da realizzare in territorio albanese potranno essere effettuate le procedure di identificazione che usualmente si svolgono nei punti di crisi, le procedure accelerate di esame della domanda di protezione internazionale di cui all’art. 28-bis d.lgs. n. 25/2008 sopra richiamate (e dalle quali sono esclusi i soggetti vulnerabili) che si possono svolgere negli hotspot e nei CPR, e le procedure di rimpatrio che si svolgono nei CPR.

 

 

III. Profili di legittimità costituzionale

 

1.La tipologia di attività da svolgersi nei Centri albanesi

 

Dal punto di vista generale il Protocollo italo-albanese alla luce di disposizioni legislative nazionali di esecuzione e delle altre norme legislative nazionali vigenti in esse richiamate (d.lgs. n. 286/1998, d.lgs. n. 251/2007 e 25/2008) configura una cessione temporanea (per 5 anni) dell’uso di una porzione del territorio albanese, da adibirsi all’allestimento e alla gestione di due Centri (punto di crisi e Centro di permanenza per il rimpatrio), i quali saranno adibiti allo svolgimento di operazioni da parte di autorità italiane nei confronti di non oltre 3000 stranieri l’anno soccorsi in acque internazionali che vi saranno portati da navi militari italiane e nei quali saranno soggetti alla legislazione italiana.

 

a)Funzioni amministrative svolte dalle autorità di pubblica sicurezza

- trasporto ai Centri albanesi degli stranieri soccorsi nelle acque internazionali;

- trasporto in Italia o in altri Stati extraUE degli stranieri;

- identificazione e rilievi fotodattiloscopici;

- informazione e accoglienza delle persone soccorse e dei richiedenti asilo;

- presentazione ed esame delle domande di protezione internazionale;

- inserimento dei dati dei richiedenti protezione internazionale nella banca-dati EURODAC entro 72 ore dalla presentazione della domanda;

- determinazione dello Stato competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale;

- decisioni sulle domande di protezione internazionale e loro comunicazione agli stranieri;

- adozione dei provvedimenti di trattenimento e proposta delle proroghe al trattenimento;

- gestione dell’accoglienza e delle cure nell’ambito del punto di crisi;

- gestione dell’accoglienza e delle cure nell’ambito del Centro di permanenza per il rimpatrio;

- adozione ed esecuzione di eventuali provvedimenti di respingimento;

- adozione ed esecuzione di eventuali provvedimenti amministrativi di espulsione;

- adozione ed esecuzione di eventuali provvedimenti di accompagnamento alla frontiera degli stranieri destinatari di provvedimenti di espulsione o di respingimento;

 

b)Funzioni giurisdizionali

- giudizi di convalida dei provvedimenti di trattenimento;

- giudizi sulle richieste di proroga dei provvedimenti di trattenimento;

- giudizi di convalida dei provvedimenti di accompagnamento alla frontiera degli stranieri espulsi o respinti;

- procedimenti penali per i reati commessi nel Centro di permanenza per il rimpatrio;

- giudizi sui ricorsi contro provvedimenti di inammissibilità e di rigetto delle domande di protezione internazionale,

 

c)funzioni penitenziarie

- esecuzione di misure cautelari detentive o di pene detentive irrogate agli stranieri già trattenuti nel Centro di permanenza per il rimpatrio allestito in Albania per i reati da loro commessi in tale Centro.

La tipologia delle diverse attività e funzioni da svolgersi nei Centri albanesi, alle quali si applicheranno le norme vigenti in Italia, comporta una diversa qualificazione giuridica, anche dal punto di vista costituzionale.

 

2. Giurisdizione extraterritoriale italiana, accesso al diritto di asilo e applicabilità della CEDU

 

Il diritto internazionale generale non vieta a uno Stato di esercitare la propria giurisdizione sul territorio di un altro Stato che vi abbia dato il suo libero consenso, sicché la creazione di un regime di extraterritorialità, non vìola le norme internazionali generalmente riconosciute a cui l’ordinamento italiano deve automaticamente adeguarsi ai sensi dell’art. 10, comma 1 Cost. né eventuali obblighi internazionali rilevanti ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost. che non limitano l’esercizio extraterritoriale della giurisdizione statale in relazione al diritto di asilo.

Anzi il diritto di asilo è garantito allo straniero nel territorio della Repubblica dall’art. 10, comma 3 Cost., ma ciò significa che il diritto di asilo si gode sul territorio della Repubblica, mentre la richiesta di potervi accedere può essere presentata dallo straniero anche fuori dal territorio italiano.

Dunque, il diritto di asilo non necessariamente comporta anche l’obbligo di trovarsi sul territorio stesso allorché si chiede di potervi accedere al diritto di asilo.

Pertanto, in base alla riserva di legge in materia di diritto di asilo previsto dall’art. 10, comma 3 Cost., la legge dello Stato lo Stato ben può prevedere che la domanda di accedere al diritto di asilo sia presentabile da parte dello straniero non soltanto nel territorio dello Stato, ma anche al di fuori del territorio dello Stato (p.es. disciplinando con apposite norme, come la stessa giurisprudenza della CGUE consente, la richiesta presentata all’estero di un visto a validità territoriale limitata, rilasciato per motivi umanitari ai sensi dell’art. 25 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) o, per gli stranieri non soggetti all’obbligo del visto, la richiesta di una autorizzazione ai viaggi ETIAS rilasciata per motivi umanitari).

Dunque, presupposto per godere in Italia del diritto d’asilo resta sempre l’effettivo impedimento all’esercizio delle libertà democratiche (art. 10, comma 3 Cost.), non si esige che tale situazione sia stata già accertata, ma l’accertamento potrebbe essere effettuato sia nel territorio italiano, sia all’estero.

Peraltro, allo straniero che entra nel territorio italiano per richiedere l’asilo deve essere anzitutto consentito l’ingresso e il soggiorno temporaneo nel territorio dello Stato (asilo provvisorio), per consentire ai pubblici poteri di verificare la sussistenza di tale situazione e garantire allo straniero un asilo a tempo indeterminato.

Il diritto d’asilo deve, cioè, intendersi non soltanto come un diritto all’ingresso nel territorio dello Stato, ma anche come diritto di accedere all’eventuale procedura di esame della domanda di asilo, come conferma Cass. sez. I, 25028/2005.

Peraltro «[l]e navi italiane in alto mare […] sono considerate come territorio italiano» (art. 4 cod. nav.), sicché è sempre applicabile la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia sulle navi italiane, sia nel territorio albanese, anche perché la stessa Albania ha ratificato la CEDU.

Poiché la CEDU è applicabile quando uno Stato contraente eserciti un “controllo effettivo”, tale situazione ricorrerà ogni qual volta una nave militare faccia salire a bordo i migranti soccorsi, anche al di fuori del mare territoriale.

Perciò le navi italiane responsabili del soccorso sono obbligate a garantire il diritto degli stranieri di non essere espulsi senza una previa valutazione della situazione individuale, in applicazione del principio di non refoulement (come chiarito dalla Corte EDU nel noto caso Hirsi Jamaa c. Italia).

Inoltre, la riserva di legge rinforzata prevista nell’art. 10, co. 2 Cost. rende decisivi per il diritto d’asilo alcuni obblighi internazionali: in base all’art. 3 CEDU come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo lo straniero non può essere respinto allorché rischi di subire torture o trattamenti inumani e degradanti (nello Stato di rinvio o in alto mare), senza dargli alcuna possibilità di accertamento individuale della propria condizione; in base al diritto internazionale del mare deve essere soccorso se si trova in situazione di pericolo in mare; in base agli artt. 31 e 33 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati non può essere respinto se è rifugiato che giunge direttamente da un territorio in cui la sua vita o la sua libertà erano minacciate ed è entrato irregolarmente e senza indugio presenta domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.

Pertanto, ad ogni straniero che non possa essere respinto secondo il diritto internazionale spetta anche in base all’art. 10, co. 3 Cost. il diritto di ingresso nel territorio italiano e di presentazione della domanda di asilo. Infatti, questi principi internazionali di non respingimento e la concreta possibilità di ingresso nel territorio dello Stato sono la precondizione ineludibile per l’applicazione delle garanzie previste per la tutela del diritto di asilo.

 

3. Le navi italiane sono territorio italiano e l’applicabilità delle norme UE

 

La legge di esecuzione del Protocollo prevede che saranno portati dalle navi militari italiane nei Centri albanesi soltanto stranieri che saranno soccorsi nel mare internazionale.

Questo punto è uno degli aspetti più cruciali e giuridicamente problematici del Protocollo.

Infatti, secondo il diritto internazionale (che è giuridicamente vincolante per l’ordinamento italiano ai sensi degli artt. 10, comma 2 e 117, comma 1 Cost.) ogni Stato esercita la propria giurisdizione «sulle navi che battono la sua bandiera» (art. 94 UNCLOS) e in base a ciò l’art. 4 del codice della navigazione, «[l]e navi italiane in alto mare […] sono considerate territorio italiano».

Il diritto UE sarebbe, perciò, applicabile anche alle navi militari italiani che soccorrono i migranti in acque internazionali e che dovrebbero trasportarli.

Del resto, lo stesso Protocollo italo-albanese espressamente prevede che è applicabile il diritto europeo.

Tuttavia, non si può ritenere applicabile l’art. 9 della dir. UE sulle procedure di esame delle domande di protezione internazionale 32/2013 (attuato dall’art. 7 d. lgs. n. 25/2008) che prevede che «I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione», perché tale disposizione si applica soltanto a coloro che abbiano presentato domanda di protezione internazionale presso le autorità nazionali legalmente individuate come competenti dallo Stato membro a raccogliere le domande.

In proposito il d.lgs. n. 25/2008 individua come autorità competenti a ricevere le domande di protezione internazionale la Questura e la polizia di frontiera e dunque non certo i comandanti delle navi italiane, anche perché la giurisprudenza della CEDU prescrive che lo straniero soccorso in mare sia trasportato sulla terraferma in zona sicura, nella quale sarà informato da personale competente e con l’ausilio di traduttori della possibilità di presentare domanda di asilo e delle altre sue garanzie e che perciò vi sia portato dalla nave soccorritrice nel più breve tempo possibile.

Secondo la Corte EDU nella sent. del 23 febbraio 2012 - Ricorso n. 27765/09 - Hirsi Jamaa e altri c. Italia il personale a bordo delle navi militari non ha la formazione necessaria per condurre colloqui individuali e non era assistito da interpreti e consulenti giuridici, il che esclude l’esistenza di garanzie sufficienti che attestino che la situazione individuale di ciascuna delle persone interessate possa essere presa in considerazione in maniera reale e differenziata.

 Del resto, soltanto alle navi soccorritrici private la vigente legislazione prescrive di avviare «tempestivamente iniziative volte a informare le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità» (art. 2-bis, comma 2, lett. b) d.l. n. 130/2020, come modificato col d.l. n. 1/2023).

Pertanto, allo straniero che sia stato soccorso in mare non è lecito fare presentare sistematicamente le domande di protezione internazionale durante la navigazione sulla nave soccorritrice, sicché in tale ipotesi fino allo sbarco la sua condizione giuridica deve essere quella di uno straniero oggetto di salvataggio in mare.

Dunque, il capitano della nave che soccorre le persone in alto mare deve rispettare gli obblighi internazionali di portarle in luogo sicuro in cui la loro situazione possa essere esaminata in modo accurato e individuale (un comportamento contrario violerebbe il divieto di espulsioni collettive previsto nel prot. n. 4 alla CEDU) e di non ricondurle in uno Stato in cui sarebbero in pericolo di persecuzione (principio di non-refoulement).

Il capitano della nave soccorritrice non ha l’obbligo di consentire allo straniero di presentare la sua domanda di asilo alle autorità dello Stato. Potrebbe anche acquisire tale competenza, ma in base alla direttiva UE sulle procedure di esame delle domande di protezione internazionale un simile ruolo gli dovrebbe essere attribuito espressamente con legge dello Stato membro, ma in ogni caso sarebbe soltanto quello di ricevere una domanda in modo utile da radicare la responsabilità dello Stato di esaminare le domande, mentre alle autorità della terraferma spetterebbe comunque l’esame e le decisioni sulle domande.

Dopo l’arrivo al Centro albanese allorché sia stata presentata domanda di protezione internazionale allora in base allo stesso Protocollo che unilateralmente applica anche il diritto europeo lo straniero ha il diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro in cui ha presentato domanda di protezione internazionale o, meglio, ha il diritto di restare in Italia fino alla decisione della Commissione territoriale, il che significa che dovrebbe essere subito riportato in Italia per l’esame delle domande senza neppure essere trattenuto.

A tale disposizione UE potrebbero sottrarsi soltanto i richiedenti asilo che non godono di questo diritto in base alla direttiva UE, come attuata nell’ordinamento italiano (in riferimento alle sole ipotesi applicabili al di fuori del territorio italiano) e cioè «coloro che

a) debbono essere estradati verso un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo;

b) debbono essere consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale internazionale;

c) debbano essere avviati verso un altro Stato dell’Unione competente per l’esame dell’istanza di protezione internazionale» (art. 7, comma 2 d.lgs. n. 25/2008).

Perciò soltanto questi richiedenti asilo potrebbero essere trasportati e mantenuti nei centri albanesi, fermo restando che anche costoro potranno essere trasportati fuori dallo Stato membro UE, cioè fuori del territorio italiano, «soltanto se le autorità competenti hanno accertato che la decisione di estradizione non comporterà il “refoulement” diretto o indiretto, in violazione degli obblighi internazionali e dell’Unione di detto Stato membro».

Il diritto UE è applicabile anche ai fini dell’assistenza ai richiedenti asilo, che in base all’art. 1, par. 1 direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale sono «tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese la frontiera, le acque territoriali o le zone di transito, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio in qualità di richiedenti, nonché ai familiari, se inclusi nella domanda di protezione internazionale ai sensi del diritto nazionale».

Ciò significa che ai richiedenti asilo, dopo che abbiano presentato la domanda nel Centro albanese devono essere garantiti

1) tutte le prestazioni e le tipologie di accoglienza (e non solo i Centri governativi o il trattenimento nei Centri per il rimpatrio);

2) i divieti previsti per le categorie vulnerabili di persone (minori, nuclei familiari, donne, malati, torturati, ecc.), le quali non possono essere mai trattenuti in un Centro di permanenza per il rimpatrio; costoro perciò dovrebbero essere nei Centri albanesi soltanto identificati e poi successivamente trasportati subito in Italia.

Occorre chiedersi se e come sia possibile una simile accoglienza e se non sia piuttosto una violazione della direttiva UE sull’accoglienza dei richiedenti asilo, per almeno tre motivi:

1) ciò che si prefigura nei Centri albanesi non è certo un’accoglienza piena, inclusa la possibilità di accesso al lavoro dopo 60 giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, bensì soltanto un’accoglienza in un Centro governativo (ma senza possibilità di uscire liberamente) e per un tempo non definito oppure il trattenimento in un Centro di identificazione ed espulsione;

2) la direttiva UE esclude espressamente dal trattenimento le categorie più vulnerabili, che dunque fin dall’origine non potrebbero essere trattenute in un Centro di permanenza per il rimpatrio, bensì dovrebbero essere riportate in Italia durante tutto lo svolgimento della procedura di esame delle loro domande;

3) la direttiva UE prevede che il solo fatto di essere richiedente asilo non deve comportare il trattenimento dello straniero, il che invece è soltanto ciò che attende il richiedente asilo, salvo che si preveda espressamente nella legge di esecuzione che ogni richiedente asilo che non sia trattenibile debba essere riportato in Italia. Ciò significa che il Protocollo italo-albanese comporta un illegittimo trattenimento automatico nel Centro albanese di chiunque presenti domanda di protezione internazionale nel Centro albanese.

Qualora si tratti di trattenimento di stranieri che non abbiano presentato domanda di protezione internazionale e che siano in attesa di rimpatrio l’art. 17 della direttiva UE in materia di rimpatrio degli stranieri in condizione di soggiorno irregolare occorre prevedere luoghi idonei e distinti per il trattenimento di minori e famiglie.

Circa l’applicabilità del diritto UE al di fuori dei territori degli Stati membri, l’applicazione extraterritoriale della normativa UE attraverso un atto unilaterale adottato da uno Stato membro è possibile. Ci sono numerosi altri casi e la giurisprudenza della CGUE è favorevole.

Tuttavia, al di là di questa questione giuridicamente complessa, occorre rilevare che le norme UE in materia di immigrazione e asilo possono avere una piena applicazione soltanto nel territorio degli Stati membri dell’UE, inclusi eventuali territori l’oltremare, come quelli francesi, in cui la giurisdizione è realizzata nella sua completezza (anche sotto il profilo della libera circolazione dei cittadini dello stato interessato, sia sede di uffici giudiziari et.), ma non certo nell’ambito di una concessione temporanea dell’uso del territorio di uno Stato extraUE, costituita al solo scopo di inviarvi determinati stranieri e richiedenti asilo sui quali esercitare poteri di giurisdizione di uno Stato membro.

Perciò alcuni diritti fondamentali previsti dalle norme UE non sono concretamente esercitabili in Albania, come l’adozione di una misura meno afflittiva del trattenimento del richiedente asilo o dello straniero espellendo, la libertà per il richiedente asilo di contattare un soggetto terzo (legale o associazione) per ricevere informazioni od orientamento, il diritto dello straniero di scegliere un determinato avvocato e non un altro per farsi difendere e rappresentare durante l’esame della domanda di protezione internazionale o per impugnare le decisioni della Commissione territoriale.

Il Protocollo pare comportare l’attuazione sul territorio albanese soltanto di alcune delle procedure previste dalle norme UE in materia di rimpatrio degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare e in materia di esame delle domande di protezione internazionale: si tratta delle sole misure restrittive, del solo trattenimento dei richiedenti asilo e non di tutto il resto del regime garantito ai richiedenti asilo e agli espulsi, regime che invece è garantito a chi si trovano sul territorio italiano.

Si creano così seri dubbi circa la ragionevolezza delle discriminazioni legali tra la condizione giuridica dello straniero soccorso nel mare internazionale e trasportato nei Centri albanesi e quello trasportato nel territorio italiano sia identificato e presenti una domanda di asilo, che sia eventualmente esaminata e impugnata.

 

IV: Aspetti di illegittimità costituzionale

 

1.Le discriminazioni irragionevoli di trattamento tra stranieri che giungono in Italia e stranieri trasportati nei Centri albanesi

 

L’art. 4 co.1 della legge prevede che «si applicano, in quanto compatibili, il d.lgs. n. 286/1998 (il Testo unico delle leggi sull’immigrazione), il d.lgs. n. 251/2007 (normativa di attuazione della direttiva 2004/83/CE, cd. direttiva qualifiche), il d.lgs. n. 25/2008 (normativa di attuazione della direttiva 2005/85/CE, cd. Direttiva procedure), il d.lgs. n.142/2015 (normativa di attuazione della direttiva 2013/33/UE, cd. direttiva accoglienza) e la disciplina italiana ed europea concernente i requisiti e le procedure relativi all’ammissione e alla permanenza degli stranieri nel territorio nazionale».

Tuttavia, l’equiparazione appare del tutto fittizia, perché si prevede l’equiparazione dello straniero collocato nei Centri albanesi “purché compatibili”.

Si tratta di una “compatibilità” che è invertita e costituzionalmente illegittima: sono le norme legislative che devono essere soggette alle norme europee (art. 117, comma 1 Cost.) e non viceversa.

In realtà di quelle norme risulteranno applicabile agli stranieri trasportati in Albania nei limiti previsti dallo stesso Protocollo e nelle sue norme legislative nazionali di attuazione e cioè

1) nei limiti quantitativi massimi indicati nel Protocollo (non più di 3000 stranieri contestualmente presenti in Albania);

2) soltanto per l’accoglienza degli stranieri nel punto di crisi;

3) soltanto per i trattenimenti degli stranieri in un Centro di permanenza per il rimpatrio.

Infatti, le più cruciali garanzie per i richiedenti asilo previsti dalla direttiva UE sulle procedure di esame delle domande presuppongono la presenza del richiedente nel territorio dello Stato membro o alla sua frontiera, cioè

- il diritto alle informazioni e alla consulenza sul diritto di chiedere asilo (art. 8),

- il diritto di comunicare con «organizzazioni che prestino assistenza legale o altra consulenza» (art. 12 par.1 c),

- il diritto di consultare «in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di protezione internazionale, in ciascuna fase della procedura, anche in caso di decisione negativa» (art. 22).

Dunque, di fatto lo straniero portato in Albania rispetto allo straniero sbarcato in Italia si trova in una condizione di discriminazione legale, così prevedendo una discriminazione per motivi di condizione personale vietata dall’art. 3 Cost.

1) se, come pare dalle dichiarazioni del ministero degli affari esteri, l’intenzione è di portare in Albania persone soccorse appartenenti a Paesi di origine sicuri ai fini della protezione internazionale e che perciò secondo il d.lgs. n. 25/2008 dovrebbero vedere esaminata la loro domanda di protezione internazionale con procedura accelerata e trattenimento nelle more dell’esame della domanda e della decisione dell’eventuale ricorso giudiziario, allora si attuerebbe una discriminazione per motivi di nazionalità vietata dall’art. 3 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato;

2) in ogni caso si verificano irragionevoli discriminazioni tra stranieri portati in Albania e stranieri presenti in Italia circa l’effettivo accesso al sistema di accoglienza (i trasportati in Albania mai potrebbero accedere in Albania ad un Centro del sistema nazionale di accoglienza e integrazione, né accedere al lavoro e all’istruzione);

3)  si prevedono irragionevoli discriminazioni tra stranieri portati in Albania e stranieri presenti in Italia circa l’effettivo accesso al diritto alla difesa garantito dall’art. 24 Cost. e al giusto processo garantito dall’art. 111 Cost.:

- l’impossibilità di confrontarsi direttamente e di persona con un difensore di fiducia (che invece dovrà effettuare soltanto on line le sue conversazioni),

- la mancata disciplina dell’accesso al gratuito patrocinio e della nomina dell’avvocato di fiducia, che paiono invece rimesse dalla legge alla mera volontà del gestore italiano del Centro che sta in Albania, o a quelli dell’ufficio di coordinamento della Questura di Roma, i cui compiti in base all’art. 5, comma 2 della legge sarebbero disciplinati con un mero decreto del capo della Polizia, neppure pubblicato in Gazzetta ufficiale,

- l’impossibilità di essere interrogato di persona da un giudice (che invece dovrà farlo solo in videoconferenza, che invece sul territorio italiano è prevista soltanto in casi del tutto speciali o straordinari) che può anche minare il principio del contraddittorio.

4) non si prevede per gli stranieri trattenuti o accolti nei Centri albanesi la possibilità di ricevere la visita da parte di familiari, di ministri di culto, di enti specializzati nell’assistenza

 

2.La violazione della riserva di legge in materia di condizione giuridica degli stranieri e di restrizioni della libertà personale e della libertà di circolazione e soggiorno: le lacune e gli arbitri della discrezionalità amministrativa

 

Più in generale appare una violazione della riserva di legge in materia di stranieri ex art. 10 Cost. a causa del fatto che la legge di esecuzione non disciplina aspetti cruciali, che non possono essere perciò lasciati al caso o alla discrezionalità amministrativa.

1) Manca una disciplina di esecuzione dell’art. 4 del Protocollo italo-albanese che preveda criteri, modi e limiti con cui sarà rispettato il limite di 3000 stranieri contestualmente presenti in Albania previsto da tale articolo, che invece è decisivo ai fini del rispetto della riserva di legge e delle discriminazioni di trattamento. Anche qualora si ipotizzasse (come le dichiarazioni del Ministro degli affari esteri Tajani confermano) che il trasporto in Albania sia riservato a cittadini di Paesi di origine sicuri, le cui domande di protezione internazionale debbano essere esaminate tutte con procedura accelerata entro 30 giorni (inclusi i giudizi sui ricorsi giurisdizionali) e magari ai cittadini di Stati coi quali sono in vigore accordi bilaterali di riammissione (cioè, pochissimi Stati extraUE ed essenzialmente la Tunisia), queste stime appaiono approssimative e non convincenti, perché in 12 mesi nel 2023 sono sbarcati oltre 17.000 tunisini in Italia e perché la capienza e la durata della permanenza nel punto di crisi sono diverse da quelle nel centro di permanenza per il rimpatrio. Infatti nel punto di crisi l’accoglienza può durare anche pochi giorni e si può operare un trattenimento di non più di 30 giorni per finalità identificative o di verifica dell’ammissione al territorio, mentre nel Centro di permanenza per il rimpatrio il trattenimento può durare con tempistiche diverse a seconda del tipo di trattenimento (nell’ordinamento italiano se ne prevedono 9 tipi diversi) e della proroga possibile: per i richiedenti nella procedura accelerata può durare fino a 30 giorni, ma in caso di ricorso giurisdizionale può durare fino a 12 mesi e per i trattenuti per difficoltà di esecuzione dell’accompagnamento può durare fino a 18 mesi.

2) manca una disciplina legislativa dei tempi, dei modi e dei costi del trasporto dall’Albania in Italia degli stranieri già ospitati e identificati nel punto di crisi sito in territorio albanese e che non debbano essere trattenuti nel Centro di permanenza per il rimpatrio, ma che debbano essere accolti in Italia (p.es. le categorie vulnerabili, come famiglie, minori stranieri non accompagnati, donne, torturati, malati ecc.). In proposito il Protocollo all’art. 9, comma 3, prevede l’applicabilità della legge italiana in caso di nascite o morti nei Centri albanesi, il che significa che si ipotizza pure di trattenere nei Centri albanesi anche donne incinte ed anzi l’art. 3, comma 6 della legge di esecuzione prevede che soltanto in casi eccezionali i migranti portati in Albania siano poi trasportati in Italia, il che però sembra contrastare con la ratio complessiva del Protocollo: saranno comunque portati in Italia allorché siano rimessi in libertà o ottengano il riconoscimento di forme di protezione;

3) manca una disciplina legislativa dei tempi, dei modi e dei costi del trasporto dall’Albania in Italia degli stranieri già trattenuti nel Centro albanese, per i quali il giudice non abbia convalidato il trattenimento o abbia rigettato la richiesta di proroga del trattenimento o che siano stati ammessi alla protezione internazionale o al permesso di soggiorno per protezione speciale;

4) manca l’indicazione di quale sia l’autorità italiana competente a coordinare e a disporre il trasporto in Albania degli stranieri soccorsi in mare;

5) manca una disciplina legislativa della condizione dei minori eventualmente soccorsi nel mare internazionale (che ai sensi degli artt. 19, 29 e 31 d. lgs. n. 286/1998 e degli artt. 17 e 19 d. lgs. n. 142/2015 devono essere comunque sottratti al trattenimento e comunque da trattare nel superiore interesse del minore, come prescrive la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo);

6) manca una disciplina legislativa delle modalità di esecuzione degli accompagnamenti alla frontiera degli stranieri espulsi o respinti, allorché l’accompagnamento debba operarsi dai Centri siti in Albania al territorio degli Stati di rimpatrio: teoricamente dovrebbe accadere tutto dal territorio italiano, ma dovrebbe accadere in situazione di vigilanza, che però la legge non disciplina.

Vaghezza da meglio precisare a livello legislativo è pure quella dell’art. 3, comma 2 della legge il comma 2, il quale stabilisce che «nelle strutture in Albania possono essere condotte solamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane, anche a seguito di operazioni di soccorso, in zone situate all’esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell’Unione europea». Non è chiaro se si tratti soltanto di persone salvate da mezzi militari italiani oppure anche di persone prese a bordo di navi italiani e che erano state salvate in acque internazionali da altri natanti (commerciali o di O.N.G.) o portate a bordo delle navi italiane nelle acque internazionali. Queste ultime ipotesi paiono di dubbia conformità rispetto all’obbligo di soccorrere e portare nel porto sicuro previsto dalle norme del diritto internazionale del mare.

Inoltre, in violazione della riserva di legge e della riserva di giurisdizione in materia di provvedimenti restrittivi della libertà personale e della riserva di legge in materia di libertà di circolazione, nella legge di esecuzione mancano norme di coordinamento tra i controlli esterni albanesi ai Centri e i controlli italiani e circa le modalità del trasporto, tra i due Centri albanesi, il che può configurare violazioni delle norme italiane da parte delle forze albanesi.

Analoghe violazioni della riserva di legge e della riserva di giurisdizione in materia di restrizione della libertà personale (prevista dall’art. 13 Cost. e dell’art. 5 CEDU) riguardano l’accoglienza nel punto di crisi: secondo la normativa italiana (art. 10-ter d.lgs. n. 286/1998) l’accoglienza nei punti di crisi non può di per sé comportare provvedimenti restrittivi della libertà personale, mentre nell’ambito del Protocollo italo-albanese gli stranieri ospitati nel Centro albanese non potranno uscire dal Centro, né circolare sul territorio albanese, senza che però sia prevista alcuna procedura giudiziaria che disponga o convalidi il provvedimento restrittivo. La riserva di giurisdizione comporta invece che vi sia un provvedimento di un’autorità giudiziaria adottata caso per caso e non certo una mera norma internazionale ad impedire l’uscita dai centri. Tuttavia, questi dubbi potrebbero essere fugati allorché si interpreti la norma come un riferimento implicito al trattenimento da attuarsi nei punti di crisi, nei casi e nei modi previsti dall’art. 10-ter d. lgs. n. 286/1998 e dagli artt. 6 e 6-bis d. lgs. n. 142/2015.

 

3. Le violazioni delle norme costituzionali connesse con la materia penale

 

In base alla legge gli stranieri trattenuti nel Centro albanese qualora compiano reati nel Centro saranno sottoposti al giudizio da parte di giudici italiani e permarranno nel Centro albanese di permanenza per il rimpatrio in una situazione (davvero unica) di detenzione penitenziaria italiana all’estero.

Si tratta di una plurima violazione del principio di eguaglianza previsto dall’art. 3 Cost. perché:

1) i cittadini italiani che commetteranno reati in quel centro potrebbero subire la giurisdizione italiana soltanto a richiesta del Ministro della giustizia, ai sensi dell’art. 9 c.p., che invece non è prevista soltanto per gli stranieri trattenuti; è un’irrazionalità pericolosa e insensata: gli operatori italiani potrebbero abusarne nella certezza di una ritardata azione dell’autorità inquirente italiana;

2) vi sono irragionevoli discriminazioni nel trattamento sanzionatorio e processuale penale per condotte identiche: lo straniero che le commetta in Italia sarebbe in un istituto penitenziario (con le garanzie previsti dall’ordinamento penitenziario) oppure in stato di libertà, mentre se trattenuto in Albania resterà detenuto in un’apposita sezione del Centro di permanenza per il rimpatrio;

3) paiono violate la riserva di legge e la riserva di giurisdizione circa i casi e i modi della restrizione della libertà personale degli stranieri eventualmente sottoposti a pene da eseguirsi nel Centro albanese (ordinamento penitenziario): non è chiaro quale sarà il giudice competente ai fini dell’esecuzione della pena;

4) manca un’esplicita estensione di altre norme rilevanti ai fini della tutela processuale (d.lgs. n. 150/2012 e l. n. 13/2017).

Vi è poi la questione della detenzione penitenziaria nell’ambito del CPR da istituirsi in Albania allorché si debbano adottare misure cautelari personali e pene detentive. L’evidente finalità dissuasiva contro eventuali recidive di reingressi irregolari o di devastazioni dei Centri al solo fine di farsi portare in Italia lascia il grave dubbio circa la durata complessiva della detenzione nel CPR sito in Albania, che in base alle pene edittali ben potrebbe superare anche i 18 mesi e soprattutto rende del tutto aleatoria l’attuazione nel Centro albanese della finalità costituzionale della pena, che consiste nella rieducazione del condannato.

 

 

2.

Inserimento delle procedure di residenza e soggiorno in Italia dei cittadini UE nel sistema telematico dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente

Il decreto del Ministro dell’interno 22.12.2023 (pubblicato in G.U. n. 22 del 27.1.2024) prevede l’adeguamento alle previsioni del regolamento (UE) 2018/1724 del Parlamento europeo e del Consiglio del 2.10.2018 per rendere disponibili, tramite ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente), le procedure relative alla richiesta di una prova della registrazione di nascita e alla registrazione del cambio di indirizzo di cui all’allegato II al medesimo regolamento.

In particolare, si segnala che il decreto e il relativo allegato 1 «Disciplinare tecnico», che ne forma parte integrante, definisce:

    a) le modalità telematiche di richiesta e di rilascio dei certificati di nascita attraverso l’ANPR, in favore del cittadino dell’Unione europea, nato in Italia, non più iscritto nell’ANPR alla data della richiesta, ma comunque registrato nell’anagrafe comunale al momento del subentro del comune in ANPR o successivamente;

    b) le modalità telematiche con le quali il cittadino dell’Unione europea richiede, ai sensi degli artt. 3 e 9 d.lgs. 6.02.2007, n. 30, l’iscrizione anagrafica attraverso l’ANPR e, di conseguenza, può ottenere una certificazione anagrafica di residenza ai sensi del decreto del Ministro dell’interno 3.11.2021.

La presentazione delle richieste è assicurata all’interessato, previa identificazione elettronica ai sensi del regolamento (UE) 2014/910 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.07.2014, attraverso appositi servizi disponibili nel sito internet www.anagrafenazionale.interno.it del Ministero dell’interno, nella relativa sezione dedicata.

L’identificazione elettronica per l’accesso alle richieste avviene ai sensi dell’art. 6 del regolamento (UE) 2014/910 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.07.2014, secondo le modalità e con le misure di sicurezza definite nell’allegato 1 «Disciplinare tecnico» nonché secondo le modalità definite con il regolamento concernente il funzionamento del Single Digital Gateway da adottare previo parere del Garante per la protezione dei dati personali.

Si segnalano le seguenti importanti modalità pratiche indicate nell’allegato al decreto ai fini dell’iscrizione anagrafica dei cittadini UE, funzionale all’attestazione comunale del diritto di soggiorno:

  1.       Per accedere ai servizi presenti nell’area riservata, oltre al completamento dell’identificazione elettronica del richiedente è richiesto al cittadino di inserire il proprio codice fiscale.

 Esso è obbligatorio per accedere al servizio in favore del cittadino dell’Unione europea, nato in Italia, non più iscritto nell’ANPR, mentre per le pratiche connesse all’iscrizione anagrafica. risulta discrezionale in base al possesso o meno dello stesso da parte del cittadino europeo.

Sono altresì richiesti il genere e il luogo di nascita (corrispondente alla nazione estera di nascita per i cittadini nati all’estero), ai fini della validazione dei dati, nonché un indirizzo di posta elettronica al fine di gestire le comunicazioni relative al procedimento.

Il servizio di validazione del codice fiscale, che verrà richiamato direttamente dall’ANPR in forza degli accordi preesistenti tra il Ministero dell’interno e Agenzia delle entrate, è il medesimo servizio esposto dalla suddetta Agenzia nei confronti delle altre amministrazioni per il tramite delle componenti nazionali del Single Digital Gateway.

  1.       Nei casi in cui il dato del codice fiscale sia nella disponibilità del cittadino che accede ai servizi dell’area riservata, quest’ultimo dovrà inserirlo al momento della presentazione delle richieste e verrà effettuato un controllo di corrispondenza tra il codice fiscale stesso e i suoi dati anagrafici.

In caso di mancata corrispondenza tra i predetti dati, ovvero in presenza di dati non validati, all'utente è inibito l’accesso ai servizi di ANPR e verrà informato delle motivazioni che hanno impedito l’accesso al servizio ai sensi dell’art.16 del regolamento di esecuzione (UE) 2022/1463 della Commissione europea del 5.08.2022.

  1.       Circa il servizio di iscrizione anagrafica qualora il dichiarante non sia in possesso del codice fiscale al momento della presentazione della richiesta di iscrizione anagrafica, sarà l’ufficiale d’anagrafe, ricevuta l’istanza attraverso l’ANPR ed esaminata con esito positivo, a richiederne l’assegnazione all’Agenzia delle entrate. In questo caso, vista la mancanza del dato in fase di presentazione della dichiarazione, non verrà effettuato nessuno dei controlli di cui al paragrafo precedente.
  2.       Il Servizio per la richiesta e il rilascio di certificati di nascita in via telematica consente al cittadino dell’Unione europea, nato in Italia e non più iscritto nell’ANPR alla data della richiesta, di richiedere il rilascio di un certificato di nascita, già registrato nella banca dati, esclusivamente per sé stesso.

4.1) Anteprima del certificato

Prima della formazione del certificato, il sistema ANPR visualizza un’anteprima che consente di verificare la correttezza dei dati. Nell’anteprima non è riportato il contrassegno e in diagonale è apposta la dicitura: ANTEPRIMA.

4.2) Formazione ed emissione del certificato

A seguito della conferma di emissione da parte del richiedente, il sistema ANPR, previo pagamento del bollo ove richiesto o indicazione della relativa esenzione, produce il certificato in formato pdf che, conformemente al modello disponibile sul sito web di ANPR, riporta:

il logo del Ministero dell’interno e la dicitura: «Anagrafe nazionale della popolazione residente»;

il contrassegno;

il sigillo elettronico così come previsto dall’art. 62, comma 3, del CAD. (codice dell’amministrazione digitale emanato con d.lgs. n. 82/2005).

In caso di mancata emissione del certificato verrà restituito un apposito codice di errore.

A scelta del cittadino, il certificato prodotto sarà disponibile nell’Area riservata del cittadino per il download, per il periodo di validità del certificato stesso e, laddove disponibili, sarà altresì inviato all’indirizzo di posta elettronica indicato dal cittadino e/o reso disponibile tramite il punto di accesso telematico di cui all’art. 64-bis del CAD.

Al fine di garantire una migliore fruibilità del servizio, il certificato potrà a scelta del cittadino essere trasmesso, a titolo di cortesia, anche agli indirizzi e-mail dallo stesso indicati e validati in fase di richiesta di invio del certificato.

Al termine del periodo di validità del certificato, lo stesso sarà cancellato.

4.3) Contrassegno

Ai sensi dell’art. 23, comma 2-bis, del CAD, al fine di consentire di verificare la conformità della copia analogica del certificato all’originale informatico, è apposto sulla predetta copia analogica un contrassegno che consente di visualizzare l'originale informatico munito di sigillo elettronico.

4.4) Verifica del certificato tramite contrassegno

Per i soggetti in possesso di una copia analogica, dotata di contrassegno, del certificato prodotto da ANPR, è prevista una specifica funzione per verificare la corrispondenza con il certificato digitale tramite lettura del QR-code apposto sulla predetta copia, mediante:

a) smartphone;

l’accesso alla pagina WEB è effettuato automaticamente;

il cittadino deve inserire il captcha suggeritogli dall’applicazione web;

con il pulsante Conferma si attiva la verifica e, in caso di esito positivo, l’applicazione web apre il certificato corrispondente alle informazioni reperite dal QR-code.

b) PC

il cittadino deve scannerizzare il QR-code ed effettuare l’upload dell’immagine;

il cittadino deve inserire il captcha suggeritogli dall’applicazione web;

con il pulsante Conferma si attiva la verifica e, in caso di esito positivo, l’applicazione web apre il certificato corrispondente alle informazioni reperite dal QR-code.

L’applicazione di verifica legge il QR-code che contiene il link (URL) che permette di risalire, sul portale ANPR, all’esatta copia digitale del certificato, la quale potrà essere verificata con confronto visivo rispetto alla copia cartacea è garantita dalla presenza del sigillo elettronico del Ministero dell’interno.

L’accesso alla funzionalità sopra descritta è presente nell'area pubblica del sito web di ANPR.

  1.       Il Servizio di iscrizione anagrafica consente al cittadino dell’Unione europea di richiedere l’iscrizione anagrafica, per i componenti della propria costituenda famiglia anagrafica, compilando l’apposito modulo on-line reso disponibile dal sistema, producendo altresì la documentazione richiesta dalla normativa vigente.

I modelli di richiesta e l’elenco della documentazione necessaria a supporto della richiesta, sono pubblicati e aggiornati nel sito internet www.anagrafenazionale.interno.it del Ministero dell’interno, in apposita sezione dedicata.

Nel caso in cui il dichiarante non fosse in possesso della documentazione necessaria da allegare alla procedura di iscrizione anagrafica, si rinvia alla procedura propria del «Sistema tecnico per lo scambio transfrontaliero automatizzato di prove» tra le autorità competenti in diversi Stati membri, di cui all’art. 14 del regolamento 2018/1724 e al relativo regolamento di esecuzione 2022/1463 (cd. once-only technical system) secondo le modalità definite con il regolamento concernente il funzionamento del Single Digital Gateway da adottare previo parere del Garante per la protezione dei dati personali.

Nel caso in cui il dichiarante intenda costituire una famiglia anagrafica ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 223/1989, e la dichiarazione interessi riguardi anche componenti maggiorenni della costituenda famiglia anagrafica, il dichiarante dovrà allegare alla richiesta, oltre alla documentazione prevista dalla normativa vigente, l’apposito modulo di dichiarazione anagrafica sottoscritto vada tutti  i componenti interessati ai sensi dell’art. 20, comma 1-bis, del CAD ovvero ai sensi dell’art. 65, comma 1, lettera c) del CAD e il relativo documento di identità (nel caso in cui il modello non sia firmato digitalmente).

Nella formazione del documento, in caso di contestuale apposizione di una pluralità di sottoscrizioni, di cui alcune autografe e altre digitali, le firme autografe dovranno precedere quelle digitali, altrimenti non sarà possibile procedere alla verifica di queste ultime, che pertanto si considereranno non apposte. Una volta completato l’inserimento e la verifica dei dati, il cittadino potrà procedere alla trasmissione della dichiarazione.

Il richiedente, accedendo al sito web di ANPR, prende visione ed eventualmente estrae copia analogica del corrispondente originale informatico relativo alla richiesta effettuata.

Una volta iscritti, il cittadino dell’Unione europea e gli eventuali componenti della propria famiglia anagrafica potranno accedere a tutti i servizi disponibili tramite portale ANPR.

 6) Funzionalità per il comune

Il comune potrà accedere all’elenco delle richieste presente in ANPR mediante web application o tramite web service.

Il comune riceverà una notifica di avvenuta presentazione della richiesta tramite l’apposito servizio di notifica e potrà visualizzare la lista delle richieste ricevute attraverso l’applicazione WEB di ANPR, ovvero per il tramite di appositi servizi applicativi (web services) di interoperabilità messi a disposizione dalla piattaforma di ANPR, per la consultazione, la valutazione e l’aggiornamento dei dati.

Selezionando una richiesta dalla lista, l’ufficiale di anagrafe del comune potrà visualizzare tutti i dati, nonché i documenti trasmessi dal cittadino tra i quali anche quelli recuperati tramite la procedura propria del «Sistema tecnico per lo scambio transfrontaliero automatizzato di prove» tra le autorità competenti in diversi Stati membri, di cui all’art. 14 del regolamento 2018/1724 e al relativo regolamento di esecuzione 2022/1463 (cd. once-only technical system) secondo le modalità definite con il regolamento concernente il funzionamento del Single Digital Gateway da adottare previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, e procedere con la verifica e convalida degli stessi.

In caso di esito positivo delle verifiche, l’ufficiale di anagrafe potrà dare seguito alla comunicazione di avvio del procedimento nei confronti degli interessati ai sensi di legge.

Sia le funzionalità di verifica e convalida, a valle della consultazione dei dati e dei documenti presentati dal cittadino, sia la successiva comunicazione al cittadino stesso dell’esito della pratica, saranno messe a disposizione da ANPR attraverso le due distinte modalità di comunicazione: l’applicazione WEB di ANPR da una parte e i servizi applicativi dedicati (web services) dall’altra. Il processo di espletamento e chiusura della pratica, sia su ANPR sia su gestionale locale, ove presente, sarà quindi intuibile tramite entrambe le modalità, consentendo così la massima flessibilità, direttamente tramite le funzionalità di ANPR o tramite applicativo locale, interfacciato via servizi applicativi (web services) con ANPR stessa.

 

 

3.

Breve rinvio dei termini per l’invio telematico nel 2024 delle domande di nulla-osta al lavoro nell’ambito delle quote di ingresso

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19.01.2024 (pubblicato in G.U. n. 26 del 1.02.2024) ha stabilito che i termini per la presentazione delle richieste di nulla-osta al lavoro per gli ingressi per lavoro subordinato nell’ambito delle quote, di cui all’art. 8, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27.09.2023 decorrono dalle ore 9,00 del 18, del 21 e del 2.03.2024, in luogo del 5, del 7 e del 12.02.2024.

 

4.

Modalità e requisiti per l'ingresso ed il soggiorno per lavoro degli stranieri ExtraUE quali nomadi digitali e lavoratori da remoto

 

Il decreto del Ministro dell’interno 29.02.2024 (pubblicato in G.U. n. 79 del 04.04.2024) dà attuazione all’art. 27, commi 1, lett. q-bis), e 1-sexies del d.lgs. n. 286/1998, tutti introdotti dall’art. 6-quinquies, comma 1 d.l. n. 4/2022, conv. in l. n. 25/2022, per regolare con disposizioni speciali l’ingresso e soggiorno per lavoro di “nomadi digitali e lavoratori da remoto”.

Quest’ultima disposizione legislativa prescrive che un decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministro del turismo e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono definiti le modalità e i requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno ai nomadi digitali, ivi comprese le categorie di lavoratori altamente qualificati che possono beneficiare del permesso, i limiti minimi di reddito del richiedente nonché le modalità necessarie per la verifica dell'attività lavorativa da svolgere.

La medesima disposizione legislativa prevede che tale categoria si riferisce a coloro che «svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto, in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano. Per tali soggetti, nel caso in cui svolgano l’attività in Italia, non è richiesto il nulla osta al lavoro e il permesso di soggiorno, previa acquisizione del visto d’ingresso, è rilasciato per un periodo non superiore a un anno, a condizione che il titolare abbia la disponibilità di un’assicurazione sanitaria, a copertura di tutti i rischi nel territorio nazionale, e che siano rispettate le disposizioni di carattere fiscale e contributivo vigenti nell'ordinamento nazionale».

Il decreto ministeriale prevede che le disposizioni sull’ingresso in Italia per lavorare da remoto si applicano ai cittadini di Stati extraUE che svolgono attività lavorativa altamente qualificata, così come definita dall’art. 27-quater, d.lgs. 286/1998. Deve quindi trattarsi di lavoratori in possesso di un titolo universitario o di un’esperienza lavorativa di diversi anni (almeno 5, o 3 se si lavora nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione) in un settore che richiede conoscenze tecniche/specialistiche. Per la dimostrazione di tali requisiti valgono le stesse regole previste per la carta blu Ue.

Ai lavoratori stranieri altamente qualificati che intendono soggiornare in Italia come lavoratori da remoto o nomadi digitali, sono richiesti i seguenti requisiti:

1. disporre di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore al triplo del reddito minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (il livello minimo è attualmente pari a 8.263,3 Euro; per un lavoratore senza coniuge e figli a seguito il reddito necessario è quindi pari a 24.789 euro). La prova di tale requisito reddituale minimo può essere fornita attraverso una documentazione che attesti il conseguimento, nel proprio Paese di residenza, di un reddito almeno pari per l’anno precedente a quello richiesto dalla legge, oppure, per i lavoratori da remoto può risultare dal contratto di lavoro o di collaborazione o dall’offerta di lavoro vincolante che va allegata alla domanda;

2. disporre di una assicurazione sanitaria per cure mediche e ricovero ospedaliero valida per il territorio nazionale e per il periodo del soggiorno;

3. disporre di una idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa, come l’esibizione di un contratto di acquisto o locazione di un immobile;

4. dimostrare un’esperienza pregressa di almeno 6 mesi nell’ambito dell’attività lavorativa da svolgere come nomade digitale o lavoratore da remoto; per provare il possesso di tale requisito i lavoratori da remoto devono presentare il precedente contratto/i di lavoro relativi al periodo lavorativo svolto che dimostri lo specifico settore di attività in cui il lavoratore è stato impiegato e la durata dell’esperienza professionale da remota svolta. Per i nomadi digitali tale requisito può essere dimostrato attraverso la presentazione di lettere di incarico, di affidamento lavori o di fornitura di servizi e/o fatture;

5. avere un contratto di lavoro o collaborazione o la relativa offerta vincolante, se lavoratori da remoto, per lo svolgimento di una attività lavorativa altamente qualificata. Analogamente a quanto previsto per la carta blu Ue, la proposta di contratto di lavoro o l’offerta di lavoro vincolante deve indicare quale sarà la retribuzione annuale del lavoratore, la quale non deve essere inferiore alla retribuzione prevista nei contratti collettivi nazionali, e comunque non inferiore alla retribuzione media annuale lorda come rilevata dall’ISTAT (circa 27.000 euro);

6. l’assenza di condanne, in capo al datore di lavoro o committente, per reati previsti dall’art. 22, co. 5-bis, d.lgs. n. 286/1998. A tal fine è richiesta la presentazione, in allegato alla domanda di visto presso il Consolato competente, di una dichiarazione rilasciata dal datore di lavoro o committente che attesti l’assenza di condanne negli ultimi cinque anni.

Nella richiesta di visto di ingresso (di corto o lungo soggiorno) presso la rappresentanza diplomatico-consolare italiana competente per lo Stato di residenza si esige di provare i requisiti sopra elencati.

Non è invece necessario, né per i nomadi digitali né per i lavoratori da remoto il preventivo rilascio di un nulla osta al lavoro.

Dopo l’arrivo in Italia entro 8 giorni lavorativi dall’ingresso, occorre richiedere il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro alla questura del luogo dove il lavoratore si trova. Alla questura il richiedente dovrà esibire la documentazione presentata in sede di richiesta di visto vidimata dall’ufficio consolare.

La questura comunicherà il rilascio del permesso di soggiorno, trasmettendo copia del contratto di lavoro o di collaborazione agli Enti per le verifiche di competenza (INPS e INAIL per le verifiche di carattere contributivo, Agenzia delle entrate per gli aspetti fiscali e Ispettorato nazionale del lavoro). Sin dalla richiesta di rilascio del permesso di soggiorno, e conseguente rilascio della ricevuta, è possibile iniziare a svolgere l’attività lavorativa.

Con la richiesta del permesso di soggiorno è anche generato e comunicato al lavoratore il codice fiscale.

Il permesso di soggiorno rilasciato reca la dicitura “nomade digitale”, “lavoratore da remoto”, ha la durata di un anno ed è rinnovabile annualmente se permangono le condizioni ed i requisiti che ne hanno consentito il rilascio (reddito minimo, continuazione di lavoro altamente qualificato, assicurazione sanitaria, che deve essere rinnovata di anno in anno). Tale permesso consente il diritto all’unità familiare e ai familiari è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia che abilita al lavoro ed avrà la stessa durata del permesso di soggiorno del lavoratore da remoto.

Non sono previsti requisiti di permanenza minima in Italia particolari al fine del rinnovo di tale permesso di soggiorno, sicché si applica la regola generale prevista nell’art. 13, comma 4 del regolamento emanato con d.p.r. n. 394/1999, secondo la quale, salvo gravi e comprovati motivi, il permesso di soggiorno non può essere rinnovato o prorogato quando risulta che lo straniero ha interrotto il soggiorno in Italia per un periodo continuativo di oltre sei mesi.

Infine, il decreto disciplina le modalità per la verifica del rispetto delle disposizioni contributive e fiscali. In mancanza di accordi bilaterali di sicurezza sociale con il Paese di origine, si applica la disciplina previdenziale e assicurativa italiana. Ai nomadi digitali e ai lavoratori da remoto sarà rilasciato il codice fiscale insieme al permesso di soggiorno. I nomadi digitali devono aprire anche la partita iva.

L’eventuale violazione, accertata dall’Agenzia delle entrate delle norme di carattere fiscale, può comportare la revoca del permesso di soggiorno già rilasciato.

 

 

5.

Proroga dello stato di emergenza nazionale per i flussi migratori

 

La delibera del Consiglio dei ministri del 9.04.2024 (pubblicata nella G.U. n. 122 del 27.05.2024) dispone l’ulteriore proroga per 6 mesi dello stato di emergenza in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo.

 

 

Rassegna delle circolari e delle direttive

delle Amministrazioni statali

  

Cittadini dell’UE 

 

1.

Istruzioni operative per la gestione delle dichiarazioni anagrafiche on line presentate dai cittadini dell’Unione Europea mediante i servizi resi disponibili da ANPR

 

La circolare n. 9/2024 del 07.02.2024 prot. n. 0004214  del Ministero dell’interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per i servizi demografici attua il decreto del Ministero dell’interno recante «Adeguamento dell’ordinamento nazionale alle previsioni di cui all’articolo 6 del Regolamento (UE) 2018/1724 del Parlamento europeo e del Consiglio del 2.10.2018 per garantire, mediante l’ANPR, l’accesso nonché l’espletamento in linea delle procedure di cui all’allegato II al medesimo regolamento e relative alla richiesta di una prova della registrazione di nascita, alla registrazione del cambio di indirizzo ed alla richiesta di una prova di residenza».

L’art. 6 paragrafo 1 del Regolamento citato ha disposto che ciascuno Stato membro, consenta agli utenti di accedere alle procedure di cui all’Allegato II dello stesso Regolamento per espletarle interamente on line.

Nell’ambito di tali procedure, quelle sottoindicate, riguardanti la materia anagrafica sono erogate dall’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR):

1) Richiesta di una prova della registrazione di nascita (certificato anagrafico di nascita);

2) Richiesta di una prova di residenza (certificato di residenza);

3) Registrazione del cambio di indirizzo (domanda d’iscrizione anagrafica).

Il decreto ministeriale in esame disciplina, quindi, le modalità tecniche di richiesta e di rilascio del certificato di nascita e di presentazione della domanda di iscrizione anagrafica da parte dei cittadini dell’Unione tramite i servizi telematici forniti dal Portale ANPR, mentre il servizio di certificazione della residenza, già disponibile sullo stesso Portale, sarà fruibile a seguito dell’iscrizione anagrafica con le modalità indicate dal decreto 3.11.2021 recante “Modalità di richiesta e rilascio dei certificati anagrafici in modalità telematica attraverso l’Anagrafe nazionale della popolazione residente”.

Si precisa inoltre che la procedura “Richiesta di una prova della registrazione di nascita” consente al cittadino dell’Unione, nato in Italia e non più iscritto nell’ANPR alla data della richiesta, di chiedere il rilascio di un certificato di nascita, esclusivamente per sé stesso, mentre la procedura “Registrazione del cambio di indirizzo” consente al cittadino dell’Unione di chiedere l’iscrizione anagrafica per sé ed eventualmente per i propri familiari, ai sensi dell’art. 9 d.lgs. 6.02.2007, n. 30, allegando la prescritta documentazione.

Per l’utilizzo dei nuovi servizi, il richiedente deve accedere al Portale ANPR, nell’area dedicata ai “Servizi al Cittadino” attraverso il nodo eIDAS , integrato nel citato Portale ai sensi del Regolamento di esecuzione (UE) 2022/1463 della Commissione Europea del 5 agosto 2022 e secondo le indicazioni operative di cui all’avviso 01-2018 recante “Note per il dispiegamento del LOGIN EIDAS presso le Pubbliche Amministrazioni”, pubblicato e aggiornato da AgID sul sito https://www.agid.gov.it/it.

L’operatore comunale avrà accesso alle dichiarazioni di residenza di propria competenza presentate dagli interessati tramite il servizio suindicato, mediante l’apposita funzionalità “dichiarazioni di trasferimento in Italia trasmesse dai cittadini UE”, disponibile nella sezione “utilità e notifiche” dell’Applicazione Web di ANPR e provvederà alla relativa gestione, nel rispetto della normativa anagrafica, seguendo le istruzioni contenute nel manuale allegato alla circolare (“Guida operativa per i Comuni”).

I Comuni potranno gestire il flusso di informazioni relativo al nuovo servizio anche utilizzando i propri applicativi gestionali. A tal fine, sono disponibili nell’ambiente di Test Comuni di ANPR i servizi applicativi dedicati (web services) per i necessari adeguamenti del software anagrafico.

Le modalità operative sono descritte al seguente link https://github.com/italia/anpr/issues/4253.

Si segnala infine che sono in fase di programmazione, in collaborazione con la Scuola nazionale dell’amministrazione, nuovi corsi di formazione sulle principali funzionalità previste dall’Applicazione Web di ANPR. Il calendario dei corsi e le modalità di partecipazione saranno pubblicati sul Portale ANPR, all’indirizzo https://www.anagrafenazionale.interno.it/areatecnica/formazione/.

 

 

Cittadini di Paesi terzi

  

Asilo

 

2.

L’interpretazione del concetto di “non refoulement” alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione

 

La circolare dell circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0001278 del 14.02.2024  nell’ambito dei compiti di indirizzo e coordinamento affidati alla stessa Commissione nazionale, ai sensi dell’art. 5, co. 1, del d.lgs. n. 25/2008illustra alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale la sentenza Corte di cassazione, sez. I, n. 32804/2022 del 20.06.2022/08.11.2022, in materia di “non refoulement”, emessa in riforma di una sentenza del Tribunale di Torino, in quanto ritenuta utile per l’approfondimento della corretta interpretazione del concetto di “non refoulement”.

La Cassazione, difatti, giudicando sulla revoca dalla protezione sussidiaria ad un cittadino di nazionalità afghana, a seguito dell’incarcerazione dovuta al traffico illecito di sostanze stupefacenti e alla successiva emersione di notizie rilevanti nel contrasto al terrorismo internazionale, ha specificato due principi fondamentali.

In primo luogo, la Suprema Corte ha affermato che, nel riconoscere l’applicazione dell’art. 19, co. 1 e co. 1.1 d. lgs. n. 286/1998 e, quindi, il principio di non refoulement, il Tribunale «avrebbe dovuto dar conto del serio, concreto ed attuale rischio» che lo straniero, qualora rimpatriato, avrebbe concretamente potuto subire dei trattamenti inumani e degradanti, delle pene o essere sottoposto a tortura, ai sensi dell’art. 3 CEDU.

In secondo luogo, la Cassazione ha evidenziato che, ai fini del riconoscimento della protezione ex art. 19, co. 1 e co. 1.1., non è sufficiente «il riscontro della complessiva situazione politica esistente» nel Paese di origine dello straniero, in questo caso di specie l’Afghanistan, ma deve essere valutata la situazione del singolo richiedente in caso di rientro o rimpatrio.

La circolare correttamente osserva che tali principi, che evidentemente provengono tralaticiamente dalla giurisprudenza della Corte EDU sull’art. 3 della Convezione, pur essendo stati declinati con riguardo all’attività giurisdizionale devono nondimeno costituire autorevole guida interpretativa anche alle attività svolte nella fase amministrativa con riguardo alle tipologie fondate sull’arte 3 CEDU.

 

 

3.

Procedure operative per l’immediata trasmissione telematica ai Presidenti delle Commissioni territoriali di ogni domanda di protezione internazionale e alle Questure delle decisioni dei presidenti circa il tipo di procedura da adottare per il loro esame – Aspetti di dubbia legittimità

 

La circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0001281 del 14.02.2024  illustra alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale la nuova procedura operativa telematica per l’adozione e la trasmissione immediata delle decisioni spettanti ai Presidenti delle Commissioni territoriali ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 25/2008 circa il tipo di procedura da adottare nell’esame di ogni domanda di protezione internazionale, con particolare riguardo per la procedura accelerata.

Le precedenti prassi erano lente e imprecise e perciò avevano portato a censure in sede giurisdizionale e a non convalide dei trattenimenti dei richiedenti asilo.

La circolare pertanto prescrive una nuova procedura operativa.

la nuova procedura telematica consentirà anzitutto all’autorità competente la visione del modello C3 e dell’eventuale documentazione allegata in sede di registrazione, la cui lettura e valutazione sono fondamentali per poter determinare la procedura da adottare.

Attraverso la valutazione della domanda di protezione internazionale (modello C3) e della eventuale documentazione presente a fascicolo, in particolare, il Presidente del Collegio:

- verificherà che non vi siano motivi per escludere l’applicazione della procedura accelerata ai sensi dell’art. 28-bis, comma 6 del d.lgs. n. 25/2008;

- valuterà se il caso presenti prima facie elementi di complessità, in fatto o in diritto, che rendano necessaria una trattazione in procedura ordinaria per assicurare un esame adeguato e completo.

In proposito, la circolare richiama quanto già evidenziato con la circolare prot. 9131 del 13.12.2023 sul tema della tempestiva individuazione, referral e presa in carico delle persone con esigenze particolari e vulnerabili, tra le quali il d.l. n. 133/2023 ha incluso le donne tout court, le cui domande di protezione internazionale devono essere esaminate in procedura ordinaria.

Il modello C3, dunque, non conterrà più in automatico la data di convocazione in audizione. Infatti, la determinazione della procedura nonché la convocazione all’audizione, una volta emessi dal Presidente, saranno separatamente e tempestivamente comunicati al richiedente mediante notifica a mano ad opera della Questura.

A tale scopo, è stato effettuato un intervento sul sistema Vesta.Net che rende possibile la generazione automatica sia dell’atto di determinazione della procedura sia della convocazione all’audizione. Entrambi gli atti, i cui originali firmati dal Presidente saranno conservati agli atti del fascicolo, dovranno essere compilati direttamente in Vesta.Net. A tale riguardo, la circolare specifica che nei citati modelli di atti presenti in Vesta.Net si fa espresso riferimento alla presenza dei rispettivi originali, firmati dal Presidente, agli atti del relativo fascicolo.

Circa le notifiche, la circolare prescrive che, mentre per evidenti esigenze di celerità intrinseche alle procedure accelerate, gli atti del Presidente di determinazione e di convocazione continueranno ad essere notificati a mano al richiedente da parte della Questura, le decisioni emesse dalle Commissioni territoriali all’esito della procedura accelerata saranno notificate con le stesse modalità delle procedure ordinarie.

Pertanto, di concerto con il Dipartimento della pubblica sicurezza, la Commissione nazionale per il diritto di asilo ha modificato in Vesta.net il sistema di notifica delle decisioni emesse dalle Commissioni territoriali all’esito della procedura accelerata, allineandolo alle previsioni di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 25/2008.

A seguito delle intervenute modifiche, la notifica della decisione sarà quindi validamente effettuata dalla Commissione territoriale mediante pec all’indirizzo del responsabile del centro o della struttura, qualora il richiedente sia accolto o trattenuto (art. 11, co. 3 d.lgs. n. 25/2008), oppure tramite raccomandata postale all’ultimo domicilio comunicato dal richiedente, qualora il richiedente non sia accolto né trattenuto (art. 11, co. 3-bis d. lgs. n. 26/2008).

Infine, in caso di irreperibilità del richiedente o di inidoneità del domicilio comunicato, la decisione sarà come di consueto resa disponibile al richiedente presso la Questura mediante trasmissione a mezzo pec da parte della Commissione territoriale. Decorsi venti giorni dalla trasmissione, la notifica si intenderà eseguita, realizzandosi il c.d. “notificato tecnico” (art. 11, co. 3-ter).

È fatta salva, in ogni caso, la possibilità per il Collegio territoriale di provvedere direttamente alla notifica del provvedimento mediante consegna a mano al richiedente.

La circolare, per rendere agevole l’utilizzo delle nuove funzionalità nell’applicativo Vesta.Net sopra descritte, allega indicazioni operative per il corretto svolgimento della procedura, corredate dai modelli degli atti di determinazione della procedura e di convocazione all’audizione, generati in automatico dal sistema stesso.

Spetta anzitutto all’operatore della Questura entrare nel dettaglio del fascicolo e attivare la richiesta di determinazione della procedura da applicare e soltanto dopo che costui avrà inserito tutte le informazioni obbligatorie nel fascicolo e avrà formalizzato il modello C3 (il modello è lo stesso delle procedure ordinarie), il fascicolo, passerà nello stato pratica approvata e il Presidente della Commissione territoriale potrà determinare la tipologia di procedura accelerata, confermando o modificando l’iniziale scelta della Questura.

Il presidente avrà l’elenco completo dei fascicoli in attesa di determina della procedura da applicare. Selezionando un fascicolo entrerà nel dettaglio e potrà salvare la scelta fatta.

Le diverse colorazioni stanno ad indicare quanto segue:

• Arancione - fascicoli determinati dal presidente da procedure accelerate a ordinarie;

• Verdi - fascicoli determinati come procedure accelerate;

• Bianche - fascicoli ancora da determinare.

Dopo aver salvato la data di audizione, l’utente di Commissione territoriale, dovrà generare il file pdf di due pagine, contenente nella prima pagina il modello di determina della procedura applicata, e nella seconda pagina la lettera di convocazione per l’audizione.

Gli atti di determinazione della procedura e di convocazione all’audizione vengono generati in automatico e sono modificabili.

L’operatore della Questura scaricherà i due atti redatti dal presidente della CT e procederà alla notifica manuale degli stessi facendo apporre la firma del richiedente ed inserendo nel sistema la successiva relata di notifica.

Il fascicolo passato nello stato pratica «lettera di convocazione notificata» proseguirà il normale iter di notifica. La notifica della successiva decisione, adottata dalla CT sulla domanda di protezione internazionale, avverrà in maniera ordinaria. Verrà inviata una PEC se il migrante risulterà accolto in un Centro di accoglienza, mentre per i domiciliati, verrà affidata la notifica a Poste Italiane tramite raccomandata A/R.

L’utente di ogni Commissione avrà comunque la possibilità di notificare manualmente il decreto. In caso di irreperibilità da parte del richiedente asilo, grazie all’applicazione dell’art. 11, comma 3-ter, d. lgs. n. 25/2008 il fascicolo passerà in carico a questura per 20 giorni, trascorsi i quali la notifica si intenderà eseguita (c.d. «Notificato tecnico»).

Anche questa procedura tecnica contiene aspetti di dubbia legittimità, perché nessuna norma legislativa prevede che sia la Questura ad inviare al Presidente della Commissione territoriale alcuna proposta circa il tipo di procedura da adottare per l’esame di ogni domanda di protezione internazionale.

 

 

4.

Criteri di valutazione e procedure operative per le decisioni e i pareri dei presidenti delle Commissioni territoriali sull’ammissibilità delle domande reiterate di protezione internazionale

 

 La   circolare della Commissione nazionale per il diritto d'asilo - Prot. 0001282 del 14.02.2024  impartisce alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale linee interpretative circa le recenti modifiche normative introdotte dal d.l. n. 20/2023, conv. con mod. dalla legge n. 50/2023 (che ha modificato l’art. 29 d.lgs. n. 25/2008 circa i requisiti di ammissibilità della nuova domanda di protezione internazionale) e dal d.l. n. 133/2023, conv. con mod. dalla legge n. 176/2023 (che ha introdotto l’art. 29-bis d.lgs. n. 25/2008 che disciplina la particolare tipologia di domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento).

 

  1. L’esame delle domande reiterate

Correttamente la circolare ricorda che le modifiche introdotte all’art. 29 d.lgs. n. 25/2008 richiamano l’art. 40 della direttiva 32/2013/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, sotto tre profili:

1) Le “nuove prove” che possono essere addotte a sostegno della domanda reiterata da parte del richiedente si ricollegano al concetto di nuove risultanze, esplicitato nei parr. 2 e 3 del citato articolo.

2) Il requisito dell’incremento significativo della probabilità di riconoscimento della protezione internazionale, connessa alla riproposizione della domanda, deriva dal par. 3 del suddetto articolo, che prevede che i nuovi elementi o le nuove risultanze addotti dal richiedente devono aumentare «in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011195/UE».

3) La mancanza di colpa del richiedente circa la mancata previa presentazione dei suddetti elementi o prove si rinviene nel successivo par. 4 che stabilisce che: «Gli Stati membri possono stabilire che la domanda sia sottoposta a ulteriore esame solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un ricorso effettivo a norma dell’articolo 46.».

La circolare pertanto fornisce indirizzi operativi, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte di cassazione, nonché delle indicazioni fomite dalla Guida EUAA (https://euaa.europa.eu/sites/defaultlfiles/publications/2023-3/Practical_Guide_Subsequent_Applications_IT.pdf) in materia di domande reiterate.

Durate l’esame preliminare di ammissibilità della domanda proposta dal richiedente, il Presidente del Collegio (Commissione territoriale o sezione della Commissione territoriale) interessato deve valutare se gli elementi e/o le prove addotti dal richiedente nella domanda reiterata possano considerarsi nuovi e se aumentino significativamente le probabilità di ottenere la qualifica di beneficiario di protezione internazionale.

 

1.1. La “novità” degli elementi e delle prove

La circolare ritiene che per nuovo elemento si debba intendere ogni nuova allegazione proposta dal richiedente e per nuova prova ogni documentazione allegata o indicata in relazione alle allegazioni poste in domanda.

In ogni caso secondo la circolare ciò che rileva è che il Presidente consideri tutti i fatti e le circostanze o i documenti nuovi relativi all’eventuale attribuzione della qualifica di beneficiario di protezione internazionale.

I nuovi elementi (di carattere soggettivo e oggettivo) possono concernere sia fatti nuovi intervenuti dopo una decisione definitiva, sia elementi sussistenti in precedenza, ma che non sono stati presentati dal richiedente nella procedura precedente, né sono stati presi in considerazione dall’autorità competente.

La circolare ritiene che per fatti nuovi dopo la decisione, si intendono quelli che possono verificarsi a seguito sia di attività poste in essere dal richiedente nel Paese di accoglienza, sia di eventi intervenuti nel Paese di origine successivamente alla decisione precedente.

Difatti, gli sviluppi o gli eventi della vita del richiedente o del Paese di origine possono dar luogo a un timore fondato di persecuzione o a un rischio reale che giustifichi il riconoscimento della protezione internazionale.

Circa gli elementi che esistevano in precedenza, correttamente la circolare ricorda che le nuove norme italiane recepiscono la disposizione dell’art. 40, par. 4, della citata direttiva e, pertanto, limitano la possibilità di ritenerli ammissibili soltanto se non addotti nella domanda precedente senza colpa.

La Guida EUAA esemplifica alcune situazioni in cui non sarebbe ravvisabile la colpa del richiedente nel non aver, in precedenza, addotto elementi sussistenti nella propria domanda di protezione, tra le quali la circolare, a titolo esemplificativo enumera le seguenti:

a) circostanze personali che rendevano difficile raccogliere e presentare prove documentali;

b) difficoltà pratiche che potevano ostacolare l’accesso alla documentazione;

c) il richiedente è venuto a conoscenza di un evento rilevante verificatosi nel corso della procedura precedente soltanto dopo la conclusione del primo iter procedimentale;

d) gli elementi attengono a questioni sessuali e/o di genere.

La circolare opportunamente osserva che in tale ultima circostanza, può risultare difficile per il richiedente parlare di tematiche molto intime (stupro, omosessualità, ...) o può accadere che lo stesso/la stessa abbia scarsa conoscenza della possibilità di ricevere protezione nel caso sussistano determinati eventi (violenza domestica, rischi connessi alla mutilazione genitale femminile, etc...).

La stigmatizzazione sociale e i sentimenti di vergogna possono, infatti, inibire ulteriormente il richiedente e impedirgli di rivelare informazioni rilevanti. Perciò la circolare conclude che la divulgazione tardiva non dovrebbe comportare l’inammissibilità della domanda, se sono soddisfatti i requisiti di cui all’art. 40, par. 4 (nel diritto interno, art. 29, comma 1 lett. b) e comma 1-bis del d.lgs. n. 25/2008).

 

1.2. L’incremento “significativo” della probabilità di riconoscimento

La circolare ricorda che secondo la nuova disciplina, il Presidente, nell’ambito della decisione sull’ammissibilità della nuova domanda, deve valutare se i nuovi elementi e le nuove prove aumentino significativamente la probabilità che possa essere riconosciuta la protezione internazionale.

La circolare ritiene che il significato comune di “in modo significativo” (nella norma italiana “significativamente più probabile”) richiede un notevole aumento della probabilità. Ciò vuol dire che un aumento significativo della probabilità si collocherebbe tra un aumento trascurabile della probabilità e una situazione in cui il nuovo elemento emerso o addotto porterebbe molto probabilmente al riconoscimento della protezione internazionale.

La circolare ricorda che l’esame preliminare è, come suggerisce la definizione stessa, un esame effettuato «prima» dell’esame nel merito, al fine di verificare se quest’ultimo sia necessario.

Tale esame non costituisce di per sé un esame nel merito e, pertanto, i Presidenti in questa fase non sono tenuti a stabilire se il nuovo elemento/la nuova prova porterà effettivamente alla concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Devono valutare però se vi sia un aumento significativo della probabilità che ciò accada e se quanto allegato appaia effettivamente sostanziato da elementi e prove indicate nella domanda reiterata formalizzata.

Di conseguenza, i requisiti sono meno rigorosi rispetto a quelli di un esame completo: è sufficiente che l’elemento (o la prova) sia nuovo e significativamente in grado di modificare la determinazione assunta in precedenza.

La circolare precisa che il nuovo elemento (o la prova) può «aumentare in modo significativo la probabilità» solo se affronta una questione centrale della valutazione della necessità di protezione internazionale, deve essere pertinente, importante, credibile o convincente.

 

1.3. La giurisprudenza in materia di domande reiterate

La circolare analizza pure la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sull'art. 40 della direttiva procedure, segnalando alcune statuizioni utili nell’interpretazione dei criteri sopra riportati.

In particolare, la sentenza XY c. Bundesamt fiir Fremdenwesen und Asyl, C-18/20, 9.09.2021, precisa che solo lo Stato che ha adottato nella propria legislazione il par. 4 del citato art. 40 può applicare l’eccezione della “colpa grave” come limite alla presentazione di una domanda reiterata del richiedente protezione internazionale.

Nel caso LH c. Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, C-921/19, 10.10.2021, la Corte ha avuto modo di specificare che l’articolo 40, in combinato disposto con l’art. 4, par. 1 e 2, della direttiva 2011/95, deve essere interpretato nel senso che, «da un lato, la valutazione delle prove addotte a sostegno di una domanda di protezione internazionale non può variare a seconda che si tratti di una prima domanda o di una domanda reiterata e, dall’altro, che uno Stato membro è tenuto a cooperare con un richiedente al fine di valutare gli elementi pertinenti della sua domanda reiterata, qualora quest’ultimo produca, a sostegno di tale domanda, documenti la cui autenticità non può essere accertata.».

Infine, con la sentenza delle cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU del 14.05.2020 la Corte ha precisato che la nozione di elemento nuovo non è limitata ad elementi di fatto, ma può includere anche elementi di natura puramente giuridica, ivi comprese sentenze della Corte stessa, affermando che: «L’articolo 33, par. 2, lettera d), della direttiva 2013132 deve essere interpretato nel senso che l’esistenza di una sentenza della Corte che dichiara l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che consente di respingere una domanda di protezione internazionale in quanto inammissibile, con la motivazione che il richiedente è arrivato nel territorio dello Stato membro interessato attraverso uno Stato in cui non è esposto a persecuzioni o a un rischio di danno grave o in cui è garantito un adeguato livello di protezione, costituisce un elemento nuovo relativo all’esame di una domanda di protezione internazionale, ai sensi di tale disposizione. Inoltre, detta disposizione non è applicabile a una domanda reiterata, ai sensi dell’art. 2, lettera q), di tale direttiva, quando l’autorità accertante constata che il rigetto definitivo della domanda anteriore è contrario al diritto dell’Unione. A tale constatazione è necessariamente tenuta detta autorità quando la contrarietà discende da una sentenza della Corte o è stata dichiarata, in via incidentale, da un giudice nazionale.».

Circa gli orientamenti della giurisprudenza nazionale, anche se precedenti alla riforma normativa italiana del 2023, in linea con la sentenza della Corte di giustizia nel caso XY c. Bundesamt far Fremdenwesen und Asyl, sopra citata, la Corte di cassazione ha parimenti affermato che una domanda reiterata, ai sensi dell’art. 40, par. 2 e 3 della direttiva 2013/32/CE, può essere fondata su elementi o risultanze nuove, sia in quanto emersi dopo l’audizione di una decisione relativa alla domanda precedente, sia in quanto presentati per la prima volta dal richiedente, considerato che, operando in materia un giudicato debole, ovvero “rebus sic stantibus”, non è preclusa una nuova rivisitazione della situazione in presenza di nuovi elementi (Cass. civ., sez. lav., 28.01.2022, n. 2717).

In relazione alla domanda reiterata dove il nuovo elemento è attinente all’orientamento sessuale del richiedente, la Suprema Corte ha affermato che la disposizione di cui all’art. 29, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 25/2008, va interpretata nel senso di riconoscere l’ammissibilità della domanda quando vengono prospettati nuovi elementi, anche se esistenti già al momento della precedente richiesta, ma che il ricorrente non ha potuto prospettare perché non ha potuto, senza sua colpa, produrne le prove, in precedenza, innanzi alla Commissione in sede amministrativa, né davanti al giudice, introducendo il procedimento giurisdizionale. In merito alla prospettazione di tali nuovi elementi, la Corte ha inoltre specificato che si devono valutare le ragioni per cui una tale prospettazione non sia avvenuta contestualmente alla precedente e considerare la domanda ammissibile quando tali ragioni appaiono plausibili e non siano ascrivibili a colpa del richiedente. Nella specie, qualora l’impedimento consista in fattori di ordine psicologico e morale non si può affatto escludere a priori che essi non abbiano potuto determinare un ostacolo oggettivo e decisivo alla prospettazione dell’omosessualità (Cass. civ., sez. VL 05.03.2015, n.4522).

Si riporta, infine, una recente sentenza che, applicando al campo delle domande reiterate un principio ampiamente consolidato, ha statuito che: «in tema di domanda reiterata di protezione internazionale, l’oggetto del giudizio introdotto dinanzi al Tribunale non è il provvedimento amministrativo di inammissibilità, bensì l’accertamento di un diritto soggettivo» (cfr. ex multis Cass. 6374/2022).

 

2. Analisi e impatto del nuovo comma 1-bis dell’art. 29 bis del d.lgs. n. 25/2008

La circolare evidenzia la necessità che ogni Collegio si attivi per definire con le questure di riferimento una prassi operativa chiara, idonea ad attuare pienamente ed efficacemente le nuove norme che prevedono che il questore, sulla base di un parere del presidente della Commissione territoriale del luogo in cui è in corso l’allontanamento, procede con immediatezza all’esame preliminare della domanda e ne dichiara l’inammissibilità.

La circolare correttamente afferma che dal tenore testuale della norma, nonché dall’inquadramento sistematico della disposizione, si desume che il parere suddetto deve intendersi come obbligatorio.

Pertanto, una volta ricevuta la richiesta dal questore, sarà onere del Presidente del Collegio incaricato di valutare immediatamente la precedente domanda, nonché il fascicolo con tutta la documentazione in esso contenuta, al fine di poter procedere all’esame di ammissibilità della domanda nuova, con particolare riferimento ai nuovi elementi e alle prove nuove allegate dal richiedente, nonché all’aumento della probabilità di riconoscimento della protezione internazionale. Per la valutazione degli elementi e delle prove nuovi rispetto alla domanda precedente, nonché per la verifica del significativo aumento di probabilità di accoglimento e per la mancanza di colpa nella tardiva allegazione, si dovranno applicare i criteri già indicati nell’analisi dell’art. 29 del d.lgs. n. 25/2008.

Il circuito procedimentale relativo all’applicazione di questa nuova fattispecie si descriverà, come di consueto, sulla piattaforma Vesta.net e perciò alla circolare sono allegate le schede esplicative redatte dall’Ufficio informatico del Dipartimento per le libertà civili al fine di comprendere meglio il flusso di lavoro sulla suddetta piattaforma, nonché le modifiche effettuate sull’applicativo per procedere all’attuazione pratica della normativa suddetta e i modelli di pareri di inammissibilità e di ammissibilità predisposti dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo.

A tal riguardo, la circolare precisa che l’acquisizione della documentazione pertinente alla precedente domanda avviene automaticamente tramite Vesta.net, fermo restando che, in caso di ulteriori necessità, sussiste la possibilità di richiedere eventuali integrazioni (es. verbali di audizione) per le vie brevi al Collegio competente per la precedente domanda, se diverso da quello competente alla decisione sulla nuova domanda.

La circolare evidenzia, inoltre che, nel caso in cui la domanda nuova superi il vaglio di ammissibilità, la competenza alla decisione sul merito si radica presso il Collegio del luogo in cui era in corso l’allontanamento, mentre, qualora invece il Presidente del Collegio esprima parere per l’inammissibilità della domanda, il procedimento – per la parte d’interesse delle Commissioni o delle Sezioni – si concluderà con l’inoltro alla questura del suddetto parere.

 

 

5.

Procedure per l’individuazione degli elementi ostativi per l’adozione del “provvedimento unificato” di rigetto delle domande di protezione internazionale e di contestuale espulsione

 

La   circolare della Commissione nazionale per il diritto d'asilo - Prot. 0001819 del 29.02.2024  prescrive alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale procedure operative semplificate per l’individuazione degli elementi ostativi per l’adozione del “provvedimento unificato” di rigetto delle domande di protezione internazionale e di contestuale espulsione, ai sensi dell’art. 32, comma 4, d.lgs. n. 25/2008, come riformato dal d.l. n. 20/2023, prevedendo, tra i provvedimenti decisori, il c.d. “provvedimento unificato”, ossia un provvedimento adottato dalla Commissione territoriale che tiene luogo del provvedimento di espulsione amministrativa, con obbligo del richiedente di lasciare il territorio nazionale, salvo che ricorrano le condizioni per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale o per cure mediche e salvo che non emergano le cause impeditive all’espulsione di cui all’art. 19, commi 1-bis e 2 del d.lgs. n. 286/1998.

A tale scopo, ai sensi dell’art. 27, comma 2-bis, del d.lgs. n. 25/2008, la Commissione territoriale, dopo avere esaminato l’istanza del richiedente asilo e ritenuto che non sussistono le condizioni per la concessione della protezione internazionale oppure per una protezione complementare, deve acquisire l’informazione necessaria alla definizione del provvedimento decisorio per la parte espulsiva.

Le medesime disposizioni si applicano anche alle procedure di revoca e cessazione di competenza della Commissione nazionale, in virtù dell’art. 33, comma 3, del d.lgs. n. 25/2008.

La circolare osserva che da tale excursus emerge, dunque, che il processo decisionale condotto dalla Commissione territoriale, a valle della valutazione sui requisiti di inclusione e di esclusione relativi alla protezione internazionale e nazionale, deve essere integrato con i suddetti elementi informativi sulle cause impeditive dell’espulsione, nei casi in cui debbano essere adottati provvedimenti di diniego, di inammissibilità ovvero dichiarazioni di estinzione a seguito di rinuncia alla richiesta di protezione.

A tale riguardo, poiché l’acquisizione degli elementi informativi, finora effettuata con il meccanismo dello scambio di mail certificate, può determinare dilazioni temporali incompatibili con la gestione efficiente del processo decisionale, la circolare prescrive che le comunicazioni tra Commissioni territoriali e questure, anche sotto il profilo qui esaminato, siano veicolate attraverso la piattaforma telematica Vesta.net, così come tutte le ulteriori interlocuzioni tra i suddetti uffici in materia di protezione internazionale.

Perciò, d’intesa con la Direzione centrale per l’immigrazione e la polizia di frontiera del Dipartimento della pubblica sicurezza, s’intende valorizzare l’esperienza realizzata in sede di prima applicazione del d.l. n. 20/2023, in occasione della quale è stato richiesto alle questure di indicare già nella domanda di protezione internazionale (modello C3) l’esistenza o meno di elementi ostativi all’espulsione.

La circolare, dunque, allo scopo di rendere più fluide e tempestive le interlocuzioni tra Commissioni territoriali e questure, nell’ottica di una semplificazione e velocizzazione della procedura, estende anche alle registrazioni delle domande di protezione che devono essere incanalate in procedura ordinaria la prassi di indicare nel modello C3 l’esistenza o meno di elementi ostativi, nel caso in cui tali circostanze siano immediatamente rilevabili al momento della redazione del modello C3.

Si prescrive che, qualora in momento successivo alla registrazione della domanda di asilo con il modello C3 dovessero subentrare elementi ostativi all’espulsione gli uffici immigrazione delle questure, qualora ne abbiano acquisito contezza, procederanno all’aggiornamento su Vestanet, valorizzando il campo della Scheda generale del fascicolo.

Per quanto riguarda, invece, i procedimenti attualmente pendenti, per i quali le Commissioni territoriali abbiano avviato richiesta alle questure circa la sussistenza di cause impeditive dell’espulsione, la circolare ritiene che le Commissioni territoriali possano comunque procedere ad emettere il “provvedimento unificato”, recante l’attestazione dell’obbligo di rimpatrio e del divieto di reingresso, previa verifica in Vesta.net di eventuali elementi informativi nel frattempo inseriti dalla questura, decorsi 15 giorni dalla ricezione della presente missiva.

Con riferimento ai procedimenti di revoca e cessazione, di competenza della Commissione nazionale:

• se la segnalazione volta all’avvio di un procedimento viene trasmessa dalla questura (es. per l’avvio di procedimenti di revoca in ragione della commissione di reati), la comunicazione circa la sussistenza o meno di elementi ostativi all’espulsione sarà inserita già nella segnalazione stessa (nella parte centrale della maschera della Scheda generale del fascicolo nel campo “note”, come sopra specificato). Qualora la Commissione nazionale richieda un aggiornamento della sussistenza degli elementi ostativi successivamente al ricevimento della segnalazione, i competenti uffici di pubblica sicurezza procederanno a fornire riscontro entro il termine di 15 giorni;

- negli altri casi, ossia qualora il procedimento venga avviato dalla Commissione nazionale su segnalazione di altri uffici, la questura competente verrà informata tramite PEC dalla CNA dell’avvenuto avvio e della richiesta di elementi informativi e provvederà ad inserire su Vesta.net, con le medesime modalità indicate, il relativo riscontro. Al pari delle Commissioni territoriali, in questi ultimi casi la Commissione nazionale provvederà dunque ad emettere il relativo provvedimento dopo aver verificato l’eventuale inserimento in Vesta.net di elementi ostativi all’espulsione dell’interessato.

Infine, per quanto concerne i provvedimenti di revoca e cessazione attualmente pendenti a causa del mancato riscontro da parte degli uffici di pubblica sicurezza, anche la Commissione nazionale procederà ad emettere il “provvedimento unificato”, dopo aver verificato la mancanza in Vesta.net di elementi informativi nel frattempo pervenuti, decorsi 15 giorni dalla ricezione della presente missiva.

L’onere di acquisire gli elementi informativi ai sensi dell’art. 27, comma 2-bis, del d.lgs. n. 25/2008 dovrà dunque ritenersi assolto mediante consultazione dell’applicativo Vesta.net da parte dell’operatore della Commissione territoriale o della Commissione nazionale.

 

Circa gli strumenti delle Commissioni per l’accertamento dell’eventuale sussistenza di cause impeditive dell’espulsione la circolare ricorda che deve tenersi sempre conto dell’insegnamento consolidato derivante dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo il quale «oggetto del giudizio di opposizione al decisum della Commissione non è tanto il provvedimento negativo della Commissione territoriale, quanto, piuttosto, l’accertamento del diritto soggettivo del richiedente alla protezione invocata. Pertanto, il Tribunale non può limitarsi all’annullamento del provvedimento di diniego per vizi del provvedimento o del procedimento, ma ha l’obbligo di pronunciarsi nel merito (cfr., ex multis, Cass. n. 16786 del 2023; Cass. n. 20492/2020)» (Cass. Sez. I, ordinanza n. 27488/2023).

La circolare osserva che la massima giurisprudenziale sopra riportata, traslata nell’ambito in esame, determina la necessità che, al di là delle modalità tecnico-informatiche utilizzate per il dialogo con le questure, gli organi decisionali devono procedere essi stessi ad acclarare eventuali cause impeditive dell’espulsione, in particolare mediante lo strumento dell’audizione che consente spesso, con maggiore approfondimento e tempestività, di definire con precisione la condizione personale dello straniero destinatario del provvedimento.

 

 

6.

Indirizzi per l’attuazione della direttiva del Ministro dell’interno sul rafforzamento e sul coordinamento delle attività delle Commissioni e Sezioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Aspetti di dubbia legittimità

 

La  circolare della Commissione nazionale per il diritto d’asilo - Prot. 0002146 del 12.03.2024 illustra nuovi provvedimenti importanti di indirizzo politico-amministrativo adottati per il sistema generale dell’asilo.

1. La direttiva del Ministro dell’interno sul rafforzamento e sul coordina-mento delle attività delle Commissioni e Sezioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale

Anzitutto la circolare informa le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale che il Ministro dell’interno, con direttiva del 14.02.2024, ha delineato alcuni obiettivi di carattere generale cui il sistema di riconoscimento della protezione internazionale dovrebbe tendere in ragione delle interrelazioni con ulteriori campi di attività pubbliche, anch’esse cruciali e correlate al costante trend dei flussi migratori.

A tale riguardo, la direttiva

- fa riferimento ai nessi tra le procedure di riconoscimento della protezione internazionale ed il sistema di accoglienza, poiché la permanenza del richiedente nell’ambito di tale sistema è legata alla durata della procedura di riconoscimento della protezione internazionale;

- rileva che le attività dei Collegi territoriali e della Commissione nazionale, con riguardo, rispettivamente, all’applicazione delle cause di esclusione ed ai procedimenti di revoca e cessazione della protezione internazionale già riconosciuta, possano avere un impatto diretto sulla gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Dopo tali premesse, la direttiva del Ministro dell’interno enumera gli obiettivi da perseguire nella logica più complessiva del sistema articolato descritto, che possono essere così riassunti:

1) sensibile incremento delle decisioni delle Commissioni e Sezioni territoriali, già nelle more dell’attuazione del piano strategico di rafforzamento del sistema di riconoscimento della protezione internazionale, disposto con misure di carattere legislativo e amministrativo, di cui si darà conto analiticamente nel proseguo della presente nota;

2) applicazione rigorosa delle clausole di esclusione dalla protezione internazionale, nonché delle norme in materia di revoca e cessazione della protezione riconosciuta, tenendo conto della giurisprudenza delle Corti superiori a livello internazionale, europeo e nazionale;

3) i Presidenti delle Commissioni territoriali o delle loro Sezioni, i quali svolgano il loro incarico non in modo esclusivo dovranno assicurare la piena funzionalità degli organismi in questione, in coerenza all’evidenziata esigenza di incremento delle attività decisionali;

4) i prefetti competenti per territorio sono chiamati a verificare le esigenze delle Commissioni e Sezioni per quel che concerne l’adeguata presenza di personale amministrativo di supporto e provvedere ad integrarlo prontamente se del caso, anche alla luce delle recenti e prossime assunzioni di assistenti amministrativi e informatici e di funzionari amministrativi destinati agli uffici territoriali;

5) i prefetti dovrebbero altresì provvedere tempestivamente alle esigenze logistiche di Commissioni e Sezioni, anche derivanti dall’incremento di personale.

Sotto il profilo procedurale e metodologico, la direttiva, nel richiamare la peculiare autonomia valutativa che l’ordinamento riconosce alle Commissioni ed alle Sezioni territoriali, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 25/2008:

a) affida alla Commissione nazionale il compito di indicare misure adeguate al perseguimento degli obiettivi suddetti, conformemente a quanto previsto dall’art. 5 del suddetto provvedimento legislativo;

b) individua il monitoraggio periodico e il confronto costante tra gli attori del sistema quali modalità attuative dei percorsi stabiliti.

In relazione al contesto sopra delineato, la circolare illustra gli interventi in corso di esecuzione per il rafforzamento delle strutture delle Commissioni e Sezioni territoriali e gli strumenti concreti da adottare per perseguire gli obiettivi indicati.

 

2. Rafforzamento dell’organico

La circolare ricorda che è in corso di attuazione un complesso organico di iniziative normate e amministrative, allo scopo di conseguire un congruo incremento del contingente dei funzionari istruttori e del personale con funzioni di supporto amministrativo, così rispondendo all’esigenza di rafforzamento dei Collegi, in funzione dell’efficace svolgimento delle relative attività.

Per ciò che riguarda l’incremento dei funzionari istruttori, la l. n. 213/2023 ha autorizzato il Ministero dell’interno a reclutare, per gli anni 2024 e 2025, 118 unità di funzionari, proprio al fine di corrispondere alle maggiori esigenze delle Commissioni territoriali e delle loro Sezioni. Tra questi, i primi 14 funzionari hanno già assunto servizio lo scorso 19 febbraio (10 assegnati ai Collegi e 2 assegnati alla Commissione nazionale).

Per altro verso, la legge n. 14/2024 di ratifica del Protocollo italo-albanese, per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, prevede l’assunzione di un ulteriore contingente di 45 funzionari, per far fronte alle necessità connesse all’attuazione dello stesso Protocollo.

Gli attuali 240 funzionari istruttori verranno dunque incrementati di 163 unità, per raggiungere un totale di 403 addetti (inferiore di sole 14 unità rispetto al massimo storico del contingente del personale in questione, registrato nel 2019, con 417 funzionari).

Per quanto concerne l’incremento di unità di personale con funzioni di supporto amministrativo, nell’ambito del Programma Nazionale FAMI sono in fase di espletamento le procedure selettive per l’individuazione di 70 esperti amministrativi da destinare, per un periodo di tre anni, alle Commissioni territoriali e alla Commissione nazionale, quale personale di supporto alle attività amministrative degli stessi Collegi.

Inoltre, è previsto il supporto di EUAA mediante il dislocamento, calendarizzato per il mese di aprile 2024, di 20 unità di personale con funzioni amministrative, presso alcuni Collegi, a seguito di apposito emendamento al Piano operativo 2022-2024 per l’Italia, in via di stipulazione con la predetta Agenzia.

Infine, un congruo numero di assistenti amministrativi, provenienti dalla prossima e imminente tornata di assunzioni, verrà assegnato ai Collegi territoriali, d’intesa con il Dipartimento per l’amministrazione generale, per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie.

I Presidenti delle Commissioni territoriali saranno previamente informati sul numero degli addetti assegnati alle rispettive sedi e sui tempi di effettiva assunzione di servizio, in modo tale da consentire l’adozione delle necessarie misure organizzative.

 

3. Incremento delle decisioni

La circolare ritiene che un notevole incremento del numero di decisioni adottate possa essere conseguito con l’attivazione di moduli organizzativi del lavoro più funzionali rispetto all’obiettivo.

In particolare, appare necessario:

1) assumere, quale cardine dell’ordinario lavoro nei Collegi, un canone di concentrazione, ovvero la stretta consequenzialità temporale, nel corso della giornata, o con slittamento massimo alla giornata successiva, dell’audizione, della decisione collegiale, del caricamento e della firma digitale su Vesta.net; tale principio può essere adottato, ovviamente, solo nei casi di ordinarietà ed infatti, per le fattispecie che necessitano di approfondimento si dovrà procedere a nuovi incombenti istruttori e, se del caso, ad ulteriori audizioni;

2) considerare conclusa la procedura solo dopo la firma digitale, poiché la dilazione temporale tra la decisione assunta in seduta collegiale e la sottoscrizione del provvedimento genera frequentemente la formazione di arretrato ed inefficienze, anche sotto il profilo della qualità delle decisioni.

La contestualità delle diverse fasi della procedura e l’incremento delle decisioni potrà determinare l’esigenza di un’intensificazione delle sedute del Collegio, la cui valutazione è demandata ai Presidenti delle Commissioni, tenendo conto che è possibile garantire, da parte della Commissione nazionale, previa richiesta, la sostenibilità finanziaria, purché sia rispettato il principio della corresponsione di un solo gettone giornaliero per componente dell’organismo, nel rispetto delle disposizioni di legge.

Sotto tale profilo, si confida inoltre nella disponibilità, dei Presidenti delle Sezioni, con funzione non esclusiva, a garantire il maggior numero possibile di sedute collegiali, così come specificamente richiesto con la direttiva in oggetto.

 

4. Strumenti per la semplificazione dei provvedimenti

La circolare afferma che l’obiettivo dell’incremento delle decisioni deve essere attuato mediante l’uso di idonei strumenti operativi di semplificazione, correlati strettamente ai percorsi formativi ed alla condivisione degli orientamenti giurisprudenziali e delle informazioni sui Paesi di origine dei richiedenti.

La Commissione nazionale, con il supporto di UNHCR e di EUAA, ha introdotto alcuni strumenti che mirano a semplificare in maniera uniforme l’audizione e la fase decisoria, nel rispetto delle garanzie procedurali e della qualità del percorso decisionale.

In particolare, con la collaborazione di UNHCR, sono stati elaborati strumenti per la semplificazione dell’esame delle domande di protezione internazionale da applicare a casi non complessi e con claim omogenei dal punto di vista delle motivazioni poste a base della domanda stessa.

Per quanto riguarda i richiedenti di origine egiziana, tra le nazionalità più ricorrenti tra i richiedenti asilo, la circolare informa che la Commissione nazionale ha predisposto schede guida, che sono allegate alla medesima circolare, per le interviste, per le informazioni sul paese di origine (COI) e per i modelli di provvedimento, relative a domande che si fondano su vicende di faida tra famiglie. La circolare informa che sono inoltre in corso ulteriori attività di analisi e di predisposizione di strumenti di semplificazione concernenti casi ricorrenti correlati a diverse nazionalità di richiedenti protezione.

Anche l’attività dell’Unità qualità per l’anno in corso è finalizzata ad individuare ulteriori strumenti per agevolare la trattazione delle istanze, fornire vademecum e linee guida aggiornate; peraltro si allega alla circolare un’ulteriore scheda con cui sono stati già predisposti e diffusi strumenti di supporto alle attività dei Collegi, in corso di aggiornamento, finalizzati, tra l’altro, alla formazione del fascicolo per l’audizione e alla verifica del rispetto della tempistica.

A tale ultimo riguardo, la circolare fa presente che è in corso di ultimazione il percorso di revisione dei modelli di decisione caricati su Vesta.net, anche con l’ausilio di alcune Commissioni territoriali. Si tratta di strumenti ben calibrati, il cui corretto utilizzo, mediato dalla necessaria individualizzazione del caso, consente senz’altro di coniugare virtuosamente la semplificazione con il raggiungimento di elevati standard qualitativi.

 

5. Applicazione rigorosa delle cause di esclusione e dei motivi di revoca e cessazione della protezione internazionale

La direttiva ministeriale richiama come obiettivo l’esigenza di un’applicazione rigorosa delle cause di esclusione e dei motivi di revoca e di cessazione.

A tale proposito la circolare afferma più in generale, che occorre che la complessiva attività decisionale, sia pure nell’ambito della richiamata autonomia di ciascun Collegio, si sviluppi in conformità ai canoni affermati nella giurisprudenza delle Corti superiori internazionali, europee e nazionali, nonché alla prassi consolidata seguita nell’ambito dell’Unione europea, in linea con la necessità di convergenza che si pone alla base della costituzione e dello sviluppo del Sistema comune europeo dell’asilo.

Nella suddetta prospettiva, un punto di forza per l’uniformità delle decisioni è costituito dalla conoscenza e dal richiamo dei principi provenienti dalla giurisprudenza nazionale, europea e internazionale.

In tale ottica, nell’auspicio di costituire un comune terreno di confronto anche con gli ulteriori soggetti che prendono parte al complesso procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, nella circolare si informa che è in corso di progettazione un’iniziativa editoriale che si propone di esporre in modo imparziale e tendenzialmente completo, la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, della Corte europea dei diritti dell’uomo, delle giurisdizioni nazionali guida europee in materia, della Corte di cassazione e dei giudici di merito.

Sempre al fine di garantire una convergenza nelle decisioni, la circolare afferma che è opportuno che si condividano le Country guidance elaborate e validate da EUAA, così come i casi guida vigenti nella giurisprudenza europea. I documenti in questione non sono vincolanti rispetto all’autonomia decisionale dei Collegi territoriali e tuttavia costituiscono, per il metodo adottato, l’autorevolezza degli autori ed il merito delle questioni, un imprescindibile parametro di raffronto. Con separata comunicazione, l’unità COI provvederà ad inoltrare una scheda apposita, concernente i riferimenti per il pronto reperimento dei documenti sopra citati.

La circolare afferma che è poi di capitale importanza il programma della formazione, cui la Commissione nazionale ha sempre attribuito un valore peculiare e che può contare sul sistema scientifico messo a punto e continuamente aggiornato da EUAA, che ha dato la più ampia e fattiva disponibilità a sostenere l’impegno italiano nell’attuale contingenza. Nel fare riserva di comunicare prontamente il programma complessivo di formazione per il 2024, che sarà sostenuto come sempre anche da UNHCR, la circolare allega una scheda sintetica (All. n. 3) sull’attività formativa in corso per i funzionari istruttori entrati in servizio lo scorso 19 febbraio 2024.

 

6. Ulteriori interventi di supporto

La direttiva ministeriale è rivolta anche ai prefetti delle province ove hanno sede le Commissioni e le Sezioni territoriali, in considerazione del fatto che, in base all’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 25/2008, le prefetture hanno l’onere di fornire il necessario supporto organizzativo e logistico ai Collegi decisionali.

La circolare perciò osserva che in tale contesto, i prefetti sono chiamati, tra l’altro, a garantire la continuità di presenza dei Presidenti dei Collegi con incarico non esclusivo, per assicurare la piena funzionalità degli organismi in questione, a verificare le esigenze delle Commissioni e Sezioni per quel che concerne l’adeguata presenza di personale amministrativo di supporto, ed a provvedere tempestivamente alle esigenze logistiche degli uffici in questione, anche derivanti dall’incremento di personale.

Al riguardo la circolare chiede ai Presidenti delle Commissioni territoriali di assicurare la massima disponibilità collaborativa ai prefetti, al fine del più efficace espletamento delle attività richiamate nella direttiva.

Per ciò che attiene alle esigenze logistiche, oltre alle iniziative di carattere urgente, derivanti dalla necessità di rendere immediatamente operative le nuove risorse che saranno dislocate nei prossimi mesi, la circolare afferma che appare opportuno definire un quadro di più ampio respiro finalizzato al reperimento a regime di immobili funzionali e dignitosi nei quali stabilizzare l’operatività dei Collegi e degli uffici di supporto.

In proposito, alla circolare è allegata anche una scheda predisposta dall’Agenzia del demanio che si chiede ai Presidenti delle Commissioni territoriali di voler compilare e restituire, a fini conoscitivi, esclusivamente per gli uffici che non dispongano attualmente di collocazione logistica adeguata.

 

7. Modelli di governance e rapporti tra Commissione e Sezione

La circolare osserva infine che l’attuale contingenza e la necessità di applicare uniformemente gli indirizzi derivanti dalla direttiva ministeriale rendono opportuna anche una messa a punto dei modelli organizzativi, in ispecie con riferimento ai rapporti tra Commissione e relative Sezioni.

Al riguardo, partendo dalla considerazione dell’inclusione della Sezione nella complessiva articolazione della Commissione, e ferma restando l’indipendenza di giudizio e valutazione dei singoli casi, salvaguardata dall’art. 4, comma 3-bis del d.lgs. n. 25/2008, la circolare afferma che appare opportuno che il Presidente di quest’ultimo Collegio espleti una generale funzione di coordinamento, d’intesa con i Presidenti di Sezione, finalizzata ad un omogeneo conseguimento degli obiettivi perseguiti. In questo senso, anche con periodiche conferenze dei Presidenti, si potrebbero assumere idonei orientamenti procedurali e di merito tali da evitare discrasie ed inefficienze.

Inoltre, nello specifico settore della gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, il Presidente di Commissione dovrebbe svolgere analoga funzione di coordinamento, sempre d’intesa con l’omologo di Sezione, nel caso in cui i due uffici abbiano sede nel medesimo immobile.

Nell’ipotesi in cui, invece, la Sezione abbia sede in immobile diverso, il Presidente di Sezione porrà in essere in modo maggiormente autonomo la propria funzione di management delle risorse, pur nel quadro di generale coordinamento che il Presidente della Commissione dovrebbe comunque espletare per le finalità sopra chiarite.

La circolare conclude che l’adozione standardizzata di un modello organizzativo come quello descritto, che conduca dalla Commissione nazionale, mediante l’attivazione delle funzioni di indirizzo e coordinamento, alle Commissioni territoriali e, per il tramite del coordinamento delle Commissioni territoriali, alle relative Sezioni, oltre ad essere coerente con il disegno organizzativo desumibile dall’ordito normativo, pare essere il più idoneo a conseguire i rilevanti obiettivi che il sistema del riconoscimento della protezione internazionale deve perseguire.

Così come richiesto dalla direttiva ministeriale, il percorso attuativo degli obiettivi prefissati sarà costantemente seguito attraverso un monitoraggio settimanale in grado di restituire informazioni oggettive sull’andamento generale del sistema e dei singoli Collegi.

 

Profili di dubbia legittimità

La standardizzazione delle decisioni su taluni casi può condizionare indirettamente certe decisioni più diffuse e più incerte.

Da un lato le COI inviate e la schematizzazione appaiono in realtà piuttosto approfondite e si richiama non soltanto il nord Sinai, ma le numerose violenze nelle zone dell’Alto Egitto e le varie misure adottate, spesso del tutto inadeguate, che ben potrebbero portare all’accoglimento della domanda perchè le stesse COI testimoniano che in molti casi o non c'è o non è efficace l’intervento dei poteri pubblici

Dall’altro lato invece il fornire un modello standardizzato in cui alla fine pare prevedersi soltanto la conclusione del rigetto appare un condizionamento implicito.

La standardizzazione dei casi può condizionare indirettamente la libertà di decisione delle Commissioni territoriali e va attentamente valutata.

Prevedere un “claim” omogeneo di decisione standardizzata da applicare a casi non complessi, tra l’altro per un Paese che allora non era designato di origine sicuro, ed in relazione ad un determinato aspetto, quello delle faide familiari, con dichiarazioni del richiedente precostituite appare preoccupante, soprattutto perché, nella stessa circolare il presidente della Corte nazionale per il diritto di asilo ammette che «Sono inoltre in corso ulteriori attività di analisi e di predisposizione di strumenti di semplificazione concernenti casi ricorrenti correlati a diverse nazionalità di richiedenti protezione», sempre nell’ottica di semplificare ed incrementare le decisioni delle Commissioni territoriali.

Appare inoltre contraddittorio che la Commissione nazionale voglia semplificare ed incrementare le decisioni, ma non ha finora adottato altri provvedimenti che sarebbero stati utili allo scopo.

In primo luogo, la Commissione nazionale, ai sensi dell’art. 5, co. 1-bis d.lgs. n. 25/2008, nell’esercizio dei compiti di indirizzo e coordinamento, non ha mai individuato quei Paesi di provenienza dei richiedenti o parte di tali Paesi ai fini dell’articolo 12, commi 2 e 2-bis d.lgs. n. 25/2008, e cioè quelli per i quali si può omettere il colloquio personale di fronte alle Commissioni territoriali qualora esse ritengano di avere sufficienti motivi per accogliere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato oppure per riconoscere la protezione sussidiaria sulla base degli elementi in loro possesso. Almeno per il riconoscimento della protezione sussidiaria sarebbe possibile per alcuni Stati in cui sono acclarate situazioni di conflitto armato (Ucraina, Siria, Sudan, Afghanistan, Somalia, Yemen) o di violazione generalizzata dei diritti umani e della democrazia (Eritrea, Burkina Faso, Mali, Niger).

Non si tratterebbe anche in questo caso di decidere di claim non complessi e almeno le protezioni sussidiarie potrebbero essere riconosciute, fermo restando ovviamente il diritto del richiedente che aspira allo status di rifugiato di farsi ascoltare, come previsto dalla norma.

In secondo luogo, la Commissione nazionale si adopera per semplificare le decisioni per i richiedenti di Paesi che non appartengono all’elenco dei Paesi di origine sicuro e non pare invece preoccuparsi di fornire informazioni sui Paesi di origine sicuri. Ai sensi dell’art. 2-bis, co. 4 d.lgs. n. 25/2008, la Commissione nazionale deve avvalersi delle notizie elaborate dal suo centro di documentazione di cui all’art. 5, co. 1 d.lgs. n. 25/2008, nonché su altre fonti di informazione, comprese in particolare quelle fornite da altri Stati membri dell’Unione europea, dall’EUAA, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti. Tra l’altro la stretta collaborazione con UNHCR ed EUAA viene in diverse occasioni evidenziata nella circolare nell’ottica di utilizzare strumenti per la semplificazione in maniera uniforme l’audizione e la fase decisoria. Invece le schede dei Paesi di origine sicuri non sono state elaborate nei termini normativi, ma da articolazioni del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, mentre dovrebbe essere proprio la Commissione nazionale l’organo di maggior propulsione per informare sui cambiamenti avvenuti in tali Paesi, in collaborazione con EUAA e UNHCR, il che sino ad ora hanno fatto solo i Tribunali, che però non hanno poteri di aggiornare l’elenco.

Si dubita dunque quali informazioni aggiornate abbia oggi la Commissione nazionale sui Paesi inclusi nella lista degli Stati di origine sicuri.

La preoccupazione della Commissione nazionale dovrebbe essere quella di documentare ed aggiornare un particolare aspetto di un Paese non sicuro non soltanto perché avrebbe un numero elevato di richiedenti, ma anche quella di impulso, anche tramite le informazioni di UNHCR ed EUAA, per aggiornare l’elenco dei Paesi sicuri, per costituire il quale gli uffici del Ministero degli affari esteri utilizzano informazioni scarse, imprecise o non aggiornate, quando invece le informazioni disponibili li fanno talvolta ritenere sicuri quei Paesi. Così l’operato delle Commissioni territoriali è spesso sommerso da domande bloccate da procedure accelerate di Paesi c.d. “sicuri”, il che conduce a decisioni di rigetto spesso impugnate dai richiedenti anche con molte istanze cautelari che ingolfano le sezioni specializzati dei Tribunali.

Tutto ciò pare contraddittorio rispetto all’esigenza di efficienza e si semplificazione.

 

Ingresso e soggiorno

 

7.

Ingressi per lavoro subordinato nell’ambito delle quote programmate per il 2024

 

Con una circolare congiunta del 29.02.2024 del Ministero dell’interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare e del Ministero del turismo in vista del click-day relativo all’anno 2024, richiama il d.p.c.m. 19.01.2024, con il quale è stato disposto il differimento delle specifiche date dedicate ai “click days” e, in particolare, fissando le nuove date rispettivamente al 18, 21 e 25 marzo 2024.

La circolare ricorda che il d.p.c.m. 27.09.2023 ha previsto, all’art. 5, in 151.000 le quote di ingresso legale per motivi di lavoro in Italia per l’anno 2024, ripartiti come segue:

- n. 61.250 quote per lavoro subordinato, non stagionale (art. 6, comma 1, lett. b) d.p.c.m. 27.09.2023);

- n. 700 quote per lavoro autonomo (art. 6, comma 1, lett. b) d.p.c.m. 27.09.2023);

- n. 89.050 per lavoro subordinato stagionale (art. 7, comma 1, lett. b), d.p.c.m. 27.09.2023.

Si conferma che ai fini dell’ingresso di lavoratori per motivi di lavoro subordinato stagionale e non, i Paesi che hanno sottoscritto accordi o intese di cooperazione in materia migratoria già vigenti, sono: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Corea del Sud, Costa d'Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Giordania, Guatemala, India, Kirghizistan, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Perù, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina.

L’elenco dei Paesi con i quali nel corso del triennio entreranno in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria sarà riportato sui siti istituzionali del Ministero dell’interno (www.interno.gov.it) e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (www.lavoro.gov.it).

La circolare ricorda che

-          il 20.10.2023 è stato sottoscritto un Accordo tra Italia e Tunisia, con il quale sono stati previsti annualmente 4000 ingressi di cittadini tunisini per motivi di lavoro subordinato non stagionale, e le relative quote saranno riservate per i settori di cui all’art. 6, comma 1 del d.p.c.m. 27.09.2023;

-          il 1.04.2024 è entrato in vigore l’Accordo di partenariato su mobilità e migrazione con l’India, sottoscritto il 2.11.2023.

Circa la ripartizione delle quote a livello territoriale, la circolare ricorda che anche per l’anno 2024 le quote per lavoro subordinato, stagionale e non stagionale, anche pluriennali (ivi comprese le conversioni) previste dal d.p.c.m. citato, saranno suddivise con apposita e successiva circolare tra gli Ispettorati territoriali del lavoro, Regioni e Province autonome, dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tramite il sistema informatizzato SILEN, sulla base del fabbisogno segnalato a livello territoriale, previa consultazione delle parti sociali e, tenuto conto delle domande che perverranno agli Sportelli unici per l’immigrazione delle Prefetture.

La circolare rammenta, inoltre, che trascorsi novanta giorni dalla data di decorrenza dei click day fissati dal d.p.c.m. 19.01.2024, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate, le stesse potranno essere diversamente ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive necessità riscontrate sul mercato del lavoro, fermo restando il limite massimo complessivo di cui all’art. 5.

 

Anno 2024 - modalità di presentazione delle istanze e modulistica

La circolare ricorda che per l’anno 2024, per gli ingressi in Italia per lavoro, sarà disponibile nell’ambito dell’applicativo dedicato Portale Servizi ALI all’indirizzo https://portaleservizi.dIci.interno.it/AliSportello/ali/home.htm, la sezione di precompilazione dei moduli di domanda (denominata “Compila Domande Decreto Flussi 2024/Click-day 2024”), fruibile nelle giornate ed orari sotto riportati:

- dal 29 febbraio p.v., dalle ore 13.00 alle 20.00 fino al 16 marzo p.v. dalle ore 8.00 alle ore 20.00;

- il 17 marzo p.v. dalle ore 8.00 alle ore 18.00;

- il 19 marzo p.v. dalle ore 8.00 alle ore 20.00;

- il 20 marzo p.v. dalle ore 8.00 alle ore 18.00;

- dal 22 marzo p.v. al 23 marzo p.v. dalle ore 8.00 alle ore 20.00;

- il 24 marzo p.v. dalle ore 8.00 alle ore 18.00.

Si rammenta che per accedere al suddetto Portale è necessario il possesso di un’identità SPID o della CIE.

Le istanze potranno essere inviate; accedendo allo stesso indirizzo https://portaleservizi.dIci.interno.it/AliSportello/ali/home.htm, dalla sezione “Compila Domande Decreto Flussi 2024/Click-day 2024”, in via definitiva, esclusivamente con le consuete modalità telematiche, a decorrere dai termini indicati dall’art. 1 d.p.c.m. 19.01.2024:

- per gli ingressi di cui all'art. 6, comma 3, lett. a), per lavoro non stagionale, dalle ore 9:00 del 18 marzo 2024;

- per gli ingressi di cui all'art. 6, comma 3, lett. b) e commi 4, 5 e 6, dalle ore 9:00 del 21 marzo 2024;

- per gli ingressi di cui all'art. 7, dalle ore 9:00 del 25 marzo 2024.

La circolare precisa che nelle giornate di click day, le operazioni preliminari di accesso degli utenti, tramite SPID/CIE, all’Area Riservata del Portale ALI, saranno consentite sin dalle ore 8.35 e sarà possibile da tale orario anche compilare le sole tipologie di domande oggetto di click day. Per gli altri modelli di domanda non rientranti nel click day, la relativa sezione di precompilazione sarà di nuovo disponibile dalla giornata successiva secondo le date ed orari sopra riportati.

Tutte le domande potranno essere presentate fino al 31 dicembre 2024, ferma restando la verifica della disponibilità delle quote. Qualora l’istanza non rientrasse in quota in base all'ordine cronologico di presentazione, il datore di lavoro visualizzerà sul portale ALI il seguente avviso “La pratica risulta al momento non in quota”.

Eseguito l’accesso sopra descritto, le modalità di compilazione dei moduli e di invio delle domande restano quelle da tempo in uso e le caratteristiche tecniche sono rinvenibili accedendo dalla voce “MANUALE” riportata in calce alla pagina della home page dell’applicativo o nell’Area Riservata. Da tale voce risulta altresì scaricabile una nota tecnica che fornisce puntuali informazioni operative per la precompilazione ed il click day.

La circolare informa che al fine di consentire una rapida istruttoria delle domande presentate, è stata prevista nei modelli di richiesta l’allegazione, attraverso una funzione di upload, della documentazione probatoria necessaria che, pertanto, potrà essere esaminata dagli Sportelli unici per l’immigrazione senza necessità di convocare i richiedenti per la presentazione di medesima documentazione, che sarà esibita, eventualmente ove necessario, in originale, all'atto della firma del contratto di soggiorno.

La circolare fa presente che, nell'ipotesi di istanza di nulla osta al lavoro subordinato regolarmente presentata per i flussi 2023, ai sensi degli artt. 22 e 24 d.lgs. n. 286/1998 e non accolta dallo Sportello unico competente per mancanza di quote disponibili, è possibile il rinnovo della domanda a valere sui flussi 2024 con la presentazione della medesima documentazione. A tale fine, si precisa che:

a) la prevista verifica di indisponibilità di lavoratori già presenti sul territorio nazionale, che il datore di lavoro deve effettuare presso il Centro per l’impiego territorialmente competente prima dell’invio della richiesta di nulla osta al lavoro per i lavoratori subordinati non stagionali (art. 22, co. 2 d.lgs. n. 286/1998), è da intendersi assolta qualora, a parità di mansione e profilo lavorativo richiesto, sia già stata realizzata per un’istanza presentata a valere sui flussi 2023 di cui al d.p.c.m. 27.09.2023. Il datore di lavoro potrà allegare all'istanza di nulla osta al lavoro, a valere sui flussi 2024, la medesima certificazione;

b) il documento di asseverazione, rilasciato ai sensi dell’art. 24-bis d.lgs. n. 286/1998 dai professionisti/organizzazioni datoriali, in caso di esito positivo delle verifiche dei requisiti concernenti l’osservanza delle prescrizioni del contratto di lavoro e la congruità del numero delle richieste presentate di cui all’art. 30-bis, comma 8, del d.p.r. n. 394/1998, già allegato all’istanza di nulla osta al lavoro subordinato (a tempo determinato, anche stagionale, e indeterminato, anche nel settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria) per le richieste relative all’anno 2023, può essere utilizzato anche per i flussi 2024 in riferimento allo stesso numero di domande presentate dal medesimo datore di lavoro.

La circolare ricorda che l’asseverazione non è comunque richiesta con riferimento alle istanze presentate dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che hanno sottoscritto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’apposito protocollo di intesa con il quale si impegnano a garantire il rispetto, da parte dei propri associati, dei requisiti di cui al comma 1 dell’art. 24-bis sopra richiamato (v. elenco sito istituzionale MLPS link: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/ focus-on/ingresso-e-soggiorno-per-lavoro-in-italia/pagine/semplificazione-procedure-con-le-organizzazioni-datoriali).

Tali organizzazioni datoriali sono comunque tenute a conservare per un periodo non inferiore a cinque anni la relativa documentazione ai fini di eventuali verifiche da parte dell’Ispettorato del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate.

Circa l’ingresso di lavoratori conducenti di autotrasporto merci per conto terzi e del trasporto passeggeri con autobus la circolare fa precisazione.

Come già indicato in circolare interministeriale del 27.10.2023, l’istanza di nulla osta per lavoro subordinato può essere presentata solo in favore di cittadini, in possesso di patenti di guida equipollenti alla categoria richiesta e convertibili in Italia, provenienti dai Paesi compresi nell’elenco di cui all’art. 6, comma 3, lett. a).

Solo ai fini dell’effettivo impiego nell’attività di conducente all’interno del territorio nazionale, analogamente a quanto avviene in altri Stati membri dell’Unione europea, le imprese di trasporto per entrambi i settori sopra indicati dovranno dimostrare, che si siano perfezionati gli adempimenti formativi prescritti per il rilascio della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC) (previsti dal d.lgs. n. 286/2005 e succ. mod., in attuazione della direttiva 2003/59 e 2018/645, ora 2022/2561 testo di codificazione e DM MIT 30 luglio 2021).

La circolare ricorda che è possibile per il conducente titolare di patente di guida superiore rilasciata da uno Stato non comunitario, dipendente da un’impresa stabilita, ai fini di quel che qui rileva, in Italia, acquisire o rinnovare tale qualificazione (COC) in Italia, esibendo la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di rilascio di permesso di soggiorno.

Pertanto, ai fini dell’ingresso di tali lavoratori, con la richiesta di nulla osta al lavoro non stagionale (Mod. B2020) non è necessario documentare il possesso della COC, ma solo della patente della categoria richiesta. Si precisa, inoltre, che la dimensione massima consentita di ciascun documento da allegare è pari a 2MB. È disponibile la funzionalità della clonazione per la presentazione delle sole istanze per lavoro subordinato stagionale, ad uso di tutti gli utenti, sia privati che profilati come “Patronato/ associazione”.

Con riferimento a tutti i modelli di istanza di nullaosta in argomento, si fa presente che, qualora al momento della compilazione non fossero disponibili i documenti richiesti, dovranno essere caricate altrettante dichiarazioni di impegno a produrre la documentazione mancante; in tal caso, l’acquisizione della citata documentazione sarà richiesta in fase di istruttoria da parte dello Sportello unico per l’immigrazione, che trasmetterà in via automatica tramite l’applicativo informatico (SPI 2.0), le comunicazioni al richiedente/datore di lavoro all’indirizzo da questi inserito nella sezione della domanda dedicata al recapito pec/mail. Tale recapito deve intendersi, ai fini dell’istruttoria, quale domicilio eletto dal richiedente, ai sensi dell’art. 47 cod.civ. per le notifiche di tutti gli atti del procedimento da parte dello Sportello unico per l’immigrazione. Il richiedente, ricevuta la comunicazione dello Sportello unico per l’immigrazione, può riscontrare la suddetta comunicazione, inserendo direttamente nella propria pagina riservata del Portale Servizi ALI, le integrazioni documentali richieste (dalla Prefettura o dall’I.T.L.) o le eventuali osservazioni ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.

Per il caricamento dei documenti sono previste nell’Area Riservata apposite “icone di caricamento” differenziate, secondo quanto riportato nella apposita LEGENDA, in base alla tipologia di documentazione da trasmettere.

La documentazione inserita nell’Area Riservata del Portale Servizi ALI sarà trasferita telematicamente dal predetto Portale al competente Sportello che provvederà ad esaminarla. Non occorre consegnare altra copia presso lo Sportello unico per l’immigrazione né inviarla via mail/ pec. Riguardo alla gestione delle quote, è utile precisare che il sistema SPI 2.0 prevede un meccanismo di prenotazione automatica delle istanze in quota sul SILEN con riguardo a tutte le pratiche relative agli ingressi di lavoratori non comunitari per lavoro subordinato stagionale e non (con eccezione delle quote previste per conversione di permessi di soggiorno in lavoro il cui impegno definitivo sarà effettuato dall’Ispettorato territoriale del lavoro al momento del rilascio del relativo parere) che, in base alla graduatoria (ordinata secondo la cronologia di invio delle domande registrata nel click day), rientrano nell'ambito del numero di quote previste a livello provinciale per singolo modello.

La circolare ribadisce che, ai sensi dell’art. 22, commi 5 e 5.01, del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dal decreto-legge n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023, l’impegno definitivo della quota relativamente al lavoro non stagionale si avrà:

- all’acquisizione, entro 60 giorni, del parere positivo espresso sull’istanza;

- ovvero quando, in assenza di parere, siano decorsi 60 giorni previsti dal T.U.I.

Al ricorrere delle suddette ipotesi il sistema invierà automaticamente il nulla osta al datore di lavoro che lo visualizzerà sul portale ALI.

Ai sensi dell’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dal decreto-legge n. 20/2023, convertito dalla legge n. 50/2023, l’impegno definitivo della quota relativamente al lavoro stagionale si avrà:

- all’acquisizione, entro 20 giorni, del parere positivo espresso sull’istanza;

- ovvero quando, in assenza di parere, siano decorsi 20 giorni previsti dal T.U.I.

Decorso il termine previsto il sistema invierà automaticamente il nulla osta al datore di lavoro che lo visualizzerà sul Portale ALI. In assenza di ragioni ostative di cui all’art. 22 d.lgs. n. 286/1998, il nulla osta, rilasciato automaticamente, verrà inviato in via telematica , come di consueto, anche alle Rappresentanze diplomatiche italiane dei Paesi di origine che rilasceranno il visto d’ingresso.

La circolare rammenta che, ai sensi dell’art. 22, comma 6-bis d.lgs. n. 286/1998, il lavoratore che ha fatto ingresso in Italia dopo il rilascio del nulla osta al lavoro subordinato (stagionale e non) e del visto d’ingresso può svolgere immediatamente attività lavorativa. In tal caso le associazioni datoriali, ovvero il singolo datore di lavoro dovranno provvedere autonomamente alla comunicazione obbligatoria ai Servizi competenti attraverso i Sistemi informatici regionali. Nel caso in cui, invece, l’assunzione si formalizzi solo alla firma del contratto di soggiorno presso lo Sportello unico, la comunicazione obbligatoria verrà generata automaticamente dal sistema informatico, fatta eccezione per il settore dell’assistenza familiare. Copia di detta comunicazione verrà consegnata al lavoratore, che dovrà inserirla nel plico postale per la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno.

Per le assunzioni del settore dell’assistenza familiare il datore di lavoro dovrà, invece, provvedere autonomamente alla comunicazione obbligatoria all’INPS anche in fase di stipula del contratto presso lo Sportello unico. Si rammenta, altresì, che gli Ispettorati territoriali del lavoro, pur mantenendo visibilità, tramite il sistema informatico SPI 2.0, su tutte le istanze di nulla osta pervenute, non sono più tenuti ad esprimere il proprio parere sulle fattispecie di lavoro subordinato, stagionale e non, fatti salvi eventuali controlli a campione in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, mentre rimane inalterata tale necessità per tutte le ipotesi di conversione del titolo di soggiorno in lavoro subordinato: in tali casi il parere dell’I.T.L. rimane imprescindibile ai fini dell’impegno definitivo della relativa quota e rilascio del nulla osta.

Fatto salvo quanto precisato con riferimento alle istanze già presentate a valere sui flussi anno 2023 di cui al d.p.c.m. 27.09.2023, si richiamano le disposizioni emanate con la circolare n. 5969 del 27.10.2023 sulle verifiche relative agli ingressi per lavoro subordinato (a tempo determinato, anche stagionale, e indeterminato), anche nel settore dell'assistenza familiare e socio-sanitaria, già rimesse agli Ispettorati del lavoro demandate, ai sensi dell’art. 24-bis d.lgs. n. 286/1998, in via esclusiva ai professionisti di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979 e cioè a coloro che siano iscritti agli albi rispettivamente dei consulenti del lavoro, degli avvocati ovvero dei dottori commercialisti ed esperti contabili, fermo restando, per tali ultime due categorie di professionisti, l’assolvimento dell’obbligo di comunicazione agli Ispettorati territoriali del lavoro ai sensi dello stesso art. 1, della legge n. 12/1979 ed alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ai quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato.

In caso di esito positivo di dette verifiche gli stessi rilasceranno apposita asseverazione (sulla base delle linee guida emanate dall’Ispettorato nazionale del lavoro con circolari n. 3/2022 e 2066/2023), che sarà allegata all’istanza di nulla osta al lavoro, ai sensi dell’art. 24-bis d.lgs. n. 286/1998.

L’asseverazione non è richiesta nel caso in cui le domande siano inviate, in nome e per conto dei propri associati, dalle Organizzazioni di categoria firmatarie dei Protocolli d’Intesa col Ministero del lavoro e delle politiche sociali, come previsto dal citato art. 24-bis d.lgs. n. 286/1998. Nella fase di compilazione e di inoltro delle domande, al fine di fornire adeguato supporto tecnico, sarà offerta assistenza agli utenti attraverso un servizio di help desk, fruibile nei medesimi orari di operatività dell’applicativo; e raggiungibile tramite un modulo di richiesta di assistenza utilizzando il link “Scrivi all’Help Desk”, rinvenibile sia in home page del portale ALI che in calce ad ogni pagina dei moduli di domanda.

I modelli da utilizzare per l'invio delle sole domande soggette ai click day per l’anno 2024 sono i seguenti:

v C-Stag - Richiesta di nulla osta/comunicazione al lavoro subordinato stagionale;

v_ B2020 - Nulla osta/comunicazione al lavoro subordinato non stagionale nei settori elencati nel D.P.C.M. Flussi;

v_A-bis - Richiesta di nulla osta al lavoro subordinato non stagionale nel settore dell'assistenza familiare e socio-sanitaria;

v_ B- Richiesta di nulla osta al lavoro subordinato per i lavoratori di origine italiana, residenti in Venezuela;

v VB - Domanda di verifica della sussistenza di una quota per la conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato;

v_ LS - Richiesta di sussistenza di una quota di conversione in permesso di soggiorno per lavoro subordinato nei confronti di stranieri in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

v_ LS1- Richiesta di sussistenza di una quota di conversione in permesso di soggiorno per lavoro domestico nei confronti di stranieri in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

v_ LS2 - Domanda di verifica della sussistenza di una quota di conversione in permesso di soggiorno per lavoro autonomo e di certificazione attestante il possesso dei requisiti per lavoro autonomo nei confronti di stranieri in possesso di un permesso di soggiorno UE.

Ai fini della conversione del permesso di soggiorno in lavoro subordinato, fermi restando i requisiti già indicati con circolare n. 5969 del 27 ottobre 2023, si consente la richiesta anche al lavoratore in possesso di permesso di soggiorno scaduto da non più di sessanta giorni (in considerazione della proroga dei termini di presentazione delle relative istanze intervenuta con il d.p.c.m. 19.01.2024). Per quanto attiene alle verifiche presso il Centro per l’impiego si fa rinvio alla circolare n. 5969 del 27.10.2023 ed a quanto precisato con riferimento alle istanze già presentate a valere sui flussi anno 2023 di cui al d.p.c.m. 27.09.2023.

 

 

8.

Ingressi e soggiorni dei lavoratori altamente qualificati dotati di Carta blu UE

 

Con una circolare congiunta prot. n. 2829 del 28.03.2024 del Ministero dell’interno e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali si forniscono le indicazioni essenziali ai fini dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri extraUE per lavori altamente qualificati, sulla base delle modifiche apportate all’art. 27-quater d.lgs. n. 286/1998 dal d.lgs. 18.10.2023, n. 152, che ha recepito nell’ordinamento italiano la Direttiva (UE) 2021/1883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2021, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, e che abroga la Direttiva 2009/50/CE del Consiglio (c.d. Carta blu UE).

 

1. Requisiti di ingresso

La circolare ricorda che i lavoratori stranieri “altamente qualificati” devono essere in possesso in via alternativa:

a) del titolo di istruzione superiore di livello terziario o di una qualificazione professionale di livello post secondario, rilasciato dall'autorità competente nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale;

b) dei requisiti previsti dal d.lgs. n. 206/2007 limitatamente all’esercizio di professioni regolamentate;

c) di una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli d’istruzione superiori di livello terziario, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o all'offerta vincolante;

d) di una qualifica professionale superiore attestata da almeno tre anni di esperienza professionale pertinente, acquisita nei sette anni precedenti la presentazione della domanda di Carta blu UE, per quanto riguarda dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO-08, n. 133 e n. 25.

 

2. Ambito di applicazione

La circolare ricorda anche che la normativa relativa alla Carta blu UE si applica agli stranieri in possesso dei requisiti di cui sopra:

- residenti in uno Stato terzo;

- regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale, compresi i lavoratori stagionali, i beneficiari di protezione internazionale, i titolari di un permesso di soggiorno per ricerca e titolari di un permesso di soggiorno ICT nell’ambito di trasferimenti intra-societari ai sensi dell’art. 27-quinquies d.lgs. n. 286/1998,

- soggiornanti in altro Stato membro della UE;

- titolari della Carta blu UE rilasciata in un altro Stato membro.

Restano esclusi gli stranieri:

- che soggiornano a titolo di protezione temporanea, per cure mediche ovvero sono titolari dei permessi di soggiorno di cui ai seguenti articoli d.lgs. n. 286/1998: 18 (protezione sociale), 18-bis (vittime di violenza domestica), 20-bis (calamità), 22, comma 12-quater (particolare sfruttamento lavorativo), 42-bis (atti di particolare valore civile), nonché del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell’art. 32, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 (protezione speciale), ovvero hanno richiesto il relativo permesso di soggiorno e sono in attesa di una decisione su tale richiesta;

- che soggiornano in quanto richiedenti la protezione internazionale, e sono ancora in attesa di una decisione definitiva;

- che chiedono di soggiornare in qualità di ricercatori, ai sensi dell’art. 27-ter d.lgs. n. 286/1998;

- che beneficiano dello status di soggiornante di lungo periodo e soggiornano ai sensi dell’art. 9-bis d.lgs. n. 286/1998 per motivi di lavoro autonomo o subordinato;

- che fanno ingresso in uno Stato membro in virtù di impegni previsti da un accordo internazionale che agevola l’ingresso e il soggiorno temporaneo di determinate categorie di persone fisiche connesse al commercio e agli investimenti, salvo che abbiano fatto ingresso nel territorio nazionale per svolgere prestazioni di lavoro subordinato nell’ambito di trasferimenti intrasocietari ai sensi dell’art. 27-quinquies d. lgs. n. 286/1998;

- che soggiornano in Italia, in qualità di lavoratori distaccati, ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. a), g), e i) d.lgs. n. 286/1998, in conformità alla Direttiva 96/71/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2006, così come recepita dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72, e successive modificazioni;

- che in virtù di accordi conclusi tra il Paese terzo di appartenenza e l’Unione e i suoi Stati membri beneficiano dei diritti alla libera circolazione equivalente a quelli dei cittadini dell’Unione;

- destinatari di un provvedimento di espulsione, anche se sospeso.

 

3. Contenuto della domanda

La circolare prescrive che la domanda (Modulo BC) del datore di lavoro, presentata al competente Sportello unico per l’immigrazione ai sensi dell’art. 22 d.lgs. n. 286/1998, oltre al documento di verifica di cui al comma 2, del medesimo art. 22 (relativo alla verifica di indisponibilità presso il Centro per l’impiego competente di un lavoratore già presente sul territorio nazionale, salvo che la domanda di Carta Blu UE riguardi un cittadino di Paese terzo già titolare di altro titolo di soggiorno, rilasciato ai fini dello svolgimento di un lavoro altamente qualificato), alla richiesta nominativa, ai documenti circa la sistemazione alloggiativa, alla proposta di contratto di soggiorno, all’impegno a comunicare variazioni, all’asseverazione di cui all’art. 24-bis comma 2 d.lgs. n. 286/1998 e fermo restando quanto previsto dal comma 5-ter del citato art. 22, deve indicare, a pena di rigetto:

1) la proposta di contratto di lavoro o l'offerta di lavoro vincolante della durata di almeno sei mesi, per lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede il possesso di uno dei requisiti di cui al comma 1, del medesimo art. 27-quater;

2) il titolo di istruzione o qualificazione professionale di livello post secondario (deve trattarsi di un diploma rilasciato da una Università ovvero Istituto non universitario al termine di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale, corrispondente almeno al livello 6 del Quadro nazionale delle qualificazioni di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 gennaio 2018, recante “Istituzione del Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell’ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze di cui al decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13”; ovvero, in alternativa;

3) l’attestazione del possesso in capo al lavoratore della qualifica professionale superiore, ai sensi del medesimo comma 1, lett. c) e d) dell’art. 27-quater (v. paragrafo 1 “Requisiti di ingresso”), tramite apposita dichiarazione del datore di lavoro richiedente la Carta blu UE, corredata dei contratti di lavoro e/o delle buste paga da allegare alla domanda (con l’aggiunta facoltativa di lettera di esperienza redatta dal datore di lavoro straniero), relativi al periodo lavorativo svolto che dimostrino lo specifico settore di attività in cui il lavoratore è stato impiegato e la durata dell’esperienza professionale, di almeno cinque anni nel settore per cui si presenta la domanda di Carta blu UE (ovvero di tre anni nei sette precedenti per il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione).; ovvero in alternativa;

4) i requisiti previsti dal decreto legislativo 6.11.2007, n. 206 limitatamente a professioni regolamentate, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se l’iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali ovvero all’accertamento delle specifiche professionalità; per il riconoscimento delle qualifiche professionali regolamentate in Italia di cui al precedente punto 4) sono competenti a ricevere le domande, presentate ai sensi del d.lgs. 6 novembre 2007, n. 206, le autorità indicate all’art. 5 del medesimo decreto. La materia è disciplinata dall’art. 49 del d.p.r. n. 394/1999. Nell’istanza prodotta allo Sportello unico dovrà quindi essere allegato il decreto di riconoscimento;

5) l’importo della retribuzione annuale, come ricavato dal contratto di lavoro ovvero dall’offerta vincolante, che non deve essere inferiore alla retribuzione prevista nei contratti collettivi nazionali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e comunque non inferiore alla retribuzione media annuale lorda come rilevata dall’ISTAT.

Si prescrive che la documentazione di cui ai precedenti punti 2), 3) e 4), rilasciata da autorità/soggetti non appartenenti a Paesi UE, deve essere legalizzata nelle forme di legge (presso la competente Rappresentanza diplomatica italiana; nel caso dei Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 5.10.1961, mediante apposizione dell’apostille ad opera della competente autorità del Paese che ha rilasciato il documento), con traduzione in lingua italiana ed allegata alla domanda di nulla osta utilizzando la funzione di upload per poi essere esibita in copia autentica (o copia conforme all’originale) allo Sportello unico immigrazione nella fase di sottoscrizione del contratto di soggiorno.

La traduzione dovrà essere certificata conforme al testo originale dalle autorità diplomatiche o consolari italiane presso il Paese in cui il documento è stato rilasciato, oppure dovrà essere eseguita da un traduttore ufficiale e confermata dalle predette autorità diplomatiche o, nel caso dei Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, mediante apposizione dell’apostille ad opera della competente autorità del Paese che ha rilasciato il documento, oppure dovrà essere giurata o asseverata presso un Tribunale italiano.

Con riferimento al titolo di istruzione superiore e relativa qualifica professionale di livello terziario, nonché alla qualifica professionale regolamentata in Italia, di cui ai precedenti punti 2 e 4, la documentazione deve essere corredata dalla dichiarazione di valore emessa dalla Rappresentanza diplomatica competente per il luogo di conseguimento o, in alternativa, limitatamente ai titoli di istruzione superiore, ivi compresi quelli abilitanti all'esercizio delle professioni regolamentate, è possibile presentare l’attestazione di comparabilità e autenticità rilasciata dal Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche (CIMEA).

Nei casi in cui la domanda di Carta blu UE riguardi un cittadino di Paese terzo già titolare di altro titolo di soggiorno, rilasciato ai fini dello svolgimento di un lavoro altamente qualificato (per esempio i titolari di un permesso di soggiorno per ricerca e titolari di un permesso di soggiorno ICT), il datore di lavoro non è tenuto a presentare i documenti di cui alle lettere a), c) e d) del paragrafo 1. “Requisiti di ingresso” della circolare, in quanto già verificati in fase di primo rilascio del titolo stesso.

Per le domande di Carta blu Ue è, altresì, ammessa la trasmissione da parte delle Agenzie di somministrazione (v. circolare congiunta Ministero dell’interno e Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 agosto 2023, prot. n. 4518).

 

4. Accesso al lavoro

Il titolare di Carta blu UE, pur beneficiando di un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini, conformemente alla normativa vigente, per i primi dodici mesi di soggiorno sul territorio nazionale può esercitare esclusivamente l’attività lavorativa altamente qualificata per la quale è stato autorizzato.

Eventuali cambiamenti del datore di lavoro durante tale periodo sono soggetti all’autorizzazione preliminare da parte dei competenti Ispettorati territoriali del lavoro. Decorsi 15 giorni dalla ricezione della documentazione (comprensiva anche dell’asseverazione di cui all’art. 24-bis, comma 2) relativa al nuovo contratto di lavoro o offerta vincolante, il parere dell’Ispettorato territoriale competente si intende acquisito.

Il titolare di Carta blu UE, durante il periodo di disoccupazione previsto dall’art. 22, comma 11 d.lgs. n. 286/1998, può assumere un impiego in conformità dell’art. 27-quater.

Il titolare di Carta blu UE può esercitare, in concomitanza all’attività subordinata altamente qualificata, un’attività di lavoro autonomo, previa acquisizione del titolo abilitativo o autorizzatorio eventualmente prescritto e sempre che sussistano gli altri requisiti o condizioni previste dalla normativa vigente per l’esercizio dell’attività lavorativa in forma autonoma (art. 14, comma 1, d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394).

È escluso l’accesso al lavoro se le attività dello stesso comportano, anche in via occasionale, l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell’interesse nazionale. È altresì escluso l’accesso al lavoro nei casi in cui, conformemente alla legge nazionale o comunitaria vigente, le attività dello stesso siano riservate ai cittadini nazionali, ai cittadini dell’Unione o ai cittadini del SEE.

 

5. Adempimenti dello Sportello unico per l’immigrazione

Lo Sportello unico per l’immigrazione rilascia il nulla osta al lavoro, non oltre novanta giorni dalla presentazione della domanda, previo espletamento degli adempimenti previsti dall’art. 22, comma 2 d.lgs. n. 286/1998 ovvero comunica al datore di lavoro il rigetto della stessa.

Entro 8 giorni dall’ingresso nel territorio nazionale, il lavoratore dovrà recarsi presso lo Sportello unico per l’immigrazione con il datore di lavoro per la firma del contratto di soggiorno e successivamente presentare domanda di permesso di soggiorno alla Questura competente.

Nelle more della sottoscrizione del contratto di soggiorno, ai sensi dell’art.22, comma 6-bis d.lgs. n. 286/1998, il lavoratore straniero altamente qualificato, che ha fatto ingresso sul territorio nazionale dopo il rilascio del nulla osta al lavoro e del visto di ingresso, può svolgere immediatamente attività lavorativa, previa comunicazione obbligatoria (Mod. UNILAV) da parte del datore di lavoro ai servizi competenti attraverso i sistemi informatici regionali. Dell’avvenuta comunicazione obbligatoria lo stesso datore di lavoro dovrà dar prova allo Sportello unico per l’immigrazione all’atto della sottoscrizione del contratto di soggiorno.

La circolare ricorda che sono confermate le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’art. 27-quater, relative alle ipotesi di rifiuto del nulla osta al lavoro, ovvero di revoca, nel caso che questo sia stato rilasciato, qualora i documenti presentati siano stati ottenuti mediante frode, falsificati o contraffatti, ovvero qualora lo straniero non si rechi presso lo Sportello unico per l’immigrazione per la firma del contratto di soggiorno entro il termine di cui all’art. 22, comma 6, salvo che il ritardo sia dipeso da causa di forza maggiore.

Il nullaosta al lavoro è altresì rifiutato, ai sensi dell’art. 27-quater, comma 10, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito dì applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., per i reati di cui alle lettere a), b) e c) del medesimo predetto comma 10.

La revoca del nulla osta adottata dallo Sportello unico è comunicata al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale tramite gli appositi collegamenti telematici già attivi, anche per le eventuali attività correlate alla successiva revoca del visto d’ingresso, qualora già rilasciato.

 

6. La comunicazione in luogo della richiesta di nulla osta

La circolare ricorda che l’art. 27-quater, comma 8, prevede che la richiesta di nulla osta possa essere sostituita, in applicazione dell’art. 27, comma 1-ter, da una comunicazione del datore di lavoro della proposta di contratto di lavoro o offerta di lavoro vincolante, nel caso in cui lo stesso abbia sottoscritto con il Ministero dell’interno, sentito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito protocollo d’intesa con il quale il medesimo datore di lavoro garantisce la sussistenza dei requisiti previsti per l’applicazione della procedura.

In tal caso al lavoratore straniero altamente qualificato è rilasciato dal Questore il permesso di soggiorno entro trenta giorni dall’avvenuta comunicazione. Fermo restando il termine di trenta giorni, in attesa del rilascio del permesso di soggiorno, il lavoratore può soggiornare sul territorio nazionale e svolgere temporaneamente l’attività lavorativa ai sensi dell’art. 5, comma 9-bis d.lgs. 286/1998 previa comunicazione obbligatoria ai servizi competenti attraverso i sistemi informatici regionali. Le modalità di sottoscrizione dei citati protocolli saranno rese note con successiva circolare.

 

7. Adempimenti della Questura per il rilascio del permesso di soggiorno “Carta Blu UE”

La circolare ricorda altresì che il permesso di soggiorno è rilasciato, a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all’art. 5-bis d.lgs. n. 286/1998. e della comunicazione obbligatoria ai servizi competenti attraverso i sistemi informatici regionali, con durata biennale, nel caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato, ovvero con durata pari a quella del rapporto di lavoro più tre mesi, negli altri casi.

La Carta blu UE rilasciata a un cittadino di Paese terzo al quale è stata riconosciuta la protezione internazionale, reca, nel campo “annotazioni”, la dicitura “Protezione internazionale concessa da (nome dello Stato membro) in data (data)”. Nei casi in cui la protezione internazionale è revocata, alla scadenza della Carta blu UE ovvero a seguito della prima richiesta avanzata ai fini dell’aggiornamento delle informazioni trascritte ovvero della fotografia è rilasciata, a richiesta, una Carta blu UE di cui al comma 11.

La Carta blu UE rilasciata in base a competenze professionali non elencate nell’allegato I della direttiva (UE) 2021/1883, reca, nel campo “annotazioni”, la dicitura “Professione non elencata nell’allegato I”.

Il permesso di soggiorno non è rilasciato o il suo rinnovo è rifiutato ovvero, nel caso sia stato concesso, è revocato nei seguenti casi:

a) se è stato ottenuto in maniera fraudolenta o è stato falsificato o contraffatto;

b) se risulta che lo straniero non soddisfaceva o non soddisfa più le condizioni d’ingresso e di soggiorno previste dal presente testo unico o se soggiorna per fini diversi da quelli per cui lo stesso ha ottenuto il nulla osta ai sensi dello stesso art. 27-quater d.lgs. n. 286/1998;

c) se risulta che lo straniero non è più in possesso, alternativamente, dei requisiti previsti per l’ingresso, ovvero di un contratto di lavoro valido per un lavoro altamente qualificato;

d) se lo straniero non ha rispettato le condizioni previste per l’accesso al mercato del lavoro di cui al comma 13;

e) qualora lo straniero non abbia risorse sufficienti per mantenere sé stesso e, nel caso, i propri familiari, senza ricorrere al regime di assistenza sociale nazionale, ad eccezione del periodo di disoccupazione. In tal caso, qualsiasi decisione di revocare una Carta blu UE o di rifiutarne il rinnovo tiene conto delle specifiche circostanze del caso e rispetta il principio di proporzionalità.

 

8. Ingresso con visto

Ai fini dell'ottenimento del visto d’ingresso, il cittadino straniero dovrà presentare apposita domanda presso la Rappresentanza diplomatico consolare del Paese di stabile residenza o di origine.

All’atto della domanda di visto, il richiedente dovrà mostrare gli originali della documentazione, indicata al precedente paragrafo 3 “Contenuto della domanda” ai punti n. 2), 3) e 4), utilizzati per la richiesta di nulla osta presso il SUI.

La durata del visto d’ingresso sarà pari a quella autorizzata dal nulla osta e comunque non superiore a 365 giorni.

 

9. Ingresso senza visto per i titolari di carta blu UE rilasciata da altro Stato membro

Lo straniero titolare di Carta blu UE rilasciata da altro Stato membro e in corso di validità può fare ingresso e soggiornare in Italia per svolgere un’attività professionale per un periodo massimo di novanta giorni in un arco temporale di centottanta giorni, previa dichiarazione di presenza al Questore entro il termine di otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato.

Lo straniero titolare di Carta blu UE, rilasciata da uno Stato membro, dopo dodici mesi di soggiorno legale in detto Stato, può fare ingresso in Italia senza necessità del visto, al fine di esercitare un’attività lavorativa altamente qualificata per un periodo superiore a novanta giorni, previo rilascio del nulla osta da parte del SUI.

Nel caso in cui lo straniero faccia ingresso nel territorio nazionale, spostandosi da un secondo Stato membro nel quale si era già trasferito quale titolare di Carta blu UE, il termine minimo di soggiorno legale nel predetto Stato membro è ridotto a sei mesi. Entro un mese dall’ingresso dello straniero nel territorio nazionale, il datore di lavoro presenta la domanda di nulla osta al lavoro con la procedura sopra indicata. Il datore di lavoro indica, a pena di rigetto della domanda, anche i seguenti requisiti:

a) gli estremi della Carta blu UE valida rilasciata dal primo Stato membro;

b) gli estremi del documento di viaggio valido.

Entro il termine di trenta giorni dalla data di presentazione della domanda completa, la decisione sulla richiesta di nulla osta è comunicata al richiedente e allo Stato membro che ha rilasciato la Carta blu UE.

In caso di circostanze eccezionali, debitamente giustificate e connesse alla complessità della domanda, il termine di cui al precedente periodo può essere prorogato di trenta giorni, informandone il richiedente non oltre trenta giorni dalla data di presentazione della domanda completa. Si applicano l’art. 5, comma 9-bis, e l’art. 27-sexies, comma 5.

La domanda di nulla osta al lavoro può essere presentata dal datore di lavoro anche se il titolare della Carta blu UE soggiorna ancora nel territorio del primo Stato membro. Entro otto giorni lavorativi dall’ingresso nel territorio nazionale ovvero dal rilascio del nulla osta ove già presente in territorio nazionale, lo straniero dichiara allo Sportello unico per l’immigrazione che ha rilasciato il predetto nulla osta la propria presenza nel territorio nazionale ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.

Nel caso in cui il datore di lavoro abbia sottoscritto con il Ministero dell’interno, sentito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito protocollo d’intesa con cui il medesimo datore di lavoro garantisce la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 27, commi 1-quater, e 5, si applicano le disposizioni sopra indicate e relative alla comunicazione del contratto di soggiorno, di cui al comma 8 del medesimo articolo.

Il nulla osta è rifiutato o, se già rilasciato, è revocato nelle stesse ipotesi sopra richiamate e previste ai commi 9 e 10. Al lavoratore straniero altamente qualificato di cui al presente comma è rilasciato dal Questore il permesso di soggiorno Carta blu UE, ai sensi del comma 11.

Dell’avvenuto rilascio è informato lo Stato membro che ha rilasciato la precedente Carta blu UE. Nei confronti dello straniero, cui è stato rifiutato o revocato il nulla osta al lavoro o il permesso ovvero questo ultimo non è stato rinnovato, è disposta l’espulsione ai sensi dell’art. 13 e l’allontanamento è effettuato verso lo Stato membro dell’Unione europea che aveva rilasciato la Carta blu UE, anche nel caso in cui la Carta blu UE rilasciata dall’altro Stato membro sia scaduta o sia stata revocata.

Anche nei confronti del titolare di Carta blu UE riammesso in Italia si applicano le disposizioni previste dall’art. 22, comma 11 d.lgs. n. 286/1998. Il permesso di soggiorno non è rilasciato o il suo rinnovo è rifiutato o, se già rilasciato, è revocato, oltre che nei casi di cui ai commi 9 e 10, nei casi di cui al comma 12, dell’art. 27-quater. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dell’art. 22, commi 12, 12-bis, 12-ter, 12-quater e 12-quinquies d.lgs. n. 286/1998.

Ai familiari dello straniero titolare di Carta blu UE in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di provenienza e del documento di viaggio valido, è rilasciato, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda completa di rilascio, un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, ai sensi dell’art. 30, commi 2, 3 e 6, del d.lgs. n. 286/1998 previa dimostrazione di aver risieduto in qualità di familiare del titolare di Carta blu UE nel medesimo Stato membro di provenienza e di essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 29, comma 3, d. lgs. n. 286/1998.

 

10. Ricongiungimento familiare

La circolare ricorda che possibilità di richiedere un nulla osta al ricongiungimento familiare è consentita al titolare di Carta blu UE, indipendentemente dalla durata del suo permesso di soggiorno, ai sensi e alle condizioni previste dall’art. 29 d.lgs. n. 286/1998.

Ai familiari è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, ai sensi dell’art. 30, commi 2, 3 e 6 del d.lgs. n. 286/1998, che può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, sussistendone i requisiti. Il permesso di soggiorno del familiare, in presenza delle relative condizioni, può essere rilasciato contestualmente alla Carta blu UE, se le domande sono presentate contemporaneamente.

 

11. La presentazione delle domande

Le domande saranno presentate al competente Sportello unico per l’immigrazione della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo e avvalendosi del sistema informatizzato attivo per tutte le altre procedure di competenza degli Sportelli unici.

La circolare rammenta che per l’inoltro telematico delle istanze sul sito https://portaleservizi.dlci.interno.it/ è necessario il possesso di un’identità SPID o della CIE e che, eseguito l’accesso sopra descritto, è possibile accedere all’area di Richiesta Moduli e selezionare il modulo di richiesta nullaosta al lavoro per il rilascio della Carta blu Ue (Modulo BC).

Le modalità di compilazione dei moduli e di invio delle domande restano quelle da tempo in uso e le caratteristiche tecniche sono rinvenibili sul manuale pubblicato sull’home page dell’applicativo.

La circolare informa che al fine di consentire una rapida istruttoria delle domande presentate, è stata prevista nel modello di richiesta l’allegazione, attraverso una funzione di upload, della documentazione probatoria necessaria che, pertanto, potrà essere esaminata dagli Sportelli unici per l’immigrazione senza necessità di convocare i richiedenti per la presentazione della medesima documentazione, che sarà esibita, in originale, all’atto della firma del contratto di soggiorno. Si precisa, al riguardo, che la dimensione massima consentita di ciascun documento da allegare è pari a 2MB.

 

 

Assistenza sociale

 

9.

Prestazioni a sostegno del reddito a cittadino extraUE, in caso di rinnovo del permesso di soggiorno

Il messaggio dell’INPS 22.04.2024 n. 1589 ha chiarito la continuità delle prestazioni a sostegno del reddito a cittadino extraUE nella fase dell’attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, regolarmente richiesto.

In proposito si richiama l’art. 5, comma 9-bis d.lgs. n. 286/1998 che prevede che in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di sessanta giorni per il rilascio o il rinnovo il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l’attività lavorativa fino ad eventuale comunicazione dell’autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l’indicazione dell’esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.

Si ricorda anche la Direttiva del Ministro dell’interno n. prot.11050/M(8) del 5.08.2006, in materia di diritti dello straniero nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno, che precisa che «…. le citate norme in materia di immigrazione postulano la continuità del soggiorno regolare, consentendo al cittadino straniero, che ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno e che attende la definizione del relativo procedimento, di continuare a permanere sul territorio nazionale con pienezza dei connessi diritti, o delle altre posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, senza soluzione di continuità, essendo sufficiente la documentazione rilasciata dall’ufficio, attestante l’avvenuta richiesta di rinnovo» che prescrive che 1) il mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno non incide sulla piena legittimità del soggiorno stesso e sul godimento dei diritti ad esso connessi, qualora [omissis] sia stata rilasciata dall’ufficio la ricevuta attestante l’avvenuta presentazione della richiesta di rinnovo. Gli effetti dei diritti esercitati, nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno, cessano solo in caso di mancato rinnovo, revoca o annullamento del permesso in questione.

Pertanto, si prescrive che a seguito dell’accertamento dei requisiti di legge prescritti per il riconoscimento del diritto in relazione alla prestazione richiesta, deve disporsi il pagamento della relativa misura richiesta dall’assicurato in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno. Il pagamento dovrà essere effettuato con riserva di ripetizione nel caso di diniego di rinnovo.

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